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La visione romanticizzata dell’autore domina la disciplina autoriale sin dai suoi inizi, ma costituisce un punto debole per il futuro della disciplina. Alla base di questo approccio che sente la necessità di individuare un umano dietro al robot vi sono tre teorie che giustificano tutti i diritti di privativa.

La prima di queste è conosciuta come “law and economics theory”, che approccia le privative sulla base della loro efficienza cumulativa e sulla loro abilità di promuovere il

welfare; la seconda invece è conosciuta come teoria della personalità, che si basa unicamente

sul riconoscere un diritto di proprietà ai fini di tutelare la personalità dell’autore; e, infine, l’ultima è la teoria utilitaristica il cui autore di riferimento è il filosofo inglese John Locke, che giustifica la disciplina della protezione sulla base del riconoscimento dei frutti del lavoro. Se da un lato, i sistemi continentali di civil law costruiscono le fondamenta del mondo della proprietà intellettuale sull’importanza della personalità dell’autore e sulla teoria di Locke, alla base dei sistemi di common law, invece, prevale la teoria della “law and

economics” e, anche se solo in parte, la “theory of labor” di Locke.

Vi sono dunque due approcci principali, quello utilitarista della prima teoria e quello personalistico o giusnaturalistico in cui possono essere ricomprese la seconda e la terza teoria.

Secondo la prima visione, che trova una collocazione precisa all’interno della Costituzione statunitense233, la giustificazione delle privative trova la sua base nella necessità di fornire un incentivo alla creazione di beni immateriali, che altrimenti, in qualità di “public

goods” rischierebbero di essere esposti a fenomeni parassitari. La loro esposizione a questa

tipologia di fenomeno avrebbe la drastica conseguenza di determinare un fallimento di mercato. Con l’attribuzione di diritti di proprietà, chi produce è motivato a creare, esporre, sviluppare e distribuire il suo lavoro, arricchendo di conseguenza il benessere della

233 Si consulti l’articolo 1, Sez. 8, Clause 8, della Costituzione degli Stati Uniti d’America, dove si legge:

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popolazione234. Dunque, l’obiettivo del copyright è quello di promuovere la creazione di lavori artistici attraverso la sua struttura che si basa sull’incentivo, assicurando in questo modo agli autori il controllo esclusivo sul lavoro.

Riflessi di questo approccio emergono anche a livello internazionale, in alcune direttive comunitarie e anche nella nostra Costituzione235.

Secondo l’approccio personalistico, o giusnaturalistico, invece, i diritti di privativa sui frutti del lavoro di un soggetto, da un lato hanno lo scopo di proteggere la sua personalità che si riflette sui frutti stessi, dall’altro riconoscono gli sforzi creativi da lui posti in essere236. La prima visione attiene più alla “personal theory” di matrice hegeliana che riconosce nel prodotto finale elementi della personalità dell’autore, piuttosto che semplicemente un incentivo237. La seconda visione, invece, si riferisce alla “labour theory” lockeana, che sottolinea come la privativa debba riconoscere il duro lavoro e la dedizione dell’autore in esso238.

Aspetti di questa impostazione sono presenti a livello nazionale nell’articolo 6 l.d.a che garantisce la protezione dell’opera in quanto “particolare espressione del lavoro intellettuale” e all’articolo 35 della nostra Costituzione, nella parte in cui tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni239.

Dunque, il sistema di proprietà intellettuale è permeato di dicotomie, tra cui, teorie utilitaristiche e personali, stimolo della creatività e tutela degli investimenti. Ai fini della presente analisi è opportuno chiedersi se queste giustificazioni filosofiche, economiche e

234R.A.POSNER, Intellectual property: the law and economics approach, 19 J. Econ. Persp 57 (2005).

