L’ATTO INTRODUTTIVO DEL GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ ED IL SUO CONTENUTO NELL’INTERPRETAZIONE
3. I requisiti formali del ricorso ed i parametri cui ispirarsi per la loro in terpretazione
Il ricorso5è l’atto introduttivo del giudizio di cassazione, con il quale la par-
te soccombente rispetto alla sentenza impugnata dà impulso al procedimento. È un’istanza scritta con cui il ricorrente si rivolge alla Corte di cassazione affin- ché annulli la sentenza impugnata per vizi di legittimità.
Esso costituisce, da un lato, l’atto in forza del quale sorge per il giudice di legittimità l’obbligo di pronunciarsi al fine di dare giustizia al caso concreto e, dall’altro, il veicolo attraverso il quale la Corte viene a conoscenza della que- stione di diritto da risolvere in funzione della tutela dello jus constitutionis.
Accanto alle c.d. condizioni sostanziali del primo atto del giudizio6concer-
nenti l’esistenza dell’azione di impugnativa, il legislatore ha previsto specifica- mente una serie di requisiti di carattere formale, affinché la Corte possa acce-
7CHIOVENDA, Principii di diritto processuale civile, cit., 1041.
104 NOMOFILACHIA E RICORSO IN CASSAZIONE
dere alla fondatezza del ricorso ed in tal modo svolgere la funzione di nomofi- lachia. In sostanza «diconsi condizioni formali quelle a cui il ricorso deve ri- spondere indipendentemente dall’esistenza o meno di fondati motivi di ricorso e perché appunto si possa passare all’esame dei motivi e mancando le quali può essere dichiarato inammissibile»7.
Le prescrizioni normative che impongono al ricorrente specifici oneri nella redazione dell’atto introduttivo del giudizio di cassazione sono giustificate dal- la necessità che, attraverso il ricorso, deve essere possibile e, nello stesso tem- po, agevole per la Corte l’esame di quei soli vizi che autorizzino il giudizio di le- gittimità e la valutazione da parte del Supremo Collegio circa la Cassazione del provvedimento impugnato. In un’altra prospettiva, l’individuazione di requisi- ti formali del ricorso appare necessaria al fine di consentire alla Corte medesi- ma l’enunciazione di quei principi di diritto fonte della esatta osservanza ed uniforme interpretazione della legge.
A prescindere, quindi, dallo specifico scopo che il legislatore ha inteso asse- gnare a ciascuna prescrizione formale, in via del tutto generale occorre tenere presente che la previsione di un modello normativo rigido del primo atto del giudizio è funzionale alla realizzazione della particolare funzione nomofilattica che la Cassazione è chiamata a svolgere e rappresenta la diretta conseguenza della costruzione dell’impugnazione quale rimedio a critica vincolata.
Il parametro al quale va commisurata l’interpretazione delle norme relative al procedimento di cassazione ed al ricorso introduttivo è costituito dalla no- mofilachia: ciò significa abbandonare, o quanto meno limitare, ogni interpreta- zione ispirata a vacuo formalismo e privilegiare attività ermeneutiche volte a fornire delle linee guida che diano certezza ai pratici del diritto.
Alla medesima conseguenza si giunge da un altro e diverso punto di vista: la cornice entro la quale occorre muoversi impone di prendere atto che le norme che disciplinano i requisiti del ricorso sono norme sulla forma e come tali as- soggettate alla disciplina della sua strumentalità rispetto allo scopo. Corollario di tale impostazione è la necessità di privilegiare l’aspetto funzionale e non già quello sanzionatorio.
L’identificazione dello scopo che governa le regole del primo atto del giudi- zio di legittimità non può prescindere dalla considerazione secondo la quale at- traverso il ricorso per Cassazione – al pari di quanto avviene attraverso la pro- posizione dell’appello o comunque delle impugnazioni – la parte intende otte- nere la riforma del provvedimento emanato, impedendo in tal modo il suo pas- saggio in giudicato. Se, però, questo è lo scopo comune a tutti i mezzi ordinari
8CALAMANDREI, La Cassazione civile, in Opere giuridiche, Napoli, 1979, VII, 137: “Se l’ave-
re affidato ai privati l’ufficio di vigilare alla difesa della esatta interpretazione giurisprudenziale ha assicurato la validità all’istituto della Cassazione, che riceve dall’interesse individuale un im- pulso sempre rinascente, questa stessa subordinazione dell’interesse collettivo alla iniziativa pri- vata ha esposto l’istituto al pericolo della degenerazione; era, infatti, inevitabile che i privati, per i quali l’impugnativa degli errori di interpretazione è mezzo ma non scopo, si industriassero, per raggiungere il loro scopo, di allontanare gli effetti di un giudicato sfavorevole, di valersi del ri- corso in Cassazione anche contro una sentenza che non fosse basata su un error iuris in iudi-
cando: la storia della Cassazione e degli istituti da essa derivati ci mostra infatti un continuo con-
flitto fra la tendenza che vuol limitare l’esperimento del ricorso a quei soli casi in cui esso può giovare alla soddisfazione dell’interesse pubblico e la tendenza che, superando la ragione poli- tica ond’esso ha avuto origine, vuole ammettere i privati a giovarsene anche quando la senten- za sia viziata da errori di fatto che non minacciano in alcun modo la uniformità della giurispru- denza”.
