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Lo svuotamento del centro antico: il tribunale e l’ospedale della SS Annunziata

6. IL RILANCIO DELLA CITTÀ: LE OPERE PUBBLICHE ED IL NUOVO PIANO REGOLATORE

6.2 Lo svuotamento del centro antico: il tribunale e l’ospedale della SS Annunziata

Le opere a sollievo della disoccupazione costituirono una prima fase di edilizia pubblica, destinata in primo luogo a superare la fase di emergenza caratterizzante gli anni del ri- torno alla Democrazia.

Accanto a quelli citati, l’Amministrazione mise in cantiere un novero di interventi destinati al rilancio dell’economia ed al riallineamento della città sui livelli di servizi e funzioni degli anni che avevano preceduto la crisi seguita al terremoto del 1933. Tra le numerose opere di carattere infrastrutturale ricordiamo, per la loro incidenza sull’organismo urbano, il ri- facimento dell’impianto di illuminazione del ponte di S. Panfilo, progettato dal «prof. Soraci, ordinario di elettrotecnica»23, e

della «fontana monumentale in Piazza Garibaldi», (...) «aspor- tato durante l’occupazione tedesca»24. Interessante dal punto

di vista squisitamente urbanistico risulta poi l’istituzione di un mercato rionale «nel Piazzale S. Francesco, a seguito degli edifici Ina – Casa»25, che tenta di emancipare la zona «fuori

Porta Napoli» dalla secolare gravitazione verso il centro antico ed in particolare dal mercato in Piazza Garibaldi, in modo da porre le basi per un nuovo quartiere autosufficiente. Il tentativo non ha esito positivo, probabilmente a causa della forza centripeta esercitata dell’antico sito, così come non si concretizza la realizzazione di un porticato ad uso pubblico sul piazzale Carlo Tresca, in cambio del quale il Co- mune cede a Francesco Sardi De Letto un’area di mq 80, a condizione che non venisse mai sopraelevata la terrazza so- vrastante il porticato stesso26.

I progetti della rinascita degli anni Cinquanta riguardano an- che la sistemazione di funzioni pubbliche all’interno del centro antico, come nel caso della costruzione della Caserma dei Vigili del Fuoco, per la quale si idica originariamente «l’area in via Ercole Ciofano di proprietà Tabassi – D’Aprile», ove sorgeva la chiesa di S. Carlo27. La scelta non si rivela felice,

Sulmona, veduta del pianoro della Potenza prima della costruzione degli edifici di edilizia popolare e del ponte Capograssi.

in quanto l’area, sita nel cuore del centro antico, è servita da strade strette non rispondenti alle esigenze di tempestività richieste, tanto che sull’area finirà per sorgere in quegli stessi anni la Casa del Mutilato, mentre la “caserma” verrà rea- lizzata sulla circonvallazione Occidentale nei pressi della chiesa di S. Maria di Roncisvalle28.

Un’altra importante iniziativa, anch’essa frustrata dal corso degli avvenimenti, riguarda la costruzione di una nuova sede per gli Uffici Giudiziari, ospitati al tempo nel Palazzo S. Fran- cesco, danneggiato dagli eventi bellici. Nel 1944 vengono infatti ricostruiti tetto ed infissi guastati dall’incursione aerea del 25 ottobre 1943, mentre nel bilancio di previsione del- l’esercizio 1945 l’Amministrazione delibera la ricostituzione dell’impianto di riscaldamento «del Tribunale, della Procura Regia, della Pretura»29. L’attività giudiziaria deve riprendere

senz’altri ostacoli, poiché dal 1948 la città ospita una «Sezione straordinaria di Corte d’Assise» su iniziativa della «Corte d’Appello dell’Aquila»30.

Con il 1950 la situazione subisce una decisa svolta, quando l’Amministrazione, continuamente sollecitata da parte del Ministero di Grazia e Giustizia affinché provvedesse «a tra-

sferire i locali della 1APretura in altri più idonei degli attuali»,

vede cadere i propri sforzi di trovare nella città «sinistrata di guerra e travagliata da una grave crisi degli alloggi, locali sufficienti ed idonei che possano ospitare anche tempora- neamente gli uffici della 1APretura, che continuano a fun-

