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DELL’ISTITUTO

3.2 IL PROBLEMA DEGLI INTERESSI SENSIBIL

Sotto un profilo formale, possono definirsi “differenziati” quegli interessi pubblici che nella disciplina generale del procedimento amministrativo, dettata dalla l. 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche, ricevono un trattamento diversificato in melius, ovvero una tutela rinforzata rispetto a quella accordata alla generalità degli interessi pubblici. Sotto un profilo sostanziale, essi comprendono due tipi non omogenei di interessi: quelli di cui sono portatrici le Regioni e le Province autonome nelle “materie di loro competenza” (art. 14-quater, comma 3, l. n. 241/1990) e gli interessi c.d. “sensibili”.

La ragione del trattamento differenziato nei due casi è diverso: nel primo, è data dalla condizione di specifica autonomia degli enti intestatari, nel secondo, dalla particolare natura dell’interesse che viene in rilievo. Come suggerisce l’aggettivazione impiegata, l’espressione “interessi sensibili”, infatti, allude a interessi pubblici che presenterebbero un maggior rilievo o una preminenza rispetto agli altri e che perciò richiederebbero un’accentuata protezione. Tradizionalmente si considerano tali la tutela della salute, dell’ambiente, del

147 Cfr. Cons. Stato, comm. speciale, parere n. 890/2016, cit., § 5.2. All’indomani dell’entrata in vigore del D. Lgs..n. 127/2016, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha implementato, tra le diverse misure di sostegno della riforma, la predisposizione di apposite “linee guida”, quale strumento di conoscenza e illustrazione delle nuove disposizioni, nonché l’attivazione di un help-desk dedicato, organizzato in collaborazione con le Regioni, l’ANCI e le organizzazioni imprenditoriali, al fine di raccogliere segnalazioni e fornire supporto al personale delle Amministrazioni, ai cittadini, alle imprese e loro associazioni sulla corretta attuazione della novellata disciplina.

148 All’esito degli ultimi monitoraggi sull’implementazione dell’istituto svolta da Formez P.A. (novembre 2017) è emerso un quadro variegato, in cui le “nuove regole” sembrano funzionare efficacemente nelle realtà di eccellenza e nei contesti più orientati a gestire l’innovazione organizzativa e procedurale. Allo stesso tempo sembrano persistere realtà che non hanno applicato, ovvero solo parzialmente, la nuova disciplina.

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paesaggio, dei beni storico-artistici e della pubblica incolumità.

Uno dei problemi principali relativi alla conferenza di servizi è quello relativo alla ponderazione degli interessi c.d. sensibili con gli altri interessi coinvolti in procedimenti complessi.

In via generale si può osservare che il problema della resistenza degli interessi sensibili è di estrema delicatezza e complessità in quanto spesso tali interessi, come quello all’ambiente e alla salute, si confrontano o, meglio si scontrano, con altrettanti interessi costituzionalmente protetti, come quello al lavoro e alla libertà di iniziativa economica. L’esasperazione di tale scontro può essere potenzialmente dannosa per lo sviluppo economico. Si pensi alla protezione dell’ambiente: è chiaro che lo sviluppo economico di una società non può più prescindere da una visione attenta alla protezione ambientale e ciò anche a salvaguardia delle generazioni future. Infatti, i danni derivanti da uno sviluppo incontrollato si stanno dimostrando estremamente gravi e sembrano segnare rapidamente l’avvicinarsi di un punto di non ritorno con riguardo al collasso del nostro ecosistema. Per questo, sono di fondamentale importanza i principi dello sviluppo sostenibile, della prevenzione e della precauzione. È anche vero, però, che i citati principi non possono essere gli unici a informare l’azione dell’amministrazione altrimenti ragionando si arriverebbe a uno sterile blocco di qualsiasi iniziativa produttiva spesso strategica in termini sociali e economici149.

