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L’organizzazione del canale di distribuzione della carne bovina in Italia 1 Considerazioni di sintesi sulla struttura del canale di distribuzione della carne bovina

A NALISI DEL CANALE DI DISTRIBUZIONE DELLA CARNE BOVINA IN I TALIA

2.2 L’organizzazione del canale di distribuzione della carne bovina in Italia 1 Considerazioni di sintesi sulla struttura del canale di distribuzione della carne bovina

L’attuale struttura del canale di distribuzione della carne bovina italiana è frutto di un’articolata evoluzione dettata dai cambiamenti socio-economici e dal cambiamento di orientamento della politica economica di settore.

Il canale di distribuzione della carne bovina in Italia si presenta abbastanza complesso sia dal punto di vista strutturale che organizzativo e questo a causa, principalmente, della notevole atomizzazio- ne della fase agricola e industriale e dei notevoli flussi di importazioni estere tanto di animali vivi che di carne. In riferimento a questo ultimo aspetto si sottolinea come l’Italia, a livello europeo, rappresenti uno dei principali mercati di consumo; ciononostante mostra un’offerta di fatto insufficiente a coprire i fabbi- sogni nazionali. Ciò porta il nostro paese ad essere del tutto dipendente dalle importazioni da altri paesi membri dell’Unione europea. Come ampiamente descritto nel capitolo 1, gli acquisti esteri italiani sono orientati sia alla carne (fresca e refrigerata) che all’animale vivo da ingrassare sul territorio nazionale.

I motivi di questa dipendenza vengono da lontano e precisamente dal ventennio compreso tra il 1960 e il 1980, quando i consumi interni pro-capite sono pressoché raddoppiati. In particolare, a partire dalla seconda metà degli anni sessanta il nostro paese ha iniziato a creare un proprio sistema di produzio- ne di carne bovina fondato su alcuni principali fondamenti: innanzitutto un sistema di concentrazione

della produzione in alcune regioni settentrionali (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) a causa della presenza di una produzione significativa di mais da granella e di altri mangimi che rendevano i costi di produzione di bovini in queste aree abbastanza competitivi; in secondo luogo, l’importazione di bovini vivi e carne dall’Europa centrale e settentrionale a causa dell’offerta interna insufficiente.

Tutto ciò ha fortemente condizionato il canale di distribuzione della carne bovina che di fatto ha iniziato ad articolarsi su un numero abbastanza elevato di allevamenti, aziende di macellazione e lavora- zione della carne di piccole e grandi dimensioni, industrie di macellazione e lavorazione delle carni (a volte con processi produttivi integrati a monte), grande distribuzione e punti vendita tradizionali e un insieme di intermediari operanti a tutti i livelli lungo il canale.

Di seguito si riporta una descrizione sintetica degli operatori che sono inseriti nel canale di distri- buzione della carne bovina.

• Aziende mangimistiche: la complessa normativa relativa al settore mangimistico2, che impone

alle aziende più direttamente coinvolte nella produzione di alimenti di origine animale (allevatori e produttori di mangimi) una serie obblighi, fa rientrare questa fase all’interno dei principali attori del canale di distribuzione della carne. Nello specifico si sottolinea come in Italia siano presenti quasi 1.000 aziende mangimistiche (che forniscono alimenti agli allevamenti animali) anche se di fatto metà della produzione si concentra in poche aziende, tra cui il gruppo Veronesi, leader del mercato.

• Allevamento: in riferimento, invece, alle aziende di allevamento bovino, si osserva come queste

siano molto numerose (circa 15 mila3) e con dimensioni, relativamente al numero dei capi

allevati, assai disomogenee tra le diverse aree del paese e con strutture di allevamento molto diverse e una netta contrapposizione tra allevamenti di medie e grandi dimensioni - capaci di rispondere adeguatamente alle esigenze degli operatori a valle del canale e in grado di avere un potere contrattuale in qualche modo adeguato alla forza dei propri clienti - e allevamenti di piccole dimensioni, che poco riescono ad incidere rispetto agli operatori a valle. Quindi, la fase dell’allevamento bovino risulta molto eterogenea, con numerosi allevamenti di piccole dimensioni che coesistono con poche grandi strutture a carattere industriale. Si sottolinea, comunque, come negli ultimi anni la dimensione media degli operatori sia in crescita. La capacità di fare impresa degli allevamenti di piccole-medie dimensioni è spesso legata alla tipicità del prodotto finale o della razza allevata. In riferimento alle razze bovine presenti negli allevamenti italiani si fa presente come - a fianco di quelle di importazione, principalmente dalla Francia - vi siano razze italiane di grande pregio quali: la Chianina, la Piemontese, la Podolica, la Marchigiana, etc. Per quanto riguarda le razze autoctone italiane, la tutela è affidata a due consorzi: CCBI (consorzio produttori carne bovina pregiata delle razze italiane) e ARAS (associazione regionale allevamenti alternativi e selvaggina).

