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2.8. Le due soluzioni proposte: la Work Made For Hire doctrine (“WMFH”) e il

2.8.1. La WMFH

Un’ulteriore soluzione che ha trovato significativo consenso da parte della dottrina, soprattutto statunitense, propende per un riadattamento della “Work Made for Hire doctrine” (d’ora in avanti, “WMFH”). L’idea alla base della teoria è quella di considerare autore non chi ha creato l’opera (quindi la macchina), ma chi ha assunto il soggetto che, de facto, ha dato vita all’oggetto della privativa. In questo contesto le macchine assumono il ruolo di lavoratori indipendenti o impiegati di datori di lavoro che saranno i responsabili e i titolari dei diritti sui prodotti dei sistemi di IA.

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La dottrina di cui si discute opera attraverso una finzione legale, per cui, l’employer, o l’individuo che ha commissionato il lavoro, ottiene il copyright sul lavoro creato dall’employee o dal prestatore d’opera265. La WMFH è un’eccezione rispetto al normale funzionamento della disciplina del copyright, in quanto, come visto supra § 2.4., normalmente la creazione risulta di proprietà dell’autore che l’ha creata. La soluzione appare conforme ai principi della disciplina che tendono a porre in primo piano non tanto il soggetto che ha creato l’opera, ma colui che ha investito economicamente a tal fine, garantendo a quest’ultimo il recupero dei suoi investimenti. L’employer può essere una organizzazione, un individuo o un’impresa.

È bene specificare sin dall’inizio che questa soluzione appare applicabile principalmente nei paesi di common law, in quanto nell’area continentale opera il principio opposto.

Infatti, l’opera su commissione nella disciplina della l.d.a., ha una sua precisa collocazione solo in riferimento alle opere fotografiche266, alle opere giornalistiche267 e a quelle collettive268. Si consideri che la scelta può suscitare un certo stupore se si pensa che negli stessi anni il legislatore ha adottato un approccio diametralmente opposto in riferimento alle invenzioni industriali.

Dunque, nel silenzio normativo italiano la soluzione deve essere ricercata a livello giurisprudenziale. La Suprema Corte oggi ritiene che siano trasferibili in capo ai committenti i diritti patrimoniali, seppur nei limiti dettati dall’oggetto e dalle finalità del contratto con cui è stata commissionata l’opera269. La paternità dell’opera rimane sempre in capo all’autore ed è insuscettibile di essere ceduta270, per questo non vengono nemmeno ceduti i diritti di sfruttamento che esorbitano quanto è stato pattuito a livello contrattuale. Quindi, il trasferimento in capo al committente dei diversi e indipendenti diritti di

265 17 U.S.C §§ 101, 201.

266 Art. 88, L. 22 aprile 1941, n. 633, in cui ai commi II e III, si legge: “Tuttavia se l'opera è stata

ottenuta nel corso e nell'adempimento di un contratto di impiego o di lavoro, entro i limiti dell'oggetto e delle finalità del contratto, il diritto esclusivo compete al datore di lavoro (comma II). La stessa norma si applica, salvo patto contrario a favore del committente quando si tratti di fotografia di cose in possesso del committente medesimo e salvo pagamento a favore del fotografo, da parte di chi utilizza commercialmente la riproduzione, di un equo corrispettivo (comma III)”.

267 Art. 39 l.d.a. 268 Art. 7 l.d.a.

269 In questo senso, Cass. civ., 7 giugno 1982, n. 3439, in Giust. civ., I, 1983, 1820.

270 In questo senso, Cass. civ., 23 dicembre 1982, n. 7109, in Giur. it., I, 1, 1983, 724, la cui massima

recita: “anche la paternità di un'opera dell'ingegno creata in esecuzione di un contratto d'opera è, ove ne ricorrano i presupposti, tutelata dalla legge, l'eventuale cessione del diritto relativo deve considerarsi nulla”.

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utilizzazione, come sancito dall’articolo 19 l.d.a., può avvenire solo dopo l’interpretazione della volontà contrattuale delle parti.

