L’“ADDIZIONALE” SULLE IMPRESE OPERANTI NEI SETTORI PETROLIFERO, DEL GAS E DELL’ENERGIA ELETTRICA
1. Premessa: il contesto storico-economico di riferimento
2.3. La modifica legislativa del 2009: la legge n. 99
2.3.1. Incremento del prelievo
Nel corpus dell’art. 56, rubricato «Editoria», la legge n. 99 ha inserito un comma, il terzo, attraverso cui ha disposto una rimodulazione della grandezza del prelievo, innalzando strutturalmente l’aliquota d’imposta (dai previgenti 5,5) ai «6,5 punti percentuali».
Dalla lettura del secondo comma di tale disposizione, a mente del quale «All’onere derivante dal comma 1 (95), pari a euro 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010, si provvede mediante quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di cui ai commi 3 e 4», si indovina limpidamente la finalità contingente sottesa all’inasprimento d’aliquota, vale a dire il reperire risorse da destinare alla copertura finanziaria di talune misure in tema di contributi all’editoria.
L’inasprimento dell’addizionale alla misura complessiva del 6,5 per cento porta il prelievo complessivo ai fini dell’Ires (ordinaria più addizionale) in capo agli operatori dei settori energetici interessati dal nuovo tributo all’aliquota totale pari al “34 per cento” (derivante dalla somma tra la percentuale ordinaria del 27,5% e quella addizionale, incrementata, del 6,5%).
Tale aumento complessivo e strutturale del prelievo agli effetti dell’imposta societaria, come si è già avuto modo di segnalare in sede di commento della norma di istituzione medesima dell’addizionale del 2008, oltre
(95) Il quale recita: «Il regolamento di delegificazione previsto dal comma 1 dell’articolo 44 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, entra in vigore, relativamente ai contributi previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 250, a decorrere dal bilancio di esercizio delle imprese beneficiarie successivo a quello in corso alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del regolamento stesso». Per compiutezza, si tratta del regolamento approvato con d.p.r. 25 novembre 2010, n. 223, recante «Semplificazione e riordino dell’erogazione dei contributi all’editoria».
190
al problematica tecnico-legislativa circa l’opportunità di innestare la previsione di tale incremento d’aliquota dell’Ires nella sedes materiae propria, ossia l’art. 77 del Tuir, rilancia l’ulteriore questione del mancato coordinamento normativo con le disposizioni sul trattamento tributario, nell’ambito dell’Irpef, dei dividendi e delle plusvalenze relativi alle partecipazioni “qualificate” (possedute da persone fisiche, imprese individuali e società personali) proprio nelle società oggetto di sovraimposizione. Invero, l’avvenuto incremento della tassazione complessiva dell’Ires al 34 per cento rende anacronistica – nuovamente – la quantificazione dell’attuale misura del 49,72 per cento della quota imponibile di detti componenti positivi di reddito, con conseguente aggravio di onere fiscale in capo ai contribuenti assoggettati all’Irpef derivante dal maggior prelievo sofferto cumulativamente (per Ires e per Irpef) su tali componenti reddituali, rispetto alle altre imprese.
Nondimeno, come già precedentemente rilevato, non appare affatto peregrino immaginare che l’indifferenza normativa sul punto sia sintomo del prefissato proposito di mirare ad una logica impositiva espansiva, che sottende una tassazione addizionale omnicomprensiva dei profitti congiunturali del settore energetico, non limitatamente in sede di loro produzione (presso le singole società realizzatrici di questi), bensì anche al momento della relativa distribuzione o circolazione (presso i soci beneficiari ultimi degli stessi guadagni).
Una notazione particolare merita la decorrenza temporale di tale incremento impositivo. Al riguardo, va osservato che, mentre la disciplina originaria del nuovo tributo – con aliquota al 5,5 per cento – prevedeva, in deroga espressa al principio di irretroattività ex art. 3 dello Statuto del contribuente (96), l’applicazione dell’addizionale a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 (e, cioè, per i soggetti con periodo
(96) In virtù del quale, si rammenta, salvo per le norme di interpretazione autentica, «le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono».
