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Gli interventi sull’esistente

4. L’ARCHITETTURA RELIGIOSA

4.2 Gli interventi sull’esistente

Non tutti gli interventi nel campo dell’architettura religiosa riguardano la riparazione dei danni bellici. Ad esempio, nella zona sud dell’abitato in cui si andavano insediando numerosi alloggi popolari, la Comunità dei Cappuccini di S. Francesco

E. Barrasso, “Progetto per la trasformazione industria boschiva ditta Spagnoli Giuseppe in Convitto”, prospettiva (1955).

di Paola inizia nel luglio del 1953 la «costruzione di un corpo di fabbrica per l’ampliamento del Convento», chiedendo al Sindaco «l’autorizzazione perché la costruzione abbia la fac- ciata principale allineata con il recinto, in pietra artificiale, delle nuove case di proprietà I.N.A., e parallela all’asse stradale di via Montesanto»98. L’11 ottobre seguente, il Padre Superiore

denuncia poi la distruzione dell’arredamento del «Seminario Serafico annesso al convento al Genio Civile»99, ma la pratica

rimane ferma sino all’agosto di sei anni dopo, allorquando l’Ufficio redige finalmente la relativa perizia, puntualmente

approvata il 28 settembre seguente100. I lavori vengono affidati

all’impresa «Baldoni Pietro de L’Aquila» che in data 19 no- vembre 1960 riconsegna i nuovi banchi della chiesa assieme a scrivanie, sedie, tavoli da scuola, armadi, brandine ed har- monium, così come riportato nel libretto delle misure. Sempre nella zona sud, nel marzo del ’55 viene presentata l’istanza per la «trasformazione industria boschiva ditta Spa- gnoli Giuseppe in Convitto» da parte di don Alessandro Co- lavincenzo101, che già cinque anni prima aveva richiesto di isti-

tuire un «convitto cittadino» nei locali dell’ex Istituto Magi- strale102. Nel 1955 si pongono quindi concrete basi per la rea-

lizzazione della struttura comunemente chiamata “don Ales- sandro”, che svolgerà un ruolo di primaria importanza nella vita della città, specie quando sarà adibita ad asilo e ad scuola media inferiore103. Il progetto, redatto dal geom. Emilio Barrasso,

consiste in sostanza nella trasformazione di uno dei due corpi di fabbrica principali, preceduto da uno spazio verde affacciato sul viale Mazzini. Come recita la breve relazione, il nuovo fab- bricato a due livelli contiene nel piano terra refettori, cucina, studio e direzione, mentre in quello superiore trovano luogo i due grandi dormitori con i servizi igienici. I prospetti, secondo lo stesso autore, «sono formati dalla massima semplicità, con finestre molto slanciate, mentre nella parte anteriore si è ricorso ad una sporgenza per spezzare la monotonia della costruzio- ne». In effetti, la ricerca della «massima semplicità» sembra costituire l’elemento comune a gran parte degli interventi di ricostruzione o trasformazione, che procedono spesso su di un crinale sospeso “tra il dolore e la noia”.

L’intervento sull’esistente di maggiore importanza è certamente il «taglio parziale» della chiesa della SS. Trinità in Corso Ovidio, effettuato nell’ambito dell’attuazione del Piano Aschieri a partire dal 1953, i cui aspetti urbanistici sono stati trattati nel capitolo precedente; la chiesa, di cui si hanno notizie già nel catasto cinquecentesco104, ebbe a soffrire da tale demolizione,

come dimostra la «mutilazione della prima coppia di archi decorativi posti sulle pareti laterali interne»105. Per consentire

l’arretramento fu smontato anche il campanile realizzato da

A. Paolini, “Lavori di costruzione della cella campanaria per la chiesa della SS. Trinità”, disegni contabili (1962).

Mastro Cesare Lombardo nel 1602, ma ricostruito tra il 1743 ed il ’44 a seguito del sisma di inizio secolo XVIII.