di impugnazione, le peculiarità del giudizio di cassazione impongono di consi- derare altresì che le regole del relativo procedimento (e, tra queste, quelle det- tate in tema di requisiti formali del ricorso) mirano a realizzare la funzione del- la Corte, ovvero la nomofilachia.
Ne deriva che l’esegesi delle condizioni formali del ricorso per Cassazione non può prescindere dallo scopo cui tende, in via generale, il primo atto di qualsiasi giudizio di impugnazione, né dalla specifica funzione che è chiamata a svolgere la Corte di cassazione e che deve necessariamente presiedere l’inter- pretazione dell’intera normativa del procedimento.
Ma non basta: al fine di correttamente interpretare le disposizioni relative al procedimento e, in particolare, quelle concernenti gli oneri di contenuto-forma a carico delle parti appare indispensabile individuare di volta in volta le singo- le prescrizioni formali, enucleando lo scopo che il legislatore ha inteso rag- giungere attraverso la previsione normativa.
3.1. Segue: i requisiti formali del ricorso e la loro evoluzione legislativa Il pericolo di degenerazione dell’istituto della Cassazione, da strumento ideato per il perseguimento di un interesse collettivo attraverso l’interesse indi- viduale in mezzo di impugnazione lasciato alle parti al fine di «allontanare gli effetti di un giudicato sfavorevole» – descritto, con illuminante veggenza, dal Calamandrei8 – costituisce lo spirito di fondo delle ultime riforme, la inevita-
bile reazione legislativa alla diffusa prassi di “mascherare” un semplice gravame con la denunzia di vizi di legittimità.
L’inaccettabile affollamento di ricorsi, a sua volta causa primaria della mor- tificazione e svilimento della nomofilachia, ha indotto il legislatore a concen-
9Nell’arco di soli sei anni, sono intervenute tre riforme del giudizio di legittimità: il d.lgs. n.
40/2006, la legge 18.6.2009, n. 69 e, da ultimo la legge n. 1347/2012. Sul progetto di riforma del 2006 TARZIA, Il giudizio di cassazione nelle proposte di riforma del processo civile, in Riv. dir. proc.,
2003, 201 e ss.; CHIARLONI, Prime riflessioni su recenti proposte di riforma del procedimento in
Cassazione, in Giur. it., 2003, 817; LUISO, Il vincolo delle Sezioni semplici al precedente delle Se-
zioni unite (relazione al Convegno “Il giudizio di legittimità nelle prospettive della riforma del
codice di procedura civile”, Roma – Corte di cassazione, 29 novembre 2002), in www.judicium.it e in Giur. it., 2003, 820; SASSANI, Corte Suprema e jus dicere, ivi, 822; ID., Il nuovo giudizio di cas-
sazione, in www.judicium.it e ora in Riv. dir. proc., 2006, 217; TOMMASEO, La riforma del ricorso
per Cassazione: quali i costi della nuova nomofilachia?, in Giur. it., 2003, 826. Sulla legge delega e
sulla bozza di decreto legislativo, relativamente al giudizio di cassazione, vedi CONSOLO, Deleghe
processuali e partecipazione alla riforma della Cassazione e dell’arbitrato, in Corriere giur., 2005,
1189; DECRISTOFARO, L’edificazione della Corte Suprema tra risolutezza e “timidezze” del legisla-
tore delegato, ivi, 1760; PROTOPISANI, Novità nel giudizio civile di cassazione, in Foro it., 2005, V,
252; TEDOLDI, La delega sul procedimento di cassazione, in Riv. dir. proc., 2005, 925. Sulla nuova
disciplina del giudizio di cassazione così come modificato dal d. lgs. 40/2006 ed in particolare sul nuovo contenuto del ricorso – tra gli altri – AA.VV., Il nuovo giudizio di cassazione, Milano, 2007; ALPA, Nuove regole per la redazione del ricorso per Cassazione (artt. 360 e 366 bis c.p.c.), re-
