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La Cassazione “ideale” e il modello europeo

Nel documento Nomofilachia e ricorso in cassazione (pagine 103-105)

De iure condendo, la nomofilachia resterà ancora una espressione polivalen- te e la Cassazione “un personaggio in cerca d’autore”87, fino a quando non si

avrà il coraggio, attraverso complesse riforme, anche costituzionali, di qualifi- care l’organo quale Corte Suprema sul modello europeo, destinata ad occupar- si unicamente delle questioni di particolare importanza, e a strutturarne il pro- cedimento in funzione di una rapida e sollecita enunciazione del principio di diritto, ovvero della corretta interpretazione della norma giuridica, sacrifican- do in qualche caso lo jus litigatoris, e la giustizia del caso concreto a favore uni- camente dei giudici di merito88.

Occorre ancora attendere interventi strutturali, volti ad optare con maggio- re nettezza verso una nomofilachia oggettiva, verso una Corte Suprema che, nel tradizionale dilemma tra jus constitutionis e jus litigatoris, si spinga ad attuare il primo capo dell’alternativa, senza con questo comprimere e vanificare la giu- stizia del caso concreto, ma indirizzando lo jus litigatoris altrove, ovvero nelle fasi di merito di primo e secondo grado89.

90Sul punto si veda la interessante e dettagliata Relazione della Corte Suprema di Cassazio-

ne, Ufficio del Massimario, Le Corti Supreme in Europa: le regole per l’accesso, in www.cortedi-

cassazione.it e ora in Foro it., 2008, V, 239.

91Grande Camera, Zielinski et Pradal e Gonzalez e altri c. Francia, 28 ottobre 1999, § 59. Si

veda, anche, Beian c. Romania, 6 dicembre 2007, §§ 37-39, ove la Corte di Strasburgo afferma che: «Certes, les divergences de jurisprudence constituent, par nature, la conséquence inhérente à tout système judiciaire qui repose sur un ensemble de juridictions du fond ayant autorité sur leur ressort territorial. Cependant, le rôle d’une juridiction suprême est précisément de régler ces contradictions de jurisprudence».

92Faltejsek c. Rep. Ceca, 15 maggio 2008, § 34.

93Sulle soluzioni adottate più di vent’anni fa altrove cfr. SILVESTRIE., L’accesso alle corti di

ultima istanza: rilievi comparatistici, in Foro it., 1987, V, 284.

94Sul quale supra, cap. I, § 4.

Questa sembra essere la prospettiva delle Corti Supreme europee e questa la direzione intrapresa dal legislatore in paesi vicini al nostro: il ruolo che i pae- si europei affidano alla Corte Suprema è quello di essere garante della unifor- me applicazione e dei diritti fondamentali dei cittadini, non di presentarsi co- me giudice di terza istanza90.

Come, infatti, in più occasioni ha affermato la Corte europea per i diritti dell’uomo, “the role of the Court of Cassation is precisely to resolve conflicts between decisions of the courts below”91, fonte di incertezza giuridica (“sour-

ces d’insécurité juridique réduisant la confiance du public dans le système judi- ciaire, et de fixer une interprétation à suivre”92).

Coessenziale a questa funzione è la previsione, attuata da tempo in quasi tutti gli ordinamenti (sia quelli ispirati ad un modello di cassazione pura che quelli ispirati ad un modello di revisione)93, di limiti – per lo più preventivi –

alla ricorribilità dinanzi alla Corte Suprema dei provvedimenti dei giudici di merito.

Così accade in Spagna, dove le sentenze di merito sono impugnabili dinan- zi al Tribunal Supremo, in materia civile, soltanto quando hanno ad oggetto la tutela di diritti fondamentali, quando il valore della causa eccede 150.000 euro o quando la decisione del ricorso presenta un “interés casacional” (che sussiste quando la sentenza impugnata si opponga ad una giurisprudenza consolidata del Tribunal Supremo o riguardi questioni sulle quali esiste un contrasto di giu- risprudenza presso i giudici di merito o applichi una norma vigente da meno di cinque anni); e, in materia penale, allorché si giudichi di un reato punito con pena non inferiore nel massimo a cinque anni.

Non dissimile dal modello tedesco94si presenta il sistema austriaco: in ma-

teria civile, il ricorso alla Corte Suprema è assoggettato a limitazioni legate al va- lore dell’oggetto ovvero all’importanza della questione giuridica trattata, intesa

95In quest’ottica va letta la lunga evoluzione giurisprudenziale relativa al dibattuto problema

della c.d. “procura spillata”, o ancora quell’interpretazione dell’art. 366 c.p.c. previgente in tema di principio di autosufficienza del ricorso, nonché la rigorosa applicazione dell’art. 366 bis c.p.c. in tema di formulazione dei motivi. Sul punto infra, cap. III.

96L’espressione è efficacemente utilizzata da VERDE, In difesa dello ius litigatoris (sulla Cas-

sazione com’è e come si vorrebbe che fosse), in Riv. dir. proc., cit., 1.

96 NOMOFILACHIA E RICORSO IN CASSAZIONE

come rilevanza ai fini dei principi dell’unitarietà della giurisdizione o della cer- tezza del diritto, ovvero in relazione all’interpretazione della legge; in materia penale, non è consentito il ricorso avverso le pronunce dei giudici monocratici delle corti provinciali o distrettuali, competenti in materia di reati minori.

Il Regno Unito conosce dal 1934 un filtro per l’ammissibilità del ricorso al- la Supreme Court of the United Kingdom: si tratta del leave to appeal, che costi- tuisce una sorta di autorizzazione preventiva, la quale deve essere concessa dal giudice a quo o, in caso di suo rifiuto, dalla stessa Corte Suprema, con la pre- sentazione di una petition. La decisione di dichiarare l’ammissibilità del caso dipende sostanzialmente dal rilievo pubblico generale della questione di dirit- to sollevata dal ricorso.

Il sistema del leave to appeal caratterizza anche i sistemi svedese, finlandese e norvegese.

Nel panorama europeo, la Corte di cassazione italiana rappresenta, quindi, un esempio unico.

L’essere la Corte di cassazione italiana chiamata a svolgere una duplice fun- zione che va sotto il nome unitario di nomofilachia comporta che i meccanismi di autodifesa volti a privilegiare l’interesse pubblico e le interpretazioni non sempre coerenti con il dato normativo di alcune disposizioni processuali non possono trovare una giustificazione normativa all’interno del sistema: nell’otti- ca di ridurre le pendenze che “affliggono” la Corte sono stati ideati, spesso ri- correndo ad una interpretazione “antiletterale” della legge, sanzioni proces- suali collegate ad istituti95pensati, in realtà, per meglio attuare il solo interesse

pubblicistico. Tali strumenti di malthusiana matrice96, seppure idonei ad inci-

dere sul numero dei ricorsi pendenti, non si rivelano funzionali alla realizzazio- ne della funzione di nomofilachia.

12. La nomofilachia, le scelte di politica legislativa, l’interpretazione della

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