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L’applicazione di un linguaggio corretto nella realtà e nella virtualità

3. Verso una comunicazione non violenta

3.3 L’applicazione di un linguaggio corretto nella realtà e nella virtualità

Parlare in modo corretto non richiede l’uso di formule fisse. In grammatica esistono vari tipi di formule (dubitative, completive, interrogative, esclamative ecc…)

Le formule dubitative sono elementi eterogenei (parole, sintagmi, frasi) accomunati dalla funzione di esprimere un atteggiamento di dubbio o di incertezza del parlante rispetto al contenuto dell’enunciato. Nel dialogo possono esprimere il dubbio alcune interiezioni come mah, boh, ehm, uhm. Altri elementi che possono essere utilizzati con la stessa funzione sono alcuni avverbi spesso etichettati nelle grammatiche come avverbi di giudizio e più in particolare di dubbio: forse, probabilmente, magari, facilmente, difficilmente, possibilmente.

[…] Le formule esclamative sono unità di varia natura ed estensione (sintagmi, frasi e frammenti di frase) accomunate dalla funzione di esprimere in modo diretto sentimenti o emozioni del parlante (gioia, dolore, rabbia, sorpresa, sdegno, ecc.) o di segnalare un atto linguistico (ordine, preghiera, augurio, minaccia, ecc.). […] La maggior parte delle formule esclamative ha statuto di sintagma, tipicamente incentrato su un nome (ottima idea!, mamma mia!, che schifo!, porca miseria!, meno male!, al ladro!, alla buon’ora!, ecc.) e più o meno cristallizzato (per es., acqua in bocca! o in bocca al lupo! sono sintagmi bloccati; altre espressioni sono invece suscettibili di modifiche: bando alle chiacchiere/ciance, per l’amor di Dio / del cielo, ecc.). Alcune formule, però, possono anche avere forma di frase: non se ne parla nemmeno!, ne ho abbastanza!, questa me la paghi!, che Dio ce la mandi buona!, ecc.281

Le quattro componenti analizzate vanno utilizzate in maniera generica per esprimersi in maniera rispettosa.

Dall’analisi delle quattro componenti emerge, infatti, che «la CNV non consiste in una formula fissa, ma si adatta alle varie situazioni ed ai diversi stili personali e culturali».282 In linguistica, la formula fissa fa riferimento allo stile formulare,

caratterizzato da formule, espressioni fisse, molto utilizzato nelle narrazioni degli aedi nella Grecia antica. Si tratta di uno stile composto da espressioni ripetitive, ridondanti, limitato nella varietà espressiva proprio perché era più semplice

281 Enciclopedia dell’Italiano, Treccani, s.v. formule.

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raccontare ed essere ascoltati. Anche l’italiano che parliamo è costituito da molti stereotipi linguistici giornalieri:

parole convenzionalmente ricorrenti e ormai standardizzate, cioè fossilizzate in una formula fissa che non sempre coincide con la logica naturale o con le corrette norme grammaticali […], come ad esempio -buongiorno- o -buondì- sono divenute ormai fredde ed inerti, stantie e meccaniche, a cui si risponde con un’eco egualmente abitudinaria e distaccata, anonima e monotona; un altro stereotipo comune riguarda la risposta – al telefono o al citofono – riguardante la formula – (sono) pronto –, attendibile se l’utente è un maschio; ma invece il suo uso si è esteso anche alle donne, per le quali sarebbe stato piú conforme e confacente (per logica e grammatica) un… - pronta-.283

Ebbene, la comunicazione non violenta non utilizza questo stile fatto di formule ma rimane tuttavia un processo o linguaggio anche se a volte «è possibile esprimere tutte e quattro le componenti del modello senza dire una sola parola. La CNV è quindi un approccio che può essere applicato con efficacia ad ogni livello della comunicazione ed in situazioni diverse»,284 come abbiamo avuto modo di vedere già nelle pagine precedenti grazie ad alcuni esempi di comunicazione:

- Relazioni personali - Famiglia

- Scuola

- Organizzazioni e istituzioni

- Relazioni diplomatiche e commerciali - Conflitti di qualsiasi tipo.

In ognuno di questi contesti, se non si applica una comunicazione pacifica, lo scambio di informazioni può sfociare in atti dannosi legati a una violenza fisica fino ad arrivare a comportamenti più complessi di violenza verbale come insultare, rivelare un segreto, promettere senza mantenere e far preoccupare i genitori, in ambito familiare. Così si feriscono i sentimenti e non si rispettano i bisogni dell’altro, ma si è in grado solo di danneggiarlo.

