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Le aree sensibili alla desertificazione nel nostro Paese sono caratterizzate prevalentemente dalla presenza di ecosistemi con scarsa produttività biologica, scarsità di risorse idriche e presenza di suoli fragili.

Anche in considerazione della priorità attribuita dalla UNCCD a questi temi il monitoraggio e gli indicatori di desertificazione hanno sempre avuto un ruolo di rilievo nell’agenda scientifica della ricerca internazionale. APAT (oggi ISPRA) è stata tra i primi a pubblicare approcci e metodologie per la definizione di indicatori di desertificazione (Enne e Zucca, 2000), contribuendo all’approfondimento internazionale ed allo sviluppo dello studio degli indicatori di desertificazione.

Lo stato delle conoscenze sulla desertificazione ad oggi in Italia può essere considerato ampio ma anche molto frammentato; manca infatti un sistema finalizzato a fornire un quadro coerente che permetta di valutare la situazione attuale e l’evoluzione dei processi di desertificazione in risposta a fattori di pressione naturale ed antropica.

Molti progetti di ricerca hanno sviluppato metodologie e prodotto risultati su aree campione. Il progetto MEDALUS ha messo a punto un sistema di indicatori per la valutazione e la mappatura delle Aree Sensibili, definite come Environmentally Sensitive Areas - ESA’s (Kosmas et al., 1999) che è ancora oggi alla base di molte analisi di sensibilità34 e viene applicato, con vari adattamenti e a varie scale spaziali, da singoli bacini idrografici all’intera area PanMediterranea (EEA, 2008). Le mappature delle ESAs a scala nazionale e a scala sub-nazionale, attualmente disponibili per 7 regioni35 e 3 bacini idrografici36, permettono di localizzare e quantificare le aree maggiormente esposte agli impatti dei cambiamenti di tipo climatico ed antropico sullo stato dei suoli e quindi sul loro livello di degrado e di desertificazione.

La valutazione di sensibilità non rappresenta in senso stretto una valutazione di rischio ma piuttosto la valutazione della predisposizione di una specifica area a subire processi di desertificazione, in base all’impiego di indici derivati da cartografie climatiche, pedologiche e di copertura vegetale e di uso del suolo37.

Grazie dunque ai progetti scientifici e a quelli realizzati da Regioni, Autorità di Bacino e altre amministrazioni locali, sono attualmente disponibili alcune valutazioni cartografiche della sensibilità a scala nazionale (1:1.000.000) ed a scala regionale, che variano tra 1:100.000 e 1:250.000, in alcuni casi per alcune aree specifiche a scala 1:50.000.

La prima mappatura nazionale della sensibilità è stata realizzata (Biafore et al., 2002) a supporto del Programma di Azione Nazionale38.

L’Atlante della desertificazione in Italia (Costantini et al., 2007), realizzato tra il 2004 ed il 2006, ha stimato che il 51,8% del territorio italiano è potenzialmente a rischio di degrado, in particolare la totalità di Sicilia, Sardegna, Puglia, Calabria, Basilicata e Campania e parte delle regioni Lazio, Abruzzo, Molise, Toscana, Marche e Umbria. All’interno di quest’area, sulla base di 12 indici di

34 Partendo da questo tipo di approccio, altri progetti nazionali fra cui RIADE, ed internazionali ad ampia scala, come DesertWatch (e altri progetti di ricerca finanziati dall’Unione Europea, fra i quali DesertNet, DesertLinks, DesertAction, DeSurvey, Leddra, ecc.) hanno sviluppato metodi, analisi e valutazioni utili a definire l’evoluzione dei fenomeni di desertificazione, contribuendo allo sviluppo delle competenze scientifiche e producendo anche studi sullo stato della desertificazione in aree specifiche in Italia. 35 Sardegna, Sicilia, Puglia, Campania, Basilicata, Piemonte, Abruzzo.

36 Liri-Garigliano, Foro e Vibrata (Abruzzo).

37L’indice ESA tiene conto delle misure di prevenzione e conservazione già in atto in modo molto limitato, effettuando solo una diagnosi della condizione attuale.