Tradizionalmente, infatti, gli istituti e le regole di semplificazione contemplati nel Capo IV della l. 7 agosto 1990, n. 241, rubricato “Semplificazione dell’azione amministrativa”, ovvero conferenza di servizi (artt. 14 e ss.), attività consultiva (art. 16), acquisizione di valutazioni tecniche (art. 17), d.i.a. - ora s.c.i.a. - (art. 19) e silenzio assenso (art. 20), hanno ricevuto con riguardo ai procedimenti coinvolgenti interessi sensibili un’applicazione prudente o, in alcuni casi, ne è stata esclusa in radice l’applicazione. La cautela trova giustificazione nella necessità di evitare che, nell’intento di accelerare i tempi di svolgimento del procedimento o di impedire l’effetto paralizzante di comportamenti omissivi di amministrazioni chiamate ad esprimere pareri o valutazioni tecniche, si produca il

149 R. DIPACE, La resistenza degli interessi sensibili nella nuova disciplina della conferenza di

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sacrificio di apporti istruttori o decisionali all’interno di procedimenti che investono interessi di rilievo costituzionale.

Tuttavia, diversamente dalla descritta impostazione tradizionale, l’esigenza di semplificazione, sub specie di accelerazione, è a tal punto avvertita come primaria dal D. lgs. n. 127 del 2016 che, tramite diverse previsioni, ha modificato l’impostazione tradizionale basata sul riconoscimento, nella disciplina generale del procedimento amministrativo, di una tutela rafforzata degli interessi c.d. sensibili, aventi in comune la caratteristica di presentare rilevanza costituzionale, ciò si traduceva nella previsione per essi di un regime di specialità nell’uso degli strumenti di semplificazione150. Quindi, la recente riforma è intervenuta in maniera incisiva anche sulla disciplina sostanziale e procedurale degli interessi sensibili.

Questa è stata definita come una fuga in avanti nella “guerra di logoramento”151 degli interessi sensibili”, sempre più parificati a quelli ordinari in conseguenza del combinato operare di due fattori: la trasformazione del ruolo della semplificazione, intesa non più come valore strumentale all’efficienza amministrativa per garantire una più agevole tutela delle pretese del cittadino152, ma come bene o valore di natura finale, autonomo rispetto agli interessi curati dalle amministrazioni competenti al rilascio di assensi comunque denominati; l’attenuazione della valenza forte ed assolutizzante dell’attributo di “primarietà” associato agli interessi sensibili, nella misura in cui viene ammesso un loro bilanciamento in concreto con altri valori e principi.

La combinazione dei due fattori ha condotto il legislatore a scelte che sottendono la considerazione della semplificazione come interesse da valorizzare cercando un nuovo equilibrio nel bilanciamento con gli interessi sensibili.

150

In argomento L. DE LUCIA, La conferenza di servizi nel d. lgs. 30 giugno 2016, n. 127, in Riv.

giur. urb., cit. p. 28; G. VESPERINI, La nuova conferenza di servizi, in Giorn. dir. Amm., n.

5/2016, p. 580; F. DE LEONARDIS, Il silenzio assenso in materia ambientale: considerazioni

critiche sull’art. 17-bis introdotto dalla cd. riforma Madia, in federalismi.it, 2015, p. 20; E.

SCOTTI, La nuova disciplina della conferenza di servizi tra semplificazione e pluralismo, cit. p. 10.

151 F. DE LEONARDIS, Il silenzio assenso in materia ambientale: considerazioni critiche sull’art.

17bis introdotto dalla cd. riforma Madia, cit. p. 3.

152 Cfr. M.R. SPASIANO, La semplificazione amministrativa e la garanzia di effettività

dell'esercizio del potere pubblico, in Foro amm.- T.A.R., 2010, p. 3041: “la semplificazione non è

un fine, bensì un mezzo, uno strumento attraverso il quale garantire una più agevole tutela

delle pretese del cittadino in una alla loro soddisfazione giuridica (che non necessariamente implica quella materiale”.

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Quanto al primo fattore, l’obiettivo della semplificazione amministrativa e l’evoluzione che il relativo processo ha subito sono costantemente associati alla attuale congiuntura economica negativa. L’associazione, come evidenziato dalla dottrina, avviene per due ragioni. In primis, l’esigenza di efficienza della pubblica amministrazione richiede una revisione dei modelli dell’azione amministrativa, comportando la crisi economica una riduzione delle risorse disponibili nel settore pubblico, a parità di domanda di servizi e di utilità, ossia di prestazioni da parte della pubblica amministrazione stessa. In secondo luogo, con l’assunzione dell’amministrazione tra i costi di impresa, l’obiettivo della competitività del “sistema Paese” richiede un ridimensionamento di tali costi a parità di domanda di servizi e di utilità, ossia di prestazioni da parte della pubblica amministrazione. La semplificazione assume i contorni del bene in sé, in grado di dare impulso alla competitività dell’ordinamento e quindi del sistema economico, in un contesto di concorrenza tra ordinamenti giuridici che porta gli investimenti in attività economiche ed imprenditoriali a prediligere quegli ordinamenti dove sia minore, o comunque calcolabile, il c.d. “rischio amministrativo”153

.