235 A livello internazionale si legga il preambolo dell’Accordo TRIPs del 1996, ove si riconoscono gli:

“underlying public policy objectives of national systems for the protection of intellectual property, including developmental and

technological objectives”; a livello europeo, invece, assume rilevanza il considerando n. 4 della direttiva

2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, in Gazz. uff. C.E. n. L 167 del 22 giugno 2001, 10, secondo cui: “un quadro giuridico armonizzato in materia di diritto d'autore e di diritti connessi, creando una maggiore certezza del diritto e prevedendo un elevato livello di protezione della proprietà intellettuale, promuoverà notevoli investimenti in attività creatrici ed innovatrici”; nella nostra carta costituzionale, assume rilievo l’articolo 9, co. 1, che come sottolinea P.SPADA, Conclusioni, in AIDA, 2005, 218, è il “radicamento più significativo” della tutela giuridica dell’innovazione.

236 Questa teoria è stata definita come un’attualizzazione del pensiero di filosofi come Hegel, Kant e

Locke, per un approfondimento si consulti V.FALCE, Sulle fondazioni filosofiche delle moderne dottrine economiche

dell’innovazione, in Riv. dir. ind., 2004, 125.

237J.HUGHES, The personality interest of artists and inventors in Intellectual Property, 16 Cardozo Arts and Ent.

L.J. 81 (1998).

238S.YANISKY-RAVID, The hidden though flourishing justification of intellectual property laws: distributive justice,

National versus international approaches, 21 Lewis and Clarck L. Rev. 1 (2017).

239 Di questa opinione, si veda per approfondimento, E. SANTORO, Note introduttive sul fondamento

costituzionale della protezione del diritto d’autore, in Dir. aut., 1975, 319; nonché M. RICCI, La retribuzione del lavoro intellettuale, in AIDA, 2005, 101.

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politiche possano essere il punto di partenza anche per giustificare le opere prodotte dalle

macchine intelligenti.

Un primo aspetto generale da sottolineare è che già prima facie appare difficile applicare le teorie supra menzionate alle opere create dalle IA.

L’ IA non ha bisogno di alcun riconoscimento per lavori che rispecchino la sua personalità, posto che attualmente non è nemmeno pensabile avvicinare due termini come “personalità e macchina”240. Infatti, anche se i tempi per parlare di personalità giuridica per le macchine intelligenti sono relativamente vicini, attualmente il dibattito non ha portato all’assunzione di alcuna decisione. Proprio la mancanza di personalità legale in capo alla macchina ha portato alcuni autori a ritenere che l’unica sorte possibile per i lavori degli automi fosse quella del pubblico dominio, a meno che il sistema non sia in grado di evolvere al punto di comprendere consciamente e di riconoscere l’incentivo a produrre241. Si tenga in considerazione la Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 sulla robotica in cui iniziano ad essere trattati temi come quello della “personalità elettronica”242. Chi sostiene il riconoscimento di una personalità giuridica in capo ai robot utilizza un’argomentazione che si basa su una similitudine tra la forma societaria e il robot stesso. Infatti, secondo questi autori, come la società ha una sua separata personalità giuridica, così anche i robot possono averla. Tuttavia, questa visione non tiene in considerazione la connessione diretta che lega le persone fisiche alla società e l’influenza che queste hanno sullo schermo societario. Al contrario, alcune delle più avanzate IA funzionano anche senza alcuna persona fisica, quindi l’attribuzione di una personalità giuridica alle società non può essere un diretto corollario per la giustificazione dell’attribuzione di essa ai robot.

240 Quando si considera la questione della personalità giuridica per i sistemi di intelligenza artificiale, è

necessario tenere in considerazione che, storicamente, il requisito dell’umanità non è dirimente ai fini di un suo ottenimento. Infatti, da un lato basti pensare agli schiavi, che, nonostante fossero esseri umani, non possedevano capacità giuridica, dall’altro lato basta considerare le società, le associazioni e le agenzie governative che sono state riconosciute come aventi personalità giuridica. Per un approfondimento si veda S. CHOPRA,L.F.WHITE, A legal theory for autonomous artificial agents, University of Michigan Press, Michigan, 2011, 157-158.

241 Uno degli autori che ha esposto questa idea è R.D.CLIFFORD, Intellectual property in the era of the

creative computer program: will the true creator please stand up?, 71 Tul. L. Rev. 1675 (1997). Della stessa opinione è

anche P.SAMUELSON, Allocating ownership rights in computer-generated works, 57 U. Pitt. L. Rev. 1185 (1986), ove si legge: “only those stuck in the doctrinal mud could even think that computers could be authors.”

