L’ATTO INTRODUTTIVO DEL GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ ED IL SUO CONTENUTO NELL’INTERPRETAZIONE
1. Le regole del procedimento di cassazione e la nomofilachia
La tutela dello ius litigatoris, dell’interesse dei litiganti ad ottenere una deci- sione giusta ed immune da vizi di legittimità, sembra costituire l’unico fine dei privati, i quali spesso (in maniera più o meno inconsapevole) adiscono la Cor- te, quale organo giurisdizionale di terza istanza, lasciando sullo sfondo le pecu-
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1In questo senso si pone il provvedimento del Primo Presidente della Corte di cassazione, in
www.cortedicassazione.it e in Foro it., 2011, V, 183 con il quale si sollecita alla redazione della
sentenza a “motivazione semplificata”, ogniqualvolta i collegi delle sezioni civili «sono chiamati a decidere su ricorsi che non richiedono l’esercizio della funzione di nomofilachia o che solleva- no questioni giuridiche la cui soluzione comporta l’applicazione di principi giuridici già affer- mati dalla corte e condivisi dal collegio». Sul punto LUPO, La redazione delle decisioni in forma
semplificata, in Giust. civ., 2009, 95.
2In passato si riteneva ammissibile l’impugnazione tardiva solo se era diretta contro lo stes-
so capo della sentenza impugnata ovvero contro altro capo in rapporto di dipendenza e di con- nessione con il primo (Cass., 28.2.1987, n. 2150; Id., 14.4.1989, n. 1797). Tale orientamento giu- risprudenziale – fortemente contrastato dalla dottrina – è stato tuttavia superato: la parte contro la quale è proposta impugnazione può proporre – a sua volta – impugnazione incidentale tardi- va nei confronti di qualunque capo di sentenza, anche non connesso con quello oggetto dell’im- pugnazione principale (Cass., 7.11.1989, n. 4640).
3Il ragionamento per lungo tempo seguito dalla Corte può, schematicamente, essere rias-
sunto nelle seguenti affermazioni: a) il conferimento dell’incarico al difensore contenuto in una dichiarazione apposta su di un foglio autonomo e congiunto materialmente al ricorso attraver- so la spillatura, non può essere considerato come procura posta in calce al ricorso medesimo; b) il potere attribuito al difensore dall’art. 83, comma terzo, c.p.c. (previgente) di certificare l’au- tografia della parte che gli ha rilasciato la procura é limitato alle sole ipotesi in cui la procura stessa é conferita a margine o in calce della citazione e degli altri atti indicati nella citata dispo- sizione, ovvero su foglio allegato che faccia corpo con essi; c) conseguentemente la procura ad
litem, con sottoscrizione autenticata dal difensore – rilasciata con scrittura separata, che non
presenta elementi certi di riferimento all’atto, al provvedimento impugnato ed al mezzo di im- pugnazione da promuovere – è invalida (cfr. Cass., 22.11.1994, n. 9869, in Foro it., 1995, I, 538 e ss., con nota di CIPRIANI, La procura su foglio autonomo tra la certificazione e gli spilli del di-
fensore e in Giust. civ., 1995, I, 377 con nota di MURRA, Requisiti della procura alle liti tra co-
lombi e angeli neri). Solo con l’intervento del legislatore prima (legge 27.5.1997, n. 141, con la
quale si è integrato il comma terzo dell’art. 83 c.p.c., prevedendo che «la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce». Sul punto vedi in dottrina GUARNIERI, Risolto “ex lege” l’annoso proble-
ma della validità della procura spillata, in Riv. dir. proc., 1997, 485 e ss.) e con la ben nota sen-
liarità che, sin dalle origini, il legislatore aveva inteso attribuire alla Cassazione rispetto al giudice di merito.
Diametralmente opposto allo scopo che attraverso il ricorso per Cassazione intendono raggiungere i privati è il fine che conduce la giurisprudenza di legit- timità a leggere ed interpretare le norme sul procedimento in funzione unica- mente della nomofilachia oggettiva, quella volta a perseguire l’esatta osservan- za e l’uniforme interpretazione della legge1.
