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2.3. Il carattere creativo e l’ originality delle opere dell’ingegno

2.3.2. Creatività umana e creatività artificiale a confronto: la nascita della creatività

Alla luce delle osservazioni effettuate in tema di creatività e “originality” si tratta ora di confrontare la creatività umana, con quella del sistema intelligente. Il confronto non si pone in termini ontologici, in quanto, come già enunciato supra, il termine “intelligenza” sembra avere una natura esclusivamente metaforica167. L’obiettivo piuttosto è quello di verificare se la creatività computazionale riesce a creare opere che abbiano le caratteristiche richieste ai fini dell’attribuzione del diritto di privativa.

La prima difficoltà che nasce da questo confronto risiede nella definizione che si vuole attribuire al termine creatività168. Se, infatti, nel diritto d’autore/copyright, la creatività è definita in termini di coscienza umana e di riflesso della personalità dell’autore nell’opera, è impossibile che si possa parlare di creatività per le opere create dalle macchine, per quanto esse possano essere sempre più sofisticate. Emblematica, a tal proposito, la critica di Ada Lovelace rispetto all’Analytical Engine di Babbage, in cui l’autrice mette in luce come la macchina non possa avere alcuna pretesa di dare origine ad alcun che, in quanto potrà sempre e solo fare quanto l’uomo gli ordina di fare169.

Nonostante sia passato più di un secolo dalla critica della Lovelace e la tecnologia abbia subito un progresso notevole, essa rimane in parte ancora attuale, infatti, le macchine, nonostante l’autonomia che dimostrano nello sviluppare gli input che vengono loro offerti, per essere attivate hanno sempre bisogno di un intervento umano. L’idea base secondo cui l’uomo programma e il computer esegue è indubbiamente rimasta invariata. Infatti, il programma, non dimostrando di possedere la stessa creatività della mente umana, che riesce a riadattarsi alle esigenze e alle circostanze che, di volta in volta, le vengono proposte, viene definito come “rigido”.

Ad esempio, considerando The Next Rembrandt, è possibile affermare che dietro all’opera è come se vi fosse un pittore che non cresce mai. Questo, tuttavia, non è un aspetto ostativo ai fini di un eventuale attribuzione della disciplina autoriale, in quanto la

167 Esprime questa idea KAPLAN, Intelligenza artificiale, guida al futuro prossimo, op. cit., 41.

168D.GELERNTER, The muse in the machine: Computerizing the Poetry of Human Thought, Free Press, New

York, 1993, 83, in cui si legge: “creativity is a fascinating phenomenon and it has been studied endlessly, no master key has

been discovered”.

169A.A.LOVELACE, Sketch of the analytical engine invented by Charles Babbage, by L.F Menabrea of Turin,

Officer of the military engineers, with notes upon the memoir by the translator, in Taylor’s scientific memoirs, III, inR. BETTI, Intelligenza Artificiale, in Enciclopedia, VII, Einaudi, Torino, 1979, 666-731; D. LEVY, Robots unlimited:

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materia tiene in considerazione la personalità dell’autore in relazione alla singola opera e non nel suo complesso170. Infatti, un primo aspetto da considerare è che il computer può essere programmato e produrre risultati anche inaspettati, incorporando elementi casuali nel suo procedimento.

Se, quindi, teniamo in considerazione l’imprevedibilità come elemento della creatività dobbiamo ritenere che i sistemi di IA, che si basano sulle “adversarial networks”171, si comportano in modo sconosciuto al loro programmatore, nascondendo il reale processo di creazione dell’output all’interno di “black box”172. Se, dunque, il carattere creativo di un’opera dell’ingegno si individua in elementi che costituiscono il risultato di scelte “libere e creative”173, anche l’intelligenza artificiale sembra esprimere questa capacità174, svincolandosi dalle impostazioni inziali del suo programmatore.

Questo non significa che il sistema di IA operi in modo completamente svincolato da qualsiasi regola, o meglio, che sia dotato di una libertà assoluta, ma piuttosto che le regole a presidio del funzionamento della macchina sono analoghe al tipo di libertà che caratterizza anche l’essere umano. La libertà di cui si tratta e che interessa al giurista, è quella intesa nella sua accezione più circoscritta, la quale si estrinseca nella capacità di produrre risultati non predeterminabili che appaiono all’osservatore come inattesi o sorprendenti, secondo il carattere che connota la creatività dei prodotti dell’essere umano.

