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L’“ADDIZIONALE” SULLE IMPRESE OPERANTI NEI SETTORI PETROLIFERO, DEL GAS E DELL’ENERGIA ELETTRICA

1. Premessa: il contesto storico-economico di riferimento

2.1.1.3. Area oggettiva di operatività

Coerentemente con le finalità sottese all’introduzione della sovraimposizione de qua, (l’ultima parte de) il comma 16 in esame definisce l’ambito oggettivo di applicazione dell’addizionale, ovverosia i settori economici passibili dell’aggravio fiscale.

Come anticipato, l’espletamento di attività d’impresa in questi settori integra una delle due condizioni – i.e. il parametro qualitativo – alla cui concorrente sussistenza è subordinata l’attivazione del sovraccarico d’imposta.

Più nel dettaglio, sono esposti al nuovo tributo «i soggetti che operano nei settori di seguito indicati:

a) ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi;

b) raffinazione petrolio, produzione o commercializzazione di benzine, petroli, gasoli per usi vari, oli lubrificanti e residuati, gas di petrolio liquefatto e gas naturale;

c) produzione o commercializzazione di energia elettrica».

(41) Concorde sul punto, P. PETRANGELI, L’addizionale IRES dovuta dalle società dei settori petrolifero, del gas e dell’energia elettrica, cit., 2968, secondo cui, diversamente, sarebbe stato più razionale effettuare la verifica dei ricavi considerando quelli prodotti nello stesso anno per il quale è eventualmente dovuta l’addizionale.

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Dal riportato enunciato normativo, è intuibile ictu oculi come il prelievo supplementare riguardi l’intera filiera dei mercati energetici di riferimento, dalla fase cosiddetta di “upstream” a quella cosiddetta di “downstream”.

Come noto, per upstream si intende il processo di esplorazione e di produzione di idrocarburi. In particolare, il relativo processo operativo si articola generalmente in quattro fasi (ciascuna con i suoi oneri caratteristici): 1) acquisizione dei titoli minerari/diritti di sfruttamento; 2) esplorazione (ricerca geologica e sismologica, perforazioni); 3) sviluppo (allestimento dei siti estrattivi di riserve provate); 4) produzione (estrazione a fini di commercializzazione).

Il downstream è, invece, la specifica fase di trasformazione degli idrocarburi in prodotti richiesti dal mercato e nasce dalla necessità di raffinare le risorse energetiche estratte per produrre carburanti. Più in generale, il downstream suole riferirsi comunemente a tutta la parte della lavorazione delle predette risorse successiva alla loro estrazione e separazione primaria, e quindi, in sostanza, dalla raffinazione alla distribuzione finale al consumo dei prodotti derivati.

Nello specifico, la lettera a) si riferisce a quello che si è tecnicamente individuato come l’upstream, che notoriamente costituisce, al contempo, la più rischiosa ma anche la più redditizia attività legata al mondo degli idrocarburi (42).

Riferendosi allo stato fisico (nelle condizioni di pressione e di

temperatura ambientali) di questi ultimi, la norma attribuisce rilevanza alle

categorie di idrocarburi “liquidi” e “gassosi”. A titolo meramente esemplificativo, appartengono alla prima il petrolio (grezzo), il benzene, l’esano, l’ottano; rientrano, invece, nella seconda il metano, l’etano, il propano, il butano.

Con riferimento alla lettera b), che attiene alla fase di downstrem, si osserva poi che essa contempla, con buona evidenza, i segmenti di mercato (connessi

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alla produzione ed alla commercializzazione dei prodotti ricavati dal petrolio) maggiormente rappresentativi in termini di volumi d’affari generati.

Relativamente alla lettera c), vale osservare che la maggior parte delle tecniche di produzione di elettricità siano basate sull’uso di vapore in pressione, per cui dell’acqua pressurizzata viene scaldata a temperature molto elevate (talvolta anche oltre 600°) grazie all’utilizzo di una fonte di energia primaria; il vapore surriscaldato espande in una turbina a sua volta collegata ad un alternatore. Invero, solo il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico, il turbogas e poche centrali nucleari si discostano da questa modalità. In generale, per ottenere energia elettrica si usano, comunemente, le seguenti fonti di energia primaria: combustibili fossili (idrocarburi e carbon fossile), combustibili rinnovabili (biogas, biomassa, RSU o scarti di legname), nucleare, solare, eolica, idrica (idroelettrica, maree, moto ondoso, a “osmosi”), geotermica.

Ciò posto, occorre notare come, sebbene nel settore (della produzione e della commercializzazione) dell’energia elettrica sia meno evidente il rapporto fra incremento dei costi delle materie prime e prezzi di vendita dell’energia stessa, la maggior parte della produzione della risorsa energetica elettrica in Italia sia tuttavia ancora legata allo sfruttamento di fonti di energia non rinnovabile (segnatamente gas naturale e prodotti petroliferi) (43).

