• Non ci sono risultati.

Carta di Barcellona

1.5. TECNOLOGIA NAUTICA TRADIZIONALE: ANALISI DEI SISTEMI COSTRUTTIVI, MATERIALI E MESSA IN OPERA

La comprensione della storia e del progresso che i sistemi costruttivi, i materiali e le tecniche di protezione del legno hanno avuto nel campo della produzione di yacht e imbarcazioni da lavoro, è essenziale per l’analisi dello stato di fatto e l’individuazione delle cause che possono aver portato alle singole manifestazioni di degrado.

Un corretto approccio all’intervento di restauro prevede infatti la completa individuazione di questi aspetti, vista la forte correlazione che intercorre tra tipologia di costruzione e possibili danni. Ciò inoltre consente di acquisire, a fronte di una casistica d’imbarcazioni crescente, una certa potenzialità di previsione e tracciabilità delle problematiche più ricorrenti riguardo a determinati materiali in opera e sistemi costruttivi presenti. Il vantaggio è evidente soprattutto considerando l’oggettiva difficoltà di riscontro preventiva del degrado nelle imbarcazioni, ove spesso può accadere che soltanto a lavori iniziati, a seguito dell’asportazione di vernici, smalti e componenti, ci si renda conto dell’effettiva condizione delle strutture. È così possibile focalizzarsi sui punti critici dedicando ispezioni più approfondite e limitando i rischi di valutazioni errate e di conseguenza, della progettazione d’interventi e preventivi incongrui allo stato di fatto.

1.5.1. Metodo e contenuti dell’analisi

L’analisi affronta separatamente la descrizione delle ‘tecnologie tradizionali’, ossia le più datate di chiara provenienza storica, e le ‘tecnologie classiche’, ultimo passo dell’evoluzione della costruzione in legno prima dell’avvento della costruzione in vetroresina quale materiale principe per la produzione nautica. Per entrambe le categorie è stata compiuta un’analisi che descrive i materiali utilizzati, principalmente legnami e metalli, i sistemi costruttivi e il loro evolversi, e i prodotti per la finitura e la protezione delle superfici metalliche e lignee. È evidente che le tecnologie classiche sono l’evoluzione delle tradizionali pur non essendo le seconde cadute completamente in disuso; per questo all’interno della sezione dedicata alle tecniche classiche figurano soltanto quelle innovazioni accorse nel ventennio ’50-’60 che, di fatto, completano il quadro della tecnologia nautica fino a quegli anni.

Le informazioni esplicitate in quest’analisi prevedono:

− ‘schede materiali’ con descrizione dei legnami utilizzati per la costruzione di imbarcazioni integrate da indicazione delle caratteristiche e dei problemi più ricorrenti riscontrabili in opera in fase di restauro;

− ‘schede materiali’ con descrizione dei metalli utilizzati nella costruzione di imbarcazioni, integrate da indicazione delle caratteristiche e dei problemi più ricorrenti riscontrabili in opera in fase di restauro;

− ‘schede prodotti’ collanti, preservanti, per la verniciatura o la smaltatura e il calafataggio delle imbarcazioni con quantitativi e tipologia di sostanze per la loro formulazione;

1.5.2. Costruzione tradizionale

L’analisi dei sistemi costruttivi tradizionali è tema complesso principalmente a causa della difficoltà di reperimento di una bibliografia esaustiva e organica sul tema e in secondo luogo per via dell’estrema complessità, eterogeneità e numerosità delle variabili tecnologiche da descrivere. Ambedue i fattori di complicazione sono enfatizzati dalla relativa24 lunga durata del periodo storico nel quale identifichiamo le costruzioni navali,

su cui può presentarsi necessità d’intervento: all’incirca due secoli durante i quali però si è assistito a una vera e propria evoluzione e rivoluzione delle tecnologie costruttive. Nel corso dell’800, ma maggiormente nel ‘900, soprattutto nel periodo compreso tra gli anni di poco precedenti la Prima Guerra Mondiale e quelli immediatamente successivi alla Seconda, lo sviluppo tecnologico, la razionalizzazione dei sistemi costruttivi e la loro ottimizzazione è stata costante e ulteriormente accelerata dalle formidabili innovazioni nel campo delle lavorazioni dei materiali, nei trattamenti collanti e preservanti dei legnami e dei metalli, cui i fenomeni bellici diedero notevole impulso.

