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Parole O_Stili: intervista per comprendere il progetto e il piano d’azione a livello comunicazionale dell’associazione

3. Verso una comunicazione non violenta

3.4 Parole O_Stili: intervista per comprendere il progetto e il piano d’azione a livello comunicazionale dell’associazione

Parole O_Stili è un progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole. L’associazione nasce a Trieste nell’Agosto del 2016 con l’obiettivo di educare e sensibilizzare gli utenti a scegliere forme di comunicazione non ostile ridefinendo quindi lo stile linguistico in modo che esso sia capace di diffondere un’attitudine positiva a scegliere le parole con cura e la consapevolezza che le parole sono importanti. Si vuole quindi contrastare l’aggressività che si percepisce sui social network nei post, nei commenti e nelle stories. Proprio il primo principio del Manifesto di Parole O_Stili (un catalogo di 10 regole di contenuti e idee orientati al bene comune), afferma che Virtuale è Reale: l’ostilità in rete ha conseguenze

concrete, gravi e permanenti nella vita delle persone. Questo messaggio di

educazione viene diffuso grazie a progetti di formazione in scuole e università per promuovere la consapevolezza delle responsabilità individuali. Per approfondire

296 Odiare ti costa. Dal sito https://tlon.it/odiare-ti-costa/.

297 Giovani digitali contro il razzismo, finanziato dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) mira a combattere la diffusione su Internet dei discorsi d’odio nei confronti di migranti e minoranze, attraverso l’educazione ai media dei giovani. Il progetto risponde al bisogno degli insegnanti di trovare delle idee per affrontare l’hate speech con i propri studenti, attraverso l’educazione interculturale e il coinvolgimento attivo dei ragazzi e delle ragazze.

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questo tema ho intervistato Tiziana Montalbano associata di Parole O_Stili che si occupa di Comunicazione social e digital.

Come è venuta a conoscenza di questa associazione e come è nata l’esigenza di creare Parole O_Stili?

Diciamo che ho cominciato da subito, dal primo momento, noi nasciamo come un’agenzia di comunicazione e ci si scontrava quotidianamente con problematiche legate ai linguaggi d’odio.

Nell’Agosto del 2016, in quel periodo, ci siamo resi conto che online, diversi anni fa, ormai, quasi 4, le nostre relazioni digitali si stavano sempre di più deteriorando perché c’era molta più aggressività, più violenza, si litigava con molta più facilità. Quindi ci siamo chiesti cosa si poteva fare per dare un contributo positivo al miglioramento di questo tipo di comunicazione. Così abbiamo chiesto a una serie di esperti di comunicatori della rete, di blogger, di influencer, di giornalisti, responsabili d’azienda qual era il consiglio, qual era l’indicazione che potevano dare, anche proprio partendo da un piccolo impegno personale. E da lì sono arrivati tanti spunti, tante idee, tanti piccoli suggerimenti.

La stessa domanda l’abbiamo fatta alla rete. Abbiamo raccolto qualcosa come 1000 circa indicazioni che sono diventati 23 princìpi. Noi li abbiamo rielaborati, messi in ordine, sistemati, rivisitati e poi sono stati votati online i 10 secondo la rete più rappresentativi delle necessità che si avevano per contrastare i fenomeni d’odio delle parole ostili, del linguaggio d’odio.

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Figura 12. IL MANIFESTO DELLA COMUNICAZIONE NON VIOLENTA. DAL SITO PAROLE

O_STILI.

Cos’è il Manifesto di Parole O_Stili?