• Macellazione: tra gli operatori a valle, rispetto allo stadio dell’allevamento, lungo il canale di distribuzione di carne bovina troviamo gli stabilimenti di macellazione, lavorazione e deposito dei prodotti carnei. Queste aziende possono essere integrate verticalmente con il settore a monte e, normalmente, sono proprio le aziende di dimensioni maggiori a creare delle relazioni contrattuali con gli operatori a monte. Gli stabilimenti di macellazione esistenti nel nostro paese mostrano di fatto un forte dualismo tra le strutture produttive di grandi dimensioni e quelle, invece, di piccole dimensioni. Il numero degli impianti a capacità industriale è, comunque, in

2 Dal “Libro Bianco” sulla sicurezza alimentare della Commissione Ue del 2000 sono scaturite normative specifiche per il settore dell’ali- mentazione animale che hanno modificato sensibilmente il quadro legislativo. La novità più significativa, d’altro canto, la si ritrova nel Regolamento 178/2002 che, oltre alla rintracciabilità obbligatoria per i prodotti dell’alimentazione animale, ha sancito il principio che la legislazione per il comparto mangimistico rientra in quella alimentare. Inoltre, il recente Regolamento CE 183/2005 sull’igiene dei man- gimi stabilisce l’obbligo della registrazione per tutti gli attori delle filiere zootecniche.

rapida crescita; essi sono concentrati nelle principali regioni di produzione di carne bovina e una

quota significativa degli stessi ha il bollo CE4. In riferimento agli impianti di sezionamento,

questi sono circa 2.000, di cui alcuni annessi ad impianti di macellazione. Si sottolinea, comunque, come il comparto della macellazione sia interessato da un processo di razionalizzazione tanto che gli impianti industriali lavorano all’incirca il 70% della carne

macellata in Italia5.

• Aziende di lavorazione: in riferimento alla fase di lavorazione e trasformazione delle carni si

sottolinea come in Italia il mercato sia dominato da due grandi operatori: Inalca6 (del gruppo

Cremonini) e Unipeg (consorzio cooperativo costituito da Unicarni di Reggio Emilia e Macello cooperativo di Pegognaga). Queste grandi aziende dispongono di impianti molto moderni, con livelli di automazione elevati e spesso hanno sviluppato propri brevetti. Per quanto riguarda il rapporto tra tali operatori e gli allevamenti si osserva come questo sia molto spesso di tipo diretto e ciò comporta una riduzione degli intermediari e grossisti.

• Vendita finale della carne bovina: il sistema di distribuzione nel corso degli ultimi vent’anni è radicalmente cambiato in quanto i consumatori prediligono sempre più l’acquisto presso i punti di vendita della distribuzione moderna e ciò comporta una riorganizzazione del canale di distribuzione della carne bovina. Infatti, circa il 50% degli acquisti di carne bovina sono oggi

effettuati nella GDO7 e man mano che il dettaglio tradizionale (macellerie di fiducia)

perde quote di mercato nella vendita della carne, si riduce proporzionalmente la quota di prodotto che passa attraverso gli intermediari-grossisti e i mercati del fresco. Nelle regioni italiane (soprattutto in quelle settentrionali) dove la vendita di carne è realizzata principalmente presso i punti di vendita della distribuzione moderna, lungo il canale di distribuzione si riducono i passaggi commerciali e i rapporti sono regolati da relazioni di tipo diretto. In ogni caso, per quanto riguarda i punti di vendita della carne bovina si sottolinea un forte dualismo tra le diverse aree del paese. In particolare, se le grandi superfici di vendita sono principalmente preferite dai consumatori del Nord, il macellaio di fiducia trova maggiori consensi nelle regioni meridionali. Negli ultimi anni, inoltre, sta crescendo notevolmente il consumo di carne presso il canale Horeca: i cambiamenti degli stili di vita (prima su tutto il lavoro di entrambi i coniugi all’interno del nucleo familiare) stanno via via spostando il luogo di consumo dei prodotti carnei dall’ambiente domestico a mense, ristoranti ed altro. Questo canale mostra una tipologia di approvvigionamento molto diversificata: grande distribuzione, mercato del fresco, acquisto diretto presso le aziende di lavorazione della carne, etc. Le forme di approvvigionamento sono diverse a seconda che si consideri fast-food, catene di bar-ristoranti, ristoranti singoli, etc. Una forma di vendita più moderna, inoltre, è rappresentata dalla vendita diretta e più specificamente dai farmers’ market. Questo canale di sbocco ha visto una grossa crescita in Italia partendo dall’interessamento del MiPAAF, con l'emanazione del decreto sui mercati riservati all'esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli (entrato in vigore dal 1 gennaio 2008).