I recenti interventi del legislatore, dunque, correlano strettamente la semplificazione con la garanzia della conclusione dei procedimenti avviati su istanza di parte in tempi certi e rapidi, cioè con la tempestività dell’azione amministrativa che diviene uno degli indicatori di maggiore peso della qualità della prestazione amministrativa. Poiché il fattore tempo è una variabile essenziale della programmazione finanziaria privata, il tempo deve essere ragionevolmente calcolabile; inerzia e ritardi rappresentano un imprevisto, impedendo l’inizio dell’attività programmata o la riprogrammazione degli investimenti in caso di non spettanza del bene della vita.

In tale modo, la funzione della semplificazione è sciolta dai suoi naturali termini di relazione, divenendo un bene isolato rispetto agli interessi sostanziali alla cui garanzia proporzionata dovrebbe essere strumentale l’esercizio semplificato del potere amministrativo154.

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G. MARI, Primarietà degli interessi sensibili e relativa garanzia nel silenzio assenso tra

pubbliche amministrazioni e nella conferenza di servizi, Convegno annuale AIPDA (Bergamo, 5-

6-7 ottobre 2017)- Decisioni amministrative e processi deliberativi, p. 3.

154 La trasformazione della semplificazione trova argomenti nella giurisprudenza costituzionale che – qualificata l’attività amministrativa come “prestazione” (ex multis C. cost, 27 giugno 2012 n.

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Quanto al secondo fattore poc’anzi menzionato, le novità sul trattamento procedimentale degli interessi sensibili poggiano su una evoluta recente declinazione dell'attributo di “primarietà” ad essi associato, inteso non più in modo radicale ed aprioristico come “insuscettibilità di subordinazione ad ogni altro valore costituzionalmente tutelato, ivi compresi quelli economici”. Infatti, recentemente la Corte Costituzionale, pur qualificando gli interessi sensibili come “valori costituzionali primari”, ha chiarito che la “primarietà” non legittima un primato assoluto, incondizionato e aprioristico in un’ipotetica scala gerarchica dei valori costituzionali, ma, piuttosto, impone più limitatamente che essi siano effettivamente presi in considerazione nei concreti bilanciamenti operati dal legislatore ordinario e dalle pubbliche amministrazioni155.

La Corte costituzionale fonda questa accezione di “primarietà” sul rilievo che i valori costituzionali, nelle costituzioni contemporanee, democratiche e pluraliste, “si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro”. La “primarietà” si traduce, quindi, nell’esigenza di una “compiuta ed esplicita rappresentazione di tali interessi nei processi decisionali all'interno dei quali si esprime la discrezionalità delle scelte politiche o amministrative”156

. Inoltre, come poi chiarito dalla Corte costituzionale nella nota sentenza sulla vicenda Ilva, se la qualificazione come “primari” di alcuni interessi (nella specie salute ed ambiente) significa che gli stessi non possono essere sacrificati ad altri interessi ancorché costituzionalmente tutelati e non che gli stessi siano posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto, “il punto di equilibrio, proprio perché dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato, dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo, secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non

164) – ha inteso le norme sulla semplificazione amministrativa – non più come principio fondamentale nelle materie di potestà legislativa concorrente (C. cost., 1 ottobre 2003 n. 303; Id., 27 luglio 2005 n. 336), ma – come espressione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, attraendole, con la qualifica di materia trasversale, nella potestà legislativa esclusiva statale ex art. 117, co. 2, lett. m), Cost. (C. cost., n. 164/2012, cit.; Id., 20 luglio 2012 n. 203). La semplificazione diviene, così, un valore in sé, non più mezzo per migliorare l’efficienza della normativa applicabile nelle singole materie.