Di conseguenza, anche l’autore che realizza l’opera su commissione può ottenere un compenso economico aggiuntivo rispetto al corrispettivo che ha pattuito con il committente, disponendo di diritti patrimoniali che eccedono il novero di quelli trasferiti (art. 119 l.d.a.).

Inoltre, non rileva la natura del rapporto contrattuale tra committente e autore, sia esso di lavoro subordinato o autonomo per mezzo di un contratto d’opera. In entrambi i casi occorre svolgere un lavoro ermeneutico sull’accordo intercorso tra committente ed autore.

In ultima analisi, prevale in giurisprudenza e in dottrina l’idea per cui l’acquisto dei diritti patrimoniali avviene a titolo diretto e non derivato271. L’acquisito si verifica nel momento della creazione dell’opera senza l’intervento di alcune formalità costitutive. Sul punto la dottrina è divisa nell’individuare il titolo di trasferimento in capo al committente. Oppo272, la individua nell’attività di impresa che ha reso possibile la creazione dell’opera, ad esempio promuovendola o organizzandone il lavoro affinché venisse ad esistenza. Per Greco-Vercellone273, è da individuarsi nel contratto d’opera stesso, se questo ha come oggetto un’attività volta a creare opere protette con il diritto d’autore.

A causa dell’assenza di un riscontro normativo generale che disciplini questa tipologia di opere si deve ritenere che l’istituto operi come un’eccezione nel territorio nazionale e tale deve rimanere.

Nella disciplina legislativa statunitense, invece, è necessario fare riferimento alla § 101 del Copyright Act, in cui la “work made for hire” è divisa in due parti: da un lato viene identificato il “work prepared within the scope of the employment”, dall’altro invece quello “specially

ordered or commissioned”.

271G.OPPO, Creazioni intellettuali, creazioni industriali e diritti di utilizzazione economica, in Riv. dir. civ., 1969,

41. Conferma questa visione, Cass. civ., 24 giugno 2016, n. 1371, in Foro. it., in cui si afferma che: “il committente acquisisce a titolo originario i diritti di utilizzazione economica nei limiti dell'oggetto e delle finalità del contratto”.

In favore della tesi della non originarietà dell’acquisto esiste un unico precedente giurisprudenziale, Pret. Roma, 28 luglio 1986 (ord.), in Dir. Aut., 1987, 146, con nota critica di V.M. DE SANCTIS, che può essere trascurato data la sua palese contraddizione con norme come l’art 6 l.d.a. e l’art. 2576 c.c., che sanciscono il principio secondo cui il solo titolo originario dell’acquisto del diritto è costituito dalla creazione dell’opera.

272OPPO, Creazioni intellettuali, op. loc. cit. 273GRECO-VERCELLONE, op. cit., 253.

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Questa disposizione deve inoltre essere letta insieme alla § 201 del medesimo Act che individua l’autore dell’opera creata su commissione274.

La Corte Suprema ha dato una definizione della dottrina WMFH nel caso Community

for Creative Non-Violence v. Reed275 in cui si legge: “The Court held that one must first ascertain

whether a work was prepared by an employee or an independent contractor. If an employee created the work, the work will generally be considered a work made for hire”. Per identificare i soggetti coinvolti nel

rapporto la Corte specifica che i termini utilizzati, “employee” e “indipendent contractor”, devono essere letti alla luce della disciplina dell’“agency” di common law276. La conseguenza importante ai fini della disciplina è che non vengono riconosciuti i diritti morali e non si applicano le tempistiche finali previste dalla legge come nel regime ordinario del copyright che coincidono con la durata della vita dell’autore a cui si sommano settant’anni dopo la sua morte.

La dottrina, che opera tramite una finzione legale, si adatta perfettamente ai lavori creati dai sistemi di IA, che sono direttamente prodotti dalla macchina, ma i cui diritti si riconoscerebbero non in capo ad essa. La ratio che guida la disciplina deve essere ricercata nell’incentivo dato all’employer il quale dirige, prende il rischio e commercializza i mezzi necessari per il lavoro che viene creato dall’employee.

