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IV. UOMINI, LIBRI E RICERCHE

10. LA CONTRORIFORMA E L’AZIONE DEI BORROMEO

3.9 G IOVANNI B ATTISTA C ORNO (1607-1690) E L ’A RCHIVIO DELLA C URIA

ARCIVESCOVILE.

Giovanni Battista Corno nacque nel maggio 1607; frequentò gli studi di grammatica, filosofia e teologia presso il collegio dei Gesuiti di Brera; ricevuta la prima tonsura e gli ordini minori dal 1625 al 1628, fu ordinato suddiacono il 15 marzo 1631 a beneficio del mazzeconicato della chiesa metropolitana. Diacono il 2 aprile 1631, fu ordinato sacerdote il successivo 14 giugno per le mani del cardinale Federigo Borromeo. Proprio i mazzeconici erano tra i principali attori dell’ufficiatura quotidiana della cattedrale, addetti principalmente al canto. Nel 1641 fu nominato primicerio dei lettori e maestro di coro184.

Oltre all’attività liturgica presso il duomo e ad altre numerose altre attività, fu nominato nel 1647 archivista della curia arcivescovile, incarico che svolse con indefessa solerzia nel riordino di un archivio che si presentava in situazioni disastrose, con le carte raccolte alla rinfusa185.

Oltre che riordinatore fu anche erudito e studioso di carte d’archivio: ci restano trentadue fascicoli scritti di suo pugno, genericamente catalogati come «miscellanea Corno»; in particolare poi venti di essi sono stati numerati da 1 a 19, corredati di sommario dall’autore stesso e posti sotto il titolo di «Studium mei presbiteri Iohannis Baptistae Cornei». Questi volumi sono scritti nella bella, ariosa, scrittura della mano del Corno e ripieni d’ogni sorta d’annotazioni a carattere storico, erudito, archivistico o destinate alla spiegazione sia pratica sia spirituale dei riti o dei testi liturgici186. Ad una lettura superficiale degli indici, la sua conoscenza della tradizione manoscritta

dei libri liturgici ambrosiani sembra piuttosto scarsa, forse limitata ai codici conservati presso la cattedrale: ricopia principalmente passi di Beroldo; inoltre nel primo volume della sua raccolta, ASD, Sez. XIV, 157, quinterno 7, ff. 63-70 trascrive parti del messale di S. Tecla (Te). Sembra invece che Giovanni Battista Corno conoscesse soprattutto i libri a stampa, come il breviario del Casola e le edizioni a stampa del messale ambrosiano, delle quali diede anche un elenco187. Un

giudizio complessivo sulle sue conoscenze potrebbe venire però solo da uno studio attento di questa ingente mole di carte, ancora sostanzialmente inesplorate.

183 La storia della biblioteca del maestro delle cerimonie è in RUGGERI, Documenti, 873-875. Il catalogo manoscritto stilato in occasione della cessione dei libri è in Milano, Archivio del Capitolo metropolitano, Capitolo maggiore, cart. 86, fasc. 28-29.

184 Vita e opere di Giovanni Battista Corno in ARGELATI, Bibliotheca, I, 2, 474-474, II, 2, 1980. Più recenti sono le biografie di NAVONI, Giovanni Battista Corno, 161-162 e COLOMBO, Giovanni Battista Corno, 135-145.

185 SALA, Documenti, IX-XXI; PALESTRA, Visite Milano, XI-XIV; COLOMBO, Giovanni Battista Corno, 145-156. 186 Milano, ASD, Sezione XIV “Miscellanea”, 151-181, 190. ARGELATI, Bibliotheca, I, 2, 474-477.

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a. Ordinamento dell’archivio e frammenti pergamenacei.

In questa dissertazione che tratta di libro manoscritto, il nome di Giovanni Battista Corno è strettamente legato alla storia dei frammenti conservati a Milano presso l’Archivio storico diocesano. Attualmente ne conosco una novantina: dodici sono raccolti in una cartella, gli altri sono dispersi nei fondi dell’archivio188. Ne sono venuto a conoscenza in parte dietro segnalazione

degli addetti, in parte in seguito ad uno spoglio sistematico dei fascicoli d’archivio, seppure limitato alle sezioni VI, IX, X-XIV189. Proprio la conoscenza dell’operato di Giovanni Battista

Corno permette di meglio approfondire la storia di questi frammenti190.