zionare in locali insalubri inadatti insufficienti e poco deco- rosi». Tuttavia, la sistemazione degli uffici della Pretura non avrebbe risolto il problema degli uffici giudiziari poiché «anche i locali occupati dal Tribunale e della Procura della Repubblica sono non solo inadatti ma anche insufficienti perché mancano gli uffici per i giudici, le camere per i testimoni, i locali per gli archivi e i servizi igienici lasciano molto a desiderare». A ciò si aggiunge la necessità di dar luogo «ai lavori della Corte di Assise che già funziona in via provvisoria nella sala del Consiglio Comunale e che per riconosciute esigenze dell’Am- ministrazione della Giustizia dovrebbe essere istituita in via permanente» ed alla sistemazione degli «uffici della Conci- liazione che da tempo funzionano in un piccolo locale a piano terreno». Il 10 agosto la Giunta delibera quindi la rea- lizzazione di un nuovo palazzo degli uffici giudiziari in via Morrone, «a poca distanza dal Corso Ovidio, al posto di case malsane destinate ad essere demolite per attuazione del piano regolatore», rimettendo il progetto al Ministero di Gra- zia e Giustizia e dei LL. PP. in ossequio all’«urgente e impro- rogabile necessità» già rappresentata in passato ai titolari dei suddetti dicasteri «ed al 1° Presidente della Corte d’Ap- pello dell’Aquila»31. Il Comune, che aveva già fatto redigere

uno studio di massima all’UTC, un mese dopo delibera l’in- carico del progetto «del Palazzo degli Uffici Giudiziari» al- l’arch. Davide Gazzani in collaborazione con l’ingegnere co- munale Guido Conti32. Di tale progetto di Gazzani non resta

copia, mentre al contrario presso l’ACS è conservata la vivace corrispondenza tra Comune, Soprintendenza e Ministero della Pubblica Istruzione in merito alle demolizioni necessarie per la realizzazione del nuovo palazzo di Giustizia.

Mentre infatti veniva deliberata la sistemazione dei locali della Pretura33, il Comune predisponeva la liberazione del sito per

l’impianto del nuovo palazzo, la cui vicenda si intreccia con quella relativa alla realizzazione di un ponte di collegamento

Sulmona, foto d’epoca: il sito dove sarebbe sorto il nuovo Palazzo degli Uffici Giudiziari. In primo piano, la Casa Valeri prima della parziale demolizione.

al di là del fiume Vella tra la fascia orientale del centro antico ed il prospiciente pianoro della Potenza, in gran parte occupato da cantieri di edilizia popolare. Proponendo la demolizione del tessuto antico in tale zona, prossima alla valletta del fiume, il Comune cercava quindi di garantirsi aree libere necessarie per l’impianto della testata occidentale del ponte e per la realiz- zazione del Palazzo di Giustizia. La volontà di ottenere il mas- simo dei risultati porta però l’Amministrazione a commettere degli errori d’impostazione, contrapponendo da una parte la demolizione delle «case malsane», del palazzetto settecentesco di proprietà dei fratelli Valeri su via Morrone e dell’edificio Mar- cone lungo la contigua via Pansa, e dall’altra la necessità di costruire sia il palazzo di Giustizia che un ponte oltre il Vella. A tal proposito, in una memoria scritta per perorare la propria causa, il Sindaco ricorda che «la città di Sulmona è delimitata da due corsi di acqua, il torrente Vella ed il fiume Gizio, che, avendo alvei profondi, la obbligano ad allungarsi. Tale esten- sione longitudinale non è oggi più possibile sia per ragioni

urbanistiche sia per ragioni inerenti alla vita di relazione. Al di là del torrente Vella si estende una vasta zona pianeggiante, denominata “pianoro della Potenza”, salubre e ben assolata, la quale costituisce la nuova zona di espansione della città, zona nella quale sono già sorte le case dell’EAR, dell’Istituto per le Case Popolari; il complesso del secondo settennio del- l’Ina-Casa, le case costruite in seguito al risanamento igienico e numerose altre, per un importo complessivo di oltre un mi- liardo. La zona ha attualmente un unico collegamento col cen- tro urbano, mediante la disagevole strada di Via Fiume, strada peraltro di allacciamento anche al popoloso rione dei Cap- puccini. Un collegamento molto più facile potrebbe realizzarsi mediante la costruzione di un ponte sul Vella, da costruirsi sul prolungamento di Via De Nino e Via G. Pansa» demolendo necessariamente il succitato edificio34.

