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La visione di Pietro Aschieri

3. LA TRASFORMAZIONE DEL NUCLEO ANTICO

3.1 La visione di Pietro Aschieri

Il principale intervento di trasformazione urbana della Sulmona del Dopoguerra consiste senz’altro nella parziale attuazione delle previsioni del Piano Aschieri in merito all’allargamento dello «stretto, congestionato ed affollato Corso Ovidio, limi- tatamente (…) al tratto compreso tra il piazzale Vittorio Ema- nuele e la Piazza del Carmine»1. L’intervento viene ritenuto

«urgente ed indilazionabile, più che per abbellimento ed estetica cittadina, per una questione di viabilità» in quanto la «ristrettezza della sede stradale», larga «in media m. 6 per restringersi in alcuni punti a m. 4», oltre ad intralciare «irrimediabilmente il traffico dei veicoli, costituisce un vero pericolo per la pubblica incolumità»; per tali motivi il Corso, «dopo l’allargamento, fino alla Piazza del Carmine», avrebbe raggiunto la larghezza di m. 122.

3. La trasformazione del nucleo antico

P. Aschieri – P. Rossi de’ Paoli, Piano Regolatore del Nucleo Centrale di Sulmona, particolare da piazzale Vittorio Emanuele a piazza Garibaldi (1937).

Nel primo dei tre segmenti, «a partire dal Piazzale Vittorio Emanuele fino (…) alla monumentale Casa Santa dell’An- nunziata», sono previste demolizioni solo sul lato destro, «quello più tortuoso, e che presenta un maggior numero di sporgenze e di rientranze». Nelle ricostruzioni viene proposto il porticato, «il che, mentre darà maggior decoro alla città, è pienamente giustificato dal fatto che (…) la vallata di Sul- mona (…) ha il clima molto rigido ed umido durante l’inverno, e molto caldo durante l’estate». Da notare come il previsto allineamento comporti la parziale demolizione della chiesa della SS. Trinità, situata «sul lato destro del Corso in parola, prima della Piazzetta dell’Annunziata». Ciò non costituisce un problema per Aschieri che decide di tagliare per una pro- fondità di m 10 la «Chiesetta (…), che internamente non ha alcun pregio artistico».

L’allargamento riprendeva subito dopo lo slargo antistante l’Annunziata «fino alla Piazza XX Settembre, e quindi dall’altro lato della Piazza fino al magnifico complesso monumentale costituito dalla Fontana del Vecchio, dall’Acquedotto e dal Portale di S. Francesco della Scarpa». In questo caso le de- molizioni si sarebbero estese «solo per un breve tratto sul lato sinistro, nel tratto cioè compreso tra la via Antonio De Nino e il Vicolo Archibugi, dove si ha una sporgenza rispetto all’allineamento dei rimanenti fabbricati». Più avanti, viene proposta «la costruzione del porticato sul lato destro del Corso fino al portale di S. Francesco (…), prevista anche per non allargare eccessivamente la sede stradale, creando una sede propria per i pedoni».

Secondo Aschieri, le conseguenze delle demolizioni continuano ad essere accettabili, in quanto «il ripetuto allargamento non richiede la demolizione di edifici importanti o che abbiano speciale valore od interesse artistico, ad eccezione di quello che forma angolo con la Piazza XX Settembre di proprietà Tirone, e che oltre a restringere il Corso fino a m. 4, si protende nella suddetta Piazza». Per l’antico edificio, «costruito nel 1484 per il Veneziano Giovanni dalle Palle e restaurato dopo il terremoto del 1706» non è però prevista la completa eli- minazione, poiché «tutti gli elementi artistici e monumentali del Palazzo, (…) saranno reimpiegati parte nella costruzione

del palazzetto in sito, e parte nella ricostruzione del fabbricato sul lato opposto, in cui sarà ripristinato l’antico portico di tre archi (due semicircolari, uno ogivale), dapprima esistente nella facciata sul Corso Ovidio ed in seguito murato». Ad ogni buon conto i titolari di un rinomato ristorante citta- dino, alloggiato nel palazzo, con una lettera del 6 febbraio 1934 chiedono al Sindaco «la concessione in fitto di vani eventualmente disponibili nel fabbricato Comunale ex Collegio Ovidio» in quanto «il fabbricato Tironi (…) dove è sito il Ri- storante ITALIA, dovrà essere demolito, per il grandioso pro- getto del piano regolatore»3.

Quanto previsto nel Piano del ’33 viene però sottoposto ad una parziale revisione causata sia dalle violente polemiche scatenatesi sulla stampa, quanto dal parere negativo della Commissione Urbanistica Centrale presieduta da Gustavo Giovannoni che, in data 2 maggio 1935, giudica inopportuno «l’allargamento continuo di Corso Ovidio, sia per ragioni del mirabile carattere monumentale della città che su quella Via si accentua e che verrebbe inevitabilmente alterato; sia per quella della viabilità»4.

Nel gennaio seguente tali osservazioni vengono fatte proprie dal Consiglio Superiore della Antichità e Belle Arti, secondo il quale il progetto di Pietro Aschieri non risponde ai criteri di rispetto dei monumenti, mentre le sistemazioni proposte non risultano motivate da ragioni di ordine «pratico moderno» in grado di giustificare le alterazioni del tessuto esistente5.

A questo punto Aschieri accetta di rivedere il progetto secondo le direttive di Giovannoni e, associatosi con l’arch. Paolo Rossi de’ Paoli, suo feroce oppositore dalle pagine di “Pro- prietà edilizia italiana”, redige una nuova soluzione che, con- segnata il 25 settembre 1937, viene definitivamente appro- vato con il RD del 22 febbraio 1940.

