• Non ci sono risultati.

LINEE GUIDA DI INTERVENTO

3. Fase di stabilizzazione e messa in cantiere 4 Fase di intervento

3.1. METODOLOGIA DEL RESTAURO NEGLI INTERVENTI SUL PATRIMONIO MARITTIMO

3.1.3. Approfondimento sui risvolti pratici di tecniche e materiali modern

Come già anticipato nei paragrafi sulla reversibilità e compatibilità l’adozione di prodotti moderni, primi tra tutti le resine epossidiche, implica ripercussioni sul manufatto piuttosto elevante che è bene valutare attentamente prima dell’intervento. Si ritiene utile approfondire la tematica contestualizzandola, in particolare, nella difficile pratica del trattamento degli scafi in legno delle imbarcazioni costruite con sistemi tradizionali.

3.1.3.1. La resina epossidica

I prodotti a base epossidica sono tantissimi e spesso utilizzati per le applicazioni sui più svariati materiali. In tal sede prendiamo in considerazione esclusivamente laresina epossidica quale adesivo strutturale marino per legno che, di fatto, è il prodotto che trova largo impiego nella cantieristica del legno, sia per nuove costruzioni sia per interventi su imbarcazioni già esistenti.

La versatilità d’impiego che contraddistingue questo prodotto è sottolineata dalle diverse possibilità di utilizzo tra le quali:

− collante strutturale per l’unione di componenti lignee (anche soggette a un certo degrado) senza la necessità di adottare ferramenta di vincolo;

− barriera all’umidità ottenuta tramite la sua adozione come impregnante applicato a pennello o rullo sulle superfici del legno;

− stucco riempitivo strutturale se utilizzato con l’addizione di microfibre che ne aumentano la viscosità.

Nel primo e nell’ultimo caso, un’impregnazione preliminare deve essere prevista prima dell’applicazione della resina addensata con microfibre, al fine di garantire legami più profondi dopo la catalisi, in modo quindi, da non limitare esclusivamente al primo strato di fibre il potere di coesione dell’incollaggio o dello stucco riempitivo.

Tale impregnazione stabilizza il legno limitando enormemente la penetrazione dell’umidità dalle facce così trattate, portando elementi lignei anche di grandi dimensioni a condizioni di igroscopicità molto basse e limitando anche i negativi effetti delle alterazioni dovute ad agenti biologici.

È proprio questa caratteristica del prodotto che rende, per alcuni versi, irreversibile l’intervento compiuto. I legnami, una volta impregnati con resina epossidica, per la preparazione di un incollaggio o per una più integrale protezione dall’umidità,

È da sottolineare inoltre l’estrema difficoltà di rimozione di elementi incollati con resina epossidica durante interventi precedenti. Il più delle volte è necessario procedere alla demolizione dell’intera struttura o sottoporre a taglio gli incollaggi (tramite l’adozione di utensili con lame fini oscillanti) puntando alla minimizzazione dei danni alle componenti originali.

Per queste motivazioni che verranno in seguito contestualizzate in casi applicativi è bene valutare attentamente la scelta di utilizzo, che non dovrebbe essere dettataesclusivamente da fattori economici, di semplicità d’esecuzione e di manutenzione. Queste scelte possono vincolare il futuro dell’imbarcazione e di tutti i successivi interventi, con soluzioni spesso irreversibili, che obbligheranno a misurarsi in un contesto stravolto rispetto a quella originale. Al contempo, e come illustrato nel paragrafo 3.1.1.6 di questo Capitolo, questi prodotti portano indubbi vantaggi in termini di potenzialità d’intervento a fronte di particolari stati di degrado che, nell’ottica degli obiettivi stessi del restauro, come precedentemente inteso, non possiamo non considerare.

3.1.3.2. L’intervento sugli scafi e la modifica della logica strutturale dei sistemi tradizionali

Lo scafo dell’imbarcazione è la struttura ove più di frequente le scelte sulle metodiche d’intervento sono governate da ragioni economiche per limitare la frequenza della manutenzione ordinaria. Questo accade sicuramente a causa della complessità dei sistemi costruttivi tradizionali e della loro relativa debolezza anche in relazione all’uso che oggi è imposto alle imbarcazioni storiche, oltre alla già evidenziata rarità di maestranze specializzate. Un simile approccio può portare a modifica della logica strutturale, intesa come stravolgimento del comportamento originariamente individuato dal progettista e dettato dei sistemi costruttivi e di messa in opera originali delle singole componenti (Arkos 2003, p.170).

