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Dato il suo potenziale impatto sulle attività umane che si svolgono nelle aree costiere, la variazione del livello marino è uno dei parametri climatici di più immediato interesse (Bindoff et al., 2007). Il livello del mare dipende da una molteplicità di parametri e la sua variabilità in un certo senso ‘integra’ tutti i cambiamenti interni all’oceano, inclusi gli effetti dei diversi forzanti atmosferici sulla superficie marina. Su scale temporali di interesse climatico (multi-decadali o più lunghe) la variazione del livello marino globale dipende dagli scambi di massa d’acqua tra l’oceano, l’atmosfera e le riserve d’acqua continentali, inclusi i ghiacciai e le distese ghiacciate (Meier et al., 2007), e dall’espansione termica, che influisce direttamente sul volume dell’oceano. A livello regionale, e su scale temporali più brevi, entrano in gioco le variazioni delle condizioni

meteorologiche (soprattutto vento e pressione atmosferica, v. Signell et al., 2005, e Gomis et al., 2012) e le loro conseguenze sulla circolazione oceanica, oltre che effetti legati al movimento verticale del suolo (ad es. subsidenza). Seppure in media tali effetti possano essere ritenuti trascurabili a livello planetario, rivestono ruoli anche notevoli su scale spaziali regionali più ristrette, come appunto il bacino del Mediterraneo, e in particolare in alcune aree ben definite quali le coste adriatiche, per esempio l’area costiera di Ravenna.

Storicamente, la misura del livello marino e delle sue variazioni è stata effettuata per mezzo di stazioni mareografiche disseminate in alcuni punti del pianeta e, solamente a partire dal 1992, per mezzo di altimetri montati su satellite. Ovviamente, la misura da mareografi non solo è sparsa per sua natura, ma è anche relativa al suolo rispetto al quale gli strumenti sono solidali, ed è quindi influenzata da un suo eventuale movimento verticale. Le misure altimetriche da satellite, essendo relative al centro di massa terrestre, non sono influenzate in modo significativo dai movimenti del suolo, ma possono coprire un periodo ancora relativamente breve (circa 15 anni), mentre esistono decine di serie temporali mareografiche per gli ultimi 50-70 anni ed anche valori acquisiti presso stazioni che forniscono dati per più di 200 anni. In questi anni quindi gli scienziati stanno cercando di ottenere le cifre più realistiche sulle variazioni del livello marino globale combinando sia dati mareografici che da satellite (Meyssignac et al., 2011).

Riportiamo nel seguito le stime sull’elevazione del livello marino globale, limitandoci al periodo successivo al picco glaciale di circa 21000 anni fa (per descrizioni su variazioni negli ultimi 150000 anni, v. Yokoyama e Esat, 2011).

Se si considerano le stazioni relative al Mar Mediterraneo aventi dati per più di 80 anni, solo tre sono considerate “stabili”: Marsiglia, Genova e Trieste. Da queste ultime stazioni si stimano aumenti medi del livello marino di 1,2-1,3 mm/anno su 120-130 anni, quindi valori leggermente minori di quelli ottenuti su scala globale (Church e White, 2006). Se consideriamo solo i dati posteriori al 1950, nel Mediterraneo troviamo 40 stazioni utili, di cui 24 con almeno 30 anni di dati; la maggior parte di esse mostra andamenti di crescita compresi tra 0 e 2 mm/anno.

Infine, dal 1992 sono disponibili dati altimetrici satellitari. A fronte del relativamente piccolo intervallo temporale che può essere studiato, tali dati sono utili per esplorare la variabilità spaziale dell’elevazione superficiale dei mari. I dati Topex/Poseidon acquisiti dal 1993 al 1999 hanno mostrato che la superficie del Mediterraneo è cresciuta continuamente con un valore medio pari a circa 5 mm/anno, raggiungendo dei tassi fino a 20 mm/anno a sud di Creta (Meyssignac et al., 2011). Unica eccezione a questo generale ma disomogeneo tasso di crescita è costituita dal Mar Ionio, che negli stessi anni si è abbassato con un tasso di diminuzione pari a circa -10 mm/anno, probabilmente legato all’EMT (Eastern Mediterranean Transient11). I lavori più recenti hanno evidenziato un’inversione di tendenza nel 1999 (Cazenave et al., 2001), tanto che il tasso medio di

11 L’Eastern Mediterranean Transient è un fenomeno climatico dell’ultimo secolo che determina le caratteristiche della circolazione e delle proprietà fisiche delle acque del Mediterraneo.

crescita nell’intero bacino Mediterraneo nel periodo 1992-2005 è ora stimato essere di 2,1 mm/anno (Criado-Aldeanueva et al., 2008).

Conclusioni

Ai fini della Strategia nazionale di adattamento, le conoscenze sulla variabilità del clima passato e presente consistono essenzialmente nella stima delle variazioni significative delle variabili climatiche negli ultimi decenni. Tali variazioni possono essere messe in relazione con gli impatti dei cambiamenti climatici già in corso e con quelli futuri a breve termine.

Le variazioni più certe, confermate da stime indipendenti, riguardano l’aumento della temperatura media. Riferite a diversi intervalli di tempo, le stime del rateo di riscaldamento in Italia sono dell’ordine di +1 °C/secolo negli ultimi 100 anni e di 2°C/secolo negli ultimi 50 anni; il rateo di variazione è ancora più consistente e stabile negli ultimi 30 anni. L’aumento della temperatura è più sensibile nelle stagioni estiva e primaverile. All’aumento dei valori medi corrisponde una variazione di segno analogo di alcuni indicatori dei valori estremi di temperatura, tra i quali le onde di calore.

Le precipitazioni hanno una variabilità spaziale molto più marcata. Le stime delle variazioni delle precipitazioni cumulate (sia annuali che stagionali), sono piuttosto diversificate caso per caso, anche in funzione della finestra temporale analizzata. In generale, vengono rilevate tendenze di segno negativo, che indicano cioè una riduzione delle precipitazioni cumulate nel lungo periodo, anche se talvolta di entità non statisticamente significativa. Nel contempo, considerando l’intero periodo 1880-2002, si rileva una diminuzione significativa del numero di eventi di bassa intensità e, in alcune aree del Nord, un aumento della frequenza degli eventi di forte intensità. Le tendenze di intensità e frequenza delle precipitazioni non sono invece univoche se si considerano finestre temporali più brevi e recenti e se riguardano regioni specifiche del territorio italiano.

A fronte della ricchezza di serie osservative del clima passato e di reti di monitoraggio attive, c’è una forte esigenza di colmare lacune e ritardi relativi a disponibilità, controlli di qualità, continuità e aggiornamento regolare dell’insieme dei dati utili e necessari alla stima delle tendenze climatiche. Inoltre, sia la natura di alcune variabili climatiche che le problematiche degli impatti e dell’adattamento ai cambiamenti climatici richiedono conoscenze ad alta risoluzione spaziale e che coprano in modo uniforme il territorio nazionale. Soddisfare tali requisiti, superando i limiti normativi e organizzativi attuali del monitoraggio meteoclimatico in Italia, significherebbe anche creare i presupposti per una conoscenza più completa e affidabile del clima presente e passato ai fini della Strategia nazionale di adattamento.

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Variabilità climatica futura