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Articolazione dei contributi per regione e tipologia nel

L’ ALLEVAMENTO DEL BOVINO DA CARNE IN V ENETO , P IEMONTE E S ICILIA

Allegato 5.7 Articolazione dei contributi per regione e tipologia nel

Veneto 2006 %

OCM18 OCM colture: premio colture energetiche (1782/03) 15.477 0,37 OCM23 Aiuto supplem.qualità seminativi (art.69 1782/03) 51.676 1,22 OCM24 Aiuto supplementare qualità carni (art.69 1782/03) 335.479 7,93 MOD01 Aiuti al reddito - aiuto supplem. (art.12 1782/03) 6.581 0,16 PSR05 Zone soggette a svantaggi naturali (Mis. 5.a) 21.534 0,51 PUA01 Pagamento unico disaccoppiato 3.721.280 88,00 PUA02 Set aside obbligatorio 73.099 1,73

Totale 4.225.126 100,00

Piemonte 2006 %

OCM17 OCM colture: premio colture proteiche (1782/03) 263 0,01 OCM22 OCM colture: aiuto specifico per il riso (1782/03) 740 0,02 OCM23 Aiuto supplem.qualità seminativi (art.69 1782/03) 58.892 1,82 OCM24 Aiuto supplementare qualità carni (art.69 1782/03) 160.254 4,96 MOD01 Aiuti al reddito - aiuto supplem. (art.12 1782/03) 21.831 0,68 PSR07 PSR Mis.F: agroamb.-Az.1:produzione integrata 30.120 0,93 PSR08 PSR Mis.F: agroamb.-Az.2:produzione biologica 48.098 1,49 PSR13 PSR Mis.F: agroamb.-Az.9:razze locali in estinz. 5.904 0,18 PSR11 PSR Mis.F: agroamb.-Az.6:sist.pascolivi estensivi 61.357 1,90 PSR12 PSR Mis.F: agroamb.-Az.7:conservaz.agroecosistema

PSR06 PSR Mis.E: indennità compensativa zone svantaggia. 73.399 2,27 PSR01 PSR Mis.A: investimenti nelle aziende agricole

PSR23 PSR Mis.K: ricomposizione fondiaria

PSR29 PSR Mis.U: ricostituz.potenz.agr.dannegg./prevenz. 30.819 0,95 PUA01 Pagamento unico disaccoppiato 2.692.131 83,32 PUA02 Set aside obbligatorio 47.418 1,47

Totale 3.231.226 100,00

Sicilia 2006 %

OCM16 OCM colture: premio specif.qual.frum.duro(1782/03) 1.228 0,17 OCM19 OCM colture: premio frutta a guscio (1782/03) 152 0,02 OCM23 Aiuto supplem.qualità seminativi (art.69 1782/03) 32.691 4,58 OCM24 Aiuto supplementare qualità carni (art.69 1782/03) 61.090 8,55 MOD01 Aiuti al reddito - aiuto supplem. (art.12 1782/03) 9.349 1,31 PSR02 F.1b agroamb.: Agricoltura e zootecnia biologica 102.506 14,35 POR05 Mis.4.2.2 Insediamento giovani agricoltori 24.164 3,38 PSR07 E.1 Zone svantaggiate (manten. attività agricole) 500 0,07 PUA01 Pagamento unico disaccoppiato 482.498 67,56

Totale 714.178 100,00

C

Roberto Henke - Maria Carmela Macrì

L’allevamento del bovino da carne contribuisce per circa il 7% al valore dell’intera produzione agricola italiana e per poco meno di un quarto all’offerta complessiva della sola zootecnia. Si tratta dun- que di un comparto importante che, però, come del resto gli altri comparti zootecnici, ha dimostrato alcu- ne debolezze connesse soprattutto ad aspetti sanitari. La continuità con cui in Europa si ripropongono le emergenze sanitarie nel mondo della zootecnia (diossina nelle carni di pollo e di maiale, bse, influenza aviaria, salmonella nelle uova, Escherichia Coli negli hamburger, epidemie di lingua blu) si spiega in buona parte con la notevole intensità produttiva e la ricerca di economie di scala che ha determinato il prevalere di un modello produttivo organizzato in segmenti specializzati e interdipendenti – industria dei mangimi, allevamento, macellazione e trasformazione, distribuzione – in cui le criticità proprie anche di un solo componente si riverberano facilmente su tutta la filiera. Sebbene vincente rispetto all’obiettivo di rendere accessibile a tutti il consumo di carne senza compromettere la redditività del settore, questo modello ha trovato un limite nella sostenibilità ambientale da un lato e nel cambiamento delle preferenze dei consumatori dall’altro.

