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ARTICOLO 14: UN MODELLO UNITARIO DI CONFERENZA TRA FASE ISTRUTTORIA E FASE DECISORIA.

LA “ NUOVA” CONFERENZA DI SERVIZI: LA DISCIPLINA NELLA LEGGE N 241 DEL 1990, COME MODIFICATA DAL

2.3 ARTICOLO 14: UN MODELLO UNITARIO DI CONFERENZA TRA FASE ISTRUTTORIA E FASE DECISORIA.

Prima di esaminare le modalità di funzionamento della conferenza di servizi è opportuno svolgere alcune considerazioni ulteriori sui “modelli” generali della conferenza disciplinati dalla legge n. 241 del 1990.

L’articolo 14 svolge la funzione di inquadrare l’istituto della conferenza di servizi in termini generali: esso ne delimita il campo di applicazione e, di conseguenza, segna il divario tra gli episodi di svolgimento del procedimento in conferenza e quelli in cui, al contrario, resta in vigore il procedimento lineare. Dall’esame comparativo della disciplina vigente con le precedenti previsioni dedicate all’individuazione dei modelli generali di conferenza di servizi, emerge che le modifiche apportate non incidono sul piano della modellistica generale, non toccano cioè i modelli generali di conferenza di servizi già previsti. L’attuale previsione di apertura della disciplina dedicata alla conferenza di servizi continua, infatti, a far riferimento agli stessi tre modelli generali individuabili anche sulla base della disciplina previgente85: istruttoria, decisoria, preliminare.

Sembra fin da subito opportuno precisare che l’esame che segue si concentra sulla disciplina dei commi 1 e 2 dell’articolo 14 che devono ovviamente venire letti in combinato disposto con l’art. 14-bis, laddove, infatti, i primi delimitano il campo di applicazione dell’istituto, il secondo ne indica il metodo di funzionamento. Si tralascia dunque, in questa sede, la trattazione della conferenza preliminare, comma 3, già definita pre-decisoria e della conferenza per il rilascio di VIA, comma 4, in quanto non integra un nuovo modello generale ma, come si è

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detto, è una conferenza decisoria.

La distinzione operata tra conferenza istruttoria e decisoria muove da un criterio di tipo funzionale. Altre classificazioni si basano su diversi criteri come quello strutturale, che distingue tra conferenza interna ed esterna, ovvero quello che attiene all’oggetto della conferenza che distingue tre modelli generali: la conferenza endoprocedimentale, che si situa all’interno di un solo procedimento; la conferenza in cui convergono più sub-procedimenti o più procedimenti “funzionalmente” collegati; la conferenza apprestata per raccogliere la valutazione di interessi altrimenti apprezzati in più procedimenti tra loro connessi, e cioè che tendono ad unico risultato. Il criterio funzionale sebbene molto semplice ed essenziale può non cogliere sempre in maniera esatta i fenomeni, in quanto anche la conferenza di servizi istruttoria sembra comunque avere margini decisionali piuttosto ampi, al punto che vi è chi ha sostenuto che il criterio funzionale non può fungere da valido parametro di classificazione, non individuando delle differenze tra le varie tipologie tali da farle assegnare a modelli diversi. A sostegno di tale impostazione possono portarsi, a ben vedere proprio le tesi raggiunte da quella parte della dottrina che riconduce le diverse figure di conferenza di servizi in un “modello unitario”, riconoscendo alla conferenza di servizi “natura squisitamente istruttoria”. Tale dottrina, infatti, è ben consapevole della problematica riconduzione dell’attività decisoria nella fase costitutiva del procedimento infatti pur non distinguendo tra decisione e provvedimento e, dunque, non potendo non ricondurre anche la fase terminale del processo decisionale nella fase istruttoria, osserva che la delicatezza del passaggio dalla fase istruttoria alla fase decisionale è stata generalmente assai poco avvertita nella comune, quanto errata, credenza che la c.d. fase di decisione, ovvero costitutiva del procedimento, ne rappresentasse il momento emblematico: l’istruttoria, secondo un presunto modello logico accolto meccanicamente, risultava così “servente” rispetto alla decisione, avrebbe avuto dunque un compito minore, meramente servile in quanto preparatorio per il provvedimento finale, la cui volizione sarebbe stata deliberata o decisa nella fase costitutiva del medesimo. Ma sarà invece nell’istruttoria e, soprattutto, nella chiusura della stessa, che si manifesta in tutta la sua complessa articolazione la ponderazione degli interessi in

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gioco. La chiusura dell’istruttoria non rappresenta più un “momento logico in cui finisce” la fase preparatoria, ma segna un passaggio seriale strategico per tutto il procedimento. Pertanto, è la fase decisionale a risultare servente, in quanto dovrà adottare obbligatoriamente le conclusioni emerse nell’istruttoria. Dunque nelle determinazioni istruttorie risiede, secondo questa impostazione, le veritable clou della ponderazione, in cui, in modo tutt’altro che implicito, viene già determinato quel regolamento degli interessi “codificato” poi dal provvedimento o dall’accordo86

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Concludendo, tale impostazione colloca la conferenza di servizi in un momento anteriore a quello costitutivo degli effetti giuridici, attribuendo, dunque, a tutti i modelli, carattere istruttorio87.