188 I frammenti attualmente conservati sciolti e raccolti nella cartella sono stati staccati da fascicoli d’archivio. Gli inventari della Sezione X, maggiormente studiata, aiutano a individuare l’epoca del distacco: si possono consultare per questa sezione due differenti inventari redatti nella seconda metà del secolo ventesimo. Il secondo, più recente, con le segnature attuali, è dovuto principalmente alle cure dell’archivista mons. Ambrogio Palestra ed è pubblicato in tre volumi: PALESTRA, Visite Milano; ID., Visite pastorali, I-II. Un quarto volume che doveva completare l’edizione degli inventari del fondo delle visite pastorali alle pievi non vide mai la luce; l’inventario, dattiloscritto a cura di Giulio Colombo, è consultabile presso l’Archivio storico diocesano. Il primo dei due inventari risale invece agli anni ’50-’60 e si deve per la maggior parte alle cure di mons. Claudio Marcora, dottore della Biblioteca ambrosiana. Quest’inventario è tuttavia parziale e pubblicato disperso in numerosi volumetti o articoli con un titolo del tipo ‘Fonti per la storia della pieve di’. L’inventario di Marcora è tendenzialmente più sistematico nell’indicare la presenza di frammenti, mentre quello di Palestra li indica solo sporadicamente. Alcuni frammenti attualmente staccati sono stati catalogati da Marcora come ancora in situ, mentre nell’inventario di Palestra non sono più segnalati oppure nemmeno più esiste il fascicolo che li conteneva, poiché è stato smembrato e i quinterni che conteneva sono stati distribuiti in altre sezioni dell’archivio secondo l’argomento. A questo distruttivo lavoro di riordino, avvenuto grossomodo tra la pubblicazione di un inventario e quella dell’altro, credo sia da attribuire il distacco dei frammenti dalla loro collocazione.

189 Alcuni frammenti sono segnalati in ITER, 12874, 12887-12893. I fondi dell’Archivio storico diocesano sono descritti in PALESTRA, Archivio.

190 L’attitudine di Giovanni Battista Corno di fronte al frammento è contraddittoria. Emblematico di questo comportamento è il primo volume della sua raccolta di studi (ASD, Sezione XIV “Miscellanea”, 157). Questo volume contiene infatti ben tre frammenti trattati secondo modalità affatto differenti affatto differenti. Il primo:

ASD, Sezione XIV “Miscellanea”, incollato sulla coperta. Antiphonale (monasticum?), Milano, sec. XV2/2. Membr., 2ff. (un bifoglio); 315 × 341 = 53 [290] 94 × 35 [250] 56, 32 rr (?) / notazione musicale su sei sistemi. Rubriche; notazione quadrata forse con influenze ambrosiane (principale neuma monosonico in forma di rombo), chiavi di do e di fa; testo in gotica da libro corale scritta tra due rettrici. Spazi riservati. A f. 2v (= coperta anteriore del volume), di mano di Giovanni Battista Corno: «Studium mei presbiteri Iohannis Baptistae Cornei. Liber I primus»; sul dorso del volume è apposta la nota: «Corno. Miscel. T.1». Etichette con segnature archivistiche (ordinamento del can. Aristide Sala).

La presenza del titolo posto dal suo stesso autore dà un sicuro terminus ante quem per l’ingresso del frammento in archivio; il fatto che sia incollato sulla coperta può indicare come responsabile di questo ingresso il libraio che rilegò il volume. Il frammento è oggetto di riuso, senza alcun tentativo di salvaguardia. Secondo frammento:

