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La definizione allargata di messale come libro destinato a supporto del celebrante della messa si è resa necessaria per comprendere sotto un’unica etichetta tutte le possibili tipologie librarie ascrivibili a questa funzione: pur essendo accomunate da quest’unico aspetto infatti, le tipologie in questione possono assumere forme affatto differenti, sia sul piano codicologico sia su quello del contenuto.

Questo capitolo mira dunque ad individuare e classificare le principali tipologie di messale ambrosiano, a fornire una descrizione del loro contenuto e della loro struttura, con qualche dettaglio che consenta di contestualizzare il codice nel contesto che lo ha prodotto.

1. LIBELLI

Ai libelli spetta il primo posto tra le tipologie bibliologiche dei libri liturgici. Derivano questo primato dalla loro precedenza cronologica rispetto ad ogni altra forma di sacramentario e sono «le maillon intermediaire dans l’evolution qui conduit de la période d’improvisation au livre liturgique proprement dit»235. La forma del libellus inoltre non venne meno con la formazione dei libri

liturgici propriamente detti, ma, nel corso dei secoli, contribuì all’evoluzione di quegli stessi libri mediante la diffusione di nuovi formulari236.

Nonostante il ruolo giocato nella formazione dei libri liturgici dell’Occidente latino, la riflessione sui libelli come tipologia bibliologica è, tuttavia, relativamente recente: data infatti alla fine degli anni ’70 del secolo ventesimo237.

In senso diacronico si possono distinguere due tipi di libelli: quelli, per così dire, di prima generazione, antecedenti o concomitanti alla formazione dei libri liturgici propriamente detti (VII- VIII secolo) e quelli d’epoca successiva, di seconda generazione, grossomodo posteriori all’VIII secolo. I libelli di prima generazione, che molta luce potrebbero gettare su una genesi complessa quale quella dei sacramentari e degli altri libri liturgici, ci sono giunti in stato sommamente frammentario, spesso come scriptio inferior di codici palinsesti, soppiantati nell’uso dalle nuove tipologie librarie238. I libelli di seconda generazione invece risentono maggiormente, quanto a

235 PALAZZO, Histoire des livres, 61. Cfr. anche VOGEL, Medieval Liturgy, 38.

236 Cfr., ad esempio, VOGEL, Medieval Liturgy, 37-38; PALAZZO, Histoire des livres, 61-62; PALAZZO, Role des libelli, 11-13.

237 Le prime riflessioni compiute sui libelli presero avvio con gli studi di Niels Krogh Rasmussen, Pierre-Marie Gy e Michel Huglo. Come riferito, ad esempio, da HUGLO, Livres de chant, 64 e GY, Different Forms, 23.

238 Cfr. HEN, Liturgical Palimpsest, 38 che richiama a sua volta un’osservazione di LOWE, Codices rescripti, 69: «Of the palimpsested lower texts the largest group seems to have been condemned on the grounds of obsolescence. This is clearly the case with the legal and liturgical texts which were no longer in use».

149 forme e contenuti, di libri più strutturati come il sacramentario o il messale, ma mantengono la loro esiguità nelle dimensioni e nel numero dei fogli e hanno un contenuto mirato dal punto di vista liturgico; la minore antichità di questi libelli non è stata però garante di una migliore conservazione: piccola dimensione e assenza di legatura sono in questo caso da annoverarsi tra le maggiori cause della loro dispersione239.

Per quanto riguarda invece i piani codicologico e liturgico, sono fondamentali le osservazioni fornite da Pierre-Marie Gy. Esse si basano su:

Four elements which are best considered as not too separate from each other:

1. The libellus consists of a booklet or a small number of booklets (no more than three or four). 2. At the beginning these booklets or booklet were independent.

3. The libellus is not bound.

4. From the liturgical point of view, the libellus does not include all the functions of a given ministry, for example, that of a bishop, or the whole of the liturgical year, but only a particular

action or specific feast240.

La distinzione però spesso può essere sottile: «From the outset one must underline the basic importance of libelli as category in the liturgy and elsewhere, while at the same time warning against the distinction too neatly made between liber and libellus»241.

