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L’art 65 dell’ordinamento giudiziario e le norme sul procedimento

Nel documento Nomofilachia e ricorso in cassazione (pagine 58-62)

L’art. 65 dell’ordinamento giudiziario4, approvato con regio decreto del 30

di nomofilachia fosse centrale nel pensiero di Calamandrei, che, per tale motivo, si pose sempre in modo critico nei confronti del testo delle norme contenute nei precedenti ordinamenti giu- diziari.

6L’art. 61 dell’ordinamento giudiziario approvato con r.d. 30.12.1923, n. 2786, infatti, indi-

cava quale funzione della Corte di cassazione soltanto quello di “mantenere la esatta osservanza delle leggi”, in conformità a quanto disposto dall’art. 122 della legge organica unitaria sull’ordi- namento giudiziario – approvata con regio decreto del 6.12.1865, n. 2626 – che limitava la fun- zione della Corte di cassazione al solo mantenimento dell’“esatta osservanza delle leggi” e nulla diceva in riferimento alla uniformità della giurisprudenza, giacché, all’epoca, vi erano le Corti re- gionali. Per quanto riguarda i precedenti dell’art. 122 citato, l’art. 86 del Regolamento organico della giustizia civile e criminale 13.6.1806 per il Regno d’Italia disponeva che «la Corte di cassa- zione è istituita per mantenere la esatta osservanza delle leggi e per richiamare alla loro esecuzio- ne le Corti, i Tribunali e i Giudici che se ne fossero allontanati»; la stessa formula era contenuta nell’art. 112 LOG di Napoli, 29.5.1817. Nel proemio al R. Editto piemontese, 3.10.1847, si af- fermava che il magistrato di cassazione aveva «l’alta missione di mantenere l’unità de’ principi e di ricondurre costantemente all’eseguimento delle leggi tutte le parti dell’ordine giudiziario che tendessero a deviarne». Tali formule non si rinvengono in nessuna disposizione del diritto fran- cese, ove però nell’Arrêt du Conseil, del 18.12.1775, si qualificava l’istituto come “remède extre-

me qui ne peut avoir pour objet que le maintien de l’autoritè lègislative et des ordonnances”. Sui

precedenti dell’art. 61 dell’ord. giud. del 1923, CALAMANDREI, La Cassazione civ. cit., in Opere

giur. cit., VII, 19 e ss. (in particolare nt. 1), anche se, secondo TARUFFO, La Corte di cassazione e

la legge, cit., 352 e 353, “risulta … che il vero precedente della formulazione dell’art. 65 va ravvi-

sato nell’elaborazione di Calamandrei, che costruisce assai più di quanto non descriva, piuttosto che nelle norme anteriori”, nonché in una visione burarchico-autoritaria di stampo fascista. Sul punto RICCIE.F., La Suprema Corte tra funzione nomofilattica e tutela dello ius litigatoris cit., 575.

7Analoga funzione è assegnata, a livello europeo, alla Corte di giustizia della Unione euro-

pea. Sul punto LUPOI, Conflitti transnazionali di giurisdizioni, I, Milano, 2002, 273.

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gente), dispone testualmente: «la Corte Suprema di Cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazio- ne della legge, l’unità del diritto obiettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni, regola i conflitti di competenza e adempie gli altri compi- ti ad essa conferiti dalla legge»6-7.

Applicazioni della norma sono frequenti nel codice di rito. La funzione no- mofilattica della Corte di cassazione è, infatti, facilmente rintracciabile in nu- merose disposizioni, sia nella versione precedente all’entrata in vigore della no- vella del 2006, sia nella formulazione vigente.

Le disposizioni che meglio riassumevano lo scopo demandato alla Corte dall’art. 65 citato, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 40/2006, erano l’art. 363, cioè il c.d. ricorso nell’interesse della legge; l’art. 374 concernente i poteri attribuiti alle sezioni unite; l’art. 375 per quanto riguarda la selezione dei ricor- si da trattare in Camera di consiglio, l’art. 384, comma 1, relativo all’efficacia vincolante per il giudice di rinvio del principio di diritto, l’art. 384, comma 2, in riferimento al potere di correzione della motivazione da parte del giudice di legittimità.

A seguito della citata riforma, le norme del codice di procedura civile relative al procedimento di cassazione che possono essere qualificate quale attuazione di una spiccata e recuperata funzione nomofilattica sono diverse: alcune di esse si pongono, rispetto alle “vecchie” regole, in posizione simmetrica e di continuità, nel senso che recuperano e, talvolta, potenziano gli istituti che, già ante novella, costituivano l’espressione dello scopo cui il giudizio di cassazione è preordinato; altre, invece, introducono nel sistema nuove norme, anche espressione di scelte contrarie a quelle che fino ad oggi informavano le opzioni legislative, proprio al fine di recuperare e rafforzare la funzione nomofilattica della Corte.

Nel primo gruppo rientra il rinnovato art. 363 c.p.c., “trasformato” nel prin- cipio di diritto nell’interesse della legge. La norma offre un percepibile riscon- tro della sussistenza di un interesse che esula dalla singola controversia e che va rintracciato su di un piano strettamente pubblicistico. Ai sensi del comma 3 della disposizione si prevede testualmente che «il principio di diritto può essere pronunciato dalla Corte anche d’ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa è di particola- re importanza» e, al comma 4, si esclude che la pronuncia della Cassazione pos- sa, in tal caso, avere effetto sul provvedimento del giudice di merito oggetto dell’impugnazione.