Dunque, la “divergent AI-creativity”175 manifestata da alcuni tipi di intelligenza artificiale e oggettivizzata all’interno dei loro prodotti, non sembra differire in modo significativo dalla creatività umana così come essa rileva nel diritto di proprietà intellettuale176.

170 È necessario ricordare quanto esposto supra Capitolo I, ovvero che i sistemi più sofisticati di IA

sono capaci di evolvere, imparando dai propri errori.

171 Si vedano, A. ELGAMMAL, B. LIU, M. ELHOSEINY, M. MAZZONE, CAN: Creative Adversarial

Networks Generating “Art” by Learning About Styles and Deviating from Style Norms, in ArXiv, disponibile online al

seguente link: https://arxiv.org/pdf/1706.07068.pdf.

172BODEN, Intelligenza Artificiale, op. cit.,134.

173 Il considerando n. 17 della Direttiva 93/98/CEE, che riguarda l’armonizzazione della durata di

protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi, in Gazz. Uff. C.E.E. L. 290, 24 novembre 1993, 9, parr. 90-94, riconnette l’esercizio di scelte libere e creative dell’autore nella realizzazione dell’opera alla concreta modalità cui si esprime la personalità di quest’ultimo, riuscendo ad oggettivizzare un criterio, come quello personalistico, che è altrimenti difficilmente applicabile.

174KAPLAN, Intelligenza artificiale, guida al futuro prossimo, op. cit.,119, il quale evidenzia come i sistemi di

intelligenza artificiale sono effettivamente in grado di compiere delle scelte senza fare affidamento alla casualità e in riferimento al procedimento decisionale afferma che non vi sono ancora stati degli studi che possano fare credere che esseri umani e macchine obbediscano a principi diversi.

175G.SARTOR,F.LA GIOIA,G.CONTISSA, The use of copyrighted works by AI System: art works in the data

mill, in SSRN, 11 ottobre 2018, forthcoming in AIDA, disponibile online al seguente link:

https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3264742.

176 Parte della dottrina appare tuttavia critica nei confronti di tale impostazione: osservano, ad

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Un secondo spunto da tenere in considerazione proviene da uno dei pionieri dell’intelligenza artificiale, Marvin Minsky, il quale ritiene che il cervello umano è esso stesso una macchina, e precisamente “a meat machine”177. Secondo questa visione, anche la creatività umana potrebbe essere di tipo computazionale o algoritmico.

Di una simile opinione si fa portavoce anche l’avanguardista Italo Calvino, il quale ritiene che gli uomini e le macchine non siano così diversi. Infatti, se pensiamo alla natura vincolata degli output e dei modelli che le macchine sono solite emulare non ci discostiamo in modo significativo rispetto al modo in cui gli esseri umani sono soliti credere e pensare178. Calvino arriva a ritenere che non vi sia la possibilità per l’essere umano di produrre un lavoro completamente originale che si discosti dai canoni e dalle regole da esso conosciute. Il suo formalismo radicale arriva alla consapevolezza per cui tutta la produzione è intrinsecamente derivativa e algoritmica. Sulla base di questa idea, la differenza tra gli output umani e quelli della macchina è solo di grado, in quanto qualitativamente uomo e macchina sono entrambi capaci di originare output. Se nella critica di Lovelace l’esistenza di regole predeterminate era l’aspetto limitativo della creatività, nella

apparent creativity in a machine’s output is directly attributable either to the code written by the programmers who designed and trained the machine, or to the instructions provided by the users who operate the machine. No machine is itself a source of creativity. Even if the output of the machine surprises the humans who programmed, trained, or operated the machine by producing an unanticipated output that appears to be the result of some unseen creative force, one should not jump to the conclusion that the machine has earned the title of author. Every unanticipated machine output arises directly from some human instruction programmed into the machine. The machine’s designer might write a complex web of code which instructs the machine to analyse a data set, learn patterns, and then utilize those patterns to create outputs. The designer might also program randomness to vary the machine’s outputs and its processes. But the resulting output, even if unique and completely unpredictable, is the direct result of the machine’s process, which, in turn, is inevitably the brainchild of some human developer or user”. Gli

autori sembrano tuttavia enfatizzare il rapporto di causalità tra l’attività umana, consistente nel programmare o fornire istruzioni a un sistema di intelligenza artificiale, e i conseguenti risultati creativi. Che un rapporto causale ci sia è indubbio, ma che esso sia talmente forte da attribuire la qualità di autore all’essere umano che ha programmato o fornito istruzioni è discutibile. Proseguono, infatti, gli autori: “copyright law has already