All’inizio della vicenda moderna troviamo subito una protesta inoltrata nel 1949 dalla Arciconfraternita della SS. Trinità a causa della chiusura e riduzione di alcune finestre della chiesa, in seguito alla costruzione, da parte dello IACP, del fabbricato contiguo lungo il Corso Ovidio106. I rapporti tornano sereni

grazie all’indennizzo di £ 20.000, tanto che nell’ottobre 1953 i due Enti stipulano il compromesso per l’acquisto bonario dei beni necessari all’ampliamento del Corso Ovidio nel tratto compreso tra la chiesa e la piazza dell’Annunziata107. In nar-

rativa viene specificato che è necessario provvedere «al taglio parziale della Chiesa e del corridoio attiguo che serve di ac- cesso all’oratorio; alla demolizione del vano a piano terra adi- bito a negozio sito al Corso Ovidio n° 220 e del soprastante vano a primo piano; nonché alla parziale occupazione del cortiletto interno; il tutto di proprietà della SS. Trinità». Nel febbraio 1955 il Comune, nella stipula della convenzione con l’Arciconfraternita per l’acquisto dei beni da demolire, si impegna poi «a rimettere in pristino l’interno della Chiesa, compresi gli stucchi, le decorazioni e l’organo garantendo la stabilità della volta. Le campane saranno ricollocate in ap- posita cella campanaria; (...) a lasciare l’accesso all’Oratorio, di larghezza non inferiore a m. 3,50. Infine (...) a ricostruire nel cortile una scaletta per accedere al piano superiore»108.

Tale volontà viene tradotta in un progetto redatto dall’UTC ed approvato dalla Soprintendenza il 26 giugno 1957, dive- nuto però esecutivo grazie ad una perizia del 31 marzo 1958. In sostanza l’intervento previsto modificava quanto progettato da Ignazio Guidi che, per mantenere il filo della chiesa esi- stente, aveva previsto una continuità a nord con il portico dell’edificio realizzato dall’IACP ed a sud con quello di pro- getto della costruenda sede della Cassa di Risparmio. L’UTC stila dunque un nuovo progetto che prevede «l’interruzione del portico in corrispondenza della Chiesa, e la ricostruzione della facciata della Chiesa al filo interno del fabbricato»109.

Come già accennato nel capitolo precedente, in relazione sono elencati i principali lavori previsti:

«Smontamento dei bolognini in pietra da taglio, demolizione

dei muri della Chiesa e relativa ricostruzione del muro di fac- ciata a filo interno del portico e rimontaggio dei bolognini smontati; completamento del rivestimento dei bolognini di pietra mancante nella parte superiore del muro di facciata; smontamento e rimontamento del portale e del finestrone in pietra da taglio; raccordi del tetto; demolizione del cam- panile e costruzione di una cella campanaria; demolizione del cornicione e delle cornici interne, taglio di una parte della volta, spostamento dell’organo; ricostruzione di cornici ba- rocche; ripristino di affreschi. Il progetto prevede inoltre, la sistemazione di un tratto del muro del fabbricato laterale alla Chiesa, che verrà a trovarsi sulla interruzione del portico e la ricostruzione del marciapiede e la pavimentazione con mattonelle di asfalto da cm. 4 per la maggiore larghezza de- rivata al Corso Ovidio e la pavimentazione con mattonelle di gres nell’interno del porticato».

Della difficoltà dell’intervento testimonia la delibera di ap- provazione del progetto, datata 8 aprile 1958, che propone di far eseguire le opere alla ditta Urbani Calcedonio, già ap- paltatrice dei lavori di della sede della Cassa di Risparmio: «Con l’attuazione della modifica alla variante al piano rego- latore, viene a completarsi l’intero allargamento del Corso Ovidio, da S. Agostino alla Piazza dell’Annunziata. La Cassa di Risparmio farà procedere tra qualche giorno alla demolizione dell’ex Palazzo Ricottilli, mentre il Comune, per poter eseguire quella parziale della Chiesa, deve attendere l’approvazione del progetto da parte del Genio Civile. Nell’eseguire i due lavori di demolizione, si prevede che possano sorgere alcuni inconvenienti dovuti al fatto che i due blocchi hanno parti in comune. Infatti il campanile incide parzialmente sull’area de- stinata al nuovo palazzo; alcuni muri sono in comunione, ed infine i due blocchi (ex palazzo Ricottilli e la Chiesa), adiacenti l’uno all’altro, costituiscono un equilibrio statico che dovrebbe essere scompaginato quasi contemporaneamente e con tutte le cautele. Lo spazio disponibile per accatastare i materiali costituenti le parti architettoniche da rimontare nei due blocchi, è limitatissimo perché, a garanzia del traffico, non si può con- cedere che una stretta striscia del Corso Ovidio. Infine, pre-

vedendo il progetto anche la pavimentazione del nuovo por- tico, (…) una delle due Imprese dovrebbe sospendere i lavori per almeno 18 mesi. Ragioni tecniche suggeriscono di affidare i lavori pel taglio della Chiesa della SS. Trinità, alla stessa Im- presa che deve eseguire quelli per conto della Cassa di Ri- sparmio, anche perché, ragioni logistiche porterebbero ad una inframmettenza di due cantieri da pregiudicare il buon andamento dei lavori stessi110.