Anche nell’ambito dei libri per la celebrazione della messa ambrosiana si può elencare qualche

libellus, con caratteristiche tali da coprire le possibilità qui elencate: primo e più importante è Gs,

un libellus missarum di prima generazione, databile tra i secoli VII e VIII, frammentario e palinsesto. Un insieme di libelli si può riconoscere anche nel Liber officiorum di Orrico Scaccabarozzi, arciprete della Cattedrale milanese e prolifico compositore di uffici e messe. Un altro libellus missarum, di seconda generazione è Par4, la Missa in festivitate sancti Bernardi. A suo luogo si cercherà di mostrare come ognuno di questi manoscritti possa a buon diritto essere descritto come libellus.

1.1 UN LIBELLO PERDUTO PER LE FERIE DI QUARESIMA (G(lib))

Prima di procedere all’esame di Gs, è bene ricordare il libellus perduto G(lib): l’esiguità delle testimonianze manoscritte di libelli di prima generazione rende importante descrivere per quanto possibile le forme anche di questo, sebbene esse siano solo frutto di congettura.

L’esistenza di un libello destinato alle ferie del tempo quaresimale fu sostenuta da Judith Frei nel lungo studio introduttivo all’edizione del Sacramentario G. Nella composizione dei formulari delle prime quattro settimane di quaresima, G ricorre, al netto di alcune eccezioni, interamente a fonti

239 Cfr. GY, Different Forms, 26-27.

240 GY, Different Forms, 24, con discussione dei singoli elementi alle pagine successive. Sono ripresi e discussi anche da HUGLO, Livres de chant, 64-65 68-75 e PALAZZO, Role des libelli, 12-13.

150 gregoriane. La quinta settimana di quaresima invece mostra una cesura rispetto alle altre quattro: le orazioni SP e PC dei singoli giorni sono prese dai formulari gregoriani del giorno stesso e marcate, nel codice, dalla sigla «GR», salvo al venerdì, in cui il formulario è interamente

gregoriano, secondo lo schema delle altre settimane. Le orazioni SS e SO sono attestate negli antichi libri romani ma anche nei messali di tradizione S, anche se in un’altra posizione rispetto a G. Più stringente la posizione delle PR: in G sono riportati in ordine da lunedì a sabato le PR che nei messali di tradizione S sono o in questa settimana o in altre, ma nello stesso giorno della settimana242.

Was konnte den J-Redaktor veranlassen, vom gregorianische Schema abzuweichen? Mit seiner Vorlagentreue ist die Annhame unvereinbar, der Redaktor selbs hätte für diese Woche die Orationen zusammengestelt. In diesem Fall hätte er sicher auch ein Freitagsformular mitkomponiert. Es kann m. E. für die Sonderstellung der 5. Woche nur den einen Grund geben, daß der Redaktor eine Quelle vorlag, die für ihn so bedeutend war, daβ er ihr den Vorrang vor

den römischen Quellen gab243.

Questa fonte, secondo la studiosa, consisterebbe in un libellus per le ferie di quaresima: questo libello avrebbe contenuto cinque formulari brevi (Kurzformulare, dotati cioè di sole orazioni SS, SO e delle PR) uno per ogni giorno della settimana escluso il venerdì. Ai redattori d’epoca carolingia sarebbe poi spettato il completamento di questi formulari brevi244.

Pur mancando ogni dato materiale, questa ricostruzione sembra avere molte consonanze con una possibile ricostruzione del libellus Gs, quale sarà esposta nelle prossime pagine. Ciò dà maggiore peso agli argomenti di Judith Frei sull’esistenza di G(lib) poiché attesta come libelli di questo tipo realmente esistevano tra VII e VIII secolo245.

1.2 IL PALINSESTO SANGALLENSE (Gs: St. Gallen, Stiftsbibliothek, 908)

Alla tipologia libraria dei libelli missarum sembra doversi ascrivere con buona certezza Gs, conservato frammentario e palinsesto nel cosiddetto Rex palinpsestorum, il codice St. Gallen, Stiftsbibl., 908. Come si cercherà di dimostrare nella seguente analisi, il codice era composto verosimilmente da due fascicoli privi di legatura e semplicemente cuciti in un solo punto; il contenuto del libello doveva essere dunque calibrato per la celebrazione delle cosiddette missae

242 FREI, Ambrosianische Sakramentar, 36-43. 243 FREI, Ambrosianische Sakramentar, 42. 244 FREI, Ambrosianische Sakramentar, 138-140.