In un “appunto” redatto in bozza per il Consiglio Superiore delle Belle Arti, il Sindaco, dopo aver ricordato come la demo- lizione dell’immobile rientri «nel piano di risanamento di tutta

Sulmona, foto d’epoca: Casa Valeri in via Morrone prima della parziale demolizione: in fondo la parte eliminata.

l’ala di via Morrone, secondo il quale è prevista la demolizione delle retrostanti case», assicura che «compatibilmente con le esigenze di una moderna costruzione, l’edificio che dovrebbe sorgere al posto della Casa settecentesca, potrebbe conservare i motivi architettonici che hanno determinato il decreto di vin- colo»35.

Tale programma produce l’inevitabile reazione da parte della Soprintendenza la quale, «avuto sentore che da parte delle Amministrazioni interessate si intendeva procedere alla de- molizione di alcuni antichi fabbricati siti nel cuore di Sulmona, e tanto allo scopo di ricavare un’area centrale per il costruendo Palazzo di Giustizia» si affretta a proporre il vincolo ai sensi della L. 1089/39 «al più importante di essi e precisamente la Casa Settecentesca di proprietà dei fratelli Antonio e Luigi Valeri, sita al n. 74 della Via del Morrone»36. Il Soprintendente

è molto chiaro e previdente nel suo giudizio quando rileva:

«1° - che la costruzione di un nuovo fabbricato nell’area in questione della mole di un palazzo di Giustizia, o di qualsivoglia altro edificio di pubblico interesse, sarebbe destinata ad alterare ancora più di quanto fin’oggi non sia avvenuto con gli sventramenti, le demolizioni e le ri- costruzioni inconsultamente attuate, l’ancora preponde- rante, nobilissimo aspetto rinascimentale - barocco della città e tanto con gravissimo pregiudizio sia della conser- vazione dei caratteri storici dell’antico abitato che della stessa presente armonia dell’edilizia cittadina;

2° - che non sussiste l’asserita necessità di aprire la strada per l’accesso al costruendo ponte proprio nella zona oc- cupata dal fabbricato testé vincolato, posto che detto ponte può essere agevolmente ubicato in sito poco discosto, e, comunque, essere reso accessibile altrimenti;

3° - che non sussistono ragioni di carenza d’aree posto che la cittadina di Sulmona, se veramente, come asserito nella istanza, deve “svilupparsi”, può assai bene “svilup- parsi” non a spese dei fabbricati esistenti, in quartieri interni in massima parte di interesse storico-artistico, ma nelle numerose, utili, aree esterne, alcune delle quali con profonde penetrazioni nell’abitato e quindi, oltre tutto, an- che non periferiche».

Il Soprintendente, pur rimettendosi al giudizio del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti, esprime in sostanza un giudizio negativo anche su quanto operato sino ad allora nel centro antico, già danneggiato negli ultimi tempi dagli «sven- tramenti, le demolizioni e le ricostruzioni inconsultamente attuate», proponendo in alternativa l’insediamento del nuovo Palazzo di Giustizia in una delle «numerose, utili, aree ester- ne», in modo da conservare in toto il palazzetto Settecentesco oggetto della demolizione.

A quel punto, come di prassi, gli Amministratori si rivolgono ai rappresentanti del popolo di stanza a Roma, che scendono progressivamente in campo. Una nota del 3 gennaio 1959 del prof. Guglielmo De Angelis D’Ossat, Direttore generale per le Antichità e Belle Arti, dà infatti notizia di un interro- gazione parlamentare rivolta dall’On. Delfino alla Camera dei Deputati37, mentre il 26 marzo seguente il “Dr. Carlo Ro-

tunno”, Capo della Segreteria particolare del Sottosegretario alla PI fa presente allo stesso De Angelis D’Ossat come la questione stia «particolarmente a cuore all’On.le Sottose- gretario, il quale gradirebbe molto che fosse esaminata con la migliore considerazione la possibilità di inviare sul posto un ispettore ministeriale»38. Nella migliore tradizione della

“cosa pubblica” italiana, si giunge ad una soluzione mediata, come rivela una nota scritta il 14 maggio 1959, in cui il So- printendente comunica alla Direzione Generale per le Antichità e Belle Arti che il pericolo di una alterazione troppo ampia sia nel frattempo «sparito» in quanto l’UTC ha redatto «un progetto che prevede soltanto l’abbattimento di una parte del fabbricato, abbattimento che consentirebbe l’apertura della nuova strada»39. La Soprintendenza, considerando

quindi da una parte «che l’edificio non andrebbe interamente perduto» e dall’altra che lo sviluppo risulta «assolutamente necessario ed indispensabile per il risanamento e la vita della città», si dichiara favorevole in linea di massima alla parziale demolizione dell’edificio, richiedendo però «il distacco ed il reimpiego degli stucchi o qualora ciò fosse tecnicamente im- possibile la preventiva ripresa dei calchi». Il Prof. De Angelis d’Ossat può quindi rispondere al Dr. Rotunno comunicandogli che la Direzione Generale «ha ritenuto possibile concedere

l’autorizzazione di demolire una parte del fabbricato in ar- gomento, onde consentire l’apertura della progettata strada necessaria allo sviluppo urbano ed ha accolto la richiesta del Comune di Sulmona di parziale svincolo dello edificio n. 74 di via Morrone»40.