Originariamente la costruzione della maggior parte delle imbarcazioni in legno o in composito legno-metallo prevedeva una struttura trasversale (ordinate, madieri e bagli) collaborante assieme a una struttura longitudinale (chiglia, dormienti, serrette corsi di fasciame e fasciame del ponte) allo scopo di dare resistenza torsionale, longitudinale e trasversale alla barca. I due ordini di strutture erano collegati tra loro principalmente da incavigliature, imperniature e inchiodature (in seguito anche da viti) e raramente alcune delle strutture anche da collanti come la Marine Glue inventata nel 1843 da Alfred Jeffery, giudicata di ottima efficacia ma di difficile impiego in quelle strutture dello scafo per le quali era richiesta facilità di rimozione. La reversibilità dei vincoli imposta dalla manutenzione periodica contrastò quindi, almeno per tutto il corso del ‘800 e la prima parte del ‘900, la diffusione di tecniche costruttive che facevano largo ricorso agli incollaggi, ad eccezione degli armi e dei comenti delle doghe del ponte nei quali spesso era utilizzata la Marine Glue di Jeffery.

1.5.2.1. Problematiche della costruzione tradizionale

Il sistema costruttivo e manutentivo tradizionale non è tuttavia esente da problemi tra i quali, quello principe è la perdita di rigidezza dello scafo a causa del lasco, che con il passare del tempo, le sollecitazioni e il degrado, si crea tra il legno delle strutture e le ferramenta che le attraversano. Il fenomeno causa minor rigidezza nelle strutture delle imbarcazioni nelle quali, se non si procede al ripristino con sostituzioni, tassellature e integrazioni, si avranno peggioramenti repentini, perdita di forme e degrado accelerato dalle carie e dalla corrosione.

La problematica del sistema costruttivo tradizionale, indispensabile per la comprensione dei molti vizi a essa correlati, è data quindi dalla difficile compatibilità chimico-fisica del legno a contatto con le ferramenta. Il legno, materiale morbido se paragonato al metallo delle ferramenta, nel corso del tempo viene meccanicamente e chimicamente25 degradato

dal perno metallico che lo attraversa che anche a sua volta può essere chimicamente degradato dal rilascio di estrattivi dalla fibra lignea con le seguenti conseguenze:

1. minor tenuta della ferramenta il cui foro di passaggio nel legno risulta di maggior diametro rispetto a quello del perno;

2. maggior esposizione, a causa del lasco tra e nelle strutture, della ferramenta all’ambiente esterno con possibili inneschi di fenomeni di corrosivi;

3. possibilità di corrosione del metallo a seguito di rilascio di sostanze tanniche (più frequente nei casi di accoppiamenti di acciaio dolce e rovere);

4. maggior rischio, a causa dei movimenti delle strutture, di infiltrazioni d’acqua all’interno dell’imbarcazione e nei laschi dei fori delle ferramenta con repentini attacchi biotici;

5. maggior sollecitazione dei due ordini di strutture che, essendo soggetti a movimenti di maggior intensità dati dal lasco, gravano maggiormente sulle ferramenta con una perdita sempre crescente d’integrità;

6. sempre minor tenuta del calafataggio e dello stucco dei comenti che non riesce più a seguire le piccole deformazioni dello scafo.

Queste problematiche e i possibili rischi sono spesso stati accettati preferendo avere imbarcazioni nelle quali la facilità e reversibilità d’intervento fosse massima grazie a strutture totalmente rimovibili e sostituibili anche nel corso di poche ore. Il principio, tuttora applicato nelle imbarcazioni mantenute con la tecnica costruttiva tradizionale o da lavoro in legno, è quello delle periodiche sostituzioni secondo la necessità, spesso espresse da una rottura o una via d’acqua e quindi non necessariamente preventive. L’architetto navale inglese Dixon Kemp nel suo trattato A Manual of Yacht and Boat Sailing, pubblicato a cavallo tra il 1800 e il 1900, fornisce indicazioni riguardo alla durata delle imbarcazioni in relazioni alla loro intensità d’utilizzo, destinazione d’uso, sistema costruttivo, dimensionamento, qualità costruttiva e materiali utilizzati. Riferendosi a yacht da diporto è attestata attorno alla ventina d’anni l’età massima di un’imbarcazione, sopra di questa spesso si procede alla demolizione o al cambio di destinazione d’uso in particolare verso il pilotaggio o il commercio costiero. La presunta durata delle imbarcazioni, secondo Kemp, presenta una certa variabilità in funzione delle condizioni

In Inghilterra all’epoca erano anche eseguiti dei controlli da parte di tecnici del Lloyd Register che, secondo tabelle e a prassi di verifica consolidate, sottoponevano l’imbarcazione a un esame delle strutture prelevando campioni lignei del fasciame, delle strutture interne e dell’armo. Analoghe prassi erano in utilizzo per le imbarcazioni a costruzione composita legno–metallo e per quelle totalmente in metallo.