245 Solleva obiezioni agli argomenti di Judith Frei VERITÀ, Messale di Armio, 23-25 secondo il quale in realtà tutta la quinta settimana di quaresima, come trasmessa da G «si configura come un evidente rimaneggiamento» e quindi di origini posteriori. Ai fini di questa trattazione sugli aspetti bibliologici, ritengo che la descrizione del libello offerta da Judith Frei sia sostanzialmente attendibile e la corrispondenza con Gs sia oltremodo probante nell’immaginare un libellus missarum di simili contenuti e dunque di simili forme. Si rimanda al capitolo 5 per la discussione dei contenuti e della loro evoluzione.

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cotidianae, nell’ordine di una celebrazione probabilmente di tipo presbiterale. Si può dire dunque

che Gs rispetti appieno le quattro caratteristiche indicate da Gy per riconoscere un libellus246.

Se Gs fu scritto nella seconda metà avanzata del secolo VII, allora fu presto destinato al riuso, in un periodo tra la fine del sec. VIII e l’inizio del IX: potrebbe essersi presto deteriorato il supporto oppure potrebbe essere divenuto rapidamente obsoleto in un’epoca di grande riordino nei libri liturgici: troppo poche sono le informazioni per poter scegliere e sostenere una di queste ipotesi. Svariati sono stati i tentativi d’identificare la sede nella quale avvenne la confezione del nuovo codice St. Gallen, Stiftsbibl., 908: da un generico «written apparently in North Italy [...] possibly in Switzerland» di CLA, VII, 953 si arriva ad indicare con più precisione la città di Milano con Patrizia Carmassi247. Non è nemmeno chiaro quando l’intero codice 908 possa essere migrato

oltralpe, forse già in epoca abbastanza alta: linee di circolazione tra Milano e S. Gallo sono attestate almeno dal secolo IX248.

Nel XVIII secolo il codice doveva essere privo di legatura se uno solo dei fascicoli che lo componevano potè migrare a Zurigo (attualmente Zentralbibliothek, C79b, ff. 16-19) nel 1712, e lo era ancora un secolo più tardi quando Ildefons von Arx (1755-1833), bibliotecario dell’abbazia di S. Gallo, fece realizzare la legatura249.

Il codice 908, alla scrittura superiore, si può dividere in due sezioni. La prima contiene un florilegio teologico con un commentario ai primi tre capitoli di Genesi, brani di Isidoro, Pseudo-Agostino, Cesario e Pseudo Cesario di Arles, Gregorio magno, i cosiddetti Ioca monacorum e Interpretatio

sancti Augustini; la seconda invece sei glossari latini. Le scritture inferiori, in alcuni casi su due

livelli esse stesse, oltre al libellus Gs, contengono altre dodici sezioni: ai fini degli studi sul rito ambrosiano si distingue Ga, il primo ingressario ambrosiano conservato. Ci sono anche un cosiddetto Corpus fidei catholicae – ricollegato da Patrizia Carmassi alle controviersie tricapitoline ancora attive nella metropoli aquileiese nel secolo VII250 – un sacramentario di tipo

gallicano, un testo non identificato, le Sortes Sangallenses, il codex unicus dell’opera di Flavio Merobaude, Vegezio, Iunilio ed Eucherio, un salterio, un’epistolario paolino e pagine di diritto.

246 Ritiene che si tratti di un «libellus per il tempo dopo Pentecoste» CARMASSI, Libri liturgici, 123.

247 «wohl Schweizerisch» secondo BISCHOFF, Wendepunkte, 232; ID., Panorama, 22, 32-33 lo ritenne poi proveniente da un’area di rito ambrosiano, poi ancora ID, Italienische Handschriften, 178 da un centro collegato alla città di Monza. Concordano su Milano invece WRIGHT, Apocryphal Lore, 144-145 e CARMASSI, Libri liturgici, 106-109.

