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Le opere nel tessuto antico: l’Ufficio Postale

6. IL RILANCIO DELLA CITTÀ: LE OPERE PUBBLICHE ED IL NUOVO PIANO REGOLATORE

6.3 Le opere nel tessuto antico: l’Ufficio Postale

All’interno del centro antico resta invece l’Ufficio Postale, trasferito dal Palazzo Pretorio lungo Corso Ovidio, quasi com- pletamente distrutto dal bombardamento del 30 maggio 1944, nel nuovo edificio costruito sul sito dell’ex Caserma Garibaldi (già convento dei Carmelitani).

Nell’aprile del 1936 la Giunta aveva concesso in fitto all’Am- ministrazione delle Poste e Telegrafi alcuni locali del Palazzo Pretorio perché li adibisse a sede degli «Uffici postali, telegrafici e del Circolo Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche»49. Dopo

il bombardamento, l’Amministrazione Municipale approva il preventivo redatto dal proprio UT per la trasformazione di un’ala della Caserma di s.ta Monica in via Gennaro Sardi in sede provvisoria degli uffici postali, pur specificando che le spese dei lavori dovranno essere sostenute dal Genio Civile,

in quanto «per le particolari disagiate condizioni di bilancio il Comune non può in alcun modo concorrere nelle spese»50.

Nella primavera del 1946, in seguito a lavori di restauro e mi- glioramento eseguiti dal Comune, gli uffici postali tornano nel Palazzo Pretorio, senza alcun aumento del canone d’af- fitto51, dove resteranno sino alla fine degli anni Quaranta,

come dimostra la riparazione effettuata nel 1949 dell’impianto di riscaldamento dell’edificio, «sede degli Uffici Postali e Te- legrafici»52.

L’anno seguente appare sulla stampa la notizia dell’«even- tuale» costruzione di una nuova sede accanto a diverse ipotesi sul sito in cui realizzare il nuovo edificio, che l’Am- ministrazione vuole «possibilmente in punto centrale della Città, dove sono situati tutti gli altri Uffici statali, parastatali e Istituti bancari e dove gli abitanti affluiscono con più facilità, per impellente bisogno o per ragioni di commercio»53. La pri-

ma delle ipotesi, riportata dal “Giornale d’Italia” «si basa sullo sventramento dell’abitato che sorge tra la via Antonio De Nino e la via Pantaleo (…) e che comprende abitazioni di scarsissimo valore, in condizioni pessime di stabilità e di igiene già comprese tra le case da demolire per il risanamento igienico previsto nel Piano regolatore»54. Nonostante i van-

taggi riguardanti «la grande centralità della zona, la bonifica di un agglomerato che sta a compromettere l’igiene ed il de- coro, il costo relativamente esiguo dell’esproprio», il giornalista non ritiene sostenibile tale soluzione, in quanto «la stessa zona è stata prescelta da un gruppo di finanziatori per la co- struzione di un edificio di vaste proporzioni da servire per abitazioni e per negozi, edificio che darebbe al centro della città una vivacità maggiore per la esistenza di negozi». In un articolo pubblicato da “Il Messaggero” pochi giorni dopo, vengono riferite due proposte avanzate dalla popolazione, la prima delle quali, secondo cui l’edificio sarebbe dovuto sorgere in piazza Plebiscito, viene giudicata positivamente «purché, contrariamente a quello che si vuole», la costruzione sia posta ad angolo tra la piazza ed il Corso Ovidio55. Altri

propongono invece «l’area, in Via Manlio D’Eramo, attual- mente occupata dall’edificio dell’ex-Distretto Militare, da al- cune case di abitazione private a poca distanza dall’Orto

Mazara». I vantaggi di tale soluzione sarebbero consistiti nell’allargamento di una via «assai importante perché attra- versata dai veicoli da e per Scanno, Bugnara ed i paesi della Valle del Sagittario»; tuttavia il progetto di realizzazione del «tronco stradale Cocullo-Carrito» avrebbe causato «una de- viazione di gran parte del traffico con la Capitale» proprio su quella strada che diverrebbe così «enormemente frequen- tata». Il giornalista avanza allora due ipotesi personali: de- molire palazzo Caracciolo in piazza XX Settembre, lasciando che il fronte sul Corso dell’edificio continui ad ospitare negozi, o in alternativa, radere al suolo «la costruzione di proprietà comunale, in cui ha sede ora l’ufficio postale»; infatti tale edificio «per quanto decoroso, fu erroneamente costruito in modo da restringere notevolmente il Corso Ovidio». Non

pago, l’autore dell’articolo suggerisce di demolire anche il prospiciente fabbricato Caroselli, «perché il nuovo palazzo abbia sufficiente ampiezza».