developed a principle to deal with creative exploits that involve the articulation of a detailed creative process by a primary actor, and the fulfilment of that process by a secondary actor. Authors may delegate creative tasks to amanuenses without losing their status as sole authors”. Appare tuttavia evidente già prima facie la rilevante distanza, in termini di autonomia

creativa, tra un amanuense e un sistema di intelligenza artificiale, con la conseguente verosimile necessità di trattare i due casi in modo diverso tra loro.

177P.MCCORDUCK, Machines who think: a personal inquiry into the history and prospects of artificial intelligence, A

K peters, Natick (MA), 2004, 70.

178 Italo Calvino (1923-1985) faceva parte di un gruppo di scrittura conosciuto come “Ouvroir de

Littérature Potentielle” (“Oulipo”) fondato nel 1960 dal matematico Rymond Queneau e dal poeta Francois Le

Lionnais per esplorare le possibilità di incorporare le strutture matematiche all’interno delle creazioni letterarie. Nel metodo dell’Oulipo gli scrittori producevano il loro lavoro basandosi su regole che essi stessi si imponevano, spesso determinate da equazioni matematiche, come l’interna novella scritta senza la lettera “e”. Per approfondimento, W.F.MOTTE, Oulipo: a primer of potential literature, University of Nebrasca Press, Lincoln, 1986, 201. Presto la produzione umana tramite algoritmo è stata sperimentata anche nell’arte e nella musica, si veda per approfondimento AMES, op. loc. cit.

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visione di Calvino, invece, la creatività senza regole, sia nell’essere umano che nella macchina, non potrebbe esistere179.

Se da un lato questa visione opera una radicale distruzione della figura romantica dell’autore, dall’altro permette proprio di superare questa implicita visione che ha sempre costituito un principio fondamentale per il diritto d’autore/copyright ed aprire in modo esplicito il confronto tra creatività umana e artificiale.

Inoltre, considerando che la dottrina e la giurisprudenza nel tempo hanno ridimensionato i livelli di creatività e “originality”, ammettendo la loro esistenza anche in termini minimi, è lecito chiedersi perché dovrebbe essere richiesto un livello più alto o diverso per la creatività dimostrata dai sistemi intelligenti.

Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione, ai fini del presente confronto, riguarda il requisito della novità. Se, infatti, secondo Boden, la creatività computazionale risulta nella “ability to generate novel and valuable ideas”180, appare come necessario declinare anche il concetto di novità. Secondo l’autrice, a seconda del grado di novità, la creatività si distinguerebbe in due livelli: la creatività psicologica, che riguarda una novità relativa, per cui l’opera è nuova solo rispetto a chi l’ha creata, ma non in termini assoluti e la novità storica, per cui l’opera è nuova in termini assoluti, per tutti181. La visione dell’autrice corrisponde ai modelli richiesti per la creatività nel campo della proprietà intellettuale. Infatti, il primo tipo di novità è richiesto ai fini della tutela autoriale, mentre il secondo è quello che rileva ai fini della privativa brevettuale. In questo contesto non sembrano sussistere ostacoli per dubitare che il prodotto della IA sia nuovo, indipendentemente che si accetti una declinazione della novità in senso relativo o in senso assoluto.

Dunque, ad un primo confronto tra creatività umana e creatività artificiale non sembrano essere emerse particolari differenze che possano giustificare su un piano giuridico un trattamento diverso per le opere umane e per quelle delle intelligenze artificiali. Analizzando il ritratto di Edmond Belamy è innegabile che il dipinto presenti i requisiti di creatività e novità e che quindi potrebbe essere protetto dal diritto d’autore/copyright, considerando che possiede tutti i requisiti esposti supra.

Tuttavia, anche se creatività e “originality” non risultano essere degli ostacoli ai fini della protezione delle opere delle IA, in quanto facilmente modellabili da un punto di vista interpretativo, ulteriori aspetti che verranno analizzati nei paragrafi seguenti hanno un peso

179BODEN, Intelligenza artificiale, op. cit., 82. 180 Id. 23-24.

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maggiore nell’interrogarsi sulla opportunità di un riconoscimento giuridico analogo a quello previso per le opere dell’ingegno umano.