38 L’Italia ha aderito alla UNCCD dal 1995 e dal 1997 al 2007 ha avuto un proprio Comitato Nazionale per la Lotta alla Desertificazione - CNLD, con sede presso il Ministero dell’Ambiente, al quale si deve un sostanziale impulso alla costruzione di un ampio patrimonio conoscitivo. Con tale sottoscrizione e la successiva ratifica, l’Italia si è impegnata ad attuare un Programma di Azione Nazionale (PAN) contenente politiche e misure per contrastare le cause e gli impatti della desertificazione. Il primo PAN è stato elaborato ed approvato nel 1999 con il coinvolgimento di numerose Regioni ed Autorità di Bacino. Negli anni successivi, il CNLD ha stimolato la costituzione di un patrimonio di conoscenze e una rete di esperti.

impatto, è stato stimato che il 21,3% del territorio italiano è già interessato da fenomeni di degrado dei suoli e quindi a rischio di desertificazione39.

La più recente applicazione della metodologia ESA a scala nazionale (Perini et al., 2008), utilizzata per le attività di valutazione dello stato della desertificazione richieste dalla UNCCD nel rapporto sullo stato di attuazione della Convenzione nel 2012 (UNCCD, 2012), fornisce un quadro della situazione italiana basato su dati aggiornati all’anno 2000 (Figura 3.5). Tutte le regioni mostrano aree sensibili ma con gradi d’intensità e con estensione delle aree interessate diverse (Figura 4.5).

Figura 3.5: Percentuale del territorio italiano sensibile alla desertificazione secondo l’indice ESA (Fonte: Perini et al., 2008).

39 In particolare, il 4,3% del territorio italiano avrebbe già caratteristiche di sterilità funzionale, il 4,7% è sensibile a fenomeni di desertificazione, il 12,3% può essere considerato vulnerabile alla desertificazione.

Figura 4.5: Distribuzione delle aree sensibili nelle regioni italiane secondo l’indice ESA (Fonte: Elaborazione ISPRA su dati Perini et al., 2008).

Le regioni con una percentuale di territorio “molto sensibile” superiore al 30% sono sette (Basilicata, Marche, Molise, Sicilia, Sardegna, Puglia, Emilia-Romagna).

Per la valutazione, infine, delle aree “affette40” dalla desertificazione, in risposta alle richieste dalla UNCCD, è stato usato un criterio basato sulla concomitanza di condizioni di ruralità e di superficie “molto sensibile”. Sono stati così selezionati quei comuni rurali41 con una percentuale di territorio “molto sensibile” maggiore del 30% (Figura 4.5). Sulla base di questo criterio, si stima che 64.600 Km2, pari al 21% della superficie nazionale, sono quelli maggiormente esposti ai possibili impatti di processi di degrado e desertificazione42. La valutazione così effettuata costituisce un’approssimazione che richiederà ulteriori verifiche e validazioni. 43

40 Non esiste una definizione che all’interno della UNCCD permetta di individuare le aree affette dalla desertificazione. Nei rapporti alla UNCCD è stato chiesto ai paesi di specificare il criterio e gli indicatori utilizzati per le valutazioni nazionali.

41 Comuni con una densità di popolazione inferiore a 300 abitanti /km2.

42 Le aree “molto sensibili” delle regioni Emilia-Romagna e Marche ricadono in comuni a carattere “urbano” e pertanto non sono state incluse nella categoria delle aree “affette”.

43 Si segnala anche che, utilizzando gli indici e gli indicatori della metodologia ESA, sono state prodotte due mappature della sensibilità alla desertificazione dei paesi del nord Mediterraneo: nel 2002, infatti, il progetto Desertification Information System (DISMED, 2002) della UNCCD, realizzato da CNR-IBIMET e Agenzia Ambientale Europea (European Environmental Agency – EEA), ha pubblicato una mappa, aggiornata poi da EEA nel 2008 (EEA, 2008). I risultati relativi all’Italia non differiscono sostanzialmente da quelli delle altre mappature citate.

Le aree irrigue costiere sensibili alla salinizzazione dei suoli indotta dall’utilizzo irriguo delle acque di falda non sono incluse nella mappa riportata in figura 5.5. L’estensione delle aree potenzialmente interessate dall’utilizzo di acque saline per uso è stata stimata nell’ordine di circa 16.000 km2 (Napoli e Vanino, 2011) ma non esiste attualmente una loro rappresentazione cartografica a scala nazionale. Sono maggiormente sensibili alla salinizzazione le aree irrigue non attrezzate che prelevano acqua da pozzi.

Figura 5.5: Mappa dei comuni rurali “molto sensibili” alla desertificazione (Fonte: Elaborazione ISPRA su dati Perini et al., 2008).

Analisi dei possibili impatti dei cambiamenti climatici sulle aree