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IV. UOMINI, LIBRI E RICERCHE

6. L’EPOCA OTTONIANA E LA RIFORMA GREGORIANA

1.4 M ARTINO , P AOLO , G EBEARDO

Dal cuore del dodicesimo secolo ci giunge anche una riflessione bibliologica – per così dire – involontaria sui libri liturgici ambrosiani. Involontaria perché non nasce da un intento trattatistico, quanto piuttosto da un’incomprensione.

Nel 1123 Paolo di Bernried e il suo allievo Gebeardo, di ritorno da Roma, si trattennero a Milano e vi trascorsero la festa di Pentecoste74. Qui strinsero amicizia con Martino Corbo che a quel tempo

era cimiliarca di S. Ambrogio e, dopo il 1130, ne divenne prevosto. Martino in quel 1123 attendeva già alla raccolta degli opera omnia di Ambrogio in una monumentale edizione di cui buona parte ancora rimane75. Proprio l’edizione santambrosiana fu uno dei principali elementi catalizzatori di

quest’amicizia: tra Martino, Paolo e Gebeardo si sviluppò uno scambio di informazioni, codici e

71 FORZATTI GOLIA, Raccolte di Beroldo, 383. 72 ALZATI, Chiesa ambrosiana, 417-418.

73 Queste considerazioni sono basate su FORZATTI GOLIA, Raccolte di Beroldo, 383-389 e ALZATI, Chiesa

ambrosiana, 396-423.

74 Cfr. DURIG, Liturgische Beziehungen, 81-87; FUCHS, Bildung und Wissenschaft, 15-28, 81-95; PETOLETTI, Lettere, 387-390.

75 Per la vita di Martino Corbo, cfr. AMBROSIONI, Martino Corbo, 770-774. Sull’opera di Martino Corbo filologo ed editore di Ambrogio cfr. BILLANOVICH -FERRARI, Tradizione milanese, 6-26, FERRARI, Produzione libraria, 719- 720; FERRARI, Due inventari, 773-775. Sull’epistolario si vedano PETOLETTI-TESSERA, Custos thesaurorum, 201-220 e PETOLETTI, Lettere, 387-408.

107 favori ancor tracciabile dai resti del loro epistolario76. Nell’animosa ricerca delle opere del santo

dottore, attorno al 1126 così scrivevano a Martino i due canonici tedeschi:

Impense rogamus ut transcribi nobis faciatis sacramentarium eiusdem sancti Ambrosii cum antiphonario eius nobisque sine dubio redempturis pretium scriptori transmittendum designetis. Hoc vero gratuitum karitatis tuae munusculum esse volumus, ut nobis initia et fines evangelicarum et apostolicarum lectionum secundum morem vestrae ecclesiae ad missas

legendarum in breviario comprehendas77.

Non si conosce la risposta di Martino, il quale però dovette informare l’arcivescovo Anselmo V della Pusterla: questi forse si meravigliò della richiesta di copia del sacramentario e dell’antifonario ambrosiani. Dunque Paolo e Gebeardo si rivolsero proprio ad Anselmo per giustificare le loro richieste e dissipare ogni dubbio78:

Quoniam princeps in divinis laudationibus apud latinos praefulsisse cognoscitur mellifluus doctor Ambrosius, idcirco ne ingrati simus tam sanctis primordiis, habere delectamur notitiam tantae auctoritatis. Hoc dicimus, quoniam probitatem tuam admirari comperimus, cur nos qui habemus ordinem Romanum simul habere gestamus et Ambrosianum. Fuit olim tanta Mediolanensis ecclesiae gratia et excellentia, ut Aurelio et Augustino ceterisque Affricanis praesulibus non sufficeret in dubiis rebus Romanum consulere pontificem, nisi pariter consulerent et Mediolanensem. Desine ergo admirari imitatrices sanctorum patrum inquisitiones nostras et adhibe oportunas opitulationes tuas, ut ordo Ambrosii, dulcissimi sancti Spiritus organi, quem discipulus eius doctor eximius Augustinus traduxit in Affricam,

nobis transferatur in Germaniam, ad excitandam et dilatandam boni odoris fragrantiam79.

Paolo e Gebeardo desideravano dunque copia dei libri ambrosiani proprio perché ritenuti opera del santo dottore. Martino accolse benevolmente le richieste degli amici d’oltralpe, eppure, se dissipato doveva esser stato ogni dubbio d’ordine ideale, rimasero dei dubbi d’ordine bibliologico. In una lettera perduta, infatti, Martino espresse probabilmente delle perplessità: trovò forse piena d’ambiguitas la richiesta del sacramentarium eiusdem sancti Ambrosii. Così gli risposero dunque gli amici tedeschi:

Quod autem ambiguitatem removeri postulas ab appellatione sacramentarii, nos nullum appellamus sacramentarium nisi librum missalium orationum absque lectionibus evangelicis, apostolicis et propheticis, quarum fines et principia secundum Ambrosianam exceptionem petentibus nobis annotare pollicitus es. Nam illum titulum quem tu ita ponis «Incipit liber sacramentorum» nos non habemus, quippe qui non unum tantum, sed et sex Ambrosianos libros de sacramentis lectitare solemus. Verum quod interrogas utrum antiphonarium cum notulis vel sine notulis habere velimus, nihil Ambrosianae integritatis deesse nobis volumus, quoniam ipsa species operum eius, etiam usum eorum nescientes, oblectat. Mitte ergo nobis antiphonarium cum notulis et sacramentarium cum solis orationibus et praefationibus

76 La più recente edizione (anno 2015) dell’epistolario tra Martino, Paolo e Gebeardo è in PETOLETTI, Lettere, 409- 416: si farà sempre riferimento solo a questa edizione. La prima edizione moderna dell’epistolario, finora normalmente citata nella bibliografia di riferimento, risale invece al 1897 ed è pubblicata in MAGISTRETTI, Corrispondenza ambrosiana, 494-504.

77 Epistola I, 5-6. Paolo e Gebeardo a Martino, circa 1126: PETOLETTI, Lettere, 410. 78 Sulle prime tre lettere dell’epistolario, cfr. PETOLETTI, Lettere, 399-400.

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Ambrosianis. Nam gestis sanctorum quae missarum celebrationibus apud vos interponi solent

non indigemus, quoniam his habundamus80.

Tutto lo scambio epistolare, e specialmente quest’ultima lettera, mostrano come esistesse uno scarto tra la mens dei canonici di Ratisbona e il modo d’intendere i libri liturgici d’un prevosto ambrosiano: là usava ancora il sacramentario puro, a Milano invece il nome di sacramentarium come liber missalium orationum non è inteso. I due canonici devono inoltre specificare che intendono un libro di sole orazioni, senza letture: evidentemente ciò è contrario alla norma di Milano nella prima metà del dodicesimo secolo. Purtroppo la perdita delle risposte di Martino Corbo non consente di leggere la sua diretta descrizione dei libri liturgici ambrosiani. Ricaviamo però che a Milano un siffatto libro andava forse comunemente sotto la rubrica Incipit liber

sacramentorum, sconosciuta a Ratisbona, tanto che i canonici si chiedono se per caso la cosa abbia

a che fare col trattato santambrosiano De sacramentis.

Rispetto alla loro prima lettera, nella quale domandavano initia et fines evangelicarum et

apostolicarum lectionum, Paolo e Gebeardo mostrano nella terza lettera una migliore

comprensione del rito ambrosiano: per descrivere quel che intendono per sacramentario, specificano che è un libro absque lectionibus evangelicis, apostolicis et propheticis, con un chiaro riferimento al numero ternario delle pericopi abituale a Milano81. Si riconosce anche come a

Milano si sia soliti leggere durante la messa i gesta sanctorum82. Nel XII secolo a Milano erano

poi ben diffusi gli antifonari notati, ma anche quelli senza notazione, spesso allegati ai messali: forse proprio quest’abitudine milanese deve aver suscitato il dubbio di Martino.

L’unica lettera di Martino Corbo conservata permette di capire la conclusione della vicenda, almeno per quanto riguarda l’antifonario richiesto:

Ad cetera que nobis mandastis, quantumcumque valuimus, fideliter, sicut decet, explevimus. Pretium etenim libri est solidis XLV et vix pro tanto habere potuimus, sed ibi poteritis invenire omne officium et cantus illi, qui sunt absque notulis et abbreviati, omnes sunt cum notulis in

antea83.

Nulla si sa invece del sacramentario richiesto. Klaus Gamber formulò l’ipotesi che FramRg, foglio di guardia di un codice composto nel sec. XIII nel monastero di S. Emmerano in Ratisbona, «o è arrivato in Baviera come pezzo scartato di pergamena o non è nient’altro che una particella dello stesso messale ambrosiano che circa l’anno 1127 fu mandato a Ratisbona»84. L’ipotesi è

senz’altro seducente, ostano però due difficoltà: FramRg, del secolo X, è più vecchio di almeno

80 Epistola III, 3-7. Paolo e Gebeardo a Martino, circa 1126: PETOLETTI, Lettere, 411. 81 CARMASSI, Libri liturgici, 21.

82 Cfr. anche: DÜRIG, Liturgische Beziehungen, 89.

83 Epistola V, 14-15. Martino a Paolo e Gebeardo, circa 1130: PETOLETTI, Lettere, 414. 84 GAMBER, Frammento ratisbonense, [52].

109 un secolo rispetto a questa vicenda, però Martino Corbo potrebbe aver inviato un codice già in suo possesso anziché uno esemplato per l’occasione85. Sono invece più cogenti i recenti studi di Ulrike

Bauer-Heberardt: la studiosa mostra come la prima unità codicologica del codice BSB, Clm 14809 sia da ritenersi con buona probabilità originaria dell’Italia settentrionale: così anche FramRg, attualmente annesso a quest’unità codicologica, potrebbe aver seguito le sorti di questi fascicoli86.

In questo caso, il sacramentario tanto desiderato da Paolo e Gebeardo è da considerarsi irrimediabilmente perduto87.