Tuttavia, pur accogliendo la tesi che riconduce la conferenza di servizi in un modello unico, altra parte della dottrina ha sostenuto la teoria che non colloca la conferenza di servizi nella fase istruttoria del procedimento bensì pone l’istituto nella fase decisionale. Infatti non si può mettere in dubbio che la fase decisoria non può essere identificata con il solo momento costitutivo degli effetti, cosicché tutta l’attività di individuazione, valutazione e ponderazione degli interessi pubblici, sino alla individuazione dell’interesse pubblico concreto, apparterrebbe per intero alla attività istruttoria, dalla prima separata ed estranea. Se, quindi, ogni decisione dell’amministrazione, in quanto organizzazione, si snoda entro un processo di ipotizzazione, valutazione delle alternative possibili e nella scelta, fra queste, di quella che rappresenta il maggior grado di adeguatezza rispetto al caso concreto, appare evidente che tutta l’attività amministrativa destinata a concludersi con l’assunzione definitiva della decisione, attività di individuazione in concreto dell’obiettivo da raggiungere e dei mezzi idonei per raggiungerlo, destinata ad essere poi trasfusa nel provvedimento amministrativo finale, non può

86 B. CAVALLO, Provvedimenti e atti amministrativi, in SANTIELLO G. (a cura di), Trattato di

diritto amministrativo, III, CEDAM, Padova, 1993, p. 214.

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G. CUGURRA, La concentrazione dei procedimenti, Relazione al convegno su Procedimenti e

accordi nell’amministrazione locale, Tremezzo 19-21 settembre 1996 in Atti del Convegno, 1997,

pp. 86-87: “Per quanto costituisce il luogo dove si esprime in via definitiva la volontà dei soggetti che vi partecipano, attengono ad una fase del procedimento formalmente anteriore a quella costitutiva degli effetti giuridici dell’atto cui sono preordinate”.

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che essere considerata attività decisoria in senso proprio. È possibile, quindi, offrire una collocazione della conferenza di servizi nella struttura del procedimento maggiormente in sintonia con lo svolgersi reale del processo logico di decisione. Se, infatti, oggetto proprio della conferenza di servizi è la valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati coinvolti in una determinata operazione amministrativa; e se tale valutazione va considerata come il momento culminante e pregnante della fase decisionale; si può allora concludere, sulla linea già tracciata che la conferenza di servizi appartiene a pieno titolo alla fase decisoria del procedimento. La collocazione della conferenza di servizi nella fase decisoria implica che l’esito positivo della conferenza debba sempre essere una decisione in senso tecnico88.

Dunque, si potrebbe dire che “attività istruttoria e attività decisoria costituiscono due facce della stessa medaglia”89

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Si sottolinea, però, l’incapacità della dottrina di portare ad unità l’essenza funzionale e strutturale della conferenza in quanto ancorata rigidamente alla distinzione tra conferenza istruttoria e decisoria. Ciò è evidente anche nel D. lgs. 127/2016 che, pur ripensando interamente l’istituto, non riesce a superare la distinzione tra conferenza istruttoria e conferenza decisoria, esplicitando, ansi, per la prima volta, tale classificazione nel testo della legge stessa e rubricando l’articolo 14, che introduce la disciplina della conferenza, “Conferenze di servizi”, con declinazione al plurale. Inoltre, se prima della riforma sembrava più convincente la teoria che riconosceva alla conferenza una dominante funzione decisionale, il nuovo testo normativo sembra dare, invece, nuovo slancio a quella parte della dottrina che riconosce alla conferenza di servizi un ruolo squisitamente istruttorio. Infatti, l’articolo 14, comma 2 prevede che la conferenza decisoria sia indetta allo scopo della “conclusione positiva” del procedimento, ma l’amministrazione procedente come può sapere, prima dell’indizione della conferenza di servizi decisoria, se vi sarà una conclusione positiva o meno? Deve dunque svolgersi preventivamente una attività istruttoria al fine di raccogliere le informazioni necessarie. È dunque in questo dato testuale che la dottrina,

88 D. D’ORSOGNA, Conferenza di servizi e amministrazione della complessità, cit. pp. 132-133. 89 A. ZITO, Le pretese partecipative del privato nel procedimento amministrativo, Giuffrè, Milano, 1996, p. 133.

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sostenitrice della preponderante funzione istruttoria della conferenza, trova nuovo impulso ritenendo che prima della conferenza decisoria debba quindi tenersi una conferenza istruttoria o, se sussistono i requisiti di particolare complessità, sempre difficili da stabilire, una conferenza preliminare90.

