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LA “ NUOVA” CONFERENZA DI SERVIZI: LA DISCIPLINA NELLA LEGGE N 241 DEL 1990, COME MODIFICATA DAL

2.5 LA NUOVA CONFERENZA SEMPLIFICATA

Prima di esaminare nel dettaglio la disciplina dell’articolo 14-bis, che reca il procedimento della conferenza di servizi in modalità semplificata, si vuole porre l’accento sull’ossimoro che tale disciplina porta con sé. Infatti, recita l’art. 14-bis: “La conferenza decisoria […] si svolge in forma semplificata e in modalità asincrona”. Se si considera che il sostantivo “conferenza” vuol dire “riunione di persone per trattare argomenti particolari” e l’aggettivo “asincrono” si riferisce a qualcosa “che non avviene o si manifesta cioè nel medesimo tempo”95

, emerge

93 D. D’ORSOGNA, Conferenza di servizi e amministrazione della complessità, cit. p. 124. 94 M. A. SANDULLI (a cura di), Le nuove regole della semplificazione amministrativa, cit. p. 61. 95

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che l’espressione “conferenza in modalità asincrona” rappresenta una contraddizione in termini. L’ossimoro chiarisce le intenzioni del legislatore delegato. La conferenza semplificata nega uno dei caratteri essenziali della conferenza di servizi tradizionalmente intesa, ossia il “contestuale confronto degli interessi” pubblici. Essa infatti si concretizza nella mera trasmissione di atti da parte delle singole autorità all’amministrazione procedente96

e perciò non pare corrispondere al paradigma minimale di conferenza97.

L’introduzione di questa nuova modalità semplificata (la cui disciplina posta dall’art. 14-bis appare peraltro tutt’altro che semplice) mira a ridurre i tempi della conclusione della conferenza, nonché a garantirne un maggior rispetto tramite meccanismi di concentrazione della decisione o di gestione costruttiva del dissenso.

Come si è detto, la conferenza decisoria si svolge in forma semplificata e asincrona, salvo i casi previsti dai commi 6 e 7 del medesimo articolo e i casi in cui si è svolta la conferenza preliminare di cui all’articolo 14 comma 3. Le comunicazioni tra amministrazioni, non essendo, appunto, prevista una “tavola rotonda” per il confronto, avvengo tramite posta elettronica ordinaria, secondo quanto stabilito dall’articolo 47 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 8298

, ma sarebbe stato più opportuno prevedere almeno l’utilizzo della posta elettronica certificata,

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L. DE LUCIA, La conferenza di servizi nello schema di decreto legislativo del gennaio 2016, relazione al convegno Le nuove semplificazioni dell’attività amministrativa, Padova 20 maggio 2016, pp. 6-7.

97 Di diverso avviso, invece, S. BATTINI, La trasformazione della conferenza di servizi e

il sogno di Chuang-Tzu, in ID. (a cura di), La nuova disciplina della conferenza di servizi, cit. p. 20. L’Autore, che pur ammette che l’osservazione coglie una parte di verità, afferma che la conferenza semplificata risponde allo scopo di distinguere, secondo il principio di adeguatezza, tipi di conferenze diversi per categorie di decisioni differenti. Per le decisioni più semplici, la conferenza con riunione può rappresentare perfino una soluzione di complicazione, mentre può risultare utile uno strumento che della conferenza di servizi tradizionale presenta alcuni tratti, come le istruttorie parallele e il dialogo telematico, ma non la riunione contestuale.

98 L’art. 47, d. lgs. 7 marzo 2005 n. 82, disciplina la trasmissione dei documenti tra le pubbliche amministrazioni mediante l’impiego della posta elettronica o in cooperazione applicativa, prevedendo la validità della stessa ai fini del procedimento amministrativo qualora ne sia verificata la provenienza. In particolare, sono valide le comunicazioni se:

a) sono sottoscritte con firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata; b)

ovvero sono dotate di segnatura di protocollo (scansionate ed allegate alla posta elettronica anche ordinaria); c) ovvero è comunque possibile accertarne altrimenti la provenienza, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, con esclusione comunque della trasmissione a mezzo fax; d) ovvero, infine, sono trasmesse a mezzo di posta elettronica certificata

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in relazione alla quale è possibile avere certezza della consegna del messaggio alla pari della posta raccomandata.