283 Carlo Iandolo, Curiosità linguistiche dell’italiano – stereotipi linguistici giornalieri. Dal sito www.vesuvioweb.com.

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L’odio, gli scontri e i fraintendimenti molto spesso si creano «a cominciare da tutte le volte che entriamo in discussione su ciò che non conosciamo bene, che non abbiamo approfondito o su cui, semplicemente, non abbiamo riflettuto abbastanza».285 Nonostante ciò, le incomprensioni e/o i litigi che si possono creare nelle interazioni sono molto potenti: «oggi che non siamo più soggetti fuori o dentro i media, ma siamo i media stessi con uno smartphone in mano possiamo espandere quanto mai la nostra capacità di confronto e di influenza sugli altri».286

In Internet i conflitti e le offese sono molto più visibili in quanto i cosidetti haters o leoni da tastiera287 credono di nascondersi dietro lo schermo, di cambiare la loro identità e di poter offendere senza essere intercettati. È importante sottolineare che la comunicazione sui social contiene un aspetto che non sempre si tiene in considerazione «un contenuto extra, un surplus di socialità che va oltre il mero oggetto dei discorsi».288 Ed è proprio per questo che bisognerebbe fare più attenzione al modo in cui si esprimono i pensieri: «non è solo la faccia o la presenza a produrre comunicazione extraverbale, ma anche la successione delle parole, la loro scelta, lo stile e gli intenti con cui sono scritte».289

Si tratta di un tipo di eccesso, di maleducazione e cattiveria che non si può accettare. Nasce così l’esigenza di bloccare290 coloro che esagerano e di far capire loro che ciò che avviene sui social network è la realtà. Si dovrebbe imparare «non tanto a cancellare le reazioni spontanee quanto a indirizzarle per renderle un supporto per ciò che stiamo dicendo».291 In fondo sin da quando siamo piccoli addestriamo, grazie all’ambiente familiare, il pensiero veloce a non fare errori. È una strategia che si dovrebbe usare anche prima di scrivere e postare un commento. Ad esempio, nella realtà, quando riceviamo un regalo rispondiamo automaticamente con un

grazie. Siamo stati educati a rispondere in questo modo perché ogni volta, in questo

285 Ivi, p.182.

286 Mastroianni 2017, p.112.

287 Nella maggior parte dei casi sono persone che usano false identità, scrivono su internet in modo aggressivo, senza usare filtri, insultano, offendono, screditano o minacciano altri utenti facendo cose che non farebbero o direbbero nella vita reale.

288 Gheno 2012, p.170.

289 Reboul 1996, p.76.

290 Il termine bloccare nell’era digitale ha assunto un nuovo significato. Nel vocabolario Treccani il primo significato che appare è: Porre il blocco, tagliare le comunicazioni con un luogo o ancora Con altro senso fig., e riferito a persona, immobilizzare, impedire nell’azione o in una determinata azione, rendere incapace di parlare, di comunicare (è affine quindi a inibire, ma indica condizione momentanea o di breve durata). Nell’accezione digitale e tecnologica significa che quando blocchi una persona sui social network questa persona non potrà più eseguire azioni come taggarti o vedere ciò che pubblichi sul tuo diario (ovvero sul tuo profilo Instagram o Facebook).

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tipo di contesto, ci veniva posta la domanda: Come si dice? proprio subito dopo aver ricevuto il regalo. Invece, questa capacità, quando si tratta di scrivere un commento su Facebook, spesso viene meno.

È fuorviante pensare che, quando ci si confronta in una serie di commenti scritti su uno schermo, conti solo il merito di ciò che si dice. L’atteggiamento trapela tra le righe, nelle parole che usiamo, nel modo con cui le leghiamo tra loro; persino la punteggiatura può trasmettere tensione o serenità nel rispondere. […] Attendere qualche frazione di secondo prima di esporre un concetto, per esempio fermandosi per un attimo a pensare, può essere un modo per mostrare rispetto e interesse per la domanda o per ciò che ha detto l’altro.292

Quest’ultima è una sorta di punteggiatura parlata che aiuta e agevola la comunicazione fra due persone, d’altra parte:

lo stesso discorso vale per la parola scritta. Le ripetizioni di parole, l’uso smodato di connettivi come poi e quindi denotano fretta, mancanza di elaborazione e riflessione su ciò che si sta scrivendo. Le subordinate complesse e l’uso massiccio di incisi in un testo online possono trasmettere insicurezza, complicazione mentale, scarsa chiarezza di idee. Anche quando scriviamo c’è ritmo, suono, cadenza.293