ASD, Sezione XIV “Miscellanea”, 157, 5, camicia del quinterno. Psalterium Ambrosianum (già Breviarium Ambrosianum?). Milano, sec. XIV-XV. Membr., 2ff. (un bifoglio; nella legatura attuale f. 2 precede f. 1); lato pelo esterno; 263 × 200 = 18 [238] 7 × 35 [165], rr. 22 / ll. 21 (f. 2r), tipo di rigatura non rilevabile con certezza per l’usura. Iniziali maggiori rosse con filigrana viola a fasci di linee verticali all’inizio di ogni salmo, iniziali minori rosse all’inizio di ogni versetto di salmo; rubriche; testo in minuscola gotica rotunda. A f. 2r (attualmente inizio del fascicolo): mano di Giovanni Battista Corno «Expositio Misse ambrosiane facta ante annum 1257 (ita in angulo sequentis paginae levo) a reverendo Iohanne Belo de Guertiis rectore ecclesie Sancti Victoris portae Romanae. Ita in folio sequenti scriptus rubeis caracteribus. Sed non integra»; d’altra mano moderna: «Questo codice in parte e con non troppa fedeltà venne pubblicato l’anno 1853 negli opuscoli liturgico ambrosiani fasc. 1 dal dott. Dozio». Si segnalano membra disiecta in Sezione XIV “Miscellanea”, 4, 5. Bibliografia: MONZIO COMPAGNONI: Trattato rituale, 103-104.

Questo bifoglio di salterio ambrosiano non ha note archivistiche e il codice potrebbe essere stato smembrato anche in sede di costituzione del quinterno attuale. A sua volta contiene un altro frammento: l’esposizione della messa ambrosiana scritta da Giovanni Bello de Guerciis. Un unico volume dunque ha un frammento sulla coperta e contiene

137 Si riescono a distinguere infatti due tipi di frammenti: un primo tipo era presente nell’archivio della curia arcivescovile prima che Giovanni Battista Corno fosse nominato archivista. Alla sua nomina, infatti, tutte le carte giacevano sparse sul pavimento dei locali dell’archivio. Seguendo le istruzioni già emanate da Carlo Borromeo, Giovanni Battista Corno fece legare molte delle carte raccolte nei fascicoli che sono ancora chiaramente riconoscibili dalla coperta in cartone ricoperto di pergamena bianca e dal sommario scritto dall’archivista stesso nella sua riconoscibile grafia. Sembra che la cucitura dei quinterni sia avvenuta nell’archivio, mentre la loro legatura presso un libraio191.

I quinterni spesso hanno il primo foglio bianco o una camicia cartacea, talvolta la camicia (o un semplice rinforzo alla piega) è costituita proprio da un foglio di pergamena di riuso. Questi frammenti sembrano essere stati normalmente lasciati nella medesima collocazione nella quale si trovavano192. Lo dimostra FramASD6: il foglio pergamenaceo, piegato, funge da camicia per il

quinterno e le note archivistiche sulla pergamena sono della medesima mano dell’estensore del contenuto, uno stato d’anime del borgo di Premana in Valsassina (LC). Lo dimostrano anche le dimensioni dei frammenti, coerenti con quelle dei quinterni. Questa ipotesi inoltre può ben spiegare la distribuzione apparentemente irrazionale dei frammenti nel fondo; irrazionale, ma con una labile regolarità: in presenza di membra disiecta, essi provengono sempre da fascicoli della medesima serie, contenenti tutti carte provenienti dalla medesima pieve.

un frammento della consistenza di un fascicolo, forse in qualche modo salvato e inserito dal Corno nella sua raccolta di studi, racchiuso però dentro un frammento.

191 COLOMBO, Giovanni Battista Corno, 145-156.

192 Con alcune notevoli eccezioni, riconducibili però alla norma. Nei due frammenti qui di seguito descritti le note archivistiche e i segni di piegatura dimostrano un uso in quinterni d’archivio precedente all’ordinamento di Giovanni Battista Corno, il quale però ne modificò la collocazione. Mise il primo nel suo messale, ma non si può intuire a quale intento; legò il secondo nella sua miscellanea: diede al frammento una collocazione e un titolo, cosa che fa pensare ad un’attenzione di tipo documentario, a un suo cosciente recupero.