Così la vicenda si conclude: il Tribunale, abbandonato il centro antico, sarà costruito sul pianoro della Potenza nei pressi dello sbarco orientale del nuovo ponte che, progettato da Riccardo Morandi, era stato realizzato grazie alla parziale demolizione dell’edificio in via Morrone 74.

Oggi il palazzetto appare stato mutilato della parte rivolta verso via Pansa, corrispondente alle due finestre del piano nobile ed al portale prossimo al cantonale destro. Sull’inedito prospetto affacciato lungo il proseguimento di via Pansa, sono stati ricostruiti il cantonale in pietra da taglio, il cornicione e le finestre ovali del sottotetto, ed allo stesso tempo rimontate le finestre-balcone di taglio settecentesco, tanto che solo uno sguardo attento può svelare l’abile falso compiuto con il be- neplacito degli organi preposti alla tutela.

Un’altra opera decisamente importante per le sorti di Sulmona è la costruzione della nuova struttura destinata ad ospitare l’ospedale cittadino, fino al 1961 alloggiato nella sede ori- ginaria del palazzo della Ss. Annunziata, che, privata di tale funzione, verrà sottoposta ad un pesante intervento di “re- stauro” ad opera del Soprintendente Mario Moretti tra il 1968 ed il ’6941. Già nel 1941 l’Amministrazione della Casa

Santa dell’Annunziata, ente proprietario dell’ospedale, «in seguito a sollecitudine del Ministero Interno Direzione Ge- nerale della Sanità Pubblica», aveva fatto redigere un progetto di massima dell’importo di £ 12.000.000 del tipo monoblocco, che oltre a rispondere alle norme ministeriali richiede una minore spesa di costruzione e di esercizio in confronto al tipo a padiglioni isolati»42. In effetti nel Dopoguerra «ispettori

della Direzione Generale della Sanità Pubblica» constatano ripetutamente che «l’attuale ospedale civile non possiede minimamente i requisiti necessari alle esigenze di un istituto ospedaliero, né è tale da poter soddisfare ai bisogni di una città dell’importanza di Sulmona e dei comuni limitrofi»; la

stessa Amministrazione Comunale è dell’avviso che l’ospedale stesso versi «in condizioni pietose, posto com’è nell’interno dell’abitato e soffocato dalle private abitazioni, con locali assolutamente insufficienti, nell’impossibilità di poter essere sistemato ed ampliato». Pertanto, nel dicembre 1946 la Giun- ta Municipale, ritenuto che una nuova struttura sanitaria possa aver luogo solo con il contributo dello Stato, «delibera di far voti al superiore Ministero dei LL.PP. perché voglia com- piacersi procedere allo stanziamento della somma di £ 250.000.000 da ripartirsi su diversi esercizi per la costruzione

Sulmona, Casa Valeri in via Morrone, veduta stato attuale verso via Pansa.

di un nuovo ospedale civile di Sulmona». All’inizio del 1948 viene scelta anche l’area edificabile, preceduta dalle imman- cabili «polemiche giornalistiche»; l’Amministrazione, «con- siderato che istituti del genere debbono sorgere in luoghi arieggiati, salubri e riposanti, non disgiunti dalla vicinanza dal centro abitato; visto la planimetria della città e tenuto presente il piano Aschieri per quanto riflette l’ampliamento della città (…) delibera che l’area sulla quale dovrà sorgere il nuovo Ospedale Civile sarà quella «che trovasi alla sinistra della statale n. 17 che conduce a Pettorano e, precisamente, alla distanza di circa 500 m dal Piazzale di S. Francesco di Paola»43. Come si vede, la scelta si allinea alla visione di

Aschieri per uno sviluppo lineare verso sud della città, inte- grato da due nuclei rurali posti ad est del torrente Vella e ad ovest del fiume Gizio.