Nell’ottobre 1951, una delibera di Giunta rende noto però che l’area occupata dai locali della Caserma Garibaldi, ex convento dei Carmelitani ed ex Distretto Militare, «di proprietà comunale, (…) temporaneamente ceduti a titolo gratuito alle famiglie degli sfollati di guerra ad alcuni disoccupati in- digenti» è stata «prescelta per la costruzione del nuovo pa- lazzo dove avranno sede gli uffici Postali, Telegrafici e del Circolo Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche»56.

Il Ministero predispone allora la progettazione, come rivela la nota del 29 gennaio 1952, con la quale l’On.le Giuseppe

P. Aschieri – P. Rossi de’ Paoli, Piano Regolatore del Nucleo Centrale di Sulmona, particolare riguardante l’ ex convento del Carmelo (1937).

Giammarco rende noto all’ing. Giorgi, Vicesindaco di Sulmona, che «il Servizio VIII della Direzione Generale ha curato che un Ingegnere si rechi sul posto per gli accertamenti relativi al tipo di fondazione da prescegliere e per prendere l’elenco dei prezzi correnti sulla piazza al fine di preparare i Capitolati e i prezzi di appalto. Altro Ingegnere, dopo aver accertato sul luogo le necessità relative al funzionamento dell’edificio P.T. ha predisposto gli studi per il progetto che è in corso di esecuzione definitiva. Detto progetto prevede un corpo di fabbrica sempre ad un piano da adibire ad autorimessa e servizi sono pure previsti nel progetto»57. Con l’incedere della

procedura verso la fase esecutiva, il Ministro Spataro prean- nuncia l’apparizione nel “suo” territorio di alta competenza per la cerimonia della posa della prima pietra. In una nota del 7 maggio seguente, Giuseppe Giammarco, luogotenente di Spataro, comunica al Sindaco la volontà del Ministro di compiere la cerimonia di inaugurazione dei lavori dell’Ufficio Postale, il cui progetto «sarà pronto entro una diecina di giorni», mentre si sta «già procedendo ai lavori preparatori per l’appalto»58. Molto astutamente, Giammarco chiede

anche «se la parte del vecchio Distretto che deve essere de- molita è sgombera dei suoi abitatori e quando il Comune in- tende iniziare la demolizione».

Liberata la strada da eventuali complicazioni, il 14 giugno 1952 Giuseppe Spataro, si reca a Sulmona per presenziare «alla posa della prima pietra del nuovo palazzo postale e del nuovo edificio della Scuola d’Arte»59, ricevendo il dovuto

omaggio dal Comune per «l’alto suo appoggio ottenuto nella soluzione di vitali problemi cittadini», in ciò emulando gli alti personaggi del Fascismo, dei quali si diceva che soffrissero del “mal della (prima) pietra”.

Secondo tradizione, la cerimonia ha esclusivo valore enco- miastico, in quanto nel luglio seguente il progetto viene sot- toposto a modifiche da parte degli uffici ministeriali ed os- servato analiticamente dal “Titolare dell’Ufficio Principale Po- stale Telegrafico“ di Sulmona60. Inoltre nell’agosto seguente,

mentre l’ing. Conti convoca la ditta “Ingegnere Giuseppe Corradi” di Avezzano per la consegna dei lavori61, l’Ammini-

strazione è costretta ad adottare ulteriori provvedimenti «per

A. Palma, progetto per l’edificio P.T. di Sulmona, planimetria e pianta piano terra (1952).

poter mettere a disposizione del Ministero delle Telecomuni- cazioni l’intero ex Convento dei Carmelitani successivamente adibito a Caserma e sulla cui area deve sorgere il nuovo Pa- lazzo delle Poste e Telegrafi»62. L’avvio del cantiere è segnato

però dall’atteggiamento polemico da parte di Guido Conti, rimosso dalla direzione delle opere a favore dell’ing. Paolo Caroselli. Invitato infatti dal Ministero delle PP. TT. a consegnare «all’ingegnere subentrante i disegni e gli atti disposti in pre- cedenza63, Conti risponde che i disegni ed il capitolato speciale

d’appalto sono a disposizione del nuovo DL con il quale, per sue ragioni personali, non intende «avere alcun rapporto»64.