Cartella con frammenti, 2. Evangelistarium Ambrosianum, Milano, sec. XI1/2. Membr., un foglio, recto su lato carne; 270 × 91 = [215] 55 × 11 / 5 [64] 6 / 5 rr. 21 / ll. 21. Rigatura a secco, impressione lato pelo. Rubriche in onciale gocciolante, testo in minuscola carolina. Una nota a matita sul recto, rivela la collocazione originaria del frammento: «Ritrovato nel Messale del 1560 dell'Archivio storico diocesano il 3 gennaio 1979», Missale Ambrosianum ed. 1560, con nota di possesso autografa di Giovanni Battista Corno. Non è chiaro dove fosse conservato il frammento: la legatura del messale è di restauro, compatibile con l’anno del ritrovamento, tuttavia il frammento non sembra mostrare segni d’usura dovuti all’inserimento in una legatura; forse era semplicemente inserito nella cinquecentina. Un segno di piegatura verticale con fori e un’altra nota archivistica parzialmente rifilata, nel margine inferiore del verso, «Libro de battizati [...] de Biandrono Pieve di [Besozzo]», indicano l’uso archivistico originario. Si segnala il membrum disiectum Milano, ASD, Cartella con frammenti, 1 (collocazione originaria Sezione X “Visite pastorali”, Pieve di Besozzo, 28, 25, camicia del quinterno).

Sezione XIV “Miscellanea”, 169, f. 285. Italia settentrionale(?), sec. X1/2. Sacramentarium Gelasianum(? Forse gregoriano gelasianizzato?). Membr., un foglio, recto su lato pelo; 306 × 211 = 11 [262] 33 × [170] 7 / 34, rr. 28 / ll. 28, rigatura a secco, impressione lato pelo. Iniziali rosse e brune alternate; testo in minuscola carolina; rubriche in minuscola. Sul recto, di mano di Giovanni Battista Corno: «285», numero del foglio, e «Pars Rubricae Missae Pontef.». Segni di piegatura nel mezzo sia in verticale sia in orizzontale, forse d’origine archivistica.

138 Seconda categoria di frammenti è invece quella entrata in archivio contestualmente al riordino del canonico Corno: si possono attribuire a questa classe i frammenti incollati sulle coperte dei volumi. In questo caso non si può cercare di ricostruire la storia dei frammenti sulla base delle indicazioni archivistiche: l’intervento di un libraio di professione fa pensare a pergamena acquistata da cartolai. Normalmente ci si servì di pergamena nuova: non si capisce se possa esistere una regolarità nell’uso di pergamena già scritta193.

11. IL SETTECENTO

Il Settecento vide rinascere il fermento degli studi attorno al rito ambrosiano, a partire dal soggiorno milanese del Muratori come dottore della Biblioteca ambrosiana (1695-1700)194.

Proprio attorno alla veneranda biblioteca continuarono a gravitare questi studi: si ricordano in particolare Giuseppe Antonio Sassi, aggregato al collegio dei dottori dal 1703, prefetto dal 1711 fino alla morte avvenuta nel 1751 e Nicolò Sormani, dottore dell’Ambrosiana dal 1718 e poi prefetto della biblioteca tra il 1751 e il 1767: tra i due vi furono accese polemiche in una sorta di gara per rivendicare il ruolo di iniziatore della storiografia sul rito ambrosiano, storiografia che si pone come obiettivo la difesa delle tradizioni milanesi, della loro ortodossia e ricchezza dottrinale195.

In questo ambiente si colloca anche l’opera di Filippo Argelati: la sua Bibliotheca scriptorum

Mediolanensium è un’opera sostanzialmente di tipo compilativo, ma proprio per questo è di

massima importanza anche per lo studio della storia dei codici, perché consente di osservare, seppure indirettamente – poiché Argelati compila la sua opera per autore e non per biblioteca – lo stato delle biblioteche milanesi prima delle soppressioni napoleoniche196.

Tra principali collaboratori di Argelati nella redazione della Bibliotheca ci fu Giovanni Andrea Irico197. Nativo di Trino, succedette proprio all’Argelati nella cura della biblioteca milanese del

193 COLOMBO, Giovanni Battista Corno, 145-156.

194 In particolare è dedicata al rito ambrosiano la dissertazione 57 delle Antiquitates Italicae medii aevii. NAVONI,

Ludovico Antonio Muratori, 365. Sugli studi liturgici di Muratori si veda CATTANEO, Studi liturgici, 51-97.

195 In generale si veda BROVELLI, Storia, 73-76. Sul Sassi: RUGGERI, Giuseppe Antonio Sassi, 3225-3226. Sul Sormani: SALINI