Entro cinque giorni dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte, l’amministrazione procedente indice la conferenza. Questa comunica alle altre amministrazioni interessate: l’oggetto della determinazione da assumere, l’istanza e la relative documentazione, ovvero le credenziali per l’accesso telematico alle informazioni e ai documenti utili ai fini dell’istruttoria; il termine perentorio, non superiore a quindici giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte possono richiedere, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, integrazioni documentali o chiarimenti relativi a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Nello schema di decreto presentato per il parere del Consiglio di Stato, si prevedeva che la richiesta non determinava la sospensione né l’interruzione del termine di cui alla lettera c) (non prevedendo nulla in caso in cui il privato avesse presentato un’istanza incompleta, per il quale sarebbe stato opportuno prevedere un’eccezione alla regola generale dell’insensibilità del termine di conclusione alle richieste di integrazioni documentali e chiarimenti, specificandone gli effetti). Tale modifica lascia pensare che il legislatore delegato abbia voluto attribuire alle eventuali richieste di integrazione documentale o chiarimenti un effetto sui tempi di conclusione della conferenza (anche se non è chiaro se si tratti di interruzione o sospensione, quest’ultima sicuramente preferibile perché coerente con l’accelerazione dei tempi della conferenza prevista dal decreto delegato); il termine perentorio, comunque non superiore a quarantacinque giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte devono rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della conferenza, fermo restando l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento. Se tra le suddette amministrazioni vi sono amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, o alla tutela della salute dei cittadini, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 del decreto non prevedano un termine diverso, il suddetto termine è fissato in novanta giorni; e, infine, la data della eventuale riunione in modalità sincrona di cui all'articolo 14-

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ter, da tenersi entro dieci giorni dalla scadenza del termine di cui alla lettera c), fermo restando l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento (tale data deve essere già fissata all’atto dell’indizione, indipendentemente dal fatto che la conferenza prosegua in modalità sincrona o meno).

A differenza della disciplina previgente che prevedeva un termine di quindici giorni o, addirittura, trenta nei casi di maggiore complessità, il termine previsto dal nuovo articolo 14-bis, comma 2 per l’indizione della conferenza è di cinque giorni lavorativi, decorrenti dall’inizio del procedimento d’ufficio, o se l’iniziativa è di parte, dal ricevimento della domanda. In tale ambito, rispetto alla disciplina previgente, non si parla più di necessario preavviso per la prima riunione, né di possibilità per l’amministrazione di “contrattare” una nuova data per la prima riunione, oppure per l’amministrazione di beni culturali di ottenere una posticipazione. Oggi, tutto dovrebbe essere diverso e accelerato, e come è stato osservato in sede parlamentare, potrà dirsi, in sintesi, che telematizzazione e asincronia portano a superare le precedenti disposizioni dell’articolo 14-ter, comma 2 che disciplinavano in dettaglio e nei termini sopraindicati, le modalità e i tempi per la convocazione della riunione. Detto altrimenti, le modificazioni apportate dal nuovo testo intendono fare della conferenza semplificata il luogo di elezione per garantire ancor più il principio di speditezza e certezza della decisione. La comunicazione di indizione della conferenza va inviata alle altre amministrazioni o ai gestori di pubblici servizi interessati, cioè ai soggetti competenti a rendere le determinazioni necessarie. Nel caso in cui vada acquisita l’autorizzazione paesaggistica, la comunicazione va inviata sia all’amministrazione competente, quando è diversa da quella procedente, sia al Soprintendente.

L’indizione della conferenza deve essere anche comunicata, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990: ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti; ai soggetti che per legge devono intervenire nel procedimento; ai soggetti individuati o facilmente individuabili, nel caso in cui dal provvedimento possa derivare un pregiudizio nei loro confronti.

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Questi soggetti possono intervenire nel procedimento, ai sensi dell’art. 9 della medesima legge n. 241 del 1990.

Entro il termine perentorio le amministrazioni devono rendere le loro determinazioni relative alla decisione oggetto della conferenza. Tali determinazioni, congruamente motivate, sono formulate in termini di assenso o dissenso e indicano, ove possibile le modifiche necessarie ai fini dell’assenso. Le precisazioni o condizioni eventualmente indicate ai fini dell’assenso o del superamento del dissenso sono espresse in modo chiaro e analitico e specificano se sono relative a un vincolo normativo ovvero discrezionalmente apposte per la migliore tutela dell’interesse pubblico. La comunicazione di tali determinazioni deve avvenire tramite posta elettronica ordinaria.

Fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedono l'adozione di provvedimenti espressi, la mancata comunicazione della determinazione entro il termine in cui le amministrazioni coinvolte devono rendere le proprie determinazioni relative all’oggetto della conferenza, ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti previsti dal comma 3, equivalgono ad assenso senza condizioni. Restano ferme le responsabilità dell'amministrazione, nonché quelle dei singoli dipendenti nei confronti dell'amministrazione, per l'assenso reso, allorché implicito. Niente viene detto riguardo agli effetti della comunicazione tardiva delle determinazioni, tuttavia tale precisazione non sembra superflua, basti pensare alla copiosa giurisprudenza chiamata a valutare la legittimità di provvedimenti assunti sulla base di pareri espressi a conferenza di servizi ormai conclusa99. Si prevede, invece, l’utilizzabilità dell’istituto del silenzio-assenso quando l’amministrazione non comunica la propria determinazione entro il termine stabilito o quando quest’ultima non ha i requisiti richiesti dalla legge. In questi casi si considera sempre che l’amministrazione abbia espresso un assenso non condizionato, a meno che il diritto dell’Unione Europea non richieda l’adozione di un provvedimento espresso.

Scaduto il termine per la comunicazione delle determinazioni da parte delle amministrazioni coinvolte, l'amministrazione procedente adotta, entro cinque

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giorni lavorativi, la determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza, con gli effetti di cui all'articolo 14-quater, in due casi: qualora abbia acquisito esclusivamente atti di assenso non condizionato, anche implicito, e qualora ritenga, sentiti i privati e le altre amministrazioni interessate, che le condizioni e prescrizioni eventualmente indicate dalle amministrazioni ai fini dell'assenso o del superamento del dissenso possano essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza.

Qualora, invece, abbia acquisito uno o più atti di dissenso che non ritenga superabili, l'amministrazione procedente adotta, entro il medesimo termine di cinque giorni, la determinazione di conclusione negativa della conferenza che produce l'effetto del rigetto della domanda. Nei procedimenti a istanza di parte la suddetta determinazione produce gli effetti della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, di cui all'articolo 10-bis. L'amministrazione procedente deve poi trasmettere alle altre amministrazioni coinvolte le eventuali osservazioni presentate nel termine di cui al suddetto articolo e procede ai sensi del comma 2. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nell'ulteriore determinazione di conclusione della conferenza.

La disciplina della determinazione conclusiva della conferenza semplificata è incentrata sulla supremazia dell’amministrazione procedente. La previgente disciplina, in ossequio anche al fatto che la conferenza di servizi era prevalentemente quella che ora viene chiamata sincrona e prevedeva dunque l’incontro dei rappresentanti delle amministrazioni coinvolte, stabiliva che l’amministrazione procedente dovesse adottare la determinazione motivata di conclusione del procedimento “tenendo conto delle posizione espresse nel corso della riunione”. L’attuale disciplina, non prevedendo più tale riunione, attribuisce all’amministrazione procedente il potere di assumere la determinazione finale valutando quali dissensi siano superabili e quali no. L’amministrazione procedente ha, dunque, discrezionalità piena. La determinazione di conclusione negativa della conferenza produce l’effetto del rigetto della domanda, perciò il decreto ha operato l’auspicato raccordo di tale disciplina con l’articolo 10-bis della legge 241/1990 “Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda” che deve applicarsi, quindi, anche nel caso in cui si renda necessario