Queste metodiche d’intervento si posso riassumere, per uno scafo in fasciame calafatato, nelle seguenti:

− stuccatura dei comenti con resina epossidica addensata:

prevede la rimozione del calafataggio tradizionale (stucco e cotonina o stoppa) nell’opera morta e nell’opera viva, pulizia del comento tramite carteggiatura, impregnazione con resina epossidica del comento e relativa stuccatura, sempre con resina, della totalità dei comenti. Segue una carteggiatura per avviare le superfici e la successiva impregnazione della totalità dello scafo sempre con resina epossidica. In ultimo è solitamente prevista la stuccatura a rasare, più tipica delle imbarcazioni costruite in materiali differenti (vetroresina, alluminio, acciaio) per l’avviamento e la regolarizzazione delle superfici;

− sverzatura dei comenti:

analogamente al precedente vi è la rimozione del calafataggio che avviene subito prima della fresatura in corrispondenza dei comenti stessi per alcuni centimetri di profondità (in relazione allo spessore del fasciame). Successivamente sono preparate delle verghe dello stesso legno del fasciame che saranno incollate, con resina epossidica, all’interno delle fresature eseguite tra un corso e l’altro riempiendo così le fessure. In ultimo si carteggiano le superfici e si applicano dei fondi impregnanti bicomponenti o resina liquida per stabilizzare la superficie e impedirne l’assorbimento d’acqua. Analogamente al precedente intervento può essere prevista la stuccatura a rasare;

Figura 4. Stuccatura dei comenti con resina epossidica addensata (Gougeon 1990, p.46).

− fasciatura totale con tecnica del lamellare incrociato:

esternamente al fasciame tradizionale sono applicati due o più strati di lamelle di legno massello, di alcuni millimetri di spessore, incollate a 45° rispetto alla linea di galleggiamento della barca creando una struttura attorno allo scafo già esistente che garantisce estrema rigidezza e impermeabilità all’imbarcazione. Gli incollaggi avvengono sempre con resina epossidica. È prevista la stuccatura a rasare;

Figura 6. Rivestimento con tessuto di vetro e impregnazione con resina epossidica (Gougeon 2005, pp.126,368).

Per uno scafo a clinker la metodica più frequente è: − cordonatura:

si creano dei cordoli di resina epossidica addensata tra gli spigoli di una tavola del fasciame e l’altra evitando così i movimenti e le possibili vie d’acqua tra le connessioni. In ultimo è prevista l’impregnazione totale dello scafo con resina per impermeabilizzare le superfici dall’umidità.

Figura 7. La cordonatura di uno scafo a clinker (Gougeon 1990, p.50).

Per uno scafo in fasciame incollato frequente è: − sverzatura dei corsi fessurati:

si esegue la sverzatura dei comenti fessurati, nei quali è ceduto l’incollaggio originario. Il processo è analogo a quello descritto per il fasciame calafatato tranne che la fase di pulizia del comento dal cotone che è di fatto, in questo sistema costruttivo, assente. Queste soluzioni, che non sono tuttavia esenti da problematiche specialmente se realizzate senza prestare attenzione alle percentuali d’umidità presenti nel legno dello scafo, presentano un’invasività più o meno elevata.

A esclusione dell’ultimo, la sverzatura di un fasciame incollato29, gli altri costituiscono

un vero e proprio stravolgimento strutturale del sistema tradizionale. Lo scafo risulta così vetrificato, privato delle sue caratteristiche peculiari, avvicinato a quello di un’imbarcazione in vetroresina dal quale si contraddistingue esclusivamente per le forme più tradizionali

e per le sovrastrutture, con la conseguente perdita di un valore storico-culturale del bene la lui leggibilità è direttamente correlata al materiale e al suo sistema di messa in opera. Tra le metodiche sopra descritte e l’intervento di minima secondo le tecniche tradizionali, possono essere individuate soluzioni di compromesso tali da non comportare irreversibilità, pur risolvendo i problemi assai noti dei sistemi costruttivi originali e quindi di fatto, allungando i tempi tra un intervento di manutenzione ordinaria e il successivo.

È quindi necessario comprendere che le scelte sui metodi sono anche dettate da fattori culturali oltre che governate da specifiche esigenze d’intervento, e sarebbero per questo da prendere nella piena consapevolezza delle conseguenze del nostro agire in una direzione piuttosto che in un’altra.