Si tratta di capire, nel caso del rapporto IA - essere umano (employee- employer) chi debba rivestire il ruolo del datore di lavoro. La soluzione potrebbe essere adottata su base casistica, a seconda dell’effettivo contribuito dei soggetti. Talvolta, il ruolo potrebbe essere

274 La sezione 201, sub., lett. b), del Copyright Act recita: “In the case of a work made for hire, the employer or

other person for whom the work was prepared is considered the author for purposes of this title, and, unless the parties have expressly agreed otherwise in a written instrument signed by them, owns all of the rights comprised in the copyright”.

275 Community for Creative non-Violence v. Reed Cmty. For creative non-violence, 490 U.S. 730 (1989).

276 Ibidem, “For copyright purposes, -employee- means an employee under the general common law of agency. -An

independent contractor-, on the other hand, is someone who is not an employee under the general common law of agency. If an independent contractor created the work, and the work was specially ordered or commissioned the second part of the WMFH definition applies. A work created by an independent contractor can be a work made for hire only if (a) it falls within one of the nine categories of works listed above, and (b) there is a written agreement between the parties specifying that the work is a work made for hire”.

Per aiutare a definire chi debba essere considerato un employee, la Corte identifica i fattori che determinano la relazione “employer–employee” così come definiti dalla agency law. I fattori rientrano in tre grandi macrocategorie: “(1) control by the employer over the work (i.e., the employer determines how the work is done, has the work

done at the employer’s location, and provides the means to create the work); (2) control by the employer over the employee (i.e., the employer controls the employee’s time in creating the work, has the right to have the employee perform other assignments, or has the right to hire the employee’s assistants); and (3) status and conduct of the employer (i.e., the employer is in business to produce such works or provides the employee with benefits)”. Tuttavia, la Corte non specifica quali di questi fattori debbano

necessariamente rientrare ai fini della definizione del rapporto all’interno della “work made for hire”, ma viene lasciata un’esemplificazione: “examples of works made in an employer–employee relationship include: a software program

created by a staff programmer within the scope of his or her duties at a software firm; a newspaper article written by a staff journalist for publication in the newspaper that employs the journalist, a musical arrangement written for a music company by a salaried arranger on the company’s staff; and a sound recording created by the salaried staff engineers of a record company”.

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ricoperto dall’utilizzatore che emette gli ordini finali alla macchina, come l’oggetto da pitturare, o il contenuto della scrittura, altre volte, invece, potrebbe essere chi ha assunto il rischio di comprare e finanziare la macchina e l’ha dotata di energia e materiale nella speranza che essa producesse dei lavori finali commerciabili.

Attraverso questo modello verrebbe anche risolto il problema della gestione di numerosi soggetti che operano sul sistema, senza che ciascuno di essi abbia un contributo decisivo.

Inoltre, incoraggerebbe investimenti nella industria di IA e avrebbe il pregio di promuovere la scienza e il progresso, come costituzionalmente previsto277. Questo modello possiede anche il pregio di estendere ai soggetti titolari eventuali responsabilità in merito ad azioni compiute dalle macchine, come ad esempio nel caso di danni, o di un eventuale plagio.

Ad esempio, nel progetto “The next Rembrandt” sarebbe estremamente complesso ricercare chi tra i vari membri del gruppo abbia la titolarità dell’opera. Attraverso la dottrina della WMFH, invece, può essere deciso che titolare della privativa sul prodotto finale sia chi ha iniziato o ordinato il progetto stesso278.

Un primo ostacolo che si incontra è che la dottrina in questione è stata limitata nella sua applicazione dalla Corte Suprema, essendo utilizzabile solo quando è espressamente previsto che vi debba essere una deroga a quanto previsto dalla § 102 del Copyright Act279. La dottrina, infatti è applicabile solo a certe tipologie di lavori indicati dalla normativa, sarebbe dunque necessaria una rivisitazione della legislazione sulla materia che dovrebbe allargare lo scopo e l’applicabilità della dottrina stessa. Negare la protezione con il copyright a lavori prodotti da avanzate tecnologie, vorrebbe delle spiegazioni giudiziali, considerando che lo sfondo legale è compatibile con il punto di cui si tratta.