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l’utilizzo dell’istituto della conferenza di servizi. Pertanto, nei procedimenti ad istanza di parte la determinazione di conclusione negativa della conferenza produce gli effetti della comunicazione di cui all’articolo 10-bis. L’amministrazione trasmette alle altre amministrazioni coinvolte le eventuali osservazioni presentate nel termine di cui all’articolo 14, comma 2. Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nell’ulteriore determinazione di conclusione della conferenza. È evidente che in caso di determinazione di conclusione negativa l’attuale disciplina prevede un aggravio procedimentale poiché l’amministrazione è chiamata a procedere ai sensi dell’articolo 14-bis, comma 2, vale a dire con una rinnovazione della conferenza ed una ulteriore determinazione conclusiva. Quanto suggerito dal Consiglio di Stato, invece, prevedeva una mera comunicazione di non accoglimento delle osservazioni con effetto di rigetto della domanda: “le eventuali osservazioni presentate nel termine di cui al predetto articolo sono trasmesse dall’amministrazione procedente a quelle che hanno espresso il proprio dissenso e, in caso di non accoglimento delle osservazioni ricevute, se le predette amministrazioni confermano motivatamente il proprio dissenso nel termine all’uopo previsto dal predetto articolo 10-bis, l’amministrazione procedente ne informa le altre parti del procedimento con effetto di rigetto della domanda”100

. Questa la disciplina per quanto riguarda i primi cinque commi dell’articolo 14-

bis, che si occupa della conferenza semplificata nel caso in cui si esaurisca con la

modalità asincrona. Di seguito, invece, ai commi 6 e 7 l’articolo 14-bis consente la prosecuzione della conferenza in modalità sincrona. Questi dispongono: “Fuori dei casi di cui al comma 5, l'amministrazione procedente, ai fini dell'esame contestuale degli interessi coinvolti, svolge, nella data fissata ai sensi del comma 2, lettera d), la riunione della conferenza in modalità sincrona, ai sensi dell'articolo 14-ter”. I casi di cui al comma 5 sono: l’espressione di atti di assenso non condizionato, anche implicito, ovvero di assenso condizionato, qualora le prescrizioni impartite dall’amministrazione che lo ha espresso possano essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza; l’espressione di uno o più atti di dissenso che l’amministrazione

100 M. A. SANDULLI (a cura di), Le nuove regole della semplificazione amministrativa, cit. pp. 63-64.

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procedente non ritenga superabili. Maggiore chiarezza sulla portata della disposizione si ricava dalla lettura della relazione illustrativa del decreto in esame, nella quale si legge che alla conferenza sincrona si giunge qualora “siano stati comunicati dissensi espressi che l’amministrazione procedente ritiene possibile e opportuno superare”. Ancora una volta è evidente la supremazia attribuita all’amministrazione procedente, che è dotata di un elevato margine di discrezionalità, con tutte le conseguenze che ciò implica in ordine alla sindacabilità giurisdizionale di tale potere. Si può dunque immaginare che il privato, interessato a un esito positivo della conferenza di servizi, voglia contestare il mancato svolgimento della riunione della conferenza in modalità sincrona, per ottenere il superamento del dissenso.

L’amministrazione procedente può comunque procedere direttamente in forma simultanea e in modalità sincrona, ai sensi dell’articolo 14-ter, qualora lo reputi necessario in relazione alla particolare complessità della determinazione da assumere. In questo caso l’amministrazione procede comunicando alle altre amministrazioni l’oggetto e il termine per la richiesta di integrazione documentali e chiarimenti e indicendo la conferenza entro i successivi quarantacinque giorni.

L’amministrazione procedente può altresì procedere in forma simultanea e in modalità sincrona su richiesta motivata delle altre amministrazioni o del privato interessato avanzata entro il termine perentorio, comunque non superiore a quindici giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte possono richiedere integrazioni documentali o chiarimenti. In tal caso la riunione è convocata nei successivi quarantacinque giorni101.

Un profilo problematico è rappresentato dai rapporti tra conferenza semplificata ed il silenzio assenso interamministrativo disciplinato dal nuovo art. 17-bis della legge n. 241 del 1990.

La legge delega prescriveva, tra i criteri direttivi, il coordinamento delle disposizioni disciplinanti i due istituti. La relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo ha liquidato il tema con la considerazione che la “formulazione della disposizione dell’articolo 14-bis, che fa riferimento a “più atti di assenso”, chiarisce che, ove sia necessario un solo atto di assenso, si applica l’articolo 17-

101 M. A. SANDULLI (a cura di), Le nuove regole della semplificazione amministrativa, cit. pp. 64-65.

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bis della stessa legge n. 241 del 1990”. Si è così giustificata implicitamente la non

attuazione sul punto della delega102. Inizialmente il criterio quantitativo era stato considerato il discrimine tra i due istituti ma, successivamente, i dubbi del Consiglio di Stato e della dottrina hanno imposto un approfondimento sul tema. Di tali perplessità si renderà conto nel proseguo della trattazione.