Per quanto riguarda gli interventi di trasformazione del «nucleo centrale», la variante Aschieri-Rossi de’ Paoli limita gli interventi di demolizione e ricostruzione alla parte settentrionale del Corso Ovidio, dal piazzale Vittorio Emanuele sino alla piazza XX Settembre. Nella restante parte del tragitto viene eliminata la realizzazione del portico da via Mazara sino alla chiesa di S. Francesco della Scarpa, mentre resta confermata la “libe-

razione” dalle sovrastrutture dell’abside della chiesa e del- l’acquedotto svevo prospiciente la piazza Garibaldi. Delle opere previste dal piano concepito in epoca fascista gran parte verrà eseguita dalla Sulmona democratica, che attuerà alcuni interventi oggi difficilmente accettabili sotto il profilo della conservazione dell’ambiente costruito, esito di una faticosa mediazione che li priverà anche della coerenza su cui basava la visione urbanistica di Pietro Aschieri6. L’attuazione del Piano

era una delle priorità avvertite dalla Sulmona del Dopoguerra; come scrive Raffaele Russo, in occasione della visita del Pre- sidente della Repubblica Enrico De Nicola, svoltasi il 22 no- vembre 1946, vengono avanzate cinque richieste, tra le quali «la realizzazione del progetto del Piano Regolatore redatto dall’architetto Aschieri, avversato e bocciato dal fascismo, che darà a Sulmona quel decoro che le compete»7.

Le previsioni di Aschieri contenute nella «variante (…) relativa al tratto del Corso Ovidio compreso tra il Viale Umberto I e

la Piazza dell’Annunziata», vengono però osservate dal parere che il Ministro dell’Educazione Nazionale rilascia nell’ottobre 1941. Ad esempio Bottai giudica negativamente la «lar- ghezza progettata», eccessiva «perché viene a disperdere e ad annullare il caratteristico e necessario ambiente urbanistico della piazza antistante agli importanti edifici monumentali dell’Ospedale e della Chiesa dell’Annunziata». Il Ministro, in accordo con la «movimentata planimetria» degli altri fab- bricati, ritiene invece necessario «che la fronte dei nuovi edifici» (cui era imposto di non avere «più di due piani oltre il terreno»), debba essere disposta in pianta «secondo una linea curva o spezzata che si distanzi dai prospetti degli edifici opposti metri 10,40». In accordo con Aschieri, previo «ac- curato studio architettonico per la sistemazione della fronte», verrà invece parzialmente demolita ed arretrata la chiesa della Trinità «per eliminare i vicoli ciechi esistenti nell’isolato compreso tra le Vie Marco Barbato ed Ercole Ciofano8.

P. Aschieri – P. Rossi de’ Paoli, Piano Regolatore del Nucleo Centrale di Sulmona, particolare di piazza del Carmine (1937).

Quanto attuato del Piano regolatore nel tratto nord di Corso Ovidio, viene sinteticamente descritto in un articolo pubblicato sulla pagina regionale di “Momento-sera” del 3 luglio 1949:

«Difficoltà diverse non permisero che la nobile ed alta fatica dell’illustre Arch. Aschieri trovasse immediata attua- zione ed il progetto (…) trovò finalmente nel 1942 un pic- cone che, nel demolire i primi fabbricati del Corso, ne iniziò la realizzazione. Purtroppo gli eventi a tutti noti arrestarono l’opera già iniziata e solo a guerra terminata, grazie al- l’Istituto Case Popolari, sorse, nella parte centrale dell’area edificabile, un palazzo con portici che venne ad imporre così la costruzione del porticato su tutto il tratto che dal Viale Roosevelt giunge a Piazza dell’Annunziata. Terminata questa prima costruzione l’Istituto Case Popolari avendo ottenuta dal Comune un’altra area gratuita, chiese di poter continuare la costruzione fino a Piazza della An- nunziata ed in tal senso iniziò trattative con il Comune stesso per superare gli ostacoli che l’arretramento della Chiesa della Trinità e la demolizione del Palazzo Ricottilli avrebbe creato. Le trattative per quello che concerne la Chiesa della Trinità si sono trascinate per circa due anni e sono fallite per motivi che si riferiscono alla mancata de- molizione del Palazzo Ricottilli. Secondo il Piano regolatore questo fabbricato avrebbe dovuto essere demolito per una profondità di soli tre metri poiché, a suo tempo, non era stata prevista la costruzione del porticato. Avrebbe dovuto a questo punto chi di dovere chiedere immediatamente una variante al piano regolatore, (…). Invece la variante per circa due anni non è stata chiesta e gli ostacoli (…) sono divenuti nel frattempo molto grossi, tanto che l’Istituto delle Case Popolari è stato costretto ad impiegare per altri lavori i fondi destinati alla costruzione del fabbricato tra la Trinità e la Piazza dell’Annunziata. (…) Ed ora passiamo alla seconda parte della richiesta di modifica del piano re- golatore. Essa investe l’area ove dovrà sorgere il Palazzo Marcone e noi (…) abbiamo già scritto abbondantemente sulla questione, sostenendo il principio, sancito dallo stesso piano regolatore, di doversi detto fabbricato ricostruire in

allineamento con quello Di Bartolomeo»9.

Questa la vicenda che ora andremo ad analizzare in ogni singolo episodio.

3.2. La trasformazione del tratto settentrionale: il