248 Sulle linee di comunicazione tra Milano e il nord delle alpi cfr. BISCHOFF, Panorama, 31; ID., Italienische

Handschriften, 177-178; GAVINELLI, Irlandesi, 358-359;CARMASSI, Libri liturgici, 108.

249 Così Ildefons von Arx, di sua mano: «Codicem hunc ab uno, eodemque scriptore eo modo, quo nunc colligatus est, consarcinatum fuisse, comprobant iidem in singulis paginis scripturae characteres, orthographia, et quaternionum numerus, continua serie ab I usque XXV» St. Gallen, Stiftsbibl., 908, p. V9. Cfr. anche DOLD, Dove si trovano, [5], SCHMUKI, Der «König der Palimpseste», 18 e ID., Descrizione breve.

152 La prima segnalazione del libellus missarum palinsesto Gs si dovette proprio a Idelfons von Arx, che gli diede il nome di Missa catechumenorum, nome col quale, sebbene impropriamente, è tuttora indicato. Nel 1910 André Wilmart pubblicò una descrizione di questi fogli e li giudicò «un petit missel du type ambrosien ou milanais»251. Nel 1924 fu invece Alban Dold, pioniere della

lettura dei palinsesti con metodi fotografici, a pubblicare la trascrizione della scriptio inferior252.

a. Descrizione esterna.

Il libellus Gs è conservato alle pp. 157/158, 161/162, 163/164, 167/168 del codice sangallense253.

Alle otto pagine attuali corrispondono quattro bifogli di Gs, aperti a formare la pagina e solidali tra loro per mezzo di una braghetta. Si può ricostruire la fascicolazione secondo questo schema:

I) f. 1r = p. 167 inf. pelo BIANCO II) f. 7r = p. 164 inf. carne

f. 1v = p. 168 inf. carne MINIATURA f. 7v = p. 163 inf. pelo

f. 2r = p. 162 sup. pelo f. 8r Lacuna [carne]

f. 2v = p. 161 sup. carne f. 8v Lacuna [pelo]

f. 3r = p. 158 inf. pelo f. 9r Lacuna [carne]

f. 3v = p. 157 inf. carne f. 9v Lacuna [pelo]

---

f. 4r = p. 157 sup. carne f. 10r Lacuna [pelo]

f. 4v = p. 158 sup. pelo f. 10v Lacuna [carne]

f. 5r = p. 161 inf. carne f. 11r Lacuna [pelo]

f. 5v = p. 162 inf. pelo f. 11v Lacuna [carne]

f. 6r = p. 168 sup. carne f. 12r = p. 163 sup. pelo BIANCO

f. 6v = p. 167 sup. pelo f. 12v = p. 164 sup. carne BIANCO

Questa ricostruzione differisce da quella proposta da Alban Dold, con l’intento di sanare alcune aporie254. La principale stranezza della ricostruzione di Dold è data dalla presenza di tre fogli

251 Cfr. WILMART, Missa, 113. 252 DOLD, Le texte, 309-316.

253 Il codice, come tutti i codici sangallensi, è paginato. D’ora in poi, relativamente a questo codice, con «pagina» si intenderà fare riferimento alle pagine del codice intero, con «foglio» alla foliazione ricostruita di Gs. Seguendo DOLD,

Missa catechumenorum, 308, con «sup» si indica la parte superiore della pagina nella legatura attuale e con «inf» la parte inferiore.

254 Devo questo tentativo di ricostruzione a un colloquio con Mirella Ferrari, secondo la quale i fascicoli di tre bifogli, apparentemente anomali, si potrebbero spiegare postulando un libro di due soli fascicoli commisurato a un contenuto limitato. Di fatto tale ricostruzione appare molto efficace: due ternioni, verosimilmente atti a contenere una porzione di testo non troppo estesa che nemmeno riempie i due fascicoli (l’ultimo foglio risulta con questa ricostruzione bianco sia sul recto sia sul verso); l’affrontamento è continuo, senza interruzioni nel suo schema.