lazione al convegno “Il giudizio di cassazione dopo il d.lgs. 40/2006”, in www.consiglionaziona-
leforense.it; BRIGUGLIO, Riflessioni e risposte sui “quesiti”, in www.judicium.it; CAPONI, Il nuovo
giudizio di cassazione civile: quesito di diritto, principio di diritto, massima giurisprudenziale, in Fo- ro it., 2007, I, 1387; ID., Formulazione del quesito di diritto e indicazione del fatto controverso nel
ricorso per Cassazione (art. 366 «bis» c.p.c.): aggiornamenti giurisprudenziali, ivi, 2008, I, 522;
CARRATO, Il quesito di diritto nel ricorso per Cassazione: istruzioni per l’uso, in Dir. e gius., 2006,
n. 25, 54; ID., Prime questioni conseguenti all’applicazione del nuovo art. 366 bis c.p.c. nel giudizio
di cassazione, in Corriere giur., 2007, 1280; CARRATTA, La riforma del giudizio in Cassazione, in
Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 1105; ID., in AA.VV., Le recenti riforme del processo civile, com-
mentario diretto da Chiarloni, Bologna, 2007, (artt. 339 e ss.), 277; CIPRIANI, Ricorsi alla Cassa-
zione e quesito di diritto, in Foro it., 2008, I, 117; CONFORTIS., Sul principio di autosufficienza del
ricorso per Cassazione, anche alla luce della riforma del 2006, in Corriere giur., 2008, 697; CONSO- LO, Un giusto no al quesito di diritto (requisito di forma-contenuto dei soli ricorsi per Cassazione)
nel regolamento di giurisdizione, ivi, 2008, 243; DECRISTOFARO, in AA.VV., Codice di procedura
civile commentato, edizione diretta da Consolo e Luiso, Padova, 2007, vol. II, (artt. 339 e ss.), in
particolare 2933; FRASCA, Intorno a talune questioni sul nuovo processo di cassazione, in Foro it.,
2008, V, 143; LOMBARDINI, La riforma del giudizio di cassazione alla luce del d.lgs. n. 40 del 2006,
in Studium iuris, 2006, 1239; MACIOCE, Il nuovo procedimento per la definizione in Camera di con-
siglio, in Foro it., 2008, V, 140; MONTELEONE, Il nuovo volto della Cassazione civile, in Riv. dir.
proc., 2006, 943; NAPPI, Il sindacato di legittimità nei giudizi civili e penali di cassazione, Torino,
2006; NELA, Primi insegnamenti della Corte di cassazione sulla inammissibilità del ricorso ai szen-
si dell’art. 366 bis c.p.c., in Giur. it., 2007, 1993; POLI, Il giudizio di cassazione dopo la riforma, in
Riv. dir. proc., 2007, 9; ID., Specificità, autosufficienza e quesito di diritto nei motivi di ricorso per
Cassazione, ivi, 2008, 1249; PROTOPISANI, Crisi della Cassazione: la (non più rinviabile) necessità
di una scelta, in Foro it., 2007, V, 122; ROMANO, Quesito di diritto ed istanza di regolamento di
competenza, in www.judicium.it; SASSANI, Il nuovo giudizio di cassazione, in Riv. dir. proc., 2006,
217; SILVESTRIE., Il «quesito di diritto» ex art. 366-bis c.p.c.: le prime pronunce della Cassazione,
in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, 337; STERBIZZI, Al confine tra inammissibilità del motivo e deci-
106 NOMOFILACHIA E RICORSO IN CASSAZIONE
sione nel merito: il quesito di diritto, in Corriere giur., 2008, 682; TARUFFO, Una riforma della Cas-
sazione civile?, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 755; TEDOLDI, La nuova disciplina del procedi-
mento di cassazione: esegesi e spunti, in Giur. it., 2006, 2002; TISCINI, Il giudizio di cassazione rifor-
mato, in www.judicium.it; VIDIRI, Il “nuovo” giudizio di rinvio: la Cassazione giudice di terza istan-
za?, in Corriere giur., 2006, 1149.
10Sul punto infra, § 3.4.