Nonostante ciò i lavori, diretti dall’ing. Angelo Paolini, vengono consegnati l’8 settembre dello stesso anno all’impresa La Gatta Carlo, che incontra degli imprevisti già nello scavo di fondazione per il nuovo muro di facciata, la cui esecuzione porta alla luce «un lungo vano sottostante il pavimento della Chiesa, coperto da volta in muratura e colmato da materiale terroso»111. Inoltre, la presenza di due cantieri contigui produce

degli inevitabili problemi: il 21 luglio l’Ingegnere Comunale

A. Paolini, “Piano Regolatore, ampliamento del Corso Ovidio in corrispondenza della Chiesa SS. Trinità”, pianta, prospetto attuale, prospetto ricostruito (1958).

C. Giorgi, “Progetto dei lavori di riparazione della chiesa della SS. Trinità in Sulmona al Corso Ovidio”, planimetria e sezione dello stato di fatto, nuova sezione e schizzo prospettico del nuovo soffitto (1959).

avvisa il Sindaco «che l’Impresa Urbani Calcedonio, appaltatrice dei lavori di costruzione del fabbricato per la Cassa di Rispar- mio, sta eseguendo lo sbancamento con mezzi meccanici fin contro il campanile della Chiesa della Trinità, e l’azione del- l’escavatore produce vibrazioni al campanile tali da compro- mettere, oltre la sua stabilità, anche la incolumità sia degli operai addetti e sia dei passanti. Di conseguenza, l’Impresa La Gatta (appaltatrice dei lavori per l’arretramento della fac- ciata della Chiesa), non può procedere alla demolizione delle strutture murarie»112. Alla stessa data il Sindaco ordina alla

ditta Urbani «la sospensione dei lavori di escavo (…) sino a quando non sia stata ultimata la demolizione del campanile e della facciata della chiesa dedicata alla SS. Trinità»113. Un

altro problema sorge con la demolizione del muro trasversale della chiesa, che scopre l’angolo del contiguo fabbricato IACP; lo stabile esistente ne guadagna, ma parte della facciata ve- nuta in luce «dev’essere sistemata e protetta da muro di con- veniente spessore per i piani soprastanti il fabbricato in quanto tale muro era costituito da un tramezzo di mattoni forati posti di coltello»114. Nonostante ciò, l’impresa La Gatta Carlo procede

nei lavori sino all’ultimazione, avvenuta il 25 febbraio 1959115,

ed al collaudo, eseguito dall’eterno Guido Conti116.

Come già visto, nel giugno 1955 il Comune aveva assunto anche l’onere di ricostruire «una cella Campanaria sopra un muro della Chiesa e (…) una scaletta per l’accesso ad alcuni vani del 1° piano»117; tali lavori, contemplati nell’appalto del-

Sulmona, chiesa della Ss. Trinità, stato attuale, veduta dell’interno verso l’altare e facciata.

l’impresa La Gatta, «per evidente inframmettenza di cantieri» vengono però eseguiti nel 1959 dalla ditta Urbani, che arriva «precisamente (…) con le sue strutture di cemento armato alla quota permettendo l’aggancio delle strutture della cella». La ditta Urbani realizza dunque il nuovo campanile ma non la scaletta (di cui viene variata l’ubicazione), eseguita nel 1962, «in occasione dei restauri che si stanno eseguendo alla stessa Chiesa a cura del Genio Civile». A quella data, dunque, per concludere il programma delineato dalla variante al Piano Aschieri, non resta «che effettuare il raccordo della pavimen- tazione del Vicolo dell’Ospedale con il Corso Ovidio»118.