Appare utile rilevare che, come nitidamente desumibile dalla lettura del dato testuale, la definizione legislativa del comparto energetico inciso dal prelievo incrementale prescinde dal ruolo esplicito e dalla natura (pubblica o privata) degli operatori economici gravati, con il conseguente inasprimento fiscale al mero verificarsi delle condizioni soggettive e qualitative di legge senza indulgere ad ulteriori approfondimenti circa l’orbitazione dei soggetti sottoposti al sovraccarico nella sfera pubblica o privata. In altri termini, non assume alcun rilievo ai fini in esame la caratterizzante peculiarità del

(43) In dettaglio, in base alle indagini statistiche elaborate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas su dati GRTN/TERNA, per il 2010, il peso delle fonti non rinnovabili è stato pari a quasi il 75 per cento sulla produzione lorda di energia elettrica. Per ulteriori dettagli, si rinvia alle informazioni pubblicate sul sito internet dell’Autorità www.autorità.energia.it.

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configurarsi degli attori economici quali soggetti riconducibili all’ambito pubblico-istituzionale (si pensi, ad esempio, alle grandi imprese a partecipazione statale o alla moltitudine di utility possedute dagli enti locali).

Una ulteriore notazione, di carattere squisitamente formalistico, merita la circostanza che la descrizione normativa dei settori incisi dal nuovo tributo, pur se di formulazione chiara ed aliena dall’ingenerare criticità esegetiche, adotta una terminologia (più sintetica) non corrispondente precisamente alla tassonomia settoriale delle attività economiche contenuta nella classificazione Ateco (2007) (44). Non dovrebbe, comunque, risultare particolarmente disagevole per gli operatori economici, alla luce sia della dato normativo positivo sia delle istruzioni amministrative esplicative, valutare la propria gravitazione dentro i confini oggettivi di funzionamento dell’addizionale.

Ad ogni modo, a fornire preziosi chiarimenti in proposito è intervenuta l’amministrazione finanziaria (45), la quale, in primo luogo, ha ritenuto che soddisfino il presupposto oggettivo di applicazione dell’addizionale tutti i soggetti economici operanti nel commercio all’ingrosso o al dettaglio di prodotti petroliferi, con ciò confermando la soggezione al tributo in qualsiasi stadio della filiera.

Addentrandosi nell’esegesi della disposizione, la medesima amministrazione ha, inoltre, espresso il convincimento secondo cui con

(44) Ateco, acronimo che sta per Attività Economiche, è una tipologia di classificazione adottata dall’Istituto Nazionale di Statistica italiano (Istat) per le rilevazioni statistiche nazionali di carattere economico. Come si apprende sul sito internet ufficiale dell’Istituto, essa rappresenta la versione nazionale della Nomenclatura delle Attività Economiche (NACE Rev.2) creata dall’Eurostat e pubblicata sull’Official Journal il 20 dicembre 2006 (Regolamento (CE) n. 1893/2006 del PE e del Consiglio del 20/12/2006), adattata dall’Istat alle caratteristiche specifiche del sistema economico italiano. Attualmente è in uso la versione Ateco 2007, entrata in vigore dal 1º gennaio 2008 (che sostituisce la precedente ATECO 2002, adottata nel 2002 ad aggiornamento della ATECO 1991). Si tratta di una classificazione alfa-numerica con vari gradi di dettaglio: le lettere indicano il macro-settore di attività economica, mentre i numeri (che vanno da due fino a sei cifre) rappresentano, con diversi gradi di specificazione, le articolazioni e le disaggregazioni dei settori stessi. Le varie attività economiche sono raggruppate, dal generale al particolare, in sezioni (codifica: 1 lettera), divisioni (2 cifre), gruppi (3 cifre), classi (4 cifre), categorie (5 cifre) e sotto categorie (6 cifre). Tale classificazione è valida dal 2008 anche per le comunicazioni e le dichiarazioni all’Agenzia delle entrate (in sostituzione della precedente Atecofin 2004).

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l’espressione legislativa «produzione o commercializzazione di (…) oli lubrificanti e residuati», indicata all’anzidetta lettera b) del comma 16, il legislatore abbia inteso riferirsi agli operatori che producono o commercializzano oli lubrificanti e residui di oli lubrificanti, quali gli oli rigenerati. Si tratta di una scelta interpretativa che trova avallo nella nomenclatura adottata per tale attività in materia di Tariffa doganale d’uso integrata (Taric) (46).

Sempre muovendo i passi dall’analisi della formulazione letterale della norma, a fronte della potenziale incertezza circa l’astratta assoggettabilità all’aggravio di prelievo dei soggetti operanti nell’“indotto” dell’industria tassata, ancora l’amministrazione finanziaria ha, da ultimo, opportunamente precisato come non devono annoverarsi tra i soggetti economici sottoposti al nuovo tributo quelli che svolgono esclusivamente attività “ausiliarie” a quelle indicate nella citata lettera b), evocando, all’uopo, il caso delle attività di stoccaggio e trasporto, nonché dell’attività (anch’essa da reputare ausiliare) di rigassificazione del gas naturale, consistente nella trasformazione del gas naturale dallo stato liquido (utile ai fini del relativo trasporto mediante cisterne) a quello gassoso.