Si ripropone qui, con l’aggiunta di alcuni dettagli la ricostruzione del fascicolo fatta da DOLD, Missa catechumenorum, 308. Tra parentesi l’indicazione del foglio secondo il nuovo schema.

f. 1r = (f. 12r) = p. 163 sup. pelo BIANCO f. 1v = (f. 12v) = p. 164 sup. carne BIANCO f. 2r = (f. 1r) = p. 167 inf. pelo BIANCO

f. 2v = (f. 1v) = p. 168 inf. carne MINIATURA A PIENA PAGINA f. 3r = (f. 2r) = p. 162 sup. pelo f. 3v = (f. 2v) = p. 161 sup. carne f. 4r = (f. 3r) = p. 158 inf. pelo f. 4v = (f. 3v) = p. 157 inf. carne f. 5r = (f. 4r) = p. 157 sup. carne f. 5v = (f. 4v) = p. 158 sup. pelo

153 bianchi all’inizio del fascicolo, di fronte alla pratica più comune di iniziare sul primo foglio verso: si può risolvere l’anomalia considerando il bifoglio pp. 163-164 come inizio di un nuovo fascicolo255. Questa ricostruzione riesce particolarmente efficace proprio se si vuole concepire il

frammento come un libellus: la ricostruzione di Alban Dold, invece, lascia intendere che più d’un fascicolo doveva seguire all’unico conservato, in modo da formare un sacramentario vero e proprio, seppur magari piccolo e parziale.

La regola di Gregory non è rispettata in nessuna delle due ricostruzioni, ma in entrambe si osserva una regolarità nell’affrontamento; in particolare, nella ricostruzione proposta, il secondo fascicolo inizia non su lato pelo come il primo, ma su lato carne, quasi a voler proseguire il ritmo pelo / carne.

Le dimensioni sono ricostruibili in circa 150 × 100 mm con superficie scrittoria di circa 136 × 70 con doppia linea di giustificazione verso il margine esterno; la rigatura a secco è eseguita su lato pelo.

Si rileva la presenza di una coppia di fori verosimilmente riconducibili a cucitura in corrispondenza della piega del bifoglio all’altezza della prima linea di testo: sono riscontrabili alle pp. 157-158, 163-164. Questi fori fanno pensare che i fascicoli fossero tenuti legati da un solo punto di cucitura; sicuramente era assente una cucitura lungo tutta la piega del bifoglio: non se ne rilevano tracce. Le dimensioni estremamente ridotte, l’esiguo numero di fascicoli e l’assenza di legatura consentono di descrivere Gs come un libro portatile, da tenersi comodamente in mano: questo fatto poteva avere riscontro nella prassi cerimoniale, ma deduzioni più dettagliate sarebbero probabilmente imprudenti. I sacramentari d’epoca carolingia a noi giunti si mostrano invece discontinui nelle caratteristiche di maneggevolezza, non tanto nel formato quanto nel peso, per il grande numero di fascicoli che li compone256.

f. 6r = (f. 5r) = p. 161 sup. carne f. 6v = (f. 5v) = p. 162 inf. pelo f. 7r = (f. 6r) = p. 186 sup. carne f. 7v = (f. 6v) = p. 167 sup. pelo f. 8r = (f. 7r) = p. 164 inf. carne f 8v = (f. 7v) = p. 163 inf. pelo

255 L’inizio sul primo foglio verso è giustificato dall’assenza della legatura e dalla necessità di proteggere il fascicolo stesso dall’usura: GY, Different Forms, 26. Probabilmente lo stesso Dold ritenne anomala una tale serie di fogli bianchi, tanto da congetturare che f. 2r (= f. 1r nella nostra ricostruzione = p. 167 inf) potesse essere «jadis ornée de peintures»: la congettura tuttavia non sembra supportata da alcuna traccia di decorazione.

256 Sulla distinzione in termini di dimensioni tra «portable and non-portable books» si rimanda ancora, sebbene la distinizione sia trattata solo accidentalmente, a GY, Different Forms, 24 e nota 4: «They proposed the establishment of the height of twenty centimeters as the boundary between a portable and a non-portable breviary».

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b. Scrittura.

Il testo è scritto, secondo la descrizione di Lowe, in «a well-formed, firm uncial: the bow of A turns in; the serifs of N and T are shaded and pennant-like; the bow of R is rather big»257.