In realtà la trasformazione dell’edificio viene completata con i «lavori di riparazione» progettati il 30 luglio 1959 dall’ing. Giorgi ed approvati con Decreto Provveditoriale in data 23 novembre 1961119; infatti i bombardamenti del 27 agosto

1943 e del 30 maggio 1944 avevano danneggiato le murature e l’occupazione da parte delle truppe tedesche distrutto l’ar- redamento. Pertanto il Rettore della Trinità presenta all’Ufficio del Genio Civile una denuncia dei danni nell’ottobre 1953 ai sensi della legge 230/53120, integrata dalla succitata perizia

dell’ing. Giorgi, secondo il quale l’origine della chiesa «non è molto chiara e nemmeno quella della sua facciata, che pro- babilmente apparteneva ad altra costruzione»121. Altrettanto

critico è il giudizio sull’interno «nel quale predomina lo stile barocco che, in alcuni elementi, cede il posto a quello cinque- centesco»; l’organismo infatti «si compone di una navata uni- ca, coperta da una pesante volta, nella quale fregi e cornici inquadrano pitture sacre di poco pregio e di fattura recente». L’edificio si presenta molto danneggiato sia per i continui ter- remoti del passato che «a causa delle esplosioni delle bombe cadute nelle immediate vicinanze durante le ripetute incursioni aeree sulla città e delle continue manomissioni fatte dalle truppe tedesche che hanno occupato la Chiesa. La sua volta, in particolare, è gravemente lesionata ed è pericolante, specie a causa del tetto che le grava sopra con la sua pesante e sconnessa struttura». L’intervento progettato si incentra quindi sugli aspetti strutturali e funzionali, come risulta dall’elenca- zione delle opere principali da realizzarsi nella cui progettazione «si è fatto astrazione dei criteri di abbellimento e di miglio-

ramento della costruzione preesistente». In tal senso, per con- ferire all’edificio la necessaria stabilità, «sarà necessario de- molire la volta pericolante ed il sovrastante tetto, rasare i muri perimetrali, costruire un cordolo di coronamento in c.a. e ri- costruire un solaio in c.a. con sottostante soffitto a cassettonato di materiale leggero gessoso opportunamente patinato e do- rato. Il tetto dovrà essere ricostruito con travetti di laterizi pre- fabbricati poggiati su capriate in c.a. Il pavimento, anch’esso gravemente danneggiato dalle truppe tedesche, dovrà essere demolito e ricostruito con vespaio a pietrame, massetto di calcestruzzo cementizio e marmittoni a grosse scaglie di mar- mo. Gli intonaci delle pareti, in gran parte caduti per effetto dei bombardamenti, dovranno essere spicconati ed interamente ricostruiti (…). Nella Cappellina e nel vano adibito a ripostiglio dovranno essere parimenti ricostruiti il tetto, il solaio ed il pa- vimento. Si dovrà provvedere inoltre – ad una accurata ripa- razione della balaustra in legno noce, di confessionali e della bussola d’ingresso; – alla ricostruzione di n. 14 banchi da m. 2,00, e di n. 2 inginocchiatoi, di n. 1 armadio per sagrestia e di altri arredi vari; – alla fornitura e posa in opera della Via Crucis». Come si vede, secondo la prassi allora in voga, non si progettava il restauro degli elementi danneggiati, quanto l’eliminazione degli elementi spingenti; è questo il caso della volta, sostituita da un solaio cassettonato e dorato con effetto di finto-antico che modifica sostanzialmente l’organismo ar- chitettonico nelle sue componenti originarie. I lavori vengono affidati all’Impresa Fasoli Panfilo di Sulmona che li inizia il 3 febbraio 1962 concludendoli regolarmente il 30 luglio del- l’anno seguente122. Tuttavia, il recupero totale dell’organismo

si ha soltanto con la ricostruzione dell’organo e dell’harmonium distrutti anch’essi dagli eventi bellici, per la quale il Vescovo Marcante aveva inoltrato domanda e documentazione al Genio Civile in data 3 novembre 1963123. In conseguenza di

ciò, l’Ufficio redige una perizia in data 7 aprile 1965, finanziata sia con i fondi per la riparazione dei danni bellici che con una cospicua somma liquidata dalla Pontificia Commissione Cen- trale per l’Arte Sacra in Italia. I lavori vengono completati nel luglio dell’anno seguente e collaudati il giorno 7 dal Padre Marcello Caselli, «diplomato in organistica»124.