• Non ci sono risultati.

LA COMUNICAZIONE NON VIOLENTA LE PAROLE OSTILI

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "LA COMUNICAZIONE NON VIOLENTA LE PAROLE OSTILI"

Copied!
118
0
0

Testo completo

(1)

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia D

IPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICI E CULTURALI

C ORSO DI L AUREA M AGISTRALE IN

L

ANGUAGES FOR COMMUNICATION IN INTERNATIONAL ENTERPRISES AND ORGANIZATIONS

(

LACOM

)

LINGUE PER LA COMUNICAZIONE

NELL

IMPRESA E NELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

LA COMUNICAZIONE NON VIOLENTA LE PAROLE OSTILI

Prova finale di:

Eleonora Cuccarese Relatrice:

Cecilia Robustelli

Correlatrice:

Francesca Cialdini

Anno Accademico 2018/2019

(2)

1 ABSTRACT ITALIANO

L’elaborato ha lo scopo di fornire un quadro chiaro di come si possa raggiungere la Comunicazione non violenta a partire dall’analisi del linguaggio d’odio che invece si sviluppa, si propaga e si diffonde sempre di più sia nella vita reale sia nella virtualità attraverso i social. Il cosiddetto hate speech (discorso d’odio), caratterizzato dall’uso di hate words (parole d’odio), è rivolto a vari gruppi definiti inferiori o deboli come ad esempio le donne, gli immigrati, le persone LGBT e chi ha diversi credo religiosi. Questi gruppi vengono presi di mira, offesi e discriminati per poi diventare vittime di violenza sia fisica (soprattutto nel caso delle donne), sia verbale. Per comprendere meglio questo tipo di linguaggio verrà svolta un’analisi approfondita delle parole d’odio, delle parole che feriscono, partendo dall’incomprensione che spesso caratterizza la comunicazione e dalla mancanza di un elemento fondamentale come l’empatia. Nell’ultima parte della trattazione seguirà la presentazione di alcuni metodi di prevenzione e sensibilizzazione, per evitare questo tipo di linguaggio, portati avanti da vari movimenti, associazioni, social network (e non solo), che lottano per eliminare e ripulire il linguaggio d’odio, per renderlo sano e giusto.

ABSTRACT INGLESE

The following essay proposes to give a clear picture of how non-violent communication can be achieved, starting from the analysis of hate speech that develops and spreads both in real and in virtual life through social media. The so- called hate speech, characterized by the use of hate words, is addressed to various groups defined as inferior or weak such as women, immigrants, LGBT people and those with different beliefs in religion. These groups are targeted, offended and discriminated against and then they become victims of both physical (especially in the case of women) and verbal violence. To better understand this type of language, an in-depth analysis of the hate words, of the words that hurt, will be carried out, starting with the incomprehension that often characterizes communication and the lack of empathy, a fundamental element. The last part of the essay will present some methods of prevention and awareness, to avoid this type of language, carried out by

(3)

2

many movements, associations, social network and more. They work hard to eliminate and clean up hate speech and to make it wholesome and right.

ABSTRACT SPAGNOLO

El siguiente ensayo propone dar una imagen clara de cómo alcanzar un tipo de comunicación no violenta a partir del análisis del lenguaje de odio que se desarrolla, se propaga y se difunde cada vez más en la vida real y en la virtualidad a través de las redes sociales. El llamado discurso de odio, caracterizado por el uso de palabras despectivas, está dirigido a varios grupos concebidos como inferiores o débiles;

como se entiende a las mujeres, a los inmigrantes, a los miembros de la comunidad LGBT y a las personas con diferentes creencias religiosas. Estos grupos son atacados, ofendidos y discriminados para luego convertirse en víctimas de violencia física (especialmente en el caso de las mujeres) y verbal. Con el objetivo de comprender este tipo de lenguaje se llevará a cabo un análisis exhaustivo de las palabras que hieren a partir de la incomprensión que a menudo caracteriza la comunicación y la falta de un elemento fundamental: la empatía. En la última parte se presentarán algunos métodos de prevención y toma de conciencia para evitar este tipo de lenguaje. Dicha resistencia es llevada a cabo por diversos movimientos, asociaciones y redes sociales que no solo luchan por eliminar y limpiar el lenguaje de odio, sino tambien por que sea sano y justo.

(4)

3 INDICE

INTRODUZIONE ………p.5

CAPITOLO 1

1. Discorsi e crimini d’odio………p.8

1.1 L’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio: La Relazione “JO COX”………..p.8 1.2 Definizioni e differenze tra crimini d’odio (hate crimes) e discorsi d’odio (hate

speech)………..p.19 1.3 L’azione dell’Europa e del Consiglio d’Europa: Raccomandazioni,

sensibilizzazione e prevenzione………p.27 1.4 Le origini dell’odio: la questione di identità e alterità riferita al concetto di

diverso………...p.29 1.5 Contesti d’odio e diffusione………...p.31 1.5.1 Odio nei confronti di chi parla un’altra lingua………...p.31 1.5.2 Immigrati e rom: oggetto di discriminazione razziale…………p.32 1.5.3 Il linguaggio di genere: il sessismo………p.38 1.5.4 L’odio legato a motivi religiosi: l’antisemitismo………..p.41

CAPITOLO 2

2. Le parole che feriscono………p.46

2.1 Violenza fisica e violenza verbale. Una comunicazione poco empatica…….p.46 2.1.1 La problematicità della (in)comprensione e l’importanza delle parole………...p.49 2.2 Analisi approfondita e classificazione degli hate words……….p.56 2.3 Hate speech e Hate words nei media e online……….p.66 2.4 Lo studio delle parole immigrato e zingaro………p.71 2.5 Come localizzare ed evitare gli hate words………p.76

(5)

4 CAPITOLO 3

3. Verso una comunicazione non violenta………p.80

3.1 Le parole volgari: un’analisi sulle parole di genere dal maschile al femminile...

……….p.80 3.1.1 L’importanza dell’empatia nella comunicazione non violenta (CNV), in opposizione all’ostilità………p.83 3.2 Esprimersi in maniera corretta attraverso le osservazioni, le sensazioni, i bisogni e le richieste……….p.87 3.3 L’applicazione di un linguaggio corretto nella realtà e nella virtualità……p.98 3.4 Parole O_Stili: intervista per comprendere il progetto e il piano d’azione a livello comunicazionale dell’associazione………p.103 3.5 La strategia di uno dei più grandi social: Instagram, gli stickers e gli hashtag che possono essere usati nelle stories...p.110

CONCLUSIONI………p.113

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI………... p.114

(6)

5 INTRODUZIONE

L’obiettivo della tesi è di analizzare le parole d’odio diffuse in Italia e di classificarle per ulteriori osservazioni. Con lo scopo di sottolineare anche la necessità di un cambiamento di registro, si fornisce un contributo linguistico all’impegnativo e ben più vasto lavoro della Commissione Jo Cox.