191
d’imposta coincidente con l’anno solare, dal periodo d’imposta 2008), diversamente, la disposizione di cui al comma 3 in questione non ha previsto né alcuna deroga alla citata norma statutaria né altra statuizione specifica in merito alla decorrenza stessa degli effetti dell’innalzamento della misura dell’aliquota.
Da tale trama normativa, la medesima amministrazione finanziaria ha ricavato la tesi secondo cui, «anche in linea con valutazioni di gettito effettuate in occasione dell’emanazione delle citate disposizioni, [debba ritenersi] che la nuova aliquota del 6,5 per cento trovi applicazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 15 agosto 2009 (cioè, per i contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, dal 2010). In altri termini, la deroga all’art. 3, comma 1, dello statuto del contribuente prevista dall’art. 81, comma 17, del decreto legge n. 112 del 2008, esplica efficacia solo in relazione al contenuto della norma originaria da esso richiamato – che prevedeva un’aliquota del 5,5 per cento – e non può estendersi automaticamente anche alle modifiche intervenute successivamente» (97).
Con tale soluzione interpretativa si celebra il revirement sul punto da parte dell’amministrazione finanziaria, attesa la smentita che con essa si consuma delle opposte indicazioni fornite in sede di modello di dichiarazione “UNICO 2010 – SC” e relative istruzioni compilative, che postulavano, invece, l’applicazione della nuova aliquota del 6,5 per cento già in relazione al periodo d’imposta 2009 (98).
(97) Così la circ. n. 35/E, cit., par. 2.
(98) Tali istruzioni chiariscono, infatti, che nella colonna 9 del rigo RQ50 va indicata «l’imposta dovuta ai sensi del comma 16 dell’art. 81 del decreto legge n. 112 del 2008, come modificato dall’art. 56, comma 3, della legge 23 luglio 2009, n. 99, pari al 6,5 per cento dell’importo della colonna 8». Tuttavia, secondo quanto si legge nel Report “Analisi dei dati Ires (Anno d’imposta 2009)”, pubblicato dal Dipartimento delle Finanze, nella sezione Statistiche fiscali - Analisi statistiche del sito internet istituzionale (www.finanze.gov.it), «Nel caso di un avvenuto versamento all’aliquota del 6,5 % da parte di un soggetto con periodo d’imposta in corso al 15 agosto 2009, questo potrà evidenziare nel modello Unico 2010 un’eccedenza di versamento da utilizzare in compensazione o a riduzione del versamento dell’acconto. Dall’analisi dei dati emerge che solo pochi soggetti si sono trovati nella condizione di dovere utilizzare l’aliquota del 6,5%».
192
Non è inutile sottolineare che l’esposto orientamento amministrativo sembra recepire l’opinione in merito dell’Assonime (99), che ha peraltro aggiunto la constatazione in base alla quale, nel caso di specie, proprio la circostanza che la predetta deroga al principio di irretroattività della norma tributaria non sia stata replicata in occasione dell’aumento dell’aliquota, dovrebbe rendere evidente che il legislatore non abbia inteso attribuire a tale incremento efficacia di retroazione.
D’altro canto, la stessa Associazione esclude che possa deporre in senso contrario la modalità mediante cui è stato introdotto l’aumento dell’aliquota in esame, e cioè attraverso la modifica della norma che ha istituito l’addizionale (con l’aliquota del 5,5 per cento), la quale – come visto – prevedeva già al suo interno la deroga al predetto principio di irretroattività. Ciò in quanto dallo Statuto del contribuente si evincerebbe che, tanto nella predetta ipotesi – in cui la modifica viene inserita nel testo della norma preesistente – quanto nel caso in cui la modifica ad una norma già esistente venga introdotta attraverso una previsione autonoma ed esterna, la deroga alla previsione statutaria deve risultare espressamente dalla fonte legislativa che introduce la modifica, la qual cosa a tutela della certezza del rapporto tributario e della buona fede.
