In riferimento, poi, alle decisioni dei giudici speciali (Consiglio di Stato e Corte dei Conti) l’obiezione avanzata da autorevole dottrina52, secondo la qua-
nomofilachia assegnati alla Corte (sostenuta, tra gli altri, da GIACOBBE, La Corte di cassazione e
l’evoluzione democratica dell’ordinamento: profili civilistici, in La Corte di cassazione nell’ordina- mento democratico, Atti del convegno tenutosi a Roma il 14 febbraio 1995, Milano, 1996, 82 e ss.)
si pone MAZZARELLA, Analisi del giudizio civile di cassazione cit., 47 e ss. A giudizio dell’Autore,
infatti, muoverebbe in senso contrario l’ultimo comma dell’art. 111 Cost., giacché «per le sen- tenze del Consiglio di Stato (in Sicilia, del Consiglio di giustizia amministrativa) e della Corte dei conti – cioè per un ben rilevante settore della vita del diritto obbiettivo nazionale – l’impugna- zione è … limitata alle questioni inerenti alla giurisdizione». Sul punto si veda anche CONSOLO,
Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi, cit., 167 e 168, a giudizio del quale il «compito di vera
e propria Corte coerenziatrice e di guida della giurisprudenza la Cassazione può compiere nei ri- guardi della giurisprudenza (oltre che penale) civile e tributaria, posto che tutte le sentenze non ulteriormente impugnabili dei giudici civili e tributari (soprattutto dunque le sentenze dei giudi- ci civili di appello e quelle delle commissioni tributarie regionali, che sono appunto i giudici tri- butari di appello) possono essere impugnate per Cassazione. Nei riguardi invece della giurispru- denza amministrativa e della giurisprudenza contabile, la funzione della Cassazione è solo quel- la, per mutuare ancora le parole dell’art. 65 ord, giud., di “vigilare sul rispetto dei limiti delle di- verse giurisdizioni”. Infatti, le sentenze di ultima istanza di queste due giurisdizioni, cioè le sen- tenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, non sono impugnabili per Cassazione se non con il motivo di cui all’art. 360 n. 1: vale a dire per ragioni inerenti alla violazione delle regole sul riparto fra le giurisdizioni. Questo è quanto dispone l’ult. comma dell’art. 111 Cost. Peraltro, si tratta di una norma scritta in un momento in cui non si era ancora verificato – come avvenuto so- prattutto con le riforme legislative del 1998 e del 2000 – quel rilevante spostamento di materie relative a diritti soggettivi perfetti dalla giurisdizione civile alla giurisdizione amministrativa …».
53In quest’ottica anche la soluzione di PAJNO, Appello nel processo amministrativo e funzioni
di nomofilachia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1990, 563: «… deve … ritenersi che l’esclusione del-
la ricorribilità in Cassazione, per violazione di legge, delle decisioni del Consiglio di Stato … co- stituisce il riconoscimento a livello costituzionale, delle funzioni del Consiglio di Stato di difesa del diritto obiettivo nel proprio ordine di competenze e con riferimento al plesso giurisdiziona- le cui appartiene. L’art. 111 cost. diviene, così, la norma attributiva delle funzioni di nomofila- chia all’interno dell’ordinamento …».
76 NOMOFILACHIA E RICORSO IN CASSAZIONE
le la previsione del comma 8 dell’art. 111 limita il controllo della Cassazione ai soli motivi inerenti alla giurisdizione, non conduce a “smentire” l’idea che il fondamento della nomofilachia vada rintracciato anche nella disposizione co- stituzionale che prevede il ricorso straordinario per cassazione.
Pure a volere prescindere dal contesto storico-politico o ancora dalla natu- ra delle situazioni sostanziali oggetto della tutela della giurisdizione ordinaria, amministrativa e contabile, e ritenendo che il comma 8 dell’art. 111 rappresen- ta un campo di decisioni sottratte al sindacato della Corte di cassazione se non per motivi inerenti alla giurisdizione53, ciò non implica necessariamente il ri-
fiuto di un riconoscimento costituzionale della funzione di nomofilachia per un ampio settore del diritto.