In tal caso la funzione nomofilattica della Corte è separata dalla funzione giurisdizionale, che costituisce solo l’occasione per l’enunciazione del prin- cipio.

Alla medesima funzione risponde l’art. 374, comma 3, ove si prevede che «se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enuncia- to dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la deci- sione del ricorso», così attribuendo al massimo collegio della Corte una funzio- ne di nomofilachia potenziata; lo stesso art. 375, già oggetto di modifica “esten- siva” a seguito dell’entrata in vigore della legge 42 marzo 2001, n. 89 (art. 1), amplia le ipotesi di trattazione camerale, prevedendo al n. 5 la possibilità per la Corte di velocizzare i tempi del giudizio laddove intenda «accogliere o riget- tare il ricorso principale e l’eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatez- za o infondatezza»; nella stessa ottica, di rafforzare istituti già previsti per l’at- tuazione della nomofilachia, va letto il comma 1 dell’art. 384, giacché oggi di- spone che «la Corte enuncia il principio di diritto quando decide il ricorso pro- posto a norma dell’art. 360, primo comma, n. 3, e in ogni altro caso in cui, deci- dendo su altri motivi del ricorso, risolve una questione di diritto di particolare importanza».

Nell’ambito del secondo gruppo di disposizioni, introdotte nel 2006 al fine di rafforzare, indirettamente, il ruolo nomofilattico della Corte, vanno annove- rati gli artt. 339, comma 3, 360, comma 3, 366, n. 6, 366 bis, 385, ultimo com- ma e 420 bis c.p.c.

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Con l’art. 339 citato si è sancita l’appellabilità per violazione delle norme sul procedimento, norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regola- tori della materia delle sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità di cui all’art. 113, comma 2, c.p.c., inserendo un efficace strumento deflattivo ed un filtro costituito dal giudizio di secondo grado; con il comma 3 dell’art. 360, sempre nell’ottica di uno “smaltimento” quantitativo delle pendenze che impediscono alla Cassazione di svolgere la funzione di nomofilachia, si è previ- sto che «non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sen- tenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio …»; ancora nell’ottica di diminuire il lavoro ordinario della Corte e di consentire alla stessa l’enunciazione di un principio di diritto, fonte di unifor- mi indirizzi giurisprudenziali, si è arricchito il contenuto del primo atto del giu- dizio di legittimità: si è così introdotto l’onere, gravante sul ricorrente a pena di inammissibilità, di localizzazione degli atti processuali, documenti e contratti o accordi collettivi sui quali si fonda la censura; si è, poi, stabilito l’obbligo della parte, sanzionato ancora una volta a pena di inammissibilità della censura, di formulare il motivo secondo i parametri indicati dall’art. 366 bis, il quale stabi- lisce (rectius: stabiliva) che «nei casi previsti dall’articolo 360, primo comma, nu- meri 1), 2), 3) e 4) l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel caso previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contene- re, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in rela- zione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragio- ni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giu- stificare la decisione».

È, poi, stato esteso il controllo della Corte sull’efficacia, validità ed inter- pretazione dei contratti e accordi collettivi – in analogia a quanto previsto per la contrattazione di diritto pubblico dall’art. 64 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. L’art. 420 bis dispone, infatti, che «quando per la definizione di una con- troversia di cui all’articolo 409 è necessario risolvere in via pregiudiziale una que- stione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, il giudice decide con sentenza tale que- stione … La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per cassazio- ne da proporsi entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza …».

Queste disposizioni costituiscono solo degli esempi dell’intenzione del legi- slatore del 2006, in attuazione del principio ispiratore della legge delega, di di- sciplinare il procedimento di legittimità in funzione della nomofilachia, ma non riescono a concretizzare l’espressione in esame; al contrario, suggeriscono al- l’interprete l’adozione di un concetto elastico.

8Detto intento del legislatore, evidente se ci si sofferma sulla modifica del n. 5 dell’art. 360,

non risulta però raggiunto in concreto né in linea con la disciplina disegnata dal Governo per il filtro in appello. Il legislatore con gli artt. 348 bis e ter aumenta il numero di provvedimenti im- pugnabili in sede di legittimità, elevando il carico di lavoro della Corte e, conseguentemente, li- mitando di fatto la nomofilachia.

del giudizio di cassazione attuati con la legge 18 giugno 2009, n. 69. Se, infatti, pare evidente lo scopo che ha indotto i conditores ad introdurre una disposi- zione, quale l’art. 360 bis c.p.c., volta a “filtrare” in accesso i ricorsi, più com- plessa è l’individuazione della ragione che ha determinato l’abrogazione dell’art. 366 bis, ovvero del c.d. quesito di diritto, introdotto pochi anni prima. Anche le modifiche al codice di rito che il legislatore dei nostri tempi ha in- trodotto rappresentano, nel complesso, un ulteriore segnale verso la limitazio- ne del giudizio di fatto in sede di impugnazione e, in particolare, in Cassazione e la corrispondente adozione di una nozione di nomofilachia sbilanciata nella direzione dello ius constitutionis8.

3. L’evoluzione storica della nomofilachia e l’influenza del pensiero di Ca-

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