Del resto, tale Associazione nega che possa assumere rilevanza dirimente la condizione che il gettito derivante dall’innalzamento d’aliquota sia destinato ad assicurare la copertura finanziaria delle coeve misure di sostegno in favore del settore dell’editoria, introdotte con il medesimo provvedimento, che spiegano efficacia a decorrere dal 2009. In questa prospettiva, potrebbe semmai porsi un eventuale problema di copertura finanziaria del predetto intervento di sostegno (100), ma non può da ciò dedursi che la disposizione tributaria tesa ad
(99) Espressa – in nuce – prima nella circolare n. 47 del 23 novembre 2009, e poi ribadita – più dettagliatamente – nella circolare n. 20 del 15 giungo 2010, par. 2.2.1, 22-23.
(100) Che, d’altronde, ai sensi del comma 2 dell’art. 56 in commento, è garantita altresì con ulteriori entrate erariali ascrivibili ad altra disposizione – ex comma 4, in materia di agevolazioni postali per la spedizione di prodotti editoriali (in base a cui il costo unitario delle spedizioni, al quale si rapporta il rimborso in favore della società Poste italiane S.p.A., è pari alla tariffa più conveniente praticata alla propria clientela dalla suddetta società) – recata nel medesimo articolo.
193
assicurare la copertura finanziaria abbia automaticamente, per questo solo fatto, efficacia di retroazione pur in assenza di un’espressa previsione in tal senso.
Sebbene appaiano condivisibili gli esiti finali delle illustrate argomentazioni, non possono tuttavia sottacersi alcune osservazioni.
In primo luogo, si è dell’avviso che l’intento di non attribuire efficacia di retroazione non traspaia tanto dall’assenza di replica nella disposizione del 2009 della deroga espressa all’art. 3 dello Statuto del contribuente, quanto piuttosto dalla mancanza tout court di una previsione in merito alla decorrenza temporale della medesima disposizione, sintomo della volontà di ossequio delle regole generali.
D’altra parte, la volontà di imporre un effetto retroagente ad una norma tributaria non sarebbe necessariamente subordinata alla previsione di una siffatta deroga espressa, bastando all’uopo l’indicazione della decorrenza (retrodatata) ricercata: invero, posto che la norma statutaria assume – nell’attuale configurazione tecnico-legislativa – il medesimo rango, nella gerarchia delle fonti del diritto, della legge ordinaria, con quest’ultima ben può derogarsi alla prima anche in via implicita (i.e. non espressa) per effetto del criterio cronologico di soluzione delle antinomie legislative (espresso dal brocardo “lex posterior derogat legi priori”). In altre parole, delle due l’una: o il testo statutario ha una posizione di supremazia rispetto alla legge ordinaria, e quindi nessuna deroga, né espressa né implicita, può operarsi con quest’ultima essendo subalterna (in aderenza al criterio gerarchico compendiato nell’adagio “lex superior derogat lex inferiori”); oppure lo stesso Statuto ha valenza di legge ordinaria, e allora quest’ultima, se successiva, può derogarlo anche senza necessità di dichiararlo espressamente.
Sicché, nel caso di specie, varrebbe ad escludere l’effetto di retroagente, non già l’omissione di una norma di deroga espressa alla summenzionata disposizione statutaria, bensì la mancata indicazione di una specifica (e
194
differente rispetto ai principi validi in via generale) decorrenza temporale dell’introducenda norma di aumento dell’aliquota.
In secondo luogo, va considerato come perlomeno contraddittorio, oltre che curioso, si riveli il fatto che, da un canto, si puntelli il convincimento amministrativo – in ordine alla decorrenza dell’aumento dal 2010 – sulle intenzioni del legislatore desumibili dalle stime di gettito dell’addizionale e, dall’altro canto, si disconosca l’efficacia esplicativo-autentica, circa le medesime intenzioni legislative, della norma positiva – presupponente invece la stessa decorrenza già dal 2009 – sulla destinazione finanziaria del relativo gettito erariale.
Ad onor di scienza, non è inutile rimarcare come desti qualche perplessità la genericità dello stesso richiamo amministrativo al presunto allineamento della affermata soluzione interpretativa «con valutazioni di gettito effettuate in occasione dell’emanazione delle citate disposizioni» (e non solo perché si asserisce una riferibilità di tali stime a periodi d’imposta diversi da quelli individuati dalla disposizione sulla copertura finanziaria).