Infatti, «l’indipendenza della giurisdizione amministrativa rispetto a quella ordinaria è garantita proprio dall’art. 111, comma 8, Cost.: poiché si vogliono riservare al Consiglio di Stato le funzioni nomofilattiche nelle materie devolute
54MENCHINI, Le funzioni di nomofilachia nell’ambito della giurisdizione amministrativa esclu-
siva dopo la sentenza n. 204/04 della Corte Costituzionale, in Il giusto proc. civ., 2006, 113. A giu-
dizio dell’A. (pp. 128-129), pur dopo la pronuncia della Corte costituzionale 5.7.2004, n. 204, l’equilibrio tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa è precario giacché distin- guere tra situazioni soggettive sostanziali e sistemi normativi non è operazione facile: «l’edificio resta in piedi sino a che il legislatore ordinario rispetta il presupposto che ne è alla base, ossia si- no a che la giurisdizione esclusiva è ricollegata a fattispecie incentrate sull’autorità e sul potere, mentre non è estesa a materie in cui l’amministrazione agisce in posizione paritetica. Al contra- rio, se è superato questo limite, se le controversie devolute al giudice amministrativo richiedono l’applicazione, piuttosto che di regole speciali, di quelle stesse norme che disciplinano i rapporti di diritto privato, l’art. 111, comma 8, Cost. entra in rotta di collisione con l’art. 111, comma 7, Cost., e la legge ordinaria diviene sospetta di violazione del dettato costituzionale sotto due di- stinti ma complementari profili: innanzitutto, per contrasto con l’art. 111, comma 7, in quanto sottrae alle competenze nomofilattiche della Cassazione la normativa generale di diritto comune, pregiudicando l’uniformità nella interpretazione della legge e la certezza del diritto; poi, con ri- ferimento al combinato disposto degli articoli 3 e 111, comma 7, in quanto permette che deci- sioni di questioni identiche possano avere contenuti difformi per il fatto che parte in causa sia un’amministrazione oppure un soggetto privato …».
55Al riguardo la Corte costituzionale, con la ben nota sentenza del 5.7.2004, n. 204 in tema
di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, afferma: «la Carta costituzionale ha recepito – non senza conservare traccia nell’art. 102, primo comma, dell’orien- tamento favorevole all’unicità della giurisdizione – il nucleo dei principi in materia di giustizia
ai giudici amministrativi, per forza di cose, le pronunce di tale organo debbo- no essere sottratte al controllo di legittimità della Corte di cassazione, la quale, dunque, non è depositaria dell’uniformità dell’interpretazione della legge so- stanziale e processuale amministrativa. In questo modo, si dà vita ad un sistema incentrato sulla pluralità e sull’autonomia degli ordini giudiziari, differenziati tra loro per il tipo di situazioni soggettive oggetto di tutela e delle norme, spe- ciali oppure comuni, da applicare e da interpretare»54.
Verso tale conclusione muovono anche le ragioni storiche che condussero ad una limitazione di tal fatta: dai lavori preparatori della Costituzione emerge che attraverso la sottrazione al controllo del giudice di legittimità delle decisio- ni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti non vi era la volontà di limita- re la nomofilachia della Corte, quanto l’intenzione di lasciare in vita un sistema basato sulla pluralità delle giurisdizioni, in stretta armonia con l’art. 103 Cost.
La limitazione del ricorso per cassazione per i provvedimenti del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti solo per motivi inerenti alla giurisdizione va let- ta quale conseguenza necessaria del mantenimento delle giurisdizioni ammini- strativa e contabile. In altri termini, essa va posta in relazione al sistema deli- neato dall’art. 103 Cost., che fonda sulla natura delle situazioni giuridiche tute- late, cioè le “particolari materie”, l’attribuzione in via eccezionale del potere giurisdizionale amministrativo e contabile55.