Prima ancora della introduzione dell’art. 360 bis c.p.c. ed in assenza di un sistema di filtri predisposti dal legislatore, già si aveva la sensazione che la Cas- sazione creasse degli ostacoli interni alla ammissibilità del ricorso, attraverso una lettura rigida del dato normativo: passata l’era dei limiti oggettivi dell’im- pugnazione incidentale tardiva2e della procura spillata3, per lungo tempo si è
tenza del 10.3.1998, n. 2646 – in Guida al dir., 1998, 48., con nota di GIACALONE, L’interpreta-
zione delle sezioni unite tende a garantire il diritto di difesa – (e con la coeva e conforme pro-
nunzia n. 2642) delle sezioni unite della Cassazione, si è giunti ad affermare il principio che «se dalla copia notificata all’altra parte risulta che il ricorso o il controricorso presentano a margine o in calce, ovvero in foglio separato a esso congiunto materialmente, una procura rilasciata al di- fensore che ha sottoscritto l’atto, tale procura – salvo che dal suo testo non si rilevi il contrario – deve considerarsi conferita per il giudizio di cassazione e costituisce perciò una valida procu- ra speciale, anche se non contiene alcun riferimento alla sentenza da impugnare o al grado di giudizio da promuovere». In giurisprudenza cfr. anche Cass., 21.6.1997, n. 5569, in Guida al
dir., 1997, 36, con commento di FINOCCHIAROA., Un’interpretazione della legge 141/1997 che
contrasta con l’obiettivo del Parlamento; in Foro it., 1997, I, 3151, con nota di CIPRIANI, Procura
su foglio separato o procura presunta?; in Corriere giur., 1997, 1159, con commento di ACONE, La
procura speciale alle liti tra tiepidezza del legislatore e contrasti nella Corte; in Gazz. giur., 1997,
vol. 32, 5, con commento di EVANGELISTA, La procura su foglio separato: spunti per una rinnova-
ta riflessione. In dottrina, in tema di procura spillata, si veda CARNELUTTI, Forma della procura
ad litem autenticata dal difensore, in Riv. dir. proc., 1955, 215; SATTA, La procura in foglio più o
meno separato o allungato, in Giust. civ., 1961, 1889; GUARNIERI, Ancora sulla procura in foglio
più o meno separato o allungato, in Riv. dir. proc., 1989, 291.
4Cass., S.U., ord. 16.4.2009, n. 9005, in Riv. dir. proc., 2010, 180 con nota critica di AULET-
TA-DELLAPIETRA, Dalla nomofilachia alla cronofilachia: le Sezioni Unite esigono il tempestivo de-
posito della sentenza munita di relata.
assistito all’applicazione diffusa del c.d. principio di autosufficienza della cen- sura ed alla severa – talvolta oltre i limiti legislativi – lettura dell’ormai abroga- to art. 366 bis c.p.c., o ancora alla formale interpretazione dell’art. 369 c.p.c. in punto di deposito di copia autentica della sentenza4.
In questo quadro, occorre rileggere le disposizioni che regolano il procedi- mento di cassazione, analizzare le norme attraverso le quali la Cassazione nel tempo ha rintracciato delle ipotesi di inammissibilità, cercando – in tal modo – di riqualificare la funzione della Corte: la tutela dell’interesse dei litiganti alla decisione della singola controversia è strumento per la realizzazione di un fine pubblicistico, costituzionalmente garantito, quello – cioè – della tutela dello ius constitutionis.
Ciò non implica una degradazione degli interessi dei privati in gioco, bensì la loro convivenza – non sempre facile – rispetto all’interesse pubblico, che po- ne all’interprete il compito di trovare, nella risoluzione della controversia e – prima ancora – nell’esegesi delle regole che governano il giudizio di legittimità, la soluzione che meglio si adatta a raggiungere quello scopo misto o ibrido che la Corte di cassazione è chiamata a perseguire.
La nomofilachia rappresenta, nell’ottica dello ius litigatoris, il fine indiretto e la direttiva ermeneutica alla quale occorre adeguarsi: le disposizioni relative al procedimento di cassazione che tendono a regolare le attività delle parti ed i poteri della Corte vanno lette ed interpretate non solo affinché la decisione del
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giudice di legittimità possa stabilire la giustizia del caso concreto e possa “de- purare” la decisione impugnata dei vizi di legittimità denunciati dai litiganti, ma anche tenendo conto che quel principio di diritto, enunciato dalla Suprema Corte in occasione della richiesta di cassazione di un determinato provvedi- mento, è espressione mediata di nomofilachia.
Partendo da questa premessa occorre analizzare la disciplina relativa alle re- gole del procedimento del giudizio di legittimità, considerando – di volta in volta – le sue interpretazioni giurisprudenziali, soffermandosi su quelle dispo- sizioni che lasciano intravedere, nella disciplina sullo svolgimento del giudizio e degli oneri imposti alle parti, la necessità di tutelare lo ius litigatoris e, con- temporaneamente, lo ius constitutionis, in modo tale da trovare il punto di equilibrio tra due esigenze che spesso appaiono lontane e talvolta contrastanti. Detto in altro modo, chiarita la funzione della Cassazione nonché la natura della Corte quale giudice di legittimità, bisogna di volta in volta e nell’analisi dei requisiti del ricorso, come interpretati dalla giurisprudenza, verificare qua- li tra essi siano funzionali a garantire la nomofilachia e quali, invece, rappre- sentino dei meri formalismi o deviazioni rispetto allo scopo che le norme pro- cedimentali del giudizio di legittimità vogliono raggiungere.