155 C. Cost., 28 giugno 2004 n. 196. 156

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consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale”157. La decisione della Corte appena citata, in cui la primarietà è sinonimo di garanzia della insopprimibilità del nucleo essenziale degli interessi, rappresenta il punto di riferimento in tema di bilanciamento di valori costituzionali confliggenti, da cui è possibile trarre conferma dei criteri su cui basare tale operazione o delle condizioni che il bilanciamento deve soddisfare: necessità, per cui la scelta di limitare o postergare un diritto o un interesse costituzionale deve giustificarsi per la necessità di attuare o incrementare la tutela di altro diritto o interesse di pari rango; sufficienza, per cui la compressione deve essere circoscritta a quanto sufficiente a realizzare in concreto l’altro interesse; e proporzionalità, per cui la compressione dell’interesse postergato deve essere proporzionata, salvaguardandone il contenuto essenziale in base allo statuto costituzionale.

Il bilanciamento, qualora non sia operato dal legislatore, è rimesso alle amministrazioni preposte ai diversi interessi. Le considerazioni svolte dai giudici costituzionali si riflettono allora direttamente sulle decisioni legislative in tema di procedimento amministrativo, quale luogo in cui si svolge in concreto il bilanciamento tra i contrapposti interessi in mancanza di indicazioni da parte del legislatore sulla graduazione degli interessi stessi.

Se i chiarimenti della Consulta sulla nozione di “primarietà” si traducono in un esito che è stato definito “relativismo proceduralista”, è peraltro compito del legislatore predisporre una disciplina procedimentale che non sacrifichi, a monte, in modo irragionevole, secondo i tre criteri poc’anzi enunciati, gli interessi sensibili, assicurando la completa ed esplicita rappresentazione degli stessi nei processi decisionali e la tutela del loro nucleo essenziale158.

In tale senso è possibile affermare che le norme attuali in materia di conferenza di servizi e di gestione del dissenso qualificato si pongono nella direzione auspicata dalla Corte costituzionale. Ciò che conta è la ponderazione degli interessi fra loro e la gestione dei conflitti che trattandosi di interessi costituzionalmente protetti non può non avere una valenza “politica”, ecco perché le amministrazioni

157 C. Cost., n. 85 del 2013.

158 G. MARI, Primarietà degli interessi sensibili e relativa garanzia nel silenzio assenso tra

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preposte alla tutela ambientale contro la determinazione motivata di conclusione della conferenza possono proporre opposizione al Consiglio dei ministri. Inoltre il bilanciamento di tali interessi non è in alcun modo messo in pericolo dall’adozione di strumenti di semplificazione procedimentale, come ad esempio quello del silenzio assenso. Tale istituto, introdotto con il nuovo articolo 17-bis, prevede, infatti, una novità rilevante: l’estensione del regime del silenzio assenso ai procedimenti che vedono coinvolte più pubbliche amministrazioni e ancorché esse siano preposte alla tutela di interessi sensibili come l’ambiente, il paesaggio, i beni culturali o la salute. I procedimenti cui si applica questa norma sono quelli diretti all'adozione di “provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche” ossia, in buona sostanza, tutti i procedimenti amministrativi.

L’articolo 17-bis dispone che “nei casi in cui e' prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente.” In altre parole, prevede che qualunque atto di assenso di una pubblica amministrazione, che debba intervenire in un procedimento di un’altra pubblica amministrazione, venga sostituito da un silenzio assenso nel caso in cui l’amministrazione non si pronunci nel termine ordinario di trenta giorni. Tale termine è allungato a novanta per le amministrazione che sono preposte alla tutela di interessi sensibili. È evidente, dunque, come gli interessi sensibili vengano sempre più parificati a quelli ordinari e ciò è reso ancora più esplicito dal dettato normativo del comma 3 della stessa norma: “le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui e' prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche”. In tali casi, ove le disposizioni di legge o i

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provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. Oggi, quindi, la differenza tra gli interessi a tutela ordinaria e quelli a tutela rinforzata si sostanzia, in relazione allo specifico istituto, solo nella differenziazione del termine per la formazione del silenzio assenso: trenta giorni per gli interessi a tutela ordinaria e novanta giorni per quelli a tutela rinforzata159, non essendo più prevista l’esclusione dell’applicabilità di questo istituto.

L’innovazione è stata accolta da molti con favore in quanto permette di superare la prassi dei veti imposti dalle suddette amministrazioni, che non intervenendo e rimanendo inerti, ostacolano la realizzazione di ogni tipo di intervento con grande pregiudizio per le imprese e i cittadini.