amministrativa quali evolutisi a partire dalla legge abolitrice del contenzioso amministrativo del 1865: ed i lavori della Costituente documentano come “l’indispensabile riassorbimento nella Co- stituzione dei principi fondamentali della legge 20 marzo 1865” conducesse, da un lato, alla pro- posta di Calamandrei per cui “l’esercizio del potere giudiziario in materia civile, penale e ammi- nistrativa appartiene esclusivamente ai giudici ordinari” (art. 12, discusso dalla seconda Sotto- commissione il 17.12.1946) e, dall’altro lato, al testo (proposto dagli on.li Conti, Bettiol, Perassi, Fabbri e Vito Reale) approvato dall’Assemblea costituente nella seduta pomeridiana del 21 no- vembre 1947, corrispondente agli attuali artt. 102 e 103 Cost.; e conducesse, inoltre, alla esclu- sione della soggezione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti al controllo di legittimità della Corte di cassazione, limitandolo al solo “eccesso di potere giudiziario”, coe- rentemente alla “unità non organica, ma funzionale di giurisdizione, che non esclude, anzi im- plica, una divisione dei vari ordini di giudici in sistemi diversi, in sistemi autonomi, ognuno dei quali fa parte a sé” (così Mortati, seduta pomeridiana del 27.11.1947). In realtà, come la dottri- na ha da tempo chiarito, la legge n. 2248 del 1865, All. E, nel momento stesso in cui assicurava tutela al cittadino davanti al giudice ordinario per “tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione” (art. 2), sanciva in ogni altro caso (per “gli affari non compresi nell’articolo precedente”) la tota- le sottrazione a qualsiasi controllo giurisdizionale della sfera della c.d. amministrazione pura (art. 3): in tal modo – anche grazie all’ampiezza con la quale questa zona “franca” dell’amministra- zione fu intesa dalla giurisprudenza, in ciò incoraggiata dall’allora giudice dei conflitti, il Consi- glio di Stato, e dal successivo giudice ex legge 31 marzo 1877, n. 3761, le sezioni unite della Cas- sazione romana – la legge del 1865 creava le premesse della legislazione successiva volta a col- mare il sempre più grave vuoto di tutela giurisdizionale da essa lasciato con il puro e semplice ignorare tale esigenza negli “affari non compresi” nell’art. 2. La relazione Crispi al disegno di leg- ge, divenuto la legge (istitutiva della IV Sezione) 31 marzo 1889, n. 5992, chiarisce infatti che «la legge 20 marzo 1865, All. E, proclamò l’unità della giurisdizione, ma nulla avendo sostituito al contenzioso amministrativo che abolì, rimase abbandonata alla potestà amministrativa l’immen- sa somma di interessi onde lo Stato è depositario»; e pur se soltanto la legge 7 marzo 1907, n. 62, istitutiva della V Sezione, definì “giurisdizionale” questa e la IV Sezione, riconoscendo alle loro decisioni l’efficacia del giudicato, la funzione giurisdizionale dell’organo, che sarebbe stato chia- mato a colmare il vuoto di tutela da essa lasciato, era già insita nella legge abolitrice del conten- zioso amministrativo. È evidente, quindi, l’ambivalenza del richiamo – operato così da Calaman- drei come dai suoi oppositori nell’Assemblea costituente – all’“indispensabile riassorbimento nella Costituzione dei principi fondamentali della legge 20 marzo 1865, All. E”: richiamo, che potrebbe dirsi “statico”, da parte di chi voleva colmare, nel 1947, con il giudice ordinario (even- tualmente attraverso sue sezioni specializzate), il vuoto di tutela lasciato nel 1865 ed “abusiva- mente” (rispetto ai principi proclamati nell’art. 2) poi riempito da un Consiglio di Stato che ave- va, ormai, “esaurito storicamente” il suo compito (Calamandrei, II Sottocommissione, seduta pomeridiana del 9 gennaio 1947); richiamo, che potrebbe dirsi ‘dinamico’, da parte di chi sotto- lineava che “il Consiglio di Stato non ha mai tolto nulla al giudice ordinario” (così Bozzi, ivi) in quanto la giurisdizione amministrativa è sorta «non come usurpazione al giudice ordinario di particolari attribuzioni, ma come conquista di una tutela giurisdizionale da parte del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione; quindi non si tratta di ristabilire la tutela giudizia- ria ordinaria del cittadino che sia stata usurpata da questa giurisdizione amministrativa, ma di ri-
78 NOMOFILACHIA E RICORSO IN CASSAZIONE
Dall’art. 111 comma 8, Cost. possono ricavarsi alcuni principi, quali l’auto- nomia ed indipendenza della giurisdizione amministrativa e contabile rispetto a quella ordinaria, l’assegnazione al Consiglio di Stato ed alla Corte dei Conti
consacrare la perfetta tradizione di una conquista particolare di tutela da parte del cittadino» (Leone, Assemblea, seduta pomeridiana del 21 novembre 1947).