Un secondo aspetto che ostacola l’applicabilità della dottrina è dato dal fatto che viene richiesta una relazione contrattuale tra l’autore di fatto e l’autore legale, che risulta inapplicabile nel momento in cui il primo è un algoritmo che manca di personalità giuridica.

277 Costituzione americana all’articolo 1, sezione 8, clause 8; Articolo 9 della Costituzione Italiana. 278 È necessario precisare che gli autori di “The Next Rembrandt” non hanno mai rivendicato alcun

diritto di proprietà sull’opera stessa e che l’esempio viene preso in considerazione ai fini della presente indagine per scopi esclusivamente esemplificativi e per la prospettazione di teorie e soluzioni future, che non riguardano direttamente questo caso.

279 Ibidem, Community for Creative non-Violence v. Reed Cmty. For creative non-violence; Title 17, United States

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Inoltre, il coinvolgimento da parte del datore di lavoro verso una IA opera ad un livello estremamente basso rispetto a quello che potrebbe esserci in una relazione contrattuale tra due persone fisiche. Anche se dietro alle intelligenze artificiali non operano esseri umani, sicuramente una volta programmata essa lavora: “within the scope of their

employment”. Tuttavia, l’elemento differenziante rispetto ad un dipendente (persona fisica),

riguarda il livello di coinvolgimento che quest’ultimo ha rispetto al datore di lavoro che gli fornisce linee guida e quindi la finzione legale viene anche giustificata dal costo che una società ha nel ricercare i propri impiegati, fornire loro il materiale e produrre gradatamente il lavoro.

A ciò si aggiunga anche che i costi in cui incorre l’utilizzatore del sistema IA sono generalmente inferiori, e consistono nel comprare la macchina, fornirle il materiale e mantenerla. Infatti, una volta avviato, il sistema ha la capacità di creare un numero indeterminato di opere, senza alcun incentivo.

La dottrina americana si è dunque interrogata sulla opportunità di creare un nuovo quadro legale per incentivare gli utilizzatori o i proprietari delle IA.

La professoressa Shlomit Yansky-Ravid280, propone un modello ancora più ampio della dottrina WMFH che potrebbe ricomprendere tutti i lavori prodotti dalle macchine

intelligenti, in cui individua come i veri titolari di diritti sui lavori prodotti dai sistemi di IA e

responsabili per essi gli utilizzatori.

In primo luogo, da questo modello emergono le sembianze umane della macchina. Al posto di ignorare questa evidenza, come il sistema giuridico fa quando cerca a tutti i costi la componente umana dietro al sistema, vengono invece riconosciuti i caratteri di creatività e autonomia in capo alla macchina stessa.

In secondo luogo, esso è giustificato dalla teoria della law and economics, che incentiva l’utilizzo efficiente di sistemi creativi e autonomi e rafforza la commercializzazione dei lavori da essi prodotti.

Infine, verrebbe in questo modo risolto il problema della responsabilità, ponendola in capo all’utilizzatore. Secondo l’autrice, in questo modo si incoraggerebbero delle operazioni più attente sul sistema e volte ad evitare danni, violazioni e contraffazioni di lavori di terzi. Così distribuendo proprietà e responsabilità, inoltre, si evita che il sistema vada fuori controllo.

280YANISKY-RAVID, Generating Rembrandt: artificial intelligence, copyright, and accountability in the 3a era- the

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Il modello si presenterebbe come flessibile e l’utilizzatore potrebbe essere un’impresa, un individuo, un corpo governativo e altri soggetti. Questa soluzione, inoltre, mantiene in vita il sistema del copyright, rivisitando in parte la dottrina, ma mantenendo così la stabilità sociale e legale.

Tuttavia, ai fini di una sua adozione sarebbe necessaria una nuova normativa, o una rivisitazione della normativa precedente, in quanto le attuali leggi sul copyright non sono adattabili e applicabili a questa avanzata evoluzione tecnologica. L’aspetto centrale che viene richiesto dal modello è la protezione di lavori generati dai sistemi di IA senza dover coinvolgere esseri umani.