(46) Cfr. nota 3 al capitolo 27 (rubricato «Combustibili minerali, oli minerali e prodotti della loro distillazione; sostanze bituminose; cere minerali») della Taric, a mente della quale: «ai sensi della voce 2710, per «residui di oli» si intendono i residui contenenti principalmente oli di petrolio e oli di minerali bituminosi (definiti nella nota 2 del presente capitolo), anche miscelati con acqua. Nella presente voce rientrano: a) gli oli inadatti al loro uso iniziale (per esempio: oli lubrificanti usati, oli idraulici usati, oli per trasformatori usati); b) i fanghi di oli provenienti dai serbatoi di oli di petrolio, contenenti principalmente oli di tale tipo e una forte concentrazione di additivi (per esempio prodotti chimici) utilizzati nella fabbricazione di prodotti primari; c) gli oli sotto forma di emulsioni acquose o di miscele acquose, come quelle risultanti dal traboccamento di cisterne e serbatoi, dal lavaggio di cisterne o serbatoi di stoccaggio o dall’utilizzazione di oli da taglio per la lavorazione meccanica». Tale spunto viene colto limpidamente da F. BONTEMPO, L’Agenzia delle entrate chiarisce le modalità di applicazione dell’addizionale IRES «Robin tax», in Corr. trib., n. 32/2010, 2624, sp. note 10 e 11, il quale sottolinea la plausibilità che il riferimento alle attività indicate nella più volte menzionata lettera b) sia solo esemplificativo e non tassativo, desumendo da ciò la conferma circa l’esclusione dall’ambito di applicazione dell’addizionale di tutti i soggetti che svolgono attività ausiliarie a quelle indicate al comma 16.

155 2.1.2. Efficacia temporale del tributo.

Il comma 17 si preoccupa di dettare una specifica norma sulla efficacia nel

tempo dell’addizionale, avuto riguardo al carattere di necessità, urgenza e

straordinarietà degli eventi.

In proposito, si provvede previa la statuizione di una – sempre più abusata – disposizione di deroga alla disciplina ordinaria: vale a dire quella contemplata all’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. “Statuto dei diritti del contribuente”), rubricato «Efficacia temporale delle norme tributarie», il cui comma primo sancisce che, salvo le norme di interpretazione autentica, «le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo» e che, in aggiunta, «Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono» (47).

Ciò premesso, la norma sulla decorrenza degli effetti vera e propria stabilisce che l’obbligatorietà dell’addizionale scatta «a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto [istitutivo]».

Posto che il decreto-legge n. 112 in rassegna è stato pubblicato nel Supplemento Ordinario n. 152 alla Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2008, e che la sua decorrenza è stata fissata nello stesso giorno di pubblicazione, ne consegue che, nelle ipotesi di soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, il nuovo prelievo sia applicabile a partire dall’annualità impositiva 2008 (48).

Ma da siffatta formulazione lessicale si desume(va) altresì una criticità operativa con riferimento ai contribuenti aventi un periodo d’imposta a cavallo

(47) Per un esame approfondito del testo statutario, cfr. A.FANTOZZI -A.FEDELE (a cura di), Statuto dei diritti del contribuente, Milano, 2005, e, più di recente, G.MARONGIU, Lo Statuto dei diritti del contribuente, II ed., Torino, 2010.

(48) A tal uopo, il modello di dichiarazione dei redditi relativo a detto periodo d’imposta (cfr. “Unico 2009 – SC”) è stato arricchito con la previsione di apposite colonne, segnatamente la colonna 3 e la colonna 4 del rigo RN8, da destinare alla indicazione, rispettivamente, dell’importo corrispondente al reddito da assoggettare all’incremento del 5,5 per cento e della relativa imposta addizionale.

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di fine anno, e più segnatamente in corso al 31 dicembre 2007. Per costoro, invero, ipotizzato un esercizio sociale “1° settembre-31agosto”, dalla decorrenza fissata dalla norma originaria, ossia il 25 giugno 2008, deriva(va) che il prelievo aggiuntivo trova(va) applicazione anche per il periodo d’imposta “1° settembre 2007-31agosto 2008” (49), vale a dire addirittura in relazione all’anno precedente a quello di approvazione del decreto. Si darà conto in appresso, tuttavia, come l’eventualità di una tale paradossale situazione sia stata sapientemente scongiurata dallo stesso legislatore durante l’iter di conversione in legge del decreto.

Giova anticipare appena, in questa sede, riservandosi di rimandare agli approfondimenti (critici) sull’argomento svolti infra nel testo al par. 8.2., la constatazione che trattasi evidentemente di una norma tributaria con efficacia di retroazione temporale.