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L’architettura del tempo libero

2. IL FENOMENO DELLA RICOSTRUZIONE: LE OPERE DEI PRIVATI

2.2 L’architettura del tempo libero

Se è vero che la réclame è l’anima del commercio, la migliore réclame per un’attività commerciale è certamente il suo in- volucro architettonico; ecco perché, nella terra desolata sinora percorsa, vediamo improvvisamente comparire edifici di un certo interesse. Nel 1948 la città mostra tracce di vitalità nel settore dei bar e della ristorazione, come dimostrano le istanze esaminate dalla CE del 5 maggio inoltrate da Paolo Di Censo e Gabriele Amicarelli «per l’installazione di un chiosco per la vendita di bevande, nei mesi estivi, nella villa comunale» e di Antonio Sagna e Loreto Del Monaco «per iscrizione nella facciata del negozio di pasticceria e rosticceria in piazza Car- mine n. 114 e 116»57.

Nel gennaio del ’52 Anna D’Agostino chiede invece di uti- lizzare «l’area di suolo pubblico ricavata dalla demolizione del fabbricato “Giaccio”, in Piazza del Carmine (…) con l’in- tenzione di far sorgere, nell’area suddetta, un elegante bar estivo, erigendovi un chiosco modernissimo con gelateria» progettato dal geom. D’Antino58. L’intervento avrebbe com-

portato «la sistemazione del suolo» allora sconvolto ed im- praticabile, che sarebbe stato «recinto da una graziosa ba- laustrina, adornata da varie piante e fiori». In sostanza, si sarebbero «opportunamente mascherati ed abbelliti i due orribili squarci di case, apparsi in conseguenza della demo- lizione, con enorme vantaggio e beneficio per il decoro e l’estetica cittadina». Alla moda sarebbero risultati «i tavoli- netti, da illuminarsi con particolari effetti di luce», il tutto «realizzato con gusto ed ispirato a signorilità». In generale il progetto si pone nella scia del Piano Aschieri, che prevedeva la “valorizzazione” dell’acquedotto svevo attraverso la de- molizione degli immobili che lo avevano inglobato nel corso dei secoli; la demolizione del «fabbricato “Giaccio”», auto- rizzata dalla GM il 17 maggio 195159, viene infatti assunta

quale spunto iniziale della grande impresa, i cui lavori, avviati alla fine degli anni Cinquanta, verranno però completati più di vent’anni. Il “chiosco per gelateria” è in sé un’opera ap- prezzabile ed elegantemente stylish, sebbene legata alle opere effimere degli anni Trenta.60

L’allargamento di Corso Ovidio, anch’esso previsto da Pietro

Aschieri, determina la trasformazione dell’immobile di Gio- vanni Ciccozzi, prospiciente la chiesa della SS. Trinità, destinato ad ospitare una pasticceria al piano terra ed un’abitazione in quello superiore, secondo il progetto firmato dal geom. D’Amario nel gennaio 195361. La richiesta possiede caratteri

di urgenza in quanto Ciccozzi deve abbandonare «l’attuale locale che tiene in fitto dell’Arciconfraternita della Trinità, e che è incluso nella zona da demolire per l’allargamento di Corso Ovidio». Al progettista non interessa conservare i ca- ratteri dell’edificio ed in particolare dei due locali di piano terra «che hanno più l’aspetto di fondaci che di negozi»; egli prevede infatti di demolire muri interni e di facciata, di rifare copertura e cornicione e di aprire vetrine sul Corso. Forse a causa dell’importanza del sito e della presenza della chiesa prospiciente, D’Amario evoca il fantasma del “miglioramento” dell’estetica cittadina affidandosi al linguaggio storicista, come dimostrano il carattere cinquecentesco delle aperture del secondo livello, con tanto di cornice marcapiano62. No-

nostante ciò, il progetto viene approvato a patto però «che gli stipiti e gli architravi delle porte e finestre siano di pietra da taglio»63.

Decisamente più moderno il progetto redatto di bar ed abi- tazione all’angolo tra le vie Monte Santo e De Matteis, redatto nel maggio dello stesso anno dall’ing. Giannantonio per Po- licleto Colecchi, «sfollato da Roccaraso»64. L’opera è final-

mente brillante nel contrasto tra il primo livello (bar e gela- teria) completamente rivestito da scheggionato lapideo come se fosse un basamento roccioso, ed il secondo (abitazione), aggettante e lineare nelle sue candide superfici spinte in senso moderno dai balconi continui e dalla copertura a ter- razzo. È forse l’opera più interessante sinora incontrata, tal- mente moderna da dover costringere due volte il progettista a pregare il Sindaco di farla esaminare dalla CE. Talmente moderna da essere rigettata dalla CE il 12 ottobre seguente65.

L’intervento più importante del settore è certamente l’”Hotel Jolly”, costruito all’ingresso settentrionale di Sulmona, in pros- simità della Cattedrale. Si tratta dell’unico albergo realizzato nel periodo, progettato dall’ing. Ottorino Bisazza per la C.I.A.T.S.A. in forme elegantemente essenziali che ripropon- gono ancora i temi del “Razionalismo diffuso”66. Si tratta di

un blocco a pianta rettangolare a “L”, il cui elevato presenta due livelli più seminterrato e attico di servizio, con copertura piana e pronunciata fascia di coronamento conclusa da uno schiacciato cornicione continuo. La trattazione dei livelli, con la parte inferiore in mattoncini e quella superiore intonacata, adotta il codice razionalista, denunciato dalla totale mancanza di apparati decorativi e dalla geometrica sequenza delle aper- ture. Nel marzo seguente, per incarico del conduttore Gian- franco Cosentino, il medesimo ingegnere presenta una variante per l’ampliamento della struttura, sviluppando un braccio in profondità sull’angolo occidentale67. Qui il linguaggio scade

fortemente, rinunciando del tutto ai caratteri “moderni”: la copertura è a padiglione e le finestre sono disposte senza la minima differenziazione, tanto che l’edificio svanisce nella folla dei “soliti ignoti”, interessandosi di offrire il solo conforto ai viaggiatori, riconosciuto e sostenuto dall’Amministrazione che nell’ottobre seguente concede l’esenzione delle imposte di consumo del materiale da costruzione68.

Concludiamo l’argomento citando una singolare proposta dei tardi anni Cinquanta. Rocco Di Pillo, di Pratola Peligna, proprietario del sito triangolare posto alle spalle della Cat-

G. Giannantonio, progetto di bar e abitazione in via Monte Santo per Policleto Colecchi, prospetto (1953).

N. Di Loreto, progetto di fabbricato per Rocco Di Pillo, planimetria (1958).

tedrale, porge istanza per la realizzazione di un basso fab- bricato «costituito da un locale per magazzeno, uno da adibire a locale pubblico, sala da giuoco e vano per servizi»69. Il pro-

getto, redatto dal geom. Nino Di Loreto, pratolano anch’egli, non risulta peggiore di altri presentati nel periodo, ma l’estre- ma semplicità dei prospetti e (soprattutto) le funzioni ludiche previste nella delicata collocazione, causano il dissenso della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie, che nega il permesso a costruire ed interessa l’Amministrazione Comunale affinché vincoli l’area “a giardino”, in modo che resti salva la veduta delle absidi di s. Panfilo. In effetti il Comune acquisterà il sito in questione che è attualmente interessato da lavori di si- stemazione stradale70.