Figura 1: f. 4v = 158 sup, pergamena trattata con reagenti, «dixit paralitico | Confide fili remit|tuntur tibi pecca|ta tua et ecce qu[i]|dam de scriuis [d]ixe|[r]unt i[nt]ra [se] hic | blasphemat et cum | videssit ihs cogita|tionis eorum dixit»

Più nel dettaglio, si tratta di onciale new style, scritta da una mano che ha probabilmente pretese calligrafiche; manca però di regolarità nella morfologia delle lettere e di precisione nell’allineamento, cosa che rende l’impressione di una bilinearità un po’ ondeggiante258.

257 Cfr. CLA, VII, 959. Per una descrizione dettagliata della scrittura cfr. anche PLOTON-NICOLLET, Édition critique, 761-763.

155 Poiché si ritiene che Gs sia d’area lombarda sulla base del suo contenuto, è parso proficuo un tentativo di confronto con alcuni codici bobbiesi poiché allo scriptorium del monastero di Bobbio, principale centro culturale in epoca longobarda dell’Italia settentrionale, sono sicuramente attribuibili alcuni codici di secolo VIII, mentre invece l’area più strettamente milanese resta oggetto di enorme incertezza fino ai secoli IX-X259.

A ha varie forme di occhiello, più o meno pronunciato, non sempre chiuso, talvolta stretto fino ad

arrivare a un piccolo ricciolino, quasi un puntino, come nella penultima riga di Figura 1. Forme simili si osservano, ad esempio, nel codice Ambr. F 84 sup260.

B è di difficile osservazione in Gs: nessuna è in aree trattate con reagenti e le altre sono

evanescenti. Sembra però di poterne osservare un occhiello inferiore molto grande, a somiglianza di quanto accade nell’onciale di Bobbio261.

E è aperta; F scende molto sotto il rigo e può avere un filetto che si prolunga sotto l’asta; il tratto

mediano poggia sulla rettrice e spesso termina a spatola. G ha il tratto discendente molto sottile, che chiude in un ricciolo: forme simili, ad esempio, si trovano nei codici Ambr. C 77 sup.262 e

Ambr. B 159 sup263. I talvolta non poggia sulla rettrice.

L è molto sviluppata verticalmente, il tratto orizzontale termina con una grazia ripiegata verso il

basso: è ben visibile a Figura 2 e a Figura 10 con la grazia molto più marcata. Nei codici bobbiesi come l’Ambr. B 159 sup., l’Ambr. F 84 sup. e il Vat. lat., 5765264, il tratto orizzontale della L tende

a terminare a spatola invece che con una grazia più tondeggiante come in Gs; più morbido e simile a Gs è invece nell’Ambr. C 77 sup. Forme di L simili a Gs si possono osservare nel cosiddetto Messale di Bobbio (GaB), originario delle Gallie265. Non sembra che LL abbia il tratto orizzontale

alla base eseguito in legatura, come si può vedere a Figura 5 e Figura 6. Simili trattamenti di L dunque sembrano essere non tanto localizzanti, quanto datanti tra i secoli VII e VIII.

259 FERRARI, Centri di trasmissione, 307-313. Sullo scriptorium bobbiese e in particolare per la scrittura onciale: COLLURA, Precarolina e carolina, 73-77; per le scritture distintive invece: FIORETTI, Litterae notabiliores, passim. 260 Milano, Biblioteca Ambrosiana, F 84 sup. (CLA, III, 341).

261 COLLURA, Precarolina e carolina, 74 ritiene di «poter additare come forma tipica costante la B» che ha «generalmente l’occhiello inferiore schiacciato, oblungo e più grande del superiore ed è eseguita in tre o quattro tratti». 262 Milano, Biblioteca Ambrosiana, C 77 sup., ff. 1-152 (CLA, III, 317).

263 Milano, Biblioteca Ambrosiana, B 159 sup. (CLA, III, 309).

264 Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat., 5756 (CLA, I, 43). Riprodotto digitalmente su:

https://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.5765 )

265 Paris, BnF, Lat. 13246 (CLA, V, 653): un tale trattamento di L e LL è considerato tipico delle onciali della Francia settentrionale da MCKITTERICK, Scripts of Bobbio Missal, 30; queste caratteristiche sono particolarmente marcate