Il Manifesto è il principale strumento di divulgazione delle nostre attività, è alla base di ogni nostra iniziativa, di ogni nostra campagna, di tutta la parte del lavoro che facciamo nelle scuole, di tutta la formazione che facciamo nelle aziende, perché ci sono diversi ambiti d’azione di Parole O_Stili, non soltanto le campagne di sensibilizzazione che facciamo online sui social network, ma lavoriamo soprattutto nelle scuole, nelle aziende per fare formazione e sensibilizzazione agli insegnanti, ai ragazzi, ai dipendenti d’azienda, ma anche a dirigenti e manager. Il progetto di Academy nasce proprio con questa esigenza: per diffondere maggiormente i principi del nostro Manifesto e portarlo sottoforma di lavoro educativo, di laboratori e momenti esperenziali diretti. Ora abbiamo riunito una ventina di formatori professionisti che faranno formazione di diverso tipo, ovviamente già hanno un’esperienza professionale e abbiamo creato un percorso che si differenzia in base alle esigenze formative che si hanno; parte dal cyberbullismo al linguaggio delle differenze di genere; ci sono percorsi formativi per genitori, per insegnanti, per studenti (ovviamente gli studenti sono divisi in fasce di età, dai bambini della scuola dell’infanzia a quelli delle superiori). Quindi in base all’esigenza, i nostri formatori soddisfano tutte le richieste che abbiamo che sono tantissime e quotidiane di diverso tipo e soprattutto su tutto il territorio nazionale.

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Ci sono state difficoltà durante questi tre anni? E invece quali sono stati gli episodi più gratificanti?

Le difficoltà sono quotidiane e sono relative a cercare di divulgare un modo più capillare e massiccio possibile, o meglio, ci si scontra con le problematiche quotidiane di farsi sentire, di farsi ascoltare per diffondere i nostri princìpi e i nostri valori. Non grosse difficoltà in quanto abbiamo una community molto forte e molto partecipativa e collaborativa; tutte le attività di Parole O_Stili vengono svolte con la partecipazione di tanti. Quindi le difficoltà che ci sono state non sono mai state realtà bloccanti ma derivano da questo. All’inizio quando abbiamo presentato il Manifesto per alcuni era un decalogo troppo semplice, troppo scontato per chi soprattutto conosceva l’aspetto della rete, le problematiche della rete sembravano delle banalità quasi delle ovvietà. In realtà la nostra convinzione era che le cose che sembravano ovvie per noi comunicatori, esperti di marketing e di pubblicità sì lo erano e lo sono in effetti però per il grande pubblico per chi non ha un livello di digitalizzazione molto alto sono invece piccole indicazioni che possono fare la differenza. Quindi all’inizio ci siamo scontrati, nel 2017, quando siamo nati, con questa reticenza che poi è completamente svanita quando è stato visto e letto il Manifesto e quando soprattutto hanno visto l’efficacia che ha avuto sul pubblico. Le gratificazioni sono quotidiane e tantissime. Dalle 2 medaglie d’oro che abbiamo ricevuto dal Presidente della Repubblica in occasione della seconda edizione del nostro evento e i numerosi premi che abbiamo ricevuto, ma soprattutto la cosa che più ci sta a cuore che ci dà soddisfazione e spinta per fare meglio sono le decine e decine di messaggi che ci arrivano al giorno di persone che ci dicono grazie. Soprattutto in questi giorni si parla moltissimo di odio online, sembra un argomento di conversazione quotidiana, ne parlano le TV, le radio, i social… Nel 2017 quando abbiamo iniziato era un problema che si percepiva ma che le persone non avevano ancora realizzato di avere quindi noi l’abbiamo rivelato nella sua conformazione e struttura e i grazie che ci arrivano per le attività che facciamo è la soddisfazione e gratificazione più grande che riceviamo.

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A livello statistico avete notato una reale diminuzione dell’odio in rete, dopo il vostro intervento?

Noi non facciamo monitoraggio sull’aumento o diminuzione per diversi motivi. La presenza di messaggi d’odio sui social network è tecnicamente difficile da monitorare. Possiamo monitorare Twitter ad esempio ma non possiamo monitorare Facebook o Instagram proprio per una questione tecnica. Bisognerebbe analizzare tutti i commenti di tutti i post e quindi è un’operazione che non è nelle possibilità di nessuno se non delle grandi aziende come Facebook, come Google. Per superare questo problema tecnico si possono fare, però, delle rilevazioni, come abbiamo fatto, in determinate occasioni e determinati contesti. Queste rilevazioni sono legate alle percezioni che le persone hanno del problema, quindi non tanto a un aspetto quantitativo ma qualitativo e credo che forse l’aspetto qualitativo è quello ad oggi più importante e rilevante perché se una persona crede di non essere in un luogo sicuro, crede che effettivamente ci sono dei messaggi d’odio, delle situazioni difficili da affrontare, è perché in qualche modo ne ha o ne ha avuto esperienza diretta e quotidiana. Quindi statisticamente abbiamo delle rilevazioni (che puoi trovare nella sezione ricerche sul nostro sito),298 delimitate a determinati periodi e determinati contesti. Per esempio la percezione dei linguaggi ostili e delle fake news nelle 5 settimane precedenti alle elezioni politiche del 2018.

Ora mi piacerebbe entrare più nello specifico parlando delle parole, del modo di parlare. Le viene in mente una frase ostile che ha visto online?

Proprio oggi 25 novembre, (giornata internazionale contro la violenza sulle donne) c’è una grande polemica sui social, su una pubblicità di una pagina Facebook che è quella della Funeral Service, dei servizi funebri dove si dice:

Le donne si dividono in due tipi: quelle morte (con l’immagine di una bara) e quelle che denunciano.

Proprio per parlare del tema della violenza sulle donne. Questa è secondo noi una frase ostile perché ripete e ricalca uno stereotipo della colpevolizzazione della donna in situazioni in cui subisce violenza. Quindi la frase significa che la donna o

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muore, se non denuncia, o denuncia; quindi è come dire che la colpa è sempre della donna e mai della parte maschile, del responsabile del delitto.

Questa frase letta online sicuramente provoca un certo effetto. Secondo lei se ci imbattessimo in questa frase nella realtà, se la sentissimo pronunciare da qualcuno, il destinatario sarebbe più o meno colpito?

Nel caso specifico della frase, non essendo una persona diretta ma tutto il genere femminile, credo che il destinatario sarebbe colpito nello stesso modo perché le parole in questo caso sono soltanto un rafforzativo di un pensiero che nasce come una struttura logica e sbagliata che penalizza e stereotipizza sempre il ruolo e le responsabilità della donna, quindi direi di sì.

Nel Manifesto ci sono 10 principi. Secondo lei in quali di questi c’è un’esplicitazione elevata del concetto di empatia?

Ce ne sono due: il principio 4 e il principio 5.

PRIMA DI PARLARE BISOGNA ASCOLTARE. (Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura). Quindi mi metto a disposizione dell’altro per raccontarti in modo che io possa avere degli strumenti per riuscire a comunicare in modo più diretto e sincero. È una costruzione di un dialogo basato più sulla verità che sull’istinto sulla risposta immediata istintiva e rapida.

Oppure il principio 5: LE PAROLE SONO UN PONTE. (Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri). Anche in questo caso si gioca sul sentimento dell’empatia. Si scelgono le parole adatte per entrare in sintonia, per sintonizzarsi con l’emozione dell’altro.

A livello comunicativo qual è la strategia che utilizzate sempre di più?

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Dalla parte digital: dal nostro database, ovvero 20 mila contatti ai quali scriviamo delle nostre iniziative, delle nostre attività, delle nostre campagne e abbiamo canali stretti con loro.

Poi c’è tutta l’attività di stampa, quindi di interviste, articoli che pubblichiamo nella stampa.

C’è la parte della formazione nelle aziende e nelle scuole; lo spettro di struttura comunicativa di Parole O_stili è molto ampio e distribuito su diversi livelli. Poi ci sono anche i contatti diretti che abbiamo con le persone attraverso le mail e le comunicazioni.

Quindi non c’è una sola cosa che facciamo o cose che vanno a integrarsi ma è una struttura a piramide. Una costruzione più complessa dove ogni tassello cerca di raggiungere uno specifico obiettivo. Ogni canale ha il suo linguaggio, il suo messaggio, la sua struttura.

Possiamo parlare alle scuole in un determinato modo e fare, dall’altra parte, una campagna social per i politici per chiedere di cambiare stile ovvero di utilizzare uno stile comunicativo più sostenibile quindi che sia basato sulla sostanza e sulla forza delle loro idee invece che sulle ingiurie e le fake news e in questo caso utilizziamo un altro registro visto che ci rivolgiamo completamente a un altro pubblico. Quindi direi che la nostra comunicazione è orizzontale.

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