Nella stessa sede Conti precisa di aver ridisegnato le plani- metrie «approntate dall’Ing. Palma di cotesto On.le Ministero» riducendo di qualche metro le dimensioni «risultate esuberanti rispetto all’area disponibile». Nel marzo seguente, il Ministro in persona rassicura il Sindaco in merito alla ripresa dei lavori, «sospesi per motivi di carattere stagionale all’inizio dell’in- verno»65; l’ing. Caroselli è inoltre «già in possesso del progetto

1/100 che gli consente di dare corso alla riapertura» ed inoltre di lì a qualche giorno si sarebbe recato a Sulmona l’ing. Palma «con il progetto esecutivo e con l’ordine di intervenire presso la Ditta e presso la Direzione dei Lavori perché l’opera venga condotta a termine con la massima possibile sollecitudine». Alla nota del Ministro il Sindaco risponde per ringraziare di aver accolto la richiesta «di costruzione del II° piano dell’edi- ficio»66. Allo stesso tempo Ercole Tirone fa notare come il

nuovo progetto preveda di sopraelevare «solo una parte del- l’area occupata dal I° piano già di molto ridotta rispetto al Piano Rialzato», che risulta dunque «insufficiente ad ospitare nel medesimo edificio sia gli Uffici delle Poste che di quelli del telefono»; per questo il Sindaco chiede al Ministro «di far estendere la pianta del I° Piano al II° Piano», in quanto ciò non avrebbe comportato «né variazioni sostanziali al progetto, né ritardi nell’esecuzione dell’opera». Come si apprende da un articolo del novembre seguente, in agosto i lavori vengono sospesi per completare il progetto originario con l’aggiunta di un nuovo piano «da destinarsi a sede dei nuovi impianti di automatizzazione della rete telefonica urbana» (predisposti dalla ditta TIMO) «e ad abitazione del Direttore delle Poste»67.

Il nuovo palazzo insediato nel cortile del Distretto Militare68,

risulta circondato oltre che dall’ex convento dei Carmelitani, anche «da varie abitazioni in gran parte anguste ed antigie- niche». Pertanto nel novembre del ’53, mentre i lavori di co- struzione riprendono, il Comune, allo scopo di conferire «ampio respiro al nuovo palazzo», predispone un apposito progetto di isolamento, indispensabile «per l’attuazione di un’opera di risanamento igienico e di estetica in un punto centralissimo della città»69. Seguendo una prassi consolidata, nel dicembre

seguente i proprietari degli immobili «da demolire in Via Manlio D’Eramo» si oppongono all’acquisizione, chiedendo «un indennizzo tale che consenta loro di ricostruire dei fab- bricati aventi lo stesso numero di ambienti di quelli destinati ad essere demoliti»; di conseguenza, l’UTC viene incaricato di redigere un progetto di variante al Piano Regolatore, in modo da consentire all’Amministrazione di espropriare gli immobili al giusto prezzo di mercato70. Un articolo di stampa

del febbraio 1954 richiama i contenuti del nuovo progetto

A. Palma, progetto per l’edificio P.T. di Sulmona, prospetto principale e sezione A-B (1952).

«per l’apertura di una piazza proprio in corrispondenza del palazzo postale e conseguente allargamento della strada che costituendo l’unico accesso alla città dal lato ovest», avrebbe assunto una maggiore importanza «con la costruzione della strada Sulmona - Roma»71. Lo spazio risultante dalle demo-

lizione avrebbe infatti consentito «di riunire in un sol posto

tutti gli autoservizi che, invece, ora sono sparsi un po’ su tutte le piazze e nei punti meno adatti». Mentre nel luglio seguente il Comune rinnova con l’Amministrazione Postale Telegrafica il contratto d’affitto dei locali del Palazzo Pretorio in cui gli Uffici Postali risultano ancora alloggiati72, in autunno la stampa

annuncia finalmente che «il nuovo edificio postale (…) sta

Sulmona, Ufficio Postale, veduta attuale. G. Crocioni - R. D’Agostino, “Variante al PRG di Sulmona, Zone Urbane di Trasformazione, Scheda progettuale n. 3, Carmelo” (2006). .

per entrare in funzione. Infatti dopo i lavori eseguiti dalla "So- cietà telefonica TIMO", che ha occupato tutto il secondo piano, e l’abbattimento della vecchia sede del Distretto Militare, avverrà subito il trasferimento, dal vecchio al nuovo stabile, del Circolo di Costruzioni telefoniche e Telegrafiche, poi l’ufficio del telegrafo ed infine quello degli uffici postali veri e propri»73.