Come abbiamo visto nel capitolo 1, la struttura produttiva italiana, sia per la fase primaria sia nella fase di macellazione e lavorazione, è molto concentrata in poche regioni del nord: Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna. Per quanto la concentrazione territoriale possa costituire un ele- mento di forza, per le sinergie che si creano nei contesti specializzati, dal punto di vista della sostenibilità ambientale è sicuramente un fattore critico.

Allo stesso tempo, almeno per quanto riguarda la fase primaria, sembrerebbe essere in atto un pro- cesso di riduzione dell’intensità produttiva e di recupero del legame dell’allevamento con la terra, favori- to dalla politiche ma anche dal fatto che i consumi di carne non sembrano presentare ulteriori margini di espansione. La tendenza verso una riduzione dell’intensità di carico riguarda sia l’Italia che il totale dell’Europa (per un’esigenza di continuità della serie temporale si è considerato l’aggregato Unione a 15) ma con modalità piuttosto diverse. Infatti, se il numero di capi allevato diminuisce in Italia come nel resto d’Europa, le superfici a pascolo sono rimaste pressoché invariate in Italia mentre diminuiscono a livello europeo e, al contrario, le superfici a foraggi diminuiscono in Italia mentre crescono a livello di Unione. Ad ogni modo, in Italia esistono segnali interessanti a riguardo del numero medio di capi per azienda che lascia intravedere la possibilità di cambiamenti sul modello produttivo.

L’altro elemento critico che emerge dal capitolo 1 è la forte dipendenza del modello di allevamen- to da carne italiano sia a livello microeconomico, cioè dell’azienda dall’esterno, sia a livello macroeco- nomico cioè del Paese dall’estero, in particolare dalla Francia.

Come viene messo in evidenza nel capitolo 2, il comparto della carne bovina si è strutturato come oggi ci appare in seguito alla crescita vorticosa dei consumi degli anni del “miracolo economico” italia- no, quando il consumo di carne pro-capite è pressoché raddoppiato. Allora in Italia, sull’onda della modernizzazione e dell’industrializzazione dell’attività primaria, si è sviluppato un sistema di produzione di carne bovina concentrato in quelle aree del Nord che presentavano una significativa produzione di mais e, pertanto, risultavano competitive nei costi di alimentazione. Allo stesso tempo, però, si delineava quella dipendenza dall’estero per l’acquisto dei capi da allevamento che si presenta oggi come uno dei punti di debolezza messo in evidenza anche nell’analisi SWOT accanto ad altri elementi chiave: le diffi- coltà legate ai costi di adeguamento derivati dai nuovi vincoli di natura ambientale e sanitaria; la fram- mentazione della proprietà; la scarsa differenziazione del prodotto. Allo stesso tempo, sono riconosciuti al comparto numerosi punti di forza. In particolare, un ruolo rilevante tra questi è rivestito dal

autoctone pregiate e di prodotti tipici in possesso di un grande potenziale di penetrazione nel mercato nazionale e estero. Si conclude dunque che si dovrebbe fidelizzare il consumatore attraverso opportune politiche di qualità, relazioni trasparenti di filiera, e per la aree marginali e le produzioni di nicchia la vendita diretta.