Infatti, va avvisato, in proposito, che – come lamentato in sede di lavori parlamentari (101) – la norma recante l’incremento de quo, introdotta nel corso dell’esame al Senato, non era corredata di alcuna relazione tecnica, di talché si erano formulati rilievi circa:
a) la necessità di fornire adeguati «elementi di quantificazione (…) in ordine agli effetti derivanti dall’aumento di un punto percentuale dell’aliquota dell’addizionale all’imposta sul reddito delle società (IRES) a carico delle imprese petrolifere, alla luce degli ultimi dati disponibili in merito alla redditività delle imprese interessate»;
b) l’opportunità «che il Governo fornisca una stima delle maggiori entrate conseguenti alle modifiche apportate all’articolo 81, comma 16, del decreto-legge n. 112 del 2008», «al fine di verificare l’idoneità della copertura finanziaria indicata».
195
Le deficienze censurate sono state successivamente colmate.
Del resto, una eco di tale integrazione è ravvisabile, aliunde, in altri testi e documenti parlamentari disponibili alla pubblica consultazione. Si allude, in particolare, alla documentazione di corredo al Documento di Economia e Finanza 2011 (102).
Ebbene, da questa documentazione – che richiama pedissequamente la relazione tecnica alla disposizione in commento – si ricava una indicazione in senso antitetico alle conclusioni cui giunge l’amministrazione finanziaria. Invero, ai fini della ricostruzione – per gli anni 2011 e seguenti – del gettito ascrivibile alla misura de qua in base ai dati desumibili dai modelli di versamento F24 aggiornati, nella citata documentazione finanziaria si sottolinea che la relazione tecnica originaria in sede di incremento dell’addizionale dal 5,5 al 6,5 per cento, ipotizzando l’invarianza della base imponibile, aveva stimato un maggior gettito di competenza per l’anno di imposta 2009 (e successivi) pari a 122 milioni di euro; conseguentemente, posto che – in assenza di acconto nel 2009 – il versamento avviene tutto nell’anno successivo, l’andamento di cassa per
l’anno 2010 (e seguenti) era quantificato nella stessa relazione in 244 milioni di
euro (che comprende il versamento dell’intero saldo di competenza del 2009 e degli acconti dello stesso 2010) (103).
(102) Cfr. Senato, Doc. LVII n. 4, Allegati I e II, del 13 aprile 2011, 91.
(103) Più compiutamente, il menzionato Doc. LVII n. 4 del Senato così si esprime: «La relazione tecnica originaria in sede di incremento dell’addizionale IRES dal 5,5% al 6,5% aveva stimato l’effetto in base ai dati F24 aggiornati a metà settembre 2009. Il gettito relativo al saldo 2008, versato secondo le stesse scadenze previste per il saldo IRES ordinario (giugno/luglio 2009, per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare) era stato pari a circa 671 milioni di euro. Tale importo costituiva l’intera imposta di competenza annua 2008, non essendo stato previsto, per tale esercizio, alcun versamento a titolo di acconto. Ipotizzando anche per l’anno di imposta 2009 e successivi una base imponibile analoga (così come operato in sede di RT originaria alla introduzione dell’addizionale del settore energetico) il maggior gettito annuo conseguente all’incremento di un punto percentuale (dal 5,5% al 6,5%) era stimato in circa 671/5,5% = 122 milioni di euro di competenza. L’andamento di cassa indicato nella relazione tecnica originaria era pari a 244 milioni di euro. In base ai dati F24 aggiornati è possibile ricostruire la competenza 2009 che risulta pari a 678 milioni di euro; l’incremento di un punto percentuale dell’addizionale energetica ha prodotto un incremento di gettito pari a 104 milioni di euro (678/6,5). Utilizzando la stessa metodologia indicata in sede di relazione tecnica si può stimare un effetto di cassa per l’anno 2010 di 208 milioni di euro con una differenza negativa di cassa pari a -36 milioni di euro».