L’iniziativa prende il suo cammino e di conseguenza si suc- cedono le fasi progettuali. Nel dicembre 1951 e nel febbraio 1953 la Direzione Generale dell’Urbanistica ed Opere Igieniche rende noto che l’opera risulta ricompresa nel programma del Ministero dei LL. PP., tanto che la “Casa Santa dell’Annunziata di Sulmona” incarica l’ing. Guido Conti del relativo progetto, redatto il 10 maggio 1953 ed approvato dal Consiglio Su-

periore dei LL. PP. il 23 giugno seguente. Il 25 ottobre 1954, a seguito di osservazioni avanzate dal Genio Civile, l’ing. Conti deve apportare però alcune modifiche ai suoi elaborati, approvati il 30 novembre successivo dallo stesso Ufficio ed il 10 febbraio del ’55 dal Ministero44. Per far fronte alla spesa

prevista di £ 200.000.000, l’Ente contrae quindi un mutuo con la Cassa DD. PP., corroborato dal contributo concesso dal Ministero pari al 5% annuo dell’importo45. Il 20 giugno

1956 viene deliberata l’indizione della gara di appalto me- diante licitazione privata46, della quale resta aggiudicatrice

la ditta “Comm. Giovanni Cucullo” di Chieti. Il progetto re- datto dall’ing. Conti, di cui è conservata presso l’Ufficio Tecnico della A.S.L. la sola “pianta delle espropriazioni”, pre- vede tre corpi di fabbrica di differente impegno volumetrico, il più grande dei quali si configura come una “C” aperta con gli spigoli arrotondati, al centro della quale un breve colle- gamento conduce ad un corto blocco squadrato. Viene quindi sottoscritto il contratto relativo all’esecuzione «della parte centrale del corpo di fabbrica principale, comprendente, oltre al piano seminterrato, tutti e quattro i piani fuori terra ed il corpo di fabbrica posteriore comprendente il piano scantinato e due piani fuori terra». L’impresa appaltatrice completa il

UTC Sulmona, proposta per la parziale demolizione della Casa Valeri. Sulmona, Casa Valeri in via Morrone, veduta stato attuale da via Pansa verso via Morrone.

G. Conti, “Progetto del nuovo Ospedale Civile, Casa Santa dell’Annunziata, Sulmona”, pianta delle espropriazioni (1953). E. Censon, R. Corona, “Progetto per l’Ospedale Civile di Sulmona ‘Casa Santa dell’Annunziata’, Cassa del Mezzogiorno”, pianta del piano primo.

primo lotto nella primavera 1960; il 19 aprile viene redatto il verbale di riconsegna in cui si constatata la regolare ese- cuzione dei lavori in tutti i locali, «ad eccezione del reparto operatorio, reparto radiologico, centrali termica ed elettrica,

a causa degli impianti speciali che sono ancora in corso». Una successiva progettazione, redatta dagli architetti Enrico Censon e Rolando Corona di Roma e conservata nel mede- simo ufficio, rivela come quanto previsto da Guido Conti ve-

UTALS, pratica per l’accatastamento dell’Ospedale Civile di Sulmona, pianterreno.

nisse realizzato nella sola parte centrale del lungo blocco trasversale e nel blocco posteriore. Il corpo di fabbrica più lungo ospita al piano terra locali destinati a lavanderia, guar- daroba, spogliatoi, farmacia, cucina e mensa del personale, in quello rialzato locali per degenza, fisioterapia, roentgen terapia, laboratorio di analisi; nella testata curva sono sistemati gli uffici amministrativi ed infine, in quelli superiori, le stanze per i degenti47. Il blocco minore, collegato al primo da uno

stretto camminamento coperto, ospita nel seminterrato la centrale termica, la camera mortuaria, la sala autoptica, il centro trasfusionale, l’ambulatorio oculistico e quello oculistico, nel piano rialzato il pronto soccorso, l’accettazione, il locale per gli agenti di polizia e per il medico di guardia, e nel se- condo livello fuori terra il 1° gruppo operatorio.

La pianta dell’accatastamento dell’Ospedale rivela infine come la parte realizzata del progetto dell’ing. Conti abbia nel tempo proliferato una serie di spazi che collegano i due corpi mediante la costruzione della cappella e di altri ambienti sul blocco posteriore48. Sarà infine l’edificazione del nuovo

braccio, realizzata all’inizio dell’ultimo decennio dello scorso secolo, a conferire al nosocomio l’attuale conformazione.