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LINEE GUIDA DI INTERVENTO

3. Fase di stabilizzazione e messa in cantiere 4 Fase di intervento

3.1. METODOLOGIA DEL RESTAURO NEGLI INTERVENTI SUL PATRIMONIO MARITTIMO

3.1.1. La disciplina del restauro e le imbarcazion

3.1.1.1. Criticità inerenti l’intervento sulle imbarcazion

L’intervento sulle imbarcazioni è un tema complesso per diversi fattori tra cui gli strumenti a disposizione del legislatore e degli attori coinvolti nei processi, i requisiti di sicurezza richiesti dalle normative e la loro compatibilità con l’esistente, i materiali impiegati (legno e metallo) e l’ostilità degli ambienti1 con cui questi sono a contatto.

Sotto il profilo del riconoscimento del valore testimoniale dell’imbarcazione storica, negli ultimi anni si è registrata un’attenzione e una consapevolezza crescente, che si è di fatto esplicitata in una serie di disposizioni, già citate in precedenza2, che garantiscono la

possibilità di inclusione nel patrimonio culturale di questa categoria di beni; ultimo di una serie di provvedimenti mirati in tal senso è il Decreto Legislativo n° 42 del 2004. Questa possibilità d’inclusione non ha generato, tuttavia, una spinta rilevante nei confronti dell’apposizione del vincolo di tutela delle imbarcazioni, molto probabilmente per diversi fattori, anche sociologici ed economici del Paese, oltre che per una certa indeterminatezza del Codice stesso per quanto riguarda i provvedimenti mirati a questa particolare categoria di beni. Lo scarso numero di imbarcazioni tutelate, derivante dall’odierna situazione legislativa, fa sì che la quasi totalità del patrimonio marittimo presente in Italia sia gestito da privati armatori che si assumono quindi gli oneri economici e, assieme agli operatori attivi nei cantieri, anche decisionali, per il mantenimento e gli interventi sulle imbarcazioni. Ne deriva il rischio di aleatorietà dell’approccio, che si esplicita poi in progettazione e intervento sul bene stesso, non potendosi disciplinare l’intero processo attraverso uno strumento di comprovata efficacia (ad oggi non ancora predisposto), applicabile specificatamente alle imbarcazioni dichiarate d’interesse culturale e in genere a tutte quelle imbarcazioni per le quali non sussistano necessariamente i requisiti per il vincolo, tuttavia ritenute di rilevanza per particolari aspetti.

Un’altra problematica, piuttosto condizionante per le imbarcazioni ancora in uso, riguarda l’obbligo di rispondenza ai requisiti di sicurezza, tra cui il Certificato di Sicurezza rilasciato dall’Autorità Marittima, dopo la visita dei tecnici dei Registri di Classifica. Tali provvedimenti si applicano sia sulle nuove costruzioni sia su quelle esistenti, anche dopo gli interventi di manutenzione. Le metodiche d’intervento, qualora si effettuino interventi strutturali e non limitati all’impiantistica di bordo (che richiede anch’essa rispondenza ad alcuni requisiti), devono quindi confrontarsi con una realtà normativa particolarmente complessa, in continua evoluzione e specificatamente formulata per imbarcazioni di nuova realizzazione, quindi a prescindere dagli obiettivi inerenti la tutela del bene.

Notevoli criticità sono inoltre dettate dalle caratteristiche dei materiali e delle esigenze manutentive che questi impongono per la conservazione delle unità in uso.