242 Risoluzione del Parlamento europeo recante raccomandazioni alla Commissione concernenti

norme di diritto civile sulla robotica, 16 febbraio 2017, 1, in Gazz. uff. U.E. n. C 252 del 18 luglio 2018,16, in cui il Parlamento invita la Commissione a esplorare, esaminare e valutare “l’istituzione di uno status giuridico specifico per i robot nel lungo termine, di modo che almeno i robot autonomi più sofisticati possano essere considerati come persone elettroniche responsabili di risarcire qualsiasi danno da loro causato, nonché eventualmente il riconoscimento della personalità elettronica dei robot che prendono decisioni autonome o che interagiscono in modo indipendente con terzi”. In tema di soggettività giuridica si veda anche G.SARTOR,

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Ad oggi, un riconoscimento della privativa che sia giustificato in base alla necessità di tutelare la “electronic personality” dei robot, o, in base al fornire giusnaturilsticamente parlando protezione ai loro sforzi creativi, appare debole da un punto di vista teorico.

Alcune considerazioni parzialmente diverse, invece, possono essere svolte sulla base degli argomenti utilitaristici.

Si consideri, in primis, che l’automa non ha bisogno di alcun incentivo per produrre un lavoro. Incentivare un sistema a produrre ciò per cui è stato programmato appare privo di scopo. Potrebbe essere eventualmente riconosciuto un incentivo indiretto, non alla macchina, ma piuttosto al suo programmatore o utilizzatore. Il problema di questo approccio è che il programmatore ha creato il sistema, ma non è in grado di predire il lavoro che esso creerà. Di conseguenza, la creatività di un sistema IA non coincide con la creatività del suo programmatore, e quindi la relazione causale che lega i due soggetti non è abbastanza forte da giustificare in capo al secondo alcuni diritti di privativa. Inoltre, si consideri che i programmatori sono già incentivati a creare sistemi di IA in quanto possono ottenere protezione sul software su cui è installata l’intelligenza artificiale attraverso lo strumento brevettuale o autoriale.

È importante che il sistema incentivi correttamente i soggetti e le entità, tenendo in considerazione che tra gli obiettivi della teoria dell’incentivo vi è anche la promozione di comportamenti che incrementino il welfare complessivo. Se dunque, le macchine non hanno bisogno di alcun incentivo per creare e nemmeno i loro programmatori, le opere non devono essere protette, altrimenti il sistema fallirebbe, per la condizione di inefficienza in cui ci si verrebbe a trovare. Infatti, proteggere il lavoro delle macchine non produrrebbe alcun beneficio e ostacolerebbe l’abilità del pubblico nel godere del lavoro stesso.

Inoltre, il non riconoscere un diritto di privativa rispetto a queste opere non comporterebbe alcuna necessità di riadattamento del concetto di creatività in capo alle stesse.

L’idea che la protezione del sistema autoriale non sia la soluzione migliore in relazione alle opere create dalle IA tiene anche in considerazione il fatto che, per quanto i sistemi di reti neurali possano essere sofisticati e capaci di imparare e creare autonomamente, risulterebbe una forzatura ammettere che essi siano anche in grado di capire la funzione incentivante presente nel sistema del copyright/diritto d’autore.

Tuttavia, rimanendo all’interno della teoria dell’incentivo ci si può interrogare sulla possibilità in capo ad eventuali investitori che abbiano lo scopo di acquistare sistemi di IA

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per immettere nel mercato i prodotti creativi realizzati dalle IA stesse, di essere incentivati a farlo maggiormente o tout court, nel momento in cui sono consapevoli di poter ottenere diritti esclusivi sulle opere create dal sistema intelligente. Questo schema richiama l’analoga

ratio alla base della normativa in tema di proprietà intellettuale che attribuisce ai datori di

lavoro i diritti di sfruttamento delle creazioni realizzate dal lavoratore stesso243. Di tale modello e di una sua eventuale utilità all’interno del sistema si parlerà ampiamente infra, quando verranno indagate singolarmente le varie soluzioni proposte in ambito dottrinale per la protezione delle opere dell’ingegno create dalle macchine intelligenti.