Sul tema si è pronunciato il Consiglio di Stato160, cercando di chiarire la disciplina.

Innanzitutto, ha fugato le perplessità riguardanti la compatibilità dell’articolo in questione con la giurisprudenza costituzionale in tema di silenzio assenso, letta come ostativa al silenzio significativo nei procedimenti relativi ad interessi così rilevanti, e l’incoerenza con quanto previsto dall’art. 20, comma 4, legge n. 241 del 1990, che, con riguardo al silenzio assenso provvedimentale, esclude espressamente gli interessi sensibili dal proprio ambito oggettivo di applicazione. Infatti, ha ritenuto che il fondamento costituzionale del meccanismo di semplificazione in esame venga ravvisato nel principio di buon andamento “letto “in un’ottica moderna”, che tenga conto dell’esigenza di assicurare il “primato dei diritti” della persona, dell’impresa e dell’operatore economico rispetto a qualsiasi forma di mero dirigismo burocratico”, giungendo ad affermare che “nella logica del “primato dei diritti”, i meccanismi di semplificazione dell’azione amministrativa non vanno visti come una forma di sacrificio dell’interesse

159 Si ricordi che fu nella prima versione della legge generale sul procedimento che venne introdotta la distinzione e la gerarchizzazione tra gli interessi tra quelli a tutela ordinaria e quelli e tutela rinforzata (ambiente, salute, paesaggio-territorio).

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pubblico, ma al contrario come strumenti che, ricollegando all'inerzia della pubblica amministrazione interpellata la perdita del potere di dissentire e di impedire la conclusione del procedimento “in un’ottica di stigmatizzazione dell’inerzia” e in una visione del silenzio significativo quale sanzione o rimedio, sono funzionali ad assicurare una cura efficace, tempestiva e pronta dello stesso, con il minore onere possibile per la collettività e per i singoli privati.

Il Consiglio di Stato ha poi rilevato come dalla giurisprudenza costituzionale non sia evincibile un principio di insuperabile incompatibilità tra silenzio assenso ed interessi pubblici sensibili. Tuttavia, in alcune pronunce, si può notare che la Corte Costituzionale ha fatto riferimento all’incompatibilità tra silenzio assenso ed interessi sensibili, sebbene solo incidentalmente161. Le conclusioni traibili dalla giurisprudenza costituzionale specificamente attinente al silenzio assenso non sono dunque univoche e chiare.

Sulla base della giurisprudenza costituzionale in tema di primarietà e di forme di garanzia per l’interesse in cui essa si compendia, è necessario fornire dell’ambito di applicazione dell’art. 17-bis un’interpretazione particolarmente limitata, così da giustificare il diverso trattamento degli interessi sensibili rispetto a quanto previsto per il silenzio assenso provvedimentale (relativo ai rapporti verticali tra

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Così, nella sentenza n. 307/1992, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una legge regionale che consentiva lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi senza autorizzazione al ricorrere di determinate condizioni, non solo per lo specifico contrasto con la legge statale, ma – seppure con argomentazione di mero supporto - in quanto la normativa nazionale e quella comunitaria, “secondo l’interpretazione giurisprudenziale, escludono anche la possibilità di una autorizzazione implicita o tacita e il ricorso all’istituto del silenzio assenso proprio perché si impone la tutela della salute e dell’ambiente, che sono beni costituzionalmente garantiti e protetti (artt. 32 e 9 della Costituzione)”. Nella sentenza n. 26/1996, in tema di approvazione regionale di programmi integrati di riqualificazione, la Corte, sulla base del rilievo che l’approvazione regionale cui si applicherebbe il silenzio assenso sostituisce anche le autorizzazioni regionali in tema di vincoli idrogeologici, forestali e paesaggistici, ha evidenziato come per il profilo ambientale “opera il principio fondamentale, risultante da una serie di norme in materia ambientale, della necessità di pronuncia esplicita mentre il silenzio dell’amministrazione preposta a vincolo ambientale non può avere valore di assenso”; alcune delle norme richiamate dalla Corte costituzionale, al fine di ricavarne il predetto principio, sono tutt’ora vigenti, quali, tra le altre, gli artt. 16, comma 3, 17, comma 2, l. n. 241 del 1990. Nella sentenza n. 194/1993, nuovamente in tema di stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi, la Corte, pur rilevando un