• Tutti questi operatori sono messi in relazione tra loro da aziende che offrono servizi: trasporto, logistica, supporti informatici e altro. Queste aziende possono essere di proprietà diretta dei

4 Le direttive 91/497 e 95/23 stabiliscono l’adeguamento delle strutture di macellazione a determinati requisiti igienico-sanitari individuati dalla UE (bollo CE). È imposto, a tutti gli impianti di macellazione, lavorazione e conservazione delle carni, l’apposizione di un bollo CE (ad esclusione di quelli a capacità limitata) e l’effettuazione di un regolare controllo igienico delle produzioni, degli impianti e della lavo- razione delle carni. Per effetto delle continue proroghe concesse agli stabilimenti non ancora in regola è prevista l’esistenza di tre diffe- renziati tipi di macello: a Bollo CE, in deroga permanente (macelli a capacità limitata), in deroga temporanea.

5 Ismea, Il mercato della carne bovina, annate varie.

6 L'azienda ha una capacità di macellazione complessiva pari a 600.000 bovini all'anno; essa si posiziona tra i grandi produttori europei di hamburger (oltre 28.000 tonnellate/anno).

mangimifici, delle aziende di allevamento, di trasformazione e di intermediari che si inseriscono nelle diverse fasi del canale di distribuzione. In molti casi, i fornitori di servizi sono soggetti terzi con i quali vengono realizzati contratti specifici e temporanei.

Figura 2.2 - Canale di distribuzione della carne bovina

2.2.2 La gestione del canale di distribuzione della carne bovina: il ruolo della logistica

All’interno del canale di distribuzione della carne bovina, a fronte della crescita sempre maggiore degli acquisti presso i punti di vendita della grande distribuzione moderna, la logistica sta via via assu- mendo un ruolo sempre più di rilievo e ciò in quanto si configura come un fattore capace di movimentare la merce e il flusso di informazioni di ritorno, in maniera efficiente, dal settore a monte a quello a valle lungo il canale di distribuzione. Perciò il ruolo della logistica diventa centrale per la gestione dei rapporti fra clienti e fornitori (fra allevatori e industria di trasformazione, fra industria alimentare e distribuzione moderna) e, di conseguenza, dell’intero canale di distribuzione.

Si osserva, quindi, come la logistica fornisca gli strumenti di razionalizzazione del canale di distri- buzione in maniera tale che il processo di valorizzazione della carne bovina non dipenda unicamente dagli operatori della filiera in senso stretto bensì anche da altri operatori chiamati ad “intervenire” lungo il cana- le di distribuzione per fornire dei servizi (trasporto, supporto di conoscenze e strumenti informatici, gestione delle scorte, smaltimento dei rifiuti, etc.). Se il sistema descritto è applicato in pieno, ossia tra tutti gli operatori del canale distributivo, si crea una collaborazione necessaria al raggiungimento di un’ef- fettiva razionalizzazione del canale di distribuzione e una gestione ottimale relativamente alla qualità dei prodotti, allora parleremo di catena di approvvigionamento (supply chain) della carne bovina.

Un esempio in tal senso può derivare dall’analisi della gestione della supply chain della carne di McDonalds che si sviluppa su un sistema estremamente integrato con la principale azienda a livello ita- liano, ossia Inalca. In questo ambito McDonalds e Inalca hanno creato un sistema efficace di gestione dei flussi di merci e di informazioni attraverso l’utilizzo efficiente dei trasporti, delle tecnologie del- l’informazione, etc.