L’imbarcazione si trova per sua natura in una condizione di esposizione a fenomeni atmosferici sopra il pelo dell’acqua e rischi derivanti da una perenne immersione di

alcune sue parti. È sulle sue strutture che infatti si manifestano le conseguenze, non solo dell’assorbimento d’umidità dell’opera viva o del naturale degrado da agenti atmosferici (pioggia, sole, vento, ghiaccio) della parte emersa, ma anche della combinazione dei due precedenti; quest’ultima genera infatti inerzie e sbalzi termici con presenza d’acqua di condensazione e forti percentuali d’umidità ambientale causate della compresenza di condizioni subacquee e atmosferiche. Le imbarcazioni, maggiormente se mantenute con sistemi costruttivi ‘tradizionali’ e ‘classici’, sono quindi costantemente soggette a condizioni molto sfavorevoli alla loro conservazione. Le dinamiche descritte potrebbero lasciar intendere la possibilità di un approccio all’intervento secondo una visione ‘circolare’ e non lineare del tempo, quale unica soluzione efficace. Questa visione, tipicamente orientale e particolarmente diffusa in Giappone, può essere delineata medinate l’analisi proposta da Paul Philippot nel suo Conservation and Tradition of Craft dove si afferma che “un’opera d’arte degna di questo nome deve dare l’impressione di essere nuova” e la pratica del “rinnovamento parziale a date fisse di certe parti […] di statue o monumenti e il rifiuto dell’apprezzamento, squisitamente occidentale, per le tracce lasciate del tempo sulle antiche opere”3 è aspetto e metodica consolidata per il

mantenimento delle imponenti strutture lignee dei templi. Ben diverso è l’approccio alla storia nella cultura occidentale.

Questa pratica, di sicura efficacia per l’esclusivo mantenimento strutturale delle imbarcazioni (maggiormente per quelle giunte fino a noi intatte nei loro sistemi costruttivi tradizionali ad alta reversibilità), trascura totalmente il valore di testimonianza storica che ogni manufatto reca in sé, le tracce impresse dal tempo e dall’uso, l’autenticità materica, che a seguito del loro riconoscimentosiamo portati a valorizzare e tramandare criticamente.

Dobbiamo constatare che un approccio tipicamente circolare, di fatto, non è nuovo nel settore marittimo, in cui è da sempre stato perseguito per la manutenzione ordinaria delle imbarcazioni: fin dall’antichità i sistemi costruttivi nautici sono stati concepiti partendo dal principio della reversibilità totale di ogni connessione, accoppiamento e vincolo, in quanto era nota la necessità di dover periodicamente provvedere alla sostituzione di componenti strutturali. Questa tendenza trovò la sua massima espressione quando, pur con l’avvento dei primi collanti, le maestranze preferirono non utilizzarli sugli scafi, rinunciando quindi agli indubbi vantaggi in termini di rigidezza strutturale, in favore della tradizionale flessibilità d’intervento garantita dalle componenti di ferramenta. È chiaro alla luce delle considerazioni precedenti come, ai fini della conservazione delle imbarcazioni sia d’utilità sfruttare i vantaggi dati dalla reversibilità dei sistemi costruttivi, nelle operazioni di manutenzione ordinaria limitando quindi l’invasività degli interventi. In presenza di operazioni più importanti, sarà invece necessario orientare, secondo i criteri e principi del restauro gli interventi, per preservare il valore di autenticità e testimonianza storica insito nel bene.

Oggi su quelle stesse imbarcazioni, giunte fino a noi grazie ad interventi di manutenzione ordinaria4 e straordinaria5 (più diffusi da quando i sistemi costruttivi serializzati sono

divenuti la norma6), si presenta la necessità di un intervento consapevole, che di

frequente si deve confrontare con stati di fatto profondamente rimaneggiati, ed anche con situazioni irreversibili determinate dall’uso di alcuni materiali.

Il contesto culturale e cantieristico assai mutato, che vede da un lato il consapevole riconoscimento del valore di testimonianza e unicità di tali oggetti e dall’altro l’estremo calo del numero delle maestranze in grado di intervenire adeguatamente sui sistemi costruttivi tradizionali, insieme alle carenze normative, ci impongono una riflessione in merito alla progettazione ed esecuzione degli interventi possibili e alla loro necessaria premessa teorica.