Figura 5. Tabella elencante le durate delle componenti costruttive di un’imbarcazione, stimate dal Lloyd Register (Kemp 1987, p. 464).

Nella tabella sopra, tratta da Yacht Architecture di Dixon Kemp, sono riportate le durate delle componenti costruttive di un’imbarcazione, stimate dal Lloyd Register, in base alle specie legnose e alle funzioni strutturali che assolvono. Entrando nella tabella ad esempio, la durata di una chiglia in rovere è assegnata come di dodici anni mentre quella di un corso di fasciame esterno, costruito in spruce o red pine norvegese o svedese è di otto anni.

Delle stime di durata simili per le diverse componenti, al giorno d’oggi, sarebbero considerate eccessivamente limitate e risulterebbero antieconomiche anche per le poche imbarcazioni storiche d’epoca e classiche rimaste. Molte di queste imbarcazioni possiedono strutture la cui datazione è di molto superiore a quella indicata sopra pur presentando, ai nostri occhi, caratteristiche di adeguatezza e sicurezza adatte alla navigazione; questo grazie principalmente alle nuove tecnologie nel campo dei preservanti e collanti del legno.

Di fatto è totalmente cambiato il panorama e l’approccio nei confronti della cantieristica navale del legno.

È chiaramente immaginabile come gli interventi di manutenzione all’epoca di Kemp fossero lavoro all’ordine del giorno per i cantieri navali che possedevano molta forza lavoro per sopperire a un’altissima richiesta, dal momento che la maggioranza del naviglio era realizzato in legno. La sostituzione di una chiglia, della totalità del fasciame o di un ponte di coperta erano considerati lavori di routine, i materiali di costruzione erano facilmente reperibili e le maestranze numerose. Il panorama attuale impone costi di manutenzione molto alti a causa della sempre maggiore rarità delle maestranze specializzate in questo genere di lavorazioni, associato allo sviluppo di tecnologie

uso nei primi del ‘900.

La comprensione dei sistemi costruttivi tradizionali, delle caratteristiche dei materiali utilizzati, dei vizi e del comportamento strutturale del complesso fasciame-strutture interne-ponte di coperta della barca è il primo passo fondamentale per stimare correttamente gli interventi da eseguire nel cantiere di restauro. Questo ancor di più alla luce di una situazione di perdita di know-how tradizionale, sia della costruzione ex novo sia della manutenzione ordinaria, cui si aggiunge l’incertezza generata dagli interventi precedenti su imbarcazioni che possono aver subito dannose variazioni al comportamento strutturale.

1.5.2.2. Materiali della costruzione tradizionale 1.5.2.2.1. Legnami

I legnami tradizionalmente utilizzati per la costruzione navale possono distinguersi in legnami esotici26 e indigeni27, a seconda della zona di reperimento e di taglio. Ogni

specie di legname è valutata come più o meno adatta alla costruzione di una determinata componente strutturale e tendenzialmente questa scelta è abbastanza omogenea nei diversi sistemi costruttivi tradizionali. Variabilità di utilizzo dei legnami sono invece riscontrabili riguardo all’epoca di costruzione delle imbarcazioni principalmente a causa della crescente difficoltà di reperimento di legnami di alta qualità, un notevole problema oramai consolidato già a partire dagli anni 20 del ‘900. Il conseguente aumento dei prezzi e il necessario ripiego a specie di sostituzione abbastanza paragonabili, per caratteristiche di durata e lavorabilità, hanno portato all’utilizzo di essenze diverse e talvolta all’incremento dello sviluppo di differenti metodi costruttivi come, ad esempio, l’utilizzo di strutture in metallo anche28 conseguente alla scarsezza di elementi in

stortame adatti.

Si è quindi ritenuto opportuno distinguere separatamente i legnami principalmente utilizzati nella costruzione tradizionale, ossia nel periodo in cui non esistevano o erano ancora limitati i problemi di reperimento di determinate specie e i legnami della costruzione classica di successiva introduzione.

Figura 7. Raffigurazioni delle possibilità di utilizzo dello stortame a seconda dello sviluppo dei tronchi e delle sue diramazioni (Santi Mazzini 2001, p. 100)

Sono di seguito riportate delle tabelle che riassumono le caratteristiche e i principali utilizzi delle divere specie legnose adottate nel sistema di costruzione tradizionale.

SCHEDA MATERIALI 1 (COSTRUZIONE TRADIZIONALE)LEGNAMI INDIGENI

ABETE BIANCO, ABETE COMUNE, PINO BIANCO (abies pectinata, pinus

picea)

ELEMENTI COSTRUTTIVI