11Ai sensi dell’art. 58, comma 5, legge n. 69/2009, le disposizioni relative al giudizio di cas-
sazione si applicano «alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per Cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, deposita- to successivamente alla data di entrata in vigore della … legge».
12Ovvero a decorrere dal 2 marzo 2006, come previsto dall’art. 27, comma 2, del decreto le-
gislativo citato nel testo (cfr. Cass., ord. 28.2.2007, n. 4640, in Corriere giur., 2008, 359 con com- mento di TISCINI, La revocazione per errore di fatto delle sentenze della corte di cassazione tra (ati-
piche) scelte in rito e (finti) abusi.
13Lo schema di decreto legislativo elaborato dal Governo e sottoposto al parere della Corte
di cassazione e delle Commissioni giustizia del Senato e della Camera, all’art. 5 prevedeva non solo la necessità che il ricorso contenesse la specifica indicazione degli atti processuali, dei docu- menti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, ma altresì la «loro specifica
di cassazione in materia civile, aggiungendo altre tessere, non certo di minu- scole dimensioni, al mosaico raffigurante il primo atto del procedimento di le- gittimità.
In funzione di un recupero della nomofilachia, il legislatore delegato nel 2006 ha arricchito il contenuto del ricorso per Cassazione attraverso la previ- sione espressa del principio di autosufficienza10e l’introduzione di un onere
rigoroso per la formulazione del motivo descritto dall’art. 366 bis. Nel 2009 si è, però, reso conto che il “filtro” del quesito di diritto rappresentava solo una illusione e, comunque, un’esperienza non riuscita, uno strumento non funzio- nale allo scopo; con la legge 18 giugno 2009, n. 6911, infatti, da un lato, si è di-
sposta l’abrogazione del citato art. 366 bis e, dall’altro, è stato introdotto un ve- ro e proprio filtro, attraverso l’art. 360 bis c.p.c.
Le modifiche disposte con gli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 40/2006 hanno riguar- dato, prevalentemente e per quanto qui interessa, l’introduzione del n. 6 all’art. 366 citato e l’inserimento dell’art. 366 bis c.p.c.
Il primo atto del giudizio di legittimità, proposto avverso le sentenze e gli al- tri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del de- creto n. 40/200612, deve contenere – accanto all’indicazione delle parti e della
sentenza o decisione impugnata, all’esposizione sommaria dei fatti della causa, ai motivi per i quali si chiede la Cassazione, all’indicazione della procura se conferita con atto separato – anche la specifica indicazione degli atti proces- suali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fon- da13, secondo il n. 6 dell’art. 366; atti processuali, documenti, contratti o ac-
collocazione nei fascicoli dei precedenti gradi». Proseguiva poi la disposizione richiamata nel senso che «l’indicazione è consentita solo per gli atti ed i documenti depositati con le modalità di cui all’articolo 369, secondo comma, n. 4». La formulazione del vigente art. 366 approvata dal Consiglio dei Ministri è frutto di una delle condizioni dettate dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati: «l’articolo 366 del codice di procedura civile (Contenuto del ricorso), nel testo modificato dall’articolo 5 dello schema in esame, prevede che il ricorso debba contenere anche la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi col- lettivi sui quali il ricorso si fonda nonché della loro specifica collocazione nei fascicoli dei prece- denti gradi e che l’indicazione è consentita solo per gli atti ed i documenti depositati con le mo- dalità di cui all’articolo 369, secondo comma, n. 4; la predetta modifica dell’articolo 366 crea un inutile aggravio nella redazione del ricorso e che, oltre tutto, sovente l’indice degli atti al quale si dovrebbe fare riferimento non è conosciuto dalla parte o è compilato solo quando l’atto è invia- to dalla cancelleria alla Corte; il secondo periodo della novella, in base al quale “l’indicazione è consentita solo per gli atti ed i documenti depositati con le modalità di cui all’articolo 369, se- condo comma, n. 4”, è stato oggetto di critica anche dalla Corte di cassazione come si legge nel- la relazione allegata allo schema».
14Sul testo approvato dalla Camera dei Deputati, si veda BOVE, Brevi riflessioni sui lavori in
corso nel riaperto cantiere della giustizia civile, in www.judicium.it.
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cordi collettivi devono essere depositati assieme al ricorso stesso, ai sensi del comma 2, n. 4, dell’art. 369.
Inoltre, almeno per quei ricorsi volti a censurare i provvedimenti pubblica- ti nella vigenza dell’art. 366 bis c.p.c. (e cioè fino al 4 luglio 2009), «nei casi pre- visti dall’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3) e 4) l’illustrazione di ciascun mo- tivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un que- sito di diritto. Nel caso previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o con- traddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motiva- zione la rende inidonea a giustificare la decisione».