La rassegna della normativa svolta nel capitolo 3 ha messo in risalto la centralità del consumatore nello sviluppo dell’economia europea e, per le notevoli implicazioni sulla salute del consumatore e sulla sostenibilità ambientale, in particolare del settore agro-alimentare. I cambiamenti socio-economici inter- venuti hanno, infatti, spostato l’obiettivo delle politiche dall’esigenza di modernizzazione del settore agricolo, al fine di aumentarne le rese, a quello di migliorarne la qualità delle produzioni. D’altro canto, le crisi sanitarie che a più riprese hanno colpito vari comparti zootecnici hanno intimorito il consumatore che è diventato sempre più esigente ed attento alla provenienza del prodotto finale. Per gestire efficace- mente le crisi sanitarie e per superare la diffidenza del consumatore, il comparto bovino è stato dotato di un sistema di rintracciabilità già prima che quest’ultima divenisse una regola generale del settore agro- alimentare. Allo stesso tempo, è stata prevista la possibilità di implementare forme di certificazione da stabilire volontariamente attraverso disciplinari di produzione. Queste possono riguardare caratteristiche sia dell’animale sia del sistema produttivo adottato. La possibilità di forme di certificazione volontaria presenta prospettive interessanti, soprattutto per quegli aspetti che mostrano particolare complessità ad essere affrontati e risolti attraverso la fissazione di standard obbligatori. In questo senso, un esempio par- ticolarmente significativo è il benessere degli animali, che può essere inteso come obiettivo di salute del- l’animale e, quindi, di salubrità degli alimenti, ma anche come “maggiore naturalità” del ciclo produttivo e, quindi, di migliore sostenibilità ambientale, nonché come fatto puramente etico. Dal momento che ogni requisito minimo introduce costi aggiuntivi e riduce la competitività internazionale delle produzio- ni, è importante stabilire fino a quale livello deve intervenire una norma cogente lasciando il resto alle strategie aziendali di diversificazione di prodotto.

L’anagrafe bovina istituita in adempimento del regolamento 1760/2000 e pienamente riconosciuta con decisione della Commissione del 13 febbraio 2006, rappresenta uno strumento importante di moni- toraggio del patrimonio zootecnico italiano. Il sistema di identificazione, come viene descritto nel capito- lo 4, si basa su alcuni elementi fondamentali: i marchi auricolari, i documenti identificativi (“passaporti”) sui quali sono registrati i passaggi aziendali di ogni animale; i registri aziendali, nonché la banca dati nazionale informatizzata. Questa ultima è articolata su tre livelli: il servizio veterinario, il livello regiona- le e quello centrale.

Oltre ad essere uno strumento di politica sanitaria, la banca dati consente una conoscenza conti- nuamente aggiornata delle consistenze e delle razze sul territorio – come si evince dalle informazioni contenute nel capitolo – e presenta anche un alto potenziale informativo utile per la politica di settore quanto per la ricerca.

Infine, nel capitolo 5 si è proceduto ad un’analisi della redditività delle aziende che allevano bovi- ni da carne in Veneto, Piemonte e Sicilia presenti nella banca dati RICA. In particolare, sono stati estratti i dati strutturali ed economici (superficie, unità di lavoro, produzione lorda vendibile, costi fissi e varia- bili, reddito netto, ecc), relativi alle aziende specializzate nell’allevamento dei bovini da carne. Sulla base di questi dati sono stati costruiti indicatori economici e di bilancio per valutare la redditività del compar- to in un’ottica di confronto tra le tre realtà regionali e a livello nazionale. La scelta delle tre regioni è stata dettata dalla volontà di cogliere le specificità dei modelli di produzione legati al contesto territoria- le. Infatti, il sistema “a ciclo aperto” non individua una tipologia produttiva unica ed omogenea sul terri- torio italiano: nell’area padano-veneta si caratterizza per le dimensioni più elevate, la specializzazione nelle razze da carne francesi ad alta produttività (soprattutto la Limousine e la Charolais) e una forte dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento dei “ristalli”; in Piemonte, dove si registra un’elevata

ricorso al mercato estero ha un carattere residuale e si rivolge per lo più a razze pregiate come la Blonde d’Aquitanie; infine, in Sicilia l’allevamento di bovini da carne appare più concentrato nelle aree interne svantaggiate e di montagna ed ha carattere più estensivo.

Dall’analisi dei dati RICA emergono alcune chiare differenze territoriali: in particolare, il Veneto presenta più elevata specializzazione e intensità produttiva, nonché maggiore efficienza. In generale, però, dall’evoluzione dei dati del comparto nel quadriennio 2000-2006 e dall’analisi degli indici di bilan- cio emerge che la performance economica dell’allevamento dei bovini da carne andrebbe migliorata attraverso una riduzione dei costi, oppure con una migliore e più diretta valorizzazione delle produzioni.

In definitiva, però, la strategia di riduzione dei costi, che poi è quella fino ad oggi perseguita, non sembra presentare ulteriori margini di sviluppo, pertanto si dovrebbe indagare se la “dimensione dei consumatori” non possa essere utilmente integrata nelle strategie aziendali, non tanto come vincolo ma come opportunità da cogliere cui uniformare l’innovazione aziendale per sviluppare la qualità dei pro- dotti e aumentare il valore aggiunto che il settore è in grado di creare e distribuire al suo interno e lungo la filiera.

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