La più appropriata conclusione delle vicende costruttive risiede nel medesimo articolo de “Il Tempo”:

«La costruzione non ha nulla di eccezionale: è un palazzo di una certa mole, dotato di tutte le comodità, ma alquanto modesto nella facciata che, tra l’altro, presenta due porte piuttosto piccole e che ci sembra stonino tremendamente nei confronti di tutto il complesso. Anche la piazza, così come verrà sistemata adesso, ha i suoi difettucci, e pur- troppo dovrà conservarli sino a che l’Amministrazione co- munale non provvederà all’esproprio degli altri fabbricati

e all’apertura al pubblico dell’attuale giardino Mazara»74.

I grafici conservati presso il Comune di Sulmona sono relativi al progetto dell’ing. Aurelio Palma datato 15 maggio 1952, precedenti quindi la posa della prima pietra, che, rispetto a quanto realizzato, mostrano identica pianta ma alzati note- volmente differenti. La soluzione originale, prospiciente la nuova piazza intitolata alla “Brigata Maiella”, presenta infatti un impianto rettangolare disposto in parallelo a via Manlio D’Eramo, con un dente allungato sul lato orientale destinato ad autorimessa. Il piano interrato è occupato da locali per ar- chivio, apparati telefonici, caldaia – carbonile e magazzino, mentre il livello terraneo presenta sul fronte anteriore i locali destinati al pubblico ed al telegrafo e su quello posteriore gli ambienti di servizio e segreteria, più l’accennata autorimessa dei mezzi postali. Il primo piano, servito da un vano scala qua- drangolare posto sul lato orientale, si sviluppa lungo un filo arretrato rispetto la facciata principale con un lungo braccio rettilineo in cui sono sistemati gli uffici del “Circolo Costruzioni P.T.” che si piega in angolo a formare una L con la residenza del Direttore, in cui sono alloggiati ingresso, cucina, soggiorno, bagno e due camere da letto. I prospetti, estremamente poveri,

mostrano una volumetria complessa ma non articolata, con blocchi di diversa altezza e profondità, alcuni a sbalzo altri arretrati, privi di qualsiasi caratterizzazione se non l’alta fascia in travertino e le agili pensiline aggettanti sul fronte e sui fian- chi. La composizione avrebbe comunque potuto meritare un giudizio meno sprezzante di quello riportato nell’articolo de “Il Tempo” se non fossero intervenute la modifiche richieste dal Sindaco, causa dell’affossamento definitivo di qualsiasi idea progettuale eccedente la stretta logica funzionale, e di quel disordine complessivo che esclude la soluzione di Aurelio Palma da quell’estetica del silenzio comune a tante opere pubbliche del periodo analizzato.

Questi ultimi anni hanno riservato un’ulteriore spiacevole sor- presa al “Palazzo delle Poste e Telegrafi”, riposta fra le pieghe della variante al P.R.G. adottata nell’agosto 2006. Le norme tecniche prevedono infatti la demolizione dell’edificio, «ritenuto morfologicamente incongruo rispetto al tessuto storico», de- stinando l’area di risulta «alla realizzazione di un parcheggio interrato privato, pluripiano, per i residenti con sistemazione superficiale a verde pubblico», a circa trecento metri di distanza dal parcheggio interrato privato pluripiano di S. Chiara75.

Con maggior ponderatezza le stesse norme prevedono il re- cupero e la destinazione a verde pubblico del «giardino storico di sicuro valore ambientale» della “baronessa Maria Mazara”, «con la conservazione delle due quinte murarie su Via M. D’Eramo e su Via Mazara, la demolizione del rudere retrostante esistente su Via Mazara e la realizzazione di un collegamento verticale diretto tra questa ed il giardino sottostante». Sebbene la progettazione e soprattutto le successive modifiche abbiano prodotto un’opera certamente non esaltante, la de- cisione di abbatterla dopo che il “tessuto storico” è stato alterato in maniera irreversibile appare eccessivamente severa, anche in rapporto al panorama delle realizzazioni, alla scelta di evitare mimetizzazioni storicistiche ed al ridotto impegno volumetrico. È forse il caso di sottolineare come a tale logica draconiana sia sfuggito il gigantesco edificio privato che, nella centralissima piazza XX Settembre, venne costruito poco più di dieci anni dopo rispetto al palazzo delle Poste, demolendo i resti del Teatro Caracciolo76.

6.4. Le opere nei nuovi ambiti: le scuole e l’Istituto