• Non ci sono risultati.

La nomofilachia: considerazioni introduttive

Nel documento Nomofilachia e ricorso in cassazione (pagine 56-58)

L’espressione utilizzata per specificare la funzione della Corte di cassazione è la nomofilachia. Parola di oscuro e contraddittorio significato; formula in bianco “riempita” di diversi significati, a seconda dei tempi, ma costantemente richiamata – dalla giurisprudenza come dalla dottrina e, oggi, anche dal legisla- tore – per attribuire alla giurisdizione di legittimità un obiettivo caratterizzan- te (ed ulteriore) rispetto a quello perseguito dai giudici di merito1.

48 NOMOFILACHIA E RICORSO IN CASSAZIONE

2Come ritenuto da FABIANIM., Riflessioni inattuali su formalismo giudiziario e quesito di di-

ritto, in Foro it., 2008, V, 226 nel nuovo giudizio di cassazione «vi possiamo scorgere una decisa

sterzata verso la recuperata funzione nomofilattica … ma anche – per converso – un timido ac- costamento alla visione della corte come giudice di terza istanza». A giudizio dell’A., «il moven- te per la riforma del giudizio di cassazione non è espressione di un (nobile?) intento di ricreare un clima austero attorno al palazzo di piazza Cavour o, all’opposto, di una scelta di avvicinare il ruolo del giudice supremo a quello delle parti, in una sorta di giudice chiamato, al fondo, a dire la parola fine alla singola vicenda fattuale, senza essere ingessato dal ruolo che l’ordinamento giu- diziario assegna alla corte … il movente più verosimile … (è) stato quello di cercare di risolvere una situazione, ormai endemica, in cui la Cassazione si è venuta a trovare: il dilagante, incessan- te e mai recessivo aumento del numero dei ricorsi, cui corrisponde quasi geometricamente l’au- mento delle decisioni e l’incremento dei contrasti giurisprudenziali (per tacere della quasi fisio- logica riduzione della “qualità decisoria»)» Sul punto anche VERDE, In difesa dello ius litigatoris

(sulla Cassazione com’è e come si vorrebbe che fosse), in www iudicium.it, ora in Riv. dir. proc.

2008, 1.

3Proprio in virtù del raggiungimento della nomofilachia, la Corte costituzionale, con la sen-

tenza 16.4.2008, n. 98, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità dell’art. 26, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 40/2006, sollevate in riferimento agli artt. 76 e 77, comma 1, Cost., affermando – tra l’altro – che «la configurazione dell’appello come “filtro” al ricorso per Cassazione, l’esi- genza e l’auspico della sua introduzione, costituivano, … alla data di approvazione della legge delega, un obiettivo largamente condiviso, al punto che, all’esito di un dibattito ultradecennale sulla Corte Suprema di cassazione, l’espressione “disciplina del processo in funzione nomofilat- tica”, nell’accezione comune ed in quella tecnico-giuridica, ha finito con l’assumere il significato anche di rafforzamento di detta funzione. Di questo contesto, dà conto anche la Relazione mini- steriale allo schema di decreto-delegato, correttamente esplicitando sul punto che “il recupero e la valorizzazione della funzione nomofilattica della Corte – che costituisce il principio orientato- re della delega … – non può non passare attraverso una razionalizzazione delle attività della Cor-

Nonostante le incertezze interpretative confondano il reale significato e l’ef- fettiva portata dell’espressione, la nomofilachia rappresenta oggi (più di ieri) il fulcro dell’istituto, il criterio primario al quale modellare l’intero tessuto nor- mativo concernente il procedimento di cassazione ed il canone ermeneutico al quale ispirarsi nell’interpretazione delle regole che disciplinano l’attività della Cassazione. La centralità di tale nozione nel sistema volto a delineare i caratte- ri della Suprema Corte e delle regole che ne governano il giudizio induce a cer- care di attribuire un significato concreto all’espressione, di per sé idonea a ri- manere una mera entità astratta.

L’esempio emblematico della “modellabilità” e variabilità del concetto di nomofilachia a seconda del tempo e delle diverse esigenze da tutelare è offerto dal legislatore delegante della riforma del giudizio di cassazione del 2006 e rafforzato da quello delegato2: l’elevare la funzione nomofilattica a criterio gui-

da e di orientamento per ridisegnare indistintamente le regole del procedimen- to di cassazione – sia quelle volte a potenziare il sindacato della Corte, sia quel- le deputate a ridurre le pendenze che affliggono la Cassazione3, sia ancora

te e delle ipotesi di intervento della stessa attualmente contemplate dall’ordinamento”, e cioè an- che attraverso una riduzione dei casi di inappellabilità delle sentenze, “al fine di evitare che il giu- dizio di diritto, e dunque l’esercizio della funzione nomofilattica, vengano inquinati da impropri elementi di fatto, riversati sulla Corte proprio a causa dell’assenza del filtro intermedio” …».

4Sulla base della discussa riforma dell’ordinamento giudiziario (legge 25.7.2005, n. 150,

pubblicata nel supplemento ordinario n. 134/L alla Gazzetta Ufficiale del 29.7.2005, n. 175), – in relazione ai profili qui analizzati – si è previsto, tra l’altro, all’art. 1 lett. c) ed e) la delega al Go- verno ad «istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione» ed a «modificare l’organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima». In particolare, dispone l’art. 5 – relativo all’organico ed alla disciplina dei magistrati destinati alla Cassazione – che «nell’attuazione della delega di cui all’art. 1, comma 1, lett. e), il Governo si at- tiene ai seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere la soppressione di quindici posti di ma- gistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di ma- gistrato d’appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostitu- zione con altrettanti posti di magistrato di cassazione; b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostitu- zione con altrettanti posti di magistrato di tribunale; c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a presta- re servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo; d) prevedere che il servizio prestato per al- meno otto anni presso l’ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale nell’attribuzione delle funzioni giudicanti di legitti- mità».

5La formulazione del vigente art. 65 dell’ordinamento giudiziario è espressione diretta del

pensiero di CALAMANDREI, La Cassazione civile cit., in Opere Giuridiche cit., VII, 33 e ss. Sul

punto si veda TARUFFO, op. ult. cit., 351 e ss. il quale sottolinea efficacemente come il principio

quelle destinate ad ampliare e, probabilmente, a ritardare le decisioni dei giu- dici di legittimità – se, da un lato, dimostra la centralità della nozione in esame, dall’altro, rischia di privarla di qualsiasi significato concreto fino alla sua iden- tificazione con un concetto polivalente e camaleontico.

Al fine di concretizzare e di indagare la reale ed attuale portata della nomo- filachia, occorre ritrovarne le origini e ripercorrere criticamente i diversi signi- ficati che nel tempo sono stati ad essa attribuiti, dalla dottrina e dalla giuri- sprudenza, fino a ricercare il fondamento normativo che ancora oggi giustifica l’adozione della nomofilachia quale parametro primario al quale informare le scelte legislative ed interpretative del procedimento di cassazione astrattamen- te ipotizzabili.

Nel documento Nomofilachia e ricorso in cassazione (pagine 56-58)