La commissione “L’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio”

propone una piramide dell’odio che evidenzia come l’intolleranza possa culminare a volte in aggressioni fisiche, danneggiamenti di proprietà e simboli religiosi, e si fondi su un’ampia base, costituita dagli stereotipi e dalle false rappresentazioni largamente condivisi e accettati. Analizza gli insulti, il linguaggio ostile e i pregiudizi negativi, che caratterizzano le discriminazioni, nelle quali trova legittimazione la pubblica espressione dell’odio che porta a utilizzare il linguaggio d’odio o addirittura a commettere crimini d’odio in vari contesti sociali. Le percentuali dell’info-grafica mostrano i risultati di varie indagini realizzate negli ultimi anni dall’ISTAT e da altri soggetti che indagano l’opinione pubblica in relazione al fenomeno dell’odio e delle intolleranze ad esso correlate. La propagazione dell’odio non sembra diminuire negli anni, anzi, assume un atteggiamento sempre più radicato nella vita di tutti i giorni e in diversi contesti come nelle scuole, in ambito lavorativo e si propaga sempre di più attraverso i social network. Il linguaggio d’odio è caratterizzato dalla violenza che si manifesta nelle parole d’odio capaci di offendere, insultare e ferire; parole nelle quali con il tempo si sono addensati sentimenti negativi e pregiudizi nei confronti dell’altro, come ebreo, negro, nomade. L’origine dell’odio si può stabilire proprio in base alla questione di identità e alterità riferita al concetto di diverso, perché solitamente quando quello che è diverso da noi tendiamo a etichettarlo, giudicarlo, criticarlo e nel peggiore dei casi a odiarlo. Così siamo portati a odiare chi parla un’altra lingua, gli immigrati e i rom, le donne, chi professa una religione diversa dalla nostra ecc…

Le parole sono le protagoniste ogni qual volta si comunica. Il problema è che non sempre si presta attenzione a come queste si devono combinare per esprimere un concetto in grado di non danneggiare l’altro.

Importante è il concetto di empatia, un elemento fondamentale che spesso viene a mancare nella comunicazione. Questa mancanza fa sí che la comunicazione diventi violenta, ostile, caratterizzata dalle cosiddette hate words, parole d’odio, in grado

(7)

6

di provocare un tipo di violenza che non lascia segni sul corpo, ma ferite più profonde interne. Per affrontare, risolvere ed eliminare questo tipo di interazione è necessario non solo studiare e comprendere a fondo la differenza fra connotazione e denotazione dei termini, ma anche focalizzarsi sul problema dell’incomprensione.

Il catalogo delle parole per ferire, proposto da Tullio De Mauro è fondamentale per riconoscere ed evitare l’uso dei termini dispregiativi per natura che includono anche una connotazione negativa: parole per ferire, a doppio taglio in quanto non solo offendono una persona o un oggetto o attività, ma evocano anche offensivamente un’intera categoria, termini di regioni o città italiane utilizzate in modo spregiativo, parole legate alle diversità nel significato di disabilità fisiche, psichiche, difetti morali e comportamentali o inferiorità socio economica, come ad esempio: cafone, terrone, gobbo, handicappato, buffone, omuncolo, pezzente ecc… Altre forme di disprezzo si presentano attraverso nomi di animali o ortaggi che assumono valenza negativa, tra questi: bietolone, cavolo o testa di cavolo, finocchio, bestia, coniglio, vacca ecc… Secondo i dati raccolti dal Office for Democratic Institution and Human Resource dell’Ocse, l’utilizzo delle parole d’odio è sempre più diffuso nei social network. Il commento, che di solito viene lasciato sotto i post, non dovrebbe ferire, né offendere eppure molto spesso succede il contrario forse perché molti credono che online sia tutto anonimo e falsificabile. In questo lavoro verranno riportati commenti da parte dei cosíddetti hater con insulti, auguri di morte, commenti neonazisti, per rendere chiaro e reale il quadro della situazione virtuale nella quale per alcuni aspetti sfortunantamente viviamo. A partire dagli studi dello psicologo statunitense del ’900, Marshall Rosemberg, si approfondirà il concetto di empatia. Una caratteristica del linguaggio, un modo di essere che gioca un ruolo importantissimo nella comunicazione. Un approccio a dare dal cuore chiamato comunicazione non violenta (CNV), che si realizza in quattro componenti fondamentali: le osservazioni, le sensazioni, i bisogni e le richieste. La comunicazione non violenta così aiuta a ripensare il modo in cui esprimiamo noi stessi e ascoltiamo gli altri, un modo che vede la sua applicazione concreta nell’educazione nelle scuole e anche nelle aziende e promuove una crescita a livello linguistico, collaborativo e umano.

Inoltre, ci sono anche molti provvedimenti portati avanti da associazioni e singole persone per localizzare ed eliminare questo tipo di comunicazione, a partire dalle Raccomandazioni proposte dalla Commissione Jo Cox fino ad arrivare alle

(8)

7

associazioni Silence Hate, No Hate Speech Movement e Parole O_Stili, che si muovono attivamente contro il linguaggio violento dei social con consigli e piani strategici che hanno l’obiettivo di educare e sensibilizzare gli utenti a scegliere forme di comunicazione non ostile.

(9)

8 CAPITOLO 1

1. Discorsi e crimini d’odio.

1.1 L’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio: La Relazione

“JO COX”

Per discorsi d’odio nella società contemporanea intendiamo un tipo di comunicazione che utilizza parole, espressioni e frasi che hanno come obiettivo quello di incitare all’odio, creare pregiudizi e paura verso persone o gruppi della stessa etnia, appartenenza culturale, di un orientamento sessuale, sociale, religioso e via dicendo. Oggi questo tipo di linguaggio si è sviluppato con la diffusione dei social network ed essendo un fenomeno evidente ha creato un nuovo dibattito giuridico che vede come protagonisti attivi i governi e le associazioni nel

promuovere azioni di contenimento, repressione ed educazione.

Secondo la Relazione della Commissione parlamentare “Jo Cox”, che esamina le dimensioni, le cause e gli effetti del discorso d’odio, esiste una piramide dell’odio:

piramide dell’odio alla cui base si pongono stereotipi, rappresentazioni false o fuorvianti, insulti, linguaggio ostile normalizzato o banalizzato e, ai livelli superiori, le discriminazioni e quindi il linguaggio e i crimini di odio1.

La Commissione, istituita dalla presidente della camera Laura Boldrini, che prende il nome dell’ex-deputata laburista britannica Helen Joanne, “Jo” Cox, uccisa durante la campagna per il referendum sulla Brexit per odio politico,

comprende rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, rappresentanti di alcune organizzazioni nazionali ed internazionali impegnate sul contrasto dell’incitamento all’odio, rappresentanti del Consiglio d’Europa e dell’UNHCR2, un rappresentante dell’ISTAT, centri di ricerca e associazioni impegnate attivamente nello studio e nella

1 Camera dei deputati XVII LEGISLATURA - COMMISSIONE “JO COX” SULL’INTOLLERANZA, LA XENOFOBIA, IL RAZZISMO E I FENOMENI DI ODIO.

https://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/uploadfile_commissione_intolleranza/files/000 /000/001/RELAZIONE_FINALE.pdf. Relazione Finale. Info-Grafica. D’ora in poi si citerà così: Infografica Jo Cox.