Un’idea molto utile, che potrebbe far riflettere per non esprimersi con ostilità, consiglia

di mettere per iscritto cià che si vuole dire, lasciarlo decantare per qualche tempo, per poi tornarci sopra. Se stiamo partecipando a una discussione sui social può aiutare rileggere una seconda volta, dopo qualche secondo e con distacco, un commento o una risposta che abbiamo buttato giù di impeto. Ciò provoca una spontanea ripulitura degli elementi più reattivi, emotivi e parziali che ci spingevano a dire certe cose. In questo testo “messo alla prova” avremo la prospettiva di ciò che ci sta veramente a cuore e che vogliamo veramente dire.294

292 Ibidem.

293 Ivi, p.32.

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Un lavoro di presa di coscienza, del fatto che ciò che si scrive online potrebbe danneggiare tanto quanto potrebbe danneggiare nella vita reale, è stato portato avanti da Selvaggia Lucarelli, giornalista, opinionista, scrittrice, blogger, conduttrice radiofonica, commediografa e attrice teatrale italiana che già da qualche anno sviluppa la sua campagna contro i leoni da tastiera con una strategia impeccabile che consiste nel trasmettere radiofonicamente le telefonate con coloro che hanno pubblicato commenti o condiviso post aggressivi e violenti nei suoi confronti. Selvaggia Lucarelli spiega ai suoi haters che l’attacco ostile e d’odio soprattutto online ferisce. Spiega, inoltre, che nessuno è autorizzato a utilizzare un registro offensivo soprattutto se non si conosce quella persona. In questo modo dà una vera e propria lezione a tutti coloro che usano un linguaggio ostile, telefonandoli uno per uno (dopo aver letto i loro commenti d’odio), mettendoli in imbarazzo ed esigendo delle scuse.

In Italia è nata, per coloro che subiscono la violenza, una campagna per l’assistenza legale a chi è vittima di calunnie, diffamazione, hate speech e leoni da tastiera.

Lo studio legale Wildside e l’associazione Tlon hanno messo in piedi un gruppo di avvocati, filosofi, comunicatori, investigatori e informatici forensi che raccoglieranno le segnalazioni inviate all’indirizzo email odiareticosta@gmail.com da chi è stato diffamato, offeso o minacciato sui social.295

Questa campagna vuole tutelare i diritti di tutti coloro che subiscono questa violenza per cambiare il modo di vivere i social. Nella homepage del sito c’è un’interessante introduzione rivolta a colui/colei che pensa che pur scrivendo queste oscenità si sente in un posto sicuro e salvo/a:

è giusto. Arrivi stanco morto a casa dopo essere stato umiliato dal capo ufficio, dai colleghi, dagli automobilisti, dai linotipisti, dai gatti neri, e dopo tutta quella frustrazione ti meriti le tue belle ore d’odio sui social. Per esempio augurando una violenza a una donna colpevole di salvare vite di gente troppo scura. Va già un po’ meglio, vero? Per esempio minacciando di morte quel giornalista che ti sta antipatico, […] Ecco, ora stai bene. Magari ti capita di leggere il post di una persona che si ostina a voler spiegare che il governo in carica è la peggior forma di pensiero unico mai apparsa nella Repubblica Italiana, e allora ti viene in mente di scriverle che deve

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dormire con un occhio aperto, che non si sa mai. Oh, questa sì che è vita! Tanto questo non ha ripercussioni su di te, e figuriamoci se ti domandi cosa hai provocato alla persona che hai aggredito. Dopo questo sfogatoio puoi finalmente – tu sì – dormire sonni tranquilli. Bene. Però c’è un problema, perché da oggi ti tocca pagare per toglierti questi teneri sfizi, che hanno – guarda un po’ – la brutta abitudine di ferire e spesso devastare chi subisce quell’odio.296

A rieducare questo tipo di persone a parlare e a scrivere ci hanno provato non solo Selvaggia Lucarelli, in maniera tanto diretta, ma anche varie associazioni. Alcune già menzionate precedentemente come ad esempio il SilenceHate,297 il

NoHateSpeechMovement e varie iniziative portate avanti proprio dalla

Commissione “Jo Cox” per contrastare e prevenire questo tipo di linguaggio d’odio, attraverso le Raccomandazioni. Un’altra associazione molto attiva negli ultimi anni è quella di Parole O_Stili.

3.4 Parole O_Stili: intervista per comprendere il progetto e il piano d’azione a