Concludendo, possiamo dire che la conferenza di servizi semplificata si pone, con la conferenza di servizi “classica” (cioè simultanea e sincronica), in una relazione di alterità o di successione. Ai sensi della prima ipotesi, è possibile da una parte che il procedimento si concluda all’esito della conferenza semplificata in due differenti casi: quando c’è una totalità di atti di assenso non condizionato o condizionato a modifiche non sostanziali da parte degli enti partecipanti (determinazione conclusiva positiva); quando c’è l’acquisizione di almeno un dissenso che l’amministrazione procedente ritenga non superabile (determinazione conclusiva negativa). È però ammesso che in caso di “particolare complessità della determinazione da assumere” la questione sia direttamente sottoposta a conferenza simultanea, a giudizio unilaterale dell’amministrazione procedente. Per effetto della seconda opzione, invece, la conferenza asincrona può precedere la conferenza simultanea, diventandone a tutti gli effetti una fase prodromica e preliminare, con abdicazione alle esigenze di accelerazione a più riprese conclamate dalla riforma, nei casi in cui vi sia assenza di una totalità di assensi non condizionati, o condizionati a modifiche non sostanziali, e contestuale assenza di dissensi che l’amministrazione procedente ritenga non superabili. Dall’analisi di un simile impianto affiora l’evidenza di un ingente rafforzamento del potere discrezionale dell’amministrazione procedente. È infatti il responsabile del procedimento l’unico soggetto deputato a valutare, a sua esclusiva discrezione, sia quando una determinazione sia caratterizzata da una particolare complessità (ipotesi di convocazione diretta di conferenza simultanea) sia quando una condizione posta da un altro ente partecipante debba essere qualificata come sostanziale e sia, infine, quando un dissenso di un soggetto terzo debba venire valutato come non superabile. È dunque, in definitiva, l’amministrazione procedente a decidere quando sia necessario procedere all’esame contestuale

102 F. SCALIA, Prospettive e profili problematici della nuova conferenza di servizi, in Rivista

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tipico della conferenza simultanea o quando, invece, sia sufficiente un più agile confronto asincrono. La rilevanza di una simile valutazione appare ancora più nitida se solo si riflette su come la conferenza semplificata, in quanto privata del connotato della contestualità, non abbia più in realtà molto da spartire con la conferenza di servizi classica. Essa infatti si sviluppa secondo altri meccanismi e risponde ad un’altra esigenza, non persegue più la ratio del coordinamento sincronico ma solo quella della semplificazione procedimentale e risulta, d’altra parte, integralmente incompatibile con la massima del Consiglio di Stato del 2016, che aveva accuratamente perimetrato l’istituto conferenziale. In altre parole, e come efficacemente osservato anche da attenta dottrina, la conferenza semplificata non è una conferenza di servizi103. Essa appare, piuttosto, accostabile al procedimento classico lineare, dal momento che ne ricalca la consequenzialità e la segmentazione delle valutazioni, se pur secondo regole peculiari e, queste sì, mutuate dalla disciplina della conferenza di servizi, quali la tipologia di avvio del procedimento o le regolamentazioni del dissenso e del silenzio assenso104.

Sarà dunque opportuno vigilare sull’operatività complessiva dell’istituto per verificare se la razionalizzazione dell'attività amministrativa perseguita dalla riforma si rivelerà efficace. Si auspica certo un utilizzo limitato di tale tipologia di conferenza che, come si è detto, sacrifica ogni istanza di coordinamento sull’altare della semplificazione del procedimento amministrativo, a favore dell’utilizzo del vecchio modello simultaneo e sincronico. Al momento i dati empirici, però, sembrano fornire un riscontro diverso. Le analisi riportate dall’help-desk del Dipartimento della funzione pubblica, registrano, infatti, “una netta prevalenza delle conferenze semplificate rispetto a quelle simultanee, mentre sono residuali i casi nei quali a quella semplificata segue la conferenza simultanea”105

.

103 In questo senso D. D’ORSOGNA, Semplificazione e conferenza di servizi: una sfida per le

riforme, relazione al convegno AIPDA Antidoti alla cattiva amministrazione: una sfida per le