Il problema della collocazione topografica dell’istituto sarebbe, tuttavia, risolto se si approdasse alla conclusione che la conferenza di servizi segue un modello funzionale unitario, in quanto sia che essa venga annoverata nella fase istruttoria91 del procedimento sia che si preferisca configurarla come parte integrante del momento decisorio92 il risultato rimane il medesimo e, soprattutto, dalla scelta

90 A. CIMELLARO- A. FERRUTI, La nuova conferenza di servizi, Maggioli editore, 2016, p. 20. 91 E’ la posizione di B. CAVALLO, Provvedimenti e atti amministrativi, in Trattato di diritto

amministrativo, cit., pp. 214 – 215: “trova, quindi, spiegazione l’unitarietà di simile strumento

procedimentale, che consente la partecipazione di altre amministrazioni, diverse da quella procedente, nell’ambito della fase istruttoria: una diversa opinione, adombrata nella più recente letteratura, assegna l’istituto alla fase decisoria, secondo un dichiarato fine di privilegiare la soluzione pattizia, che può scaturire, ma non necessariamente, dalla conferenza di servizi. Questa è, invece, sempre servente per il procedimento, solo eventualmente per l’accordo di programma: ne segue che non sembra convincete collocare la conferenza al di fuori della fase istruttoria ovvero escogitare distinzioni tra conferenze istruttorie e conferenze decisorie”. Del resto, secondo l’Autore, è “la stessa normativa a confermare la natura squisitamente istruttoria della conferenza, che può essere indetta, in prima ipotesi, qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti nel procedimento; (…) in seconda ipotesi la conferenza potrà essere convocata per acquisire, in termini di accelerazione della fase istruttoria, intese, concerti, nulla osta o assensi… di altre amministrazioni pubbliche; (…) anche sotto questo angolo visuale si può spiegare la scelta in termini di opportunità, non solo temporale, che può suggerire all’amministrazione procedente questa accelerazione della fase istruttoria per acquisire, aliunde, l’atto endoprocedimentale, senza ricorrere all’attivazione del subprocedimento, ma più semplicemente con l’indizione della conferenza e la sua possibile positiva conclusione”.

92 Come sostenuto da F. G. SCOCA, Analisi giuridica della conferenza di servizi, cit. pp. 267 – 268, secondo il quale “se la fase decisoria si fa coincidere con lo svolgersi del processo logico di decisione e non si riduce (ingiustificatamente) alla formulazione o, ancora più, alla (semplice) formalizzazione del provvedimento finale, risulta inevitabile concludere che la valutazione degli interessi pubblici, la individuazione in concreto dell’interesse pubblico da perseguire, la determinazione ossia dell’obiettivo da raggiungere e la individuazione dei mezzi idonei per raggiungerlo, sono l’oggetto (e poi il frutto) di una serie progressiva di scelte tra alternative possibili, che non possono che appartenere all’attività decisoria”. Di conseguenza, “la tesi dottrinale che assegna la conferenza alla fase istruttoria si fonda sul convincimento che la valutazione degli interessi costituisce, insieme alla ricognizione dei fatti, attività istruttoria ovvero sulla riduzione della fase decisoria alla sola fase costitutiva degli effetti, ossia alla sola adozione formale del provvedimento finale. Se peraltro si rammenta, da un lato, la distinzione tra decisione e provvedimento; e, dall’altro lato, gli stadi del processo decisionale (ipotizzazione, valutazione delle possibili alternative e scelta tra di esse) o, se si preferisce, le componenti logiche della decisione, sembra che le tesi surriferite non meritino di essere accolte. In particolare la determinazione del voluto è proprio ciò che contraddistingue lo stato terminale del processo decisionale, coincidendo totalmente con la decisione definitivamente compiuta”. Da tutto ciò, secondo l’Autore, “deriva che anche la conferenza c.d. interna e da molti qualificata come

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dell’una o dell’altra opzione non risulta derivarne alcuna utile conseguenza pratica. Come acutamente osservato in dottrina, infatti, l’ottica prospettica che si dovrebbe assumere nell’esame di questo istituto appare completamente differente: “non si tratta infatti di individuare se la contestualizzazione della valutazione degli interessi avvenga nella fase istruttoria piuttosto che in quella decisoria del procedimento, ma di accettare che l’intero processo di esplicazione della funzione amministrativa, in presenza di particolari presupposti, sia regolato da una peculiare disciplina che si inserisce in quella generale del procedimento amministrativo”.

Tutto ciò considerato, e prima di passare proprio all’esame delle regole di funzionamento dell’istituto, è possibile, affermare che, sebbene la dottrina, come si è detto, abbia fortemente auspicato la riconduzione dell’istituto in un modello unitario, tale risultato non è stato ancora pienamente raggiunto. Tuttavia, si può, in definitiva, dire che esiste oggi un modello unitario di conferenza di servizi, sebbene il nuovo articolo 14, introdotto dal D. lgs. n. 127 del 2016, sembri più allontanare i due tipi di conferenza piuttosto che uniformarli. Alla luce di tale circostanza, le suddivisioni classiche in conferenze istruttorie e decisorie, (o monostrutturate e pluristrutturate), piuttosto che costituire delle vere e proprie segmentazioni funzionali o strutturali di un modulo che si presenta, all’opposto, funzionalmente e strutturalmente compatto, possono risultare di una qualche utilità per la loro capacità di mettere in luce, da un punto di vista meramente descrittivo, le molteplici maniere in cui la conferenza si palesa, a seconda della visuale prospettica adottata dall’interprete.

2.4 MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DELLA CONFERENZA