Sembra allora chiaro che il Costituente, accogliendo quest’ultima impostazione, ha ricono- sciuto al giudice amministrativo piena dignità di giudice ordinario per la tutela, nei confronti del- la pubblica amministrazione, delle situazioni soggettive non contemplate dal (modo in cui era stato inteso) l’art. 2 della legge del 1865; così come di questa legge ha, con quello che sarebbe di- ventato l’art. 113 Cost., recepito il principio – «e fu per questo ritenuta una conquista liberale di grande importanza» – «per il quale, quando un diritto civile o politico viene leso da un atto del- la pubblica amministrazione, questo diritto si può far valere di fronte all’Autorità giudiziaria or- dinaria, in modo che la pubblica amministrazione davanti ai giudici ordinari viene a trovarsi, in questi casi, come un qualsiasi litigante privato soggetto alla giurisdizione … principio fonda- mentale che è stato completato poi con l’istituzione delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato … dell’unicità della giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione» (Cala- mandrei, Assemblea, seduta pomeridiana del 27.11.1947).
L’esame dei lavori dell’Assemblea costituente – riportati in motivazione dalla Consulta al fi- ne di chiarire i rapporti tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa – offre il panorama entro il quale fu emanata la disposizione limitatrice della funzione di nomofilachia della Corte di cassazione.
Tale necessario collegamento delle “materie” assoggettabili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con la natura delle situazioni soggettive – e cioè con il parametro adotta- to dal Costituente come ordinario discrimine tra le giurisdizioni ordinaria ed amministrativa – è espresso dall’art. 103 laddove statuisce che quelle materie devono essere “particolari” rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità: e cioè devono partecipare della loro me- desima natura, che è contrassegnata della circostanza che la pubblica amministrazione agisce co- me autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice ammini- strativo.
Il legislatore ordinario ben può ampliare l’area della giurisdizione esclusiva purché lo faccia con riguardo a materie (in tal senso, particolari) che, in assenza di tale previsione, contemple- rebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità: con il che, da un lato, è escluso che la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giudice ammini- strativo (il quale davvero assumerebbe le sembianze di giudice “della” pubblica amministrazio- ne: con violazione degli artt. 25 e 102, secondo comma, Cost.) e, dall’altro lato, è escluso che sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministrativo.
Ove, quindi, il legislatore ordinario si attenga a tali criteri, si risolve in radice anche il pro- blema concernente i limiti di applicazione dell’art. 111, settimo comma, Cost.: è sufficiente os- servare, infatti, che è la stessa Carta costituzionale a prevedere che siano sottratte al vaglio di le- gittimità della Corte di cassazione le pronunce che investono i diritti soggettivi nei confronti dei quali, nel rispetto della “particolarità” della materia nel senso sopra chiarito, il legislatore ordi- nario prevede la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
di un ruolo di guida nelle rispettive giurisdizioni; ma dalla citata disposizione costituzionale non può trarsi un principio di segno negativo, volto ad esclude- re che il comma 7 dell’art. 111 possa rappresentare il dato testuale – assieme al- l’art. 3 Cost. – per elevare a principio costituzionale il ruolo della Corte di cas- sazione.
80 NOMOFILACHIA E RICORSO IN CASSAZIONE
atti giurisdizionali che incidono su diritti soggettivi e, per le decisioni del Con- siglio di Stato e della Corte dei Conti, per i soli motivi attinenti alla giurisdizio- ne tende comunque a realizzare quella nomofilachia di cui custode privilegiata è la Corte di cassazione.