Si evidenzia come le attività logistiche nel comparto della carne incidano per oltre il 20% sul prez- zo finale del prodotto, quindi la capacità di razionalizzare rappresenta un fattore di fondamentale impor- tanza per il comparto. A tal fine molte aziende di trasformazione di carne esternalizzano le attività logisti- che e ciò rappresenta una via obbligata se si vuole gestire al meglio proprio quelle attività di “interfaccia” con i clienti finali (magazzino, trasporti, consegne al punto vendita, preparazione dell’ordine, gestione degli stock, fatturazione).

La riorganizzazione logistica dei flussi e la conseguente terziarizzazione delle attività ad essa con- nesse comporta, per gli operatori lungo il canale di distribuzione, la necessità di sviluppare piattaforme

logistiche8per il transito dei prodotti, adibite anche alla preparazione degli ordini. Lo sviluppo delle piat-

taforme in Italia è ancora agli inizi, sia per l’attitudine dominante della GDO alle consegne dirette ai punti vendita, sia per il ritardo degli operatori logistici italiani a cogliere le opportunità offerte dall’outsourcing.

2.2.3 Rapporti tra gli operatori lungo il canale distributivo: il caso della grande distribuzione moderna e l’industria di trasformazione della carne bovina

La struttura e il funzionamento delle relazioni tra industria di trasformazione e grande distribuzione stanno via via cambiando e tutto ormai si fonda su meccanismi e regole nuove. La comprensione del fun- zionamento di questi meccanismi consente di capire quali saranno i cambiamenti della gestione del canale di distribuzione della carne bovina.

Tutto questo porta ad una considerazione di fondo, ossia le aziende di trasformazione per poter ven- dere i propri prodotti alla grande distribuzione devono adeguarsi alle specificità organizzative di quest’ul- tima. In particolare, si evidenzia come l’organizzazione degli acquisti di carne da parte della distribuzione moderna differisca notevolmente a seconda delle insegne. Infatti, possiamo avere insegne distributive che effettuano acquisti di prodotti carnei attraverso un’architettura cosiddetta a “tre livelli”: ovvero un livello

superiore rappresentato dalla centrale acquisti nazionale che seleziona un gruppo di fornitori e realizza delle negoziazioni sulle principali condizioni degli scambi; il livello regionale che può formulare richieste specifiche ai fornitori selezionati dal primo livello per vedere se sono idonei a realizzare gli approvvigio- namenti di carne nei punti vendita delle regione; infine, i singoli punti di vendita che effettuano la scelta finale. Un’altra tipologia organizzativa si articola su due livelli composti da uno stadio superiore situato a livello regionale o di area e un livello relativo al singolo punto di vendita. Infine, si può avere una struttura organizzativa ad un solo livello e funzionante in maniera tale che le scelte vengono realizzate dal buyer nazionale oppure dal responsabile degli acquisti del singolo punto di vendita.

La scelta di un fornitore rispetto ad un altro spesso dipende dalla capacità di questi di rispondere a quanto previsto dai quaderni di campagna imposti dalla grande distribuzione. Inoltre, ulteriore elemento di fondamentale importanza per i fornitori, al fine di portare il loro prodotto sui banchi della distribuzione moderna, è la capacità di rispondere alle nuove sfide in termini di logistica. In particolare, per quanto riguarda la carne il sistema di rifornimento dei punti di vendita è sempre meno legato alla consegna diretta e sempre di più, invece, alla consegna attraverso piattaforme logistiche e magazzini.

La centralizzazione degli acquisti e il ricorso ad una logistica “raffinata” tende a favorire evidente- mente le aziende di trasformazione di grandi dimensioni.

Negli ultimi anni, un altro sistema che si sta sempre più sviluppando nel canale di distribuzione della carne bovina è quello dei “prodotti di filiera”. Molte insegne della distribuzione moderna offrono sui propri banchi carne bovina di “filiera”, ossia prodotti a marca dell’insegna di distribuzione per i quali l’insegna garantisce sulla qualità-controllata rispetto ad altri prodotti carnei venduti all’interno del punto di vendita. Si sottolinea come attualmente circa il 100% della carne venduta, ad esempio, nei punti di vendita di Coop e Conad sia di filiera (una quota sostenuta, rispetto alle altre insegne della distribuzione moderna).

Quindi, negli anni recenti si è assistito ad un processo di rafforzamento delle vendite di carne pres- so la GDO attraverso filiere controllate. Il sistema di organizzazione della “filiera controllata” del prodotto carneo si basa su un quaderno di fornitura stabilito da ogni singola insegna della grande distribuzione al quale i produttori si devono adeguare se vogliono essere referenziati (scelti come fornitori) all’interno dei singoli punti di vendita.