La funzione dell’innovazione nel suo complesso è evidente ed è svelata dal- lo stesso legislatore del 2006 nella relazione di accompagnamento al decreto: essa si sostanzia, da un lato, nell’esigenza «di offrire alla Corte, nonché alla stes- sa parte resistente, un quadro che sia il più possibile immediato, completo ed autosufficiente delle censure sulle quali dovrà pronunziarsi e di agevolarne il la- voro di reperimento degli atti e documenti sui quali esse si fondano»; dall’altro, nella volontà di «stringere le maglie» del controllo in Cassazione, escludendo in tal modo l’ingresso di giudizi di merito incensurabili in sede di legittimità.
A distanza di soli due anni dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 40/2006, è na- to un disegno di legge (Atto Camera 1441 bis e Atto senato 1082) con il quale si è inciso nuovamente sulle regole del processo civile14e, in particolare, sul
procedimento di legittimità e sul primo atto del giudizio: mentre nelle aule uni- versitarie ed in quelle del “Palazzaccio” si discute dei nuovi problemi posti dal-
15Con l’introduzione dell’art. 360 bis il legislatore non ha onerato, infatti, il ricorrente di
chiarire con il motivo le ragioni di ammissibilità della censura, ma non può escludersi che la let- tura della norma ad opera della Corte possa indurre a ritenere – seppure implicitamente – che sia proprio colui che propone l’impugnazione il soggetto che, con il primo atto del giudizio, debba individuare la questione di diritto decisa dal giudice del merito in modo difforme rispetto agli orientamenti della Corte, o gli elementi per indurre la Cassazione a confermare o mutare orien- tamento, giacché essi devono desumersi dall’ “esame dei motivi” (art. 360 bis, n. 2, c.p.c.), o an- cora la violazione dei principi regolatori del giusto processo. Sul punto infra, cap. III, sez. II.
la riforma del 2006 del giudizio di cassazione e, in particolare, dalla interpreta- zione dei nuovi requisiti del ricorso, il Parlamento già approva la legge n. 69/2009, contenente tra l’altro un insieme di misure idonee a ridisegnare il pro- cedimento di legittimità ed il contenuto del ricorso.
In particolare, ad una prima lettura15, il primo atto del giudizio si è snellito:
l’abrogazione dell’art. 366 bis citato comporta che il singolo motivo di ricorso, per le impugnazioni proposte avverso i provvedimenti pubblicati nella vigenza della nuova normativa, pur redatto secondo le prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., non deve più contenere il quesito di diritto o, se la censura concerne il n. 5 dell’art. 360 c.p.c., la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume(va) omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende(va) inidonea a giustificare la decisione.
Se l’esperienza del principio di autosufficienza del motivo si è rivelata “non sufficiente” per raggiungere lo scopo e la formulazione della censura sulla base del disposto dell’art. 366 bis c.p.c. non funzionale alla riduzione delle penden- ze che affliggono la Corte, né a perseguire l’obiettivo della nomofilachia, il le- gislatore ha inteso sperimentare nuovi istituti, sostituendo filtri di matrice giu- risprudenziale con filtri normativi, al fine di raggiungere quella “esatta osser- vanza ed uniforme interpretazione della legge” di cui discorre il vecchio ma vi- gente art. 65 dell’ordinamento giudiziario.
Ancora oggi, a distanza di tre anni, in virtù di una non meglio definita ne- cessità ed urgenza, il legislatore nuovamente interviene sulle regole del giudizio innanzi alla Corte: direttamente, attraverso la modifica del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., ed indirettamente, con l’introduzione del c.d. filtro in appello. Detta modifica, seppure non diretta alla introduzione di nuovi ed ulteriori oneri a ca- rico del ricorrente nella redazione del primo atto del giudizio, pare idonea ad arricchire ulteriormente il ricorso: laddove, infatti, la parte intenda dolersi del- la omessa motivazione (rectius: dell’omesso esame di un fatto) dovrà certamen- te (e forse ancor più di ieri) indicare il fatto sul quale il giudice del merito non si è pronunciato, la sua decisività (e quindi idoneità potenziale a condurre ad un diverso risultato), nonché l’atto o verbale di causa dal quale risulti che su
16Sul punto CURCURUTO, op. cit., 526 e ss., il quale ritiene che il requisito previsto all’art. 366,