2 UNHCR, United Nations High Commission for Refugees/ ACNUR, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

(10)

9

sensibilizzazione sul linguaggio d’odio ed esperti. La relazione finale è stata approvata dalla Commissione nella seduta del 6 luglio 2017, dopo 14 mesi di lavoro nel corso dei quali sono stati auditi 31 soggetti e acquisiti 187 documenti (studi, ricerche, pubblicazioni monografiche, raccolte di dati, position papers).3

Il titolo della Relazione finale Commissione Jo Cox sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni d’odio riassume l’essenza della pubblica espressione dell’odio e dell’intolleranza in Italia; la piramide dell’odio evidenzia come l’intolleranza, che può culminare a volte in aggressioni fisiche, danneggiamenti di proprietà e simboli religiosi, poggia su un’ampia base, costituita dagli stereotipi e dalle false rappresentazioni largamente condivisi e accettati. Inoltre, analizza gli insulti, il linguaggio ostile e i pregiudizi negativi, che caratterizzano le discriminazioni, sulle quali trova legittimazione la pubblica espressione dell’odio che porta a utilizzare il linguaggio d’odio o addirittura a commettere crimini d’odio in vari contesti sociali. Questi concetti suddivisi per livelli sono importanti per individuare i modi per combattere il fenomeno.

Figura 1: “PIRAMIDE DELL’ODIO4

3 Infografica Jo Cox.

4 Ibidem.

(11)

10

La sintesi della relazione raccoglie, sotto forma di info-grafica, i risultati di varie indagini realizzate negli ultimi anni dall’ISTAT e da altri soggetti che indagano l’opinione pubblica sul fenomeno dell’odio e delle intolleranze a esso correlate. Dai risultati di queste ricerche emerge che in Italia i discorsi d’odio aumentano sempre di più, Internet e i social media sono luoghi in cui per esempio gli immigrati sono i più bombardati da insulti, volgarità, diffamazioni; così come le persone LGBT soprattutto nei messaggi su Twitter; le donne sono di gran lunga soggette a discorsi d’odio in rete e questo, nella maggior parte dei casi, si esprime nella forma di disprezzo, degradazione e spersonalizzazione.

Segue un’analisi dei quattro livelli della piramide dell’odio Jo Cox, ovvero dei contesti e degli stereotipi di discriminazione più diffusi in Italia.

Al quarto livello si trovano gli stereotipi e false rappresentazioni, al terzo livello si trovano le discriminazioni, al secondo il linguaggio di odio e al primo i crimini d’odio.

QUARTO LIVELLO

Per il quarto livello sono stati analizzati gli stereotipi e le false rappresentazioni nei confronti delle differenze di genere, della popolazione LGBT, degli immigrati, dei rom/sinti o di coloro con un diverso credo religioso e verso le persone con disabilità.

Per quanto riguarda le differenze di genere nella società vengono trasmesse delle norme che prescrivono ciò che dobbiamo fare per essere un uomo o una donna e siamo costantemente influenzati da esse. Nel contesto lavorativo, donne e uomini sono discriminati per il loro sesso. Si adottano dei metodi sfavorevoli nei confronti di un sesso che non riguardano i requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa. Uno stereotipo diffuso nel contesto familiare è quello di pensare che sia l’uomo a doversi occupare delle necessità prettamente economiche mentre che la donna sia più adatta al mantenimento della casa.

Questi i dati relativi ad alcune statistiche di genere:

il 20% degli italiani pensa che gli uomini siano dirigenti di impresa e leader politici migliori delle donne.

(12)

11

il 49,7% ritiene che l’uomo debba provvedere alle necessità economiche della famiglia e che gli uomini siano meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche.

il 32,9% non ritiene necessario aumentare il numero di donne che ricoprono cariche pubbliche.5

Per quanto riguarda la popolazione LGBT (lesbiche, gay, bisessuali o transessuali)/

(lesbian, gay, bisexual or transgender), tra gli stereotipi più diffusi vi è la credenza che le donne lesbiche non si trucchino, che portino i capelli corti e che giochino a calcio;

mentre si crede che gli uomini gay abbiano tratti fisici femminili, che amino la cucina e che non sopportino il dolore. A livello sociale un altro falso luogo comune potrebbe essere pensare che tutte le donne lesbiche svolgano lavori come camionista, metalmeccanico e giocatore di calcio e che gli uomini gay siano tutti parrucchieri, stilisti e infermieri infatti «il 43,1% degli italiani ritiene che i gay siano uomini effeminati, e il 38% che le lesbiche siano donne mascoline».6 In generale si tende a escludere una persona LGBT, ad allontanarsi da essa solo perché gay, transessuale ecc…): «il 20% ritiene poco o per niente accettabile avere un collega, un superiore o un amico omosessuale; il 25% considera l’omosessualità una malattia».7

Gli immigrati, i rom/sinti o coloro di diversi credo religiosi sono oggetto di creazione di vari stereotipi come ad esempio credere nel fatto che esista una relazione tra la presenza dell’immigrato e il degrado urbano e che quindi gli immigrati “invadono e danneggiano i nostri paesi” infatti secondo le statistiche «il 56,4% ritiene che un quartiere si degrada quando ci sono molti immigrati e il 52,6%

che l’aumento degli immigrati favorisce il diffondersi del terrorismo e della criminalità».8 Dunque si pensa che siano loro la causa più diffusa di criminalità.

Uno degli appellativi più comune è infatti “criminale, assassino”. Infine, un altro stereotipo e falso luogo comune riguarda la loro «capacità di percepire uno stipendio di 35 euro al giorno, più vitto e alloggio, senza svolgere alcun lavoro».9

5 Infografica Jo Cox.

6 Ibidem.

7 Ibidem.

8 Ibidem.

9 Francesca Romana Genoviva, Rifugiati: 4 luoghi comuni da smentire. Dal sito https://www.unhcr.it/risorse/carta-di- roma/fact-checking/rifugiati-4-luoghi-comuni-smentire.

(13)

12

In relazione al lavoro molti immigrati hanno difficoltà a trovare un’occupazione a causa di stereotipi e credenze che, purtroppo, si sono insediate nel modo comune di pensare «il 48,7% ritiene che, in condizione di scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli italiani; il 35% pensa che gli immigrati tolgano lavoro agli italiani».10

Anche nei confronti dei rom non c’è integrazione anzi al contrario

i rom/sinti, sebbene spesso di nazionalità italiana da molte generazioni, sono percepiti come i più stranieri/estranei di tutti. Non vorrebbe averli come vicini di casa il 68,4%

degli intervistati e solo il 22,6% li accetterebbe se si comportassero in modo ritenuto adeguato.11

TERZO LIVELLO

Per il terzo livello, nella piramide dell’odio, sono state analizzate le discriminazioni di genere, nei confronti di persone LGBT e nei confronti degli immigrati. Con la parola discriminazione si intende un trattamento svantaggioso nei confronti delle persone che si trovano a interagire in diversi ambiti sulla base di una caratteristica di gruppo come il sesso, la razza, la religione o l’etnia. «Dal lat. tardo discriminatiōne(m) indica disparità di considerazione e trattamento delle persone in base a delle loro caratteristiche (di sesso, religione, razza ecc.)».12

Questo tipo di comportamenti discriminatori può condurre alla produzione di reati d’odio sia verbali che fisici.

Nel caso delle discriminazioni di genere sono sempre le donne a essere considerate inferiori e a dover rinunciare al lavoro proprio a causa dei sopracitati stereotipi sulla donna.

Il 15,8% delle donne ha subito discriminazioni nella scuola a fronte del 6,3% degli uomini; nell’ambiente di lavoro il 36,8% delle donne contro il 6,0% degli uomini; nella ricerca di lavoro il 44,4% delle donne contro il 2,9% degli uomini.

10 Ibidem.

11 Ibidem.

12 Vocabolario Garzanti, s.v. discriminazione.

(14)

13

44% tra le donne vittime di discriminazione sul lavoro, ha dovuto rinunciare al lavoro per ragioni familiari, a fronte del 16% degli uomini.13

Le discriminazioni nei confronti delle persone LGBT si manifestano e accompagnano le persone lesbiche o gay o transgender o bisessuali a partire dalla loro infanzia/adolescenza fino al momento in cui cercano un lavoro. «Il 40,3% delle persone LGBT è stato discriminato nel corso della vita: il 24% a scuola o università, il 29,5% nel corso di una ricerca di lavoro, il 22,1% sul lavoro».14 Altre discriminazioni sono state registrate nelle seguenti percentuali:

il 10,2% è stato discriminato nella ricerca di una casa da affittare o acquistare; il 14,3%

nei rapporti col vicinato; il 10,2% nel rivolgersi a servizi socio-sanitari (da un medico, un infermiere o da altro personale sanitario) e il 12,4% in locali, uffici pubblici o mezzi di trasporto.15

Le discriminazioni nei confronti degli immigrati possono variare e includere anche insulti e pregiudizi, che portano alla diffusione di odio e alla disintegrazione di una società civile:

l’82% degli italiani, secondo un rapporto del Pew Research Center, esprime un’opinione negativa rispetto ai rom, la percentuale più alta tra i Paesi analizzati […].

Il risultato di questi dati dipende dalle politiche di inclusione adottate, nonché dalla possibilità di contatto interpersonale e di amicizia fra rom e gagi (politiche di de- segregazione).16

Appare evidente che questo tipo di esclusione si presenta in vari contesti: quello lavorativo, quello medico ma soprattutto quello sociale. I dati infatti affermano che:

il 29,1% degli stranieri dichiara di aver subito una discriminazione, mentre lavorava (16,9%) o cercava lavoro (9,3%), nella ricerca di una casa da comprare o affittare (10,5%), a locali/uffici pubblici o mezzi di trasporto (8,1%), nei rapporti con il vicinato (6,2%).17

13 Infografica Jo Cox.

14 Ibidem.

15 Ibidem.

16 Ibidem.

17 Ibidem.

(15)

14

SECONDO E PRIMO LIVELLO: UN LINGUAGGIO VIOLENTO

Al secondo e al primo livello si trovano rispettivamente il linguaggio di odio e i crimini d’odio. Dalle statistiche emerge che questo tipo di odio è insito negli italiani che provano sentimenti di sfiducia, sospetto, esclusione, rabbia e odio che sfocia nella violenza sia fisica che verbale nei confronti di donne, di persone LGBT, di immigrati e rom e ancora un odio riferito a motivi religiosi, nei confronti di persone con disabilità e di ragazzi quando si parla di bullismo. Sono proprio questi i soggetti che più di tutti subiscono violenze non solo nella vita reale ma anche in Rete attraverso commenti negativi che circolano nel web.

Nei confronti delle donne, nonostante si lotti incessantemente per ottenere pari opportunità, pari diritti e per arginare forme di discriminazione che portano alla violenza, dai dati si nota che il linguaggio e i crimini d’odio indirizzati alle donne sono molto diffusi. «L’11% delle donne che hanno esperienza di relazione di coppia ha subito aggressioni verbali violente dal proprio partner. Analoga incidenza hanno le intimidazioni e violenze psicologiche».18

Per il semplice fatto di essere donne queste potrebbero essere chiamate e ricevere i seguenti insulti (in strada, a lavoro, online e persino dal proprio partner): «puttana, frigida, fica di legno, se scopassi un po’ di più saresti più tranquilla, a voi donne piace una sola cosa»19 e altri stereotipi o frasi di questo tipo.

Sono soprattutto le donne a ricevere commenti sessisti in politica da parte dei loro colleghi ma anche da membri di altri partiti:

una ricerca della Inter-Parliamentary Union del 2016 ha trovato che oltre l’80% delle parlamentari in 39 Paesi in diverse aree del mondo aveva subito violenza psicologica (minacce di morte, stupro, rapimento) e un 65% aveva subito osservazioni sessiste o proposte sessuali. Le parlamentari inoltre subiscono anche più attacchi sui social media dei loro colleghi.20

18 Ibidem.

19 Le reazioni delle donne agli insulti sessisti (Esperimento Sociale). Dal sito YouTube.

https://www.youtube.com/watch?v=zPGjRQLJ-Jc

20 Infografica Jo Cox.

(16)

15

Nei confronti di persone LGBT si sviluppa la cosiddetta omofobia, l’avversione nei confronti degli omosessuali. Quest’ultima si manifesta attraverso commenti offensivi e insulti come del tipo dire “femminuccia” a un ragazzino debole, pensare che le ragazze non possano giocare a calcio o commenti e luoghi comuni più pesanti che riguardano la sfera intima, fino ad arrivare ad aggressioni fisiche e violente:

il 23,3% della popolazione omosessuale/bisessuale ha subito minacce e/o aggressioni fisiche a fronte del 13,5% degli eterosessuali. Analogamente, è stato oggetto di insulti e umiliazioni il 35,5% dei primi a fronte del 25,8% dei secondi.21

Nei confronti di immigrati e rom, soprattutto la rete è invasa da insulti, volgarità e diffamazioni che hanno come oggetto queste persone. “Sporco negro” e

“assassino/criminale” sono solo due degli orrendi appellativi che gli vengono indirizzati. Solitamente questo odio profondo, causa di ignoranza e disinformazione, è chiamato xenofobia o razzismo. Resta certo però che il numero tra quanti ritengono che nel nostro Paese gli immigrati non siano discriminati è inferiore rispetto alla quota di quanti considerano giustificabile che un datore di lavoro non assuma un dipendente con le qualifiche richieste, perché immigrato, oppure che, per la stessa ragione, un proprietario non dia in affitto un appartamento, negando di fatto agli immigrati l’esercizio di diritti fondamentali. Discorso assolutamente analogo nei confronti della popolazione omosessuale, anche se in questo caso le differenze sono meno marcate:

i siti razzisti sul web sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni.

Diverse indagini (COSPE, Carta di Roma, UNICRI) evidenziano come i discorsi d’odio siano in preoccupante aumento in stretta connessione ad una rappresentazione stereotipata e strumentale dello straniero nei mezzi di stampa. Anche le difficoltà di inclusione efficace dei neo-arrivati contribuiscono a rafforzare stereotipi e ad alimentare episodi di intolleranza.22

Nei confronti delle persone con diversi credo religiosi si tende a pensare che la religione cristiana cattolica sia la religione migliore e gli italiani non vogliono sentirsi “invasi” da altri credo per paura. «Il 40% degli italiani ritiene che le pratiche

21 Ibidem.

22 Ibidem.

(17)

16

religiose “degli altri” possano essere un pericolo e andrebbero contenute, specie nel caso della religione mussulmana».23

Molti commenti islamofobi o nei confronti di testimoni di geova possono essere:

“quella è una setta”, “sono solo bravi a fare il lavaggio del cervello”:

Sono in aumento i pregiudizi antisemiti, condivisi da un italiano su cinque, e si moltiplicano i siti web antisemiti. La ricerca VOX sui tweet pone gli ebrei al sesto posto tra le categorie più colpite da tweet negativi. Più in basso dei mussulmani che, al quarto posto, sono diventati il gruppo religioso considerato con maggiore ostilità. Secondo una indagine internazionale (PEW) l’Italia è il secondo paese più islamofobo d’Europa.

L’odio religioso si combina con quello contro i migranti, ma ha anche una sua consistenza autonoma.24

Nei confronti di persone con disabilità online, sulla piattaforma Facebook o Instagram si vedono sempre più aggressioni e atti di bullismo nei confronti di persone deboli e disabili, come ad esempio video caricati da un qualsiasi utente che mostra queste oscenità. Nonostante ciò, non ci sono dati attendibilisull’odio verso i disabili, in particolare online:

l’indagine Vox sui messaggi di Twitter ha trovato che le persone disabili sono tra le categorie di persone oggetto di insulto, anche se in misura inferiore a donne, migranti e omosessuali, avvicinandosi, con un 6,4% di tweet insultanti, al 6,6% di tweet negativi rivolti agli islamici.25

Nei confronti di ragazzi e ragazze si percepisce l’aumento di un odio verbale e fisico che prende il nome di bullismo. Di solito i ragazzi presi di mira sono quelli affetti da disabilità o con problemi alimentari come l’obesità, con un carattere debole. Si tratta di offese e insulti che trovano il loro sviluppo soprattutto nelle scuole e tra ragazzi adolescenti: “brutto ciccione”, “se non fai come ti ho detto, ti ammazzo”,

“diamogli fuoco” sono solo alcuni esempi di frasi d’odio. «Poco più del 50% degli 11-17enni, il 19,8% in modo ripetuto nel mese è stato oggetto di qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze».26

23 Ibidem.

24 Ibidem.

25 Ibidem.

26 Ibidem.

(18)

17

Questo tipo di violenza si riscontra soprattutto nei siti web, su Facebook o Instagram.

«Il 22% dei ragazzi italiani che utilizzano Internet e smartphone sono derisi e umiliati in rete. Per quasi il 6%, più di 210 mila ragazzi, ciò avviene anche più volte al mese».27

L’82% dei ragazzi non considera grave insultare, ridicolizzare o rivolgere frasi aggressive sui social. L’82% ritiene che le conseguenze per la vittima non siano gravi e che, poiché non si dà luogo a violenza fisica diretta, l’atto aggressivo verbale può essere considerato non grave e irrilevante. Il 68% dichiara che non è grave pubblicare immagini, senza autorizzazione, che ritraggono la vittima. Inoltre, gli insulti ripetuti o la pubblicazione di immagini lesive sono ritenuti leciti perché considerati circoscritti a un ristretto numero di persone.28

Di fronte all’indignazione da parte di una buona parte della popolazione, la relazione finale “Jo Cox” è stata arricchita da numerose Raccomandazioni: 56 punti per prevenire e contrastare l’odio, rivolti a tutti i soggetti competenti (il Governo, le autorità di regolamentazione e vigilanza, le Istituzioni dell’UE, le organizzazioni sovranazionali, i media, l’ordine e il sindacato dei giornalisti, le associazioni e tutti gli altri operatori). Le Raccomandazioni sono suddivise in macro sezioni:

 Azioni orizzontali

 Migliorare la raccolta dati e la conoscenza fenomeni

 Interventi a livello normativo

 Azioni a livello politico-istituzionale

 Azioni di carattere culturale/educativo.29

27 Ibidem.

28 Ibidem.

29 Ibidem.

(19)

18

LE PRIME NOVE RACCOMANDAZIONI DELLA COMMISSIONE JO COX

Figura 2: “RACCOMANDAZIONI DELLA COMMISSIONE PER CONTRASTARE E PREVENIRE L’ODIO”30

30 Infografica Jo Cox.

(20)

19

1.2 Definizioni e differenze tra crimini d’odio (hate crimes) e discorsi d’odio (hate speech)

I REATI ISPIRATI DALL’ODIO

«I reati ispirati dall’odio consistono in atti in sé penalmente rilevanti commessi a causa di un pregiudizio negativo nei confronti della vittima».31 Per reato ispirato dall’odio non si intende uno specifico reato ma si fa riferimento a un concetto.

L’origine di questo concetto si forma a partire dall’analisi delle situazioni nelle quali si sprigiona l’odio. In questo modo si tiene in considerazione il contesto, la forma e il tipo di odio e infine si risale alla presenza o meno di un reato d’odio.

HATE CRIMES

Il reato ispirato dall’odio consiste in un qualunque atto che sia:

autonomamente tipizzato da una norma penale (reato base – base offence); e, in aggiunta,

motivato dal pregiudizio basato su una specifica caratteristica della vittima (la motivazione basata sul pregiudizio – bias motivation).32

Il primo, il reato base, può essere usato contro persone o beni: si consideri, per esempio, la realizzazione di graffiti neonazisti sul muro di una sinagoga oppure l’apposizione di simboli nazionalistici sull’abitazione di un appartenente a una comunità etnica di minoranza, mentre il secondo

consiste nella discriminazione verso la vittima operata dall’autore dell’illecito, e centrata su una caratteristica che rappresenta un aspetto fondante ed essenziale di una comune identità di gruppo, come la razza, la lingua, la religione, l’etnia, la nazionalità, il genere o altra caratteristica.33

31 OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) /ODIHR (Ufficio OSCE per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani - OSCE Office for Democratic Institutions and Human Rights). Perseguire giudizialmente i crimini d’odio. Una guida pratica, p.24. Questa definizione è stata riconosciuta dagli Stati partecipanti all’OSCE ed è contenuta, tra l’altro, nella Decisione del Consiglio dei Ministri dell’OSCE n. 9/09, op.cit., nota 1.

32 Ibidem.

33 OSCE, Hate Crimes Laws: A Practical Guide, e Preventing and Responding to Hate Crimes: A Resource Guide for NGOs, p.15.

(21)

20

Molte sono le parole nelle quali con il tempo si sono addensati sentimenti negativi e pregiudizi nei confronti dell’altro. Come ad esempio le parole “ebreo”, “negro”,

“nomade” si sono trasmesse con significati negativi fino a diventare archetipi negativi.

Esistono due diversi approcci per dimostrare la veridicità del reato, il modello della selezione discriminatoria e il modello dell’ostilità

il modello della selezione discriminatoria assume un approccio oggettivo, in base al quale la pubblica accusa è tenuta a provare solo che l’autore del reato abbia selezionato la propria vittima in ragione della sua appartenenza a uno specifico gruppo. […] In tali casi, l’interrogativo da porsi è se la vittima sia stata selezionata per la sua appartenenza a un gruppo (ad esempio, razziale, etnico o religioso) e non se l’autore del fatto realmente odiasse quel gruppo. […] Il modello dell’ostilità adotta un approccio molto più soggettivo, che in taluni casi richiede l’ulteriore prova della avversione nei confronti del gruppo di appartenenza della vittima. Rientrerebbero nella prospettiva in esame i casi in cui, per esempio, l’autore del fatto ammetta di volere tutti gli immigrati fuori dal proprio Paese, accusandoli di sottrarre il lavoro ai cittadini, o utilizzi insulti xenofobi nei confronti della vittima.34

HATE SPEECH

I reati ispirati dall’odio, come già detto, possono includere vari atti violenti commessi su persone o cose a partire dal vandalismo, al provocare gravi lesioni fisiche fino ad arrivare all’omicidio (hate crime). Bisogna però tenere in considerazione il fatto che questi reati possano essere commessi anche verbalmente e non solo fisicamente contro cose o persone. Inoltre, la denominazione reato ispirato dall’odio si avvicina molto al significato della parola violenza, commessa sia fisicamente che verbalmente. Un esempio di violenza fisica potrebbe essere un qualsiasi contatto fisico violento (calci, pugni, schiaffi, spinte) da parte di chi vuole il controllo nei confronti della persona alla quale si vuole incutere timore.

34 OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) /ODIHR (Ufficio OSCE per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani - OSCE Office for Democratic Institutions and Human Rights), Perseguire giudizialmente i crimini d’odio. Una guida pratica, p.58.

(22)

21

Dall’altra parte la violenza verbale riguarda l’uso inappropriato delle parole nella costruzione di una frase, quindi la scelta di parole troppo forti, aggressive, violente che possono ferire. Nel dizionario Treccani si trova una definizione di violenza che fa riferimento in primo luogo a

persona, la caratteristica, il fatto di essere violento, soprattutto come tendenza abituale a usare la forza fisica in modo brutale o irrazionale. […] Ogni atto o comportamento che faccia uso della forza fisica.35

Inoltre, nella definizione del significato di violenza, si introduce l’accezione di violenza morale che si distingue da quella fisica e che

viene subìta dal soggetto a causa del timore indotto in lui dall’azione esterna (o in genere, come sinon. di v. psichica, quella che si esercita sull’animo di una persona, mortificandone lo spirito, soggiogandone, annullandone o limitandone la volontà, plagiandola);36

Anche l’OSCE, dopo aver analizzato i reati relazionati ai crimini d’odio, sviluppa una sezione dedicata ai discorsi d’odio e li identifica come

espressioni pubbliche d’odio, spesso denominate “discorsi d’odio” (hate speech), rappresentano una grave preoccupazione, poiché possono creare un ambiente favorevole al verificarsi di crimini ispirati dall’odio e, per tale via, alimentare conflitti sociali su più larga scala.37

Il linguaggio d’odio, però, risulta essere molto oggettivo perché collegato con la libertà di parola e di espressione dei propri pensieri. Questo significa che ci può essere una connessione fra l’ordinamento giuridico e i discorsi d’odio, ma significa anche che questa connessione deve essere «attentamente bilanciata con il diritto fondamentale alla libertà di espressione e di pensiero».38 Negli ordinamenti democratici la libertà di espressione è uno dei principi fondamentali, ma quando

35 Vocabolario Treccani, s.v violenza.

36 Ibidem.

37 OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) /ODIHR (Ufficio OSCE per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani - OSCE Office for Democratic Institutions and Human Rights), Perseguire giudizialmente i crimini d’odio. Una guida pratica, p.25.

38 Ibidem.

(23)

22

non è più semplice manifestazione di pensiero, bensì diventa incitazione all’azione criminosa può, in quel caso, essere punita. Ad esempio:

in Italia la lotta al terrorismo ha condotto a normative dirette a contrastare la diffusione del messaggio terrorista tramite prevenzione repressione a livello penale (da ultimo il d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito con modificazioni in l. 17 aprile 2015, n. 43).39

Inevitabilmente ci si interrogherà sull’interpretazione e sui limiti del diritto di libertà di espressione così come sui principi di uguaglianza.

È pur vero che molti termini possono essere utilizzati in maniera oggettiva senza avere nessuna finalità offensiva. Le parole immigrato, zingaro o lesbica possono essere espressi in maniera inoffensiva. Questo dipende dal contesto: se inseriti in un contesto ostile, si pensi a una lite o a un avvenimento violento, i termini suddetti si spiegano chiaramente nel loro significato xenofobo e razzista e quindi esprimono manifestazioni d’odio.

Non esiste un’esatta definizione del discorso d’odio che sia giuridicamente vincolante. Nonostante ciò ne sono state date alcune e tutte individuano il discorso d’odio come ostilità nella forma di espressione nei confronti di una persona o un gruppo:

nella Raccomandazione del Comitato dei Ministri n. 20 del 1997 del Consiglio d’Europa, viene così definito […] il termine discorso d’odio (hate speech) deve essere inteso come l’insieme di tutte le forme di espressione che si diffondono, incitano, sviluppano o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo ed altre forme di odio basate sull’intolleranza e che comprendono l’intolleranza espressa attraverso un aggressivo nazionalismo ed etnocentrismo, la discriminazione l’ostilità contro le minoranze, i migranti ed i popoli che traggono origine dai flussi migratori.40

Per capire l’idea dell’ aggressivo nazionalismo si deve partire dall’idea che si ha del concetto di nazione. Le nazioni che presentano caratteristiche peculiari sono indipendenti e sovrane e devono avere la priorità sulle altre. Da qui nasce il

39 https://www.altalex.com/documents/news/2018/05/31/liberta-di-manifestazione-del-pensiero

40 Camera dei deputati XVII LEGISLATURA - COMMISSIONE “JO COX” SULL’INTOLLERANZA, LA XENOFOBIA, IL RAZZISMO E I FENOMENI DI ODIO pag.9.

https://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/uploadfile_commissione_intolleranza/files/000 /000/001/RELAZIONE_FINALE.pdf.

(24)

23

movimento nazionalistico, che prevede il perseguimento di un ideale politico e punta al raggiungimento dell’autonomia, dell’unità e dell’identità di una nazione.

È pur vero che nella prima metà dell’800 l’idea di nazione si riferiva a una comunità in grado di coesistere pacificamente con le altre. Successivamente però, perseguire questi ideali ha comportato dei rischi. Fu proprio il costante credo nei valori del nazionalismo che scatenò la guerra. Non è quindi nel nazionalismo che si deve cercare una soluzione per raggiungere obiettivi che sono stati prestabiliti (autonimia, unità e identità).

Si tratta di una risposta pericolosa, perché esaspera divisioni e conflitti. La risposta più efficace ai risorgenti nazionalismi è la rifondazione del progetto europeo che faccia dell’UE un modello di sviluppo equo e sostenibile e un garante della pace e della sicurezza internazionale.41

La Decisione quadro dell’Unione europea sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia (v. infra) qualifica come reato:

l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone o di un suo membro, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica.

Una definizione più recente: l’istigazione, la promozione o l’incitamento alla denigrazione, all’odio o alla diffamazione nei confronti di una persona o di un gruppo di persone, o il fatto di sottoporre a soprusi, molestie, insulti, stereotipi negativi, stigmatizzazione o minacce tale persona o gruppo, e comprende la giustificazione di queste varie forme di espressione, fondata su una serie di motivi, quali la “razza”, il colore, la lingua, la religione o le convinzioni, la nazionalità o l’origine nazionale o etnica, nonché l’ascendenza, l’età, la disabilità, il sesso, l’identità di genere, l’orientamento sessuale e ogni altra caratteristica o situazione personale.42

41 Alberto Martinelli, Torna davvero lo spettro del nazionalismo. 30 Agosto 2019. Dal sito:

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/torna-davvero-lo-spettro-del-nazionalismo-23823

42 Camera dei deputati XVII LEGISLATURA - COMMISSIONE “JO COX” SULL’INTOLLERANZA, LA XENOFOBIA, IL RAZZISMO E I FENOMENI DI ODIO pag.9.

https://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/uploadfile_commissione_intolleranza/files/000 /000/001/RELAZIONE_FINALE.pdf.

(25)

24

Quest’ultima definizione si trova nella Raccomandazione di politica generale n. 15 della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa (ECRI) del 21 marzo 2016 relativa alla lotta contro il discorso dell’odio.

HATE SPEECH NELLA SCUOLA – alcuni esempi di frasi d’odio:

La figura dell’insegnante è quella che accompagna ragazze e ragazzi per la maggior parte del tempo nelle scuole. Ciò che dovrebbe trasmettere è un’educazione solida non solo culturalmente ma anche socialmente. Eppure, negli ultimi tempi, tanti sono stati i casi di maestre indagate per maltrattamenti nei confronti di bambine e bambini di asili nido, scuole dell’infanzia per l’utilizzo di un linguaggio violento, sia fisico che verbale. Molte minacce, insulti e parolacce di stampo razzista pronunciate da alcune maestre sono stati documentati per mezzo di telecamere nascoste in una scuola elementare a Traversetolo, provincia di Parma. Sostantivi, aggettivi ed espressioni comuni più in uso sono state le seguenti:

Siete un branco di scemi, non capite niente, siete degli asini, tornatevene nella giungla da dove siete venuti, branco di scimmie ladre / Stai fermo altrimenti ti spacco la faccia, ti prendo a calci nel sedere, meno male che finisce la scuola così quando non ti vedrò più stapperò lo champagne / Ma guarda se devo occuparmi di un bambino che ha la faccia del colore della m…43

Un caso di questo tipo è avvenuto anche in un’altra scuola elementare a Milano, in zona De Angeli quartiere Gambara, dove una maestra ha usato termini con forte connotazione negativa nei confronti di bambini spesso più piccoli, deboli e in difficoltà come quelli che seguono:

Ti dò una quadernata sulla testa... / Te la straccio quella verifica... / Ma va... non capisci niente / rintronato / testa di rapa / testa di cavolo / deficiente / sei una cosa penosa.44

43 Laura Frugoni, Insulti agli alunni: maestra indagata e sospesa. 25 ottobre 2015. Dal sito:

https://www.gazzettadiparma.it/archivio-bozze/2015/10/25/news/insulti_agli_alunni_maestra_indagata_e_sospesa- 355035/

44 Gianni Santucci, Insulti e vessazioni in classe. Sospesa la maestra violenta «Mio figlio aveva gli incubi». 20 ottobre 2016. Dal sito: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/16_ottobre_20/insulti-vessazioni-classe-sospesa-maestra- violenta-71c17824-9684-11e6-9c27-eb69b8747d1f.shtml

(26)

25

L’umiliazione consiste nel mortificare qualcuno offendendolo, danneggiando la personalità fino a causare in questo qualcuno profondo disagio, avvilimento e vergogna.

Si consideri la frase “non capisci niente”, essa può avere effetti devastanti sulla personalità di colui o colei alla quale è rivolta. Inoltre, secondo la Cassazione, pronunciare questa frase

è un reato, pur se di uso comune in ambienti di scarsa educazione sociale e quindi espressione di maleducazione diffusa, ha indubbiamente una capacità offensiva del prestigio e della dignità. Insomma è reato di ingiuria. […] In particolare sociale e intellettuale del soggetto passivo.45

Molto ingenuamente stentiamo a credere che una maestra, proprio perché informata e aggiornata sull’educazione e sulla comunicazione con i suoi alunni, possa dire una frase del genere. Sono nate così molte iniziative per contrastare e prevenire l’odio come ad esempio il SilenceHate, un quaderno di lavoro online utile a capire, gestire l’hate speech per controllarlo e prevenirlo. Attraverso questi mezzi non si vuole solo trovare un modo di dire la stessa cosa in maniera diversa, ma si vuole soprattutto eliminare quell’alone di violenza nel dirla. “Non capisci niente” è una frase che non può essere detta in un altro modo, anche perché non dovrebbe proprio essere detta per il suo alto contenuto violento; tuttavia, a seconda del contesto, ci sono sicuramente altre parole in grado di sostituirla probabilmente con l’eliminazione della rabbia e dei sentimenti negativi di stress e di frustrazione, in questo caso la maestra potrebbe rivolgersi al bambino e intervenire dicendo: - “Cosa non hai capito?”, - “Vedo che non riesci a risolvere l’esercizio, ma non preoccuparti, ora lo rispiegherò a tutti”.

HATE SPEECH SUL POSTO DI LAVORO – alcuni esempi di frasi d’odio:

Le offese in ambito lavorativo possono avvenire o tra datore di lavoro e impiegato o fra colleghi. In parole più tecniche si sta parlando di mobbing, dall’inglese “to mob” – “assalire”. Il mobbing fa riferimento e si attua quando un datore di lavoro

45 Archivio Repubblica.it giornale online 2001.

(27)

26

utilizza pratiche aggressive, atteggiamenti violenti ripetuti nel tempo nei confronti di un proprio subordinato, che causano problemi psicologici e spesso precedono il licenziamento del lavoratore; in più portano il lavoratore ad ammalarsi, nel vero senso della parola e a soffrire di problemi mentali.

Secondo la Corte di Cassazione, le arrabbiature, i rimproveri, le liti e le situazioni di conflittualità che avvengono inevitabilmente devono rimanere nei limiti di una naturale critica, altrimenti, nel caso in cui così non fosse l’impiegato lavoratore può denunciare il datore di lavoro,promuovere, attraverso un legale, una causa di fronte al giudice del lavoro per vedersi riconosciuti i danni provocati dagli insulti del capo.

«In quest’ultimo caso è il lavoratore che deve provare il fatto e cioè a dover fornire le prove (ad esempio una registrazione o le testimonianze dei colleghi) che consentono al giudice di accertare che effettivamente l’insulto c’è stato».46 Inoltre, il lavoratore ha il diritto di chiedere il risarcimento dei danni subiti. Si tratta di danni psicologici, come la depressione. È, tuttavia, molto difficile fare una stima del costo di questi danni.

Più in generale, quando il lavoratore denuncia una singola azione ostile del datore, ma che può avere effetti duraturi nel tempo, non si parla più di mobbing ma di straining, dall’inglese “to strain” – “mettere sotto pressione”. Con questo termine si considerano i comportamenti del superiore visti come stressanti per il dipendente, sottoposto a tensioni maggiori di quelle richieste dal proprio ruolo.

Alcuni rimproveri possono non avere però valenza penale, proprio perché irriguardosi ma non minacciosi. Nonostante ciò si tratta sempre di un linguaggio d’odio, ad esempio l’espressione: «chi c… ti credi di essere? può apparire irriguardosa ma non minacciosa, frasi di questo tipo possono provocare reazioni puramente emotive, e pertanto non controllabili».47

Può sembrare molto strano ma neanche dare del “matto/pazzo” al proprio dipendente da parte del datore di lavoratore è considerato reato e pertanto un linguaggio non perseguibile penalmente:

secondo i giudici della Cassazione questa espressione ha addirittura una valenza

“costruttiva”. La sentenza è stata così motivata: questo modo di esprimersi non ha un

46 La legge per tutti, informazione e consulenza legale. https://www.laleggepertutti.it/141777_il-capo-mi-puo-insultare- sul-lavoro#La_posizione_della_Cassazione

47 Offese e insulti sul lavoro: lista di 7 sentenze della Cassazione. https://news.biancolavoro.it/offese-ed-insulti-sul- lavoro-raccolta-di-sentenze-della-cassazione/

(28)

27

valore distruttivo. Nell’uso comune è un modo come un altro di indicare un comportamento da non tenere in ufficio.48

Chiedere a un lavoratore di cambiare il suo nome d’origine, invece, secondo la Cassazione, è considerato reato. Un reato fondato su chiare discriminazioni e pensieri di base razzisti:

un caso che ha dell’assurdo è accaduto in Francia, dove un datore di lavoro ha chiesto a un suo dipendente di cambiare il proprio nome. Il motivo di questa richiesta è dovuto al fatto che il dipendente si chiamasse Mohamend troppo arabo per il datore di lavoro.

Se il ragazzo voleva mantenere il suo lavoro, avrebbe dovuto presentarsi con il nome Alexandre, molto più francese e più rassicurante secondo il proprietario dell’azienda.

Il lavoratore non intenzionato a cedere al ricatto ha denunciato il proprio datore di lavoro, il quale ha dovuto rispondere all’accusa di discriminazione.49

1.3 L’azione dell’Europa e del Consiglio d’Europa: Raccomandazioni, sensibilizzazione e prevenzione

Di fronte a questo fenomeno, che sembra diffondersi sempre di più specialmente nella comunicazione 2.0 e quindi sui social network, l’Europa ha adottato delle politiche per contrastare gli hate speech. Resta il fatto che è molto difficile stabilire il confine fra espressioni critiche ed espressioni d’odio vero e proprio. Nonostante ciò l’Europa si è organizzata per trovare un equilibrio tra chi chiede una rigida regolamentazione e chi difende la libertà di espressione.

Nel più ristretto ambito dell’Unione europea, il divieto di discriminazioni è un principio giuridicamente vincolante, sancito oggi dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali, secondo cui è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di

48 Ibidem.

49 Ibidem.

(29)

28

qualsiasi altra natura, l’appartenenza a una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.50

Il Consiglio d’Europa,51 l’organo più elevato che gestisce questioni complesse e delicate che non possono essere risolte a livelli inferiori di cooperazione intergovernativa, lotta incessantemente contro questioni di razzismo, discriminazioni e discorso d’odio utilizzando un’azione di monitoraggio e sensibilizzazione. Grazie al Consiglio d’Europa, nel 2012 si è formato il Movimento contro il discorso dell’odio (No hate speech Movement), una campagna concepita e gestita dai giovani, che si è sviluppato con la Giornata per un Internet più sicuro:

i bambini e i ragazzi devono essere al sicuro quando utilizzano Internet, al sicuro dagli abusi, dal bullismo online e dal discorso dell’odio. La Giornata per un Internet più sicuro offre l’opportunità di capire come i contenuti del discorso dell’odio possono pregiudicare la sicurezza dei ragazzi e dei bambini online.52

Il Movimento è stato creato per sensibilizzare le persone verso il pericolo dell’istigazione all’odio online e verso rischi che rappresenta per la democrazia e per i giovani; promuovere l’educazione per quanto riguarda l’utilizzo di Internet;

diminuire la tolleranza che si ha nei confronti dell’istigazione all’odio online;

formare e creare una rete di attivisti online che proteggano i diritti umani;

progettare, sviluppare e implementare gli strumenti per combattere l’istigazione all’odio; sostenere le persone e i gruppi colpiti dall’istigazione all’odio; cercare consenso e aumentare il numero di partecipanti.

Anche per gli stereotipi di genere e il sessismo, il Consiglio d’Europa durante la conferenza internazionale, Combattere gli stereotipi di genere e il sessismo, (Helsinki, House of Estates -Säätytalo- Snellmaninkatu), ha adottato delle misure per contrastare la diffusione di questo tipo di odio e discriminazione. L’evento si è concentrato su tre contesti principali:

50 Hate speech, la normativa in Europa e Usa sull’odio online. https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/le- strategie-di-contrasto-allodio-online-nellunione-europea-46113/

51 Un’organizzazione intergovernativa che promuove la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani in Europa e comprende 47 Stati membri.

52 Sito del Consiglio d’Europa – Il Movimento contro il discorso dell’odio del Consiglio d’Europa vuole rendere Internet più sicuro. https://www.coe.int/it/web/portal/-/council-of-europe-s-no-hate-speech-movement-wants-to-make- internet-safer

(30)

29

1 – contrastare le pressioni legate agli stereotipi sul lavoro e nei luoghi pubblici;

2 – violenza, molestie sessuali e discorsi di odio sessista quali manifestazioni degli effetti nocivi degli stereotipi di genere;

3 – lottare contro gli stereotipi di genere e le immagini sessiste, online e nei media.53

È in seno al Consiglio d’Europa che sono stati elaborati i principali standard giuridici a livello europeo per contrastare il discorso d’odio. Nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo sono da ricordare in particolare:

l’articolo 9 (diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione);

l’articolo 10 (libertà di espressione, che comporta doveri e responsabilità e, come affermato al suo paragrafo 2, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni);

l’articolo 14 (che sancisce che il godimento di tutti i diritti e le libertà contenute nella Convenzione, tra cui la libertà di espressione, deve essere assicurato senza discriminazioni di sesso, “razza”, linguaggio, religione, credo politico, origine sociale o nazionale);

Di grande rilievo anche il Protocollo n° 12 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, contenente un divieto generale di discriminazione, nonché il Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla cybercriminalità che espande la portata di tale Convenzione per includere i reati legati alla propaganda a sfondo razzista o xenofobo commessi via Internet.54

1.4 Le origini dell’odio: la questione di identità e alterità riferita al concetto di diverso

Quando si parla di razza si generano aggressività profonde tra un gruppo e un altro perché «la diversità ha creato diffidenza e odio per chi ha un colore diverso di pelle, professa un’altra religione, ha costumi differenti, parla un’altra lingua»55 e questo pensiero si è sviluppato in «una folle ideologia quando qualcuno ha pensato di

53 Sito del Consiglio d’Europa – Combattere gli stereotipi di genere e il sessismo: conferenza internazionale a Helsinki.

https://www.coe.int/it/web/portal/-/-tackling-gender-stereotypes-and-sexism-international-conference-in-helsinki

54 Camera dei deputati XVII LEGISLATURA - COMMISSIONE “JO COX” SULL’INTOLLERANZA, LA XENOFOBIA, IL RAZZISMO E I FENOMENI DI ODIO

https://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/uploadfile_commissione_intolleranza/files/000 /000/001/RELAZIONE_FINALE.pdf Relazione Finale, p.13.

55 Faloppa 2004, p.7.

Riferimenti

Documenti correlati

Poiché non esistono livelli di consumo alcolico privi di rischio e poiché la co- munità scientifica suggerisce di consi- derare sempre il rischio alcol-correlato come espressione

Da persona che lavora ormai da anni sui social della Cgil e ha maturato una qualche esperienza su limiti, pericoli e potenzialità di questi media, voglio

Per quanto riguarda, invece, la descrizione degli stili oratori dei singoli leader politici, sono disponibili studi su Silvio Berlusconi (Sergio Bolasco, Nora Galli de’ Paratesi

In una ricerca dell’Osservatorio Mediavox, per rispondere alla domanda «Quali retoriche e forme di odio ci sono nell'associazione ebrei e coronavirus?», sono stati

La completezza si riferisce alla valutazione della performance sociale dell’azienda che deve includere tutte le attività di impresa, la comparabilità riflette la possibilità

Solo l’11,2% di persone con età compresa tra 65 e 74 anni pratica attività fisica con continuità Già dai 55 anni la pratica regolare diminuisce del 20%.!. QUANDO CAMMINO

Perché abbiamo bisogno degli animali: la solitudine della specie umana. Lunedì 19

Come tradizione il primo incontro sarà su un tema legato alle attività dell’associazione Lunedì 4 marzo, h. Il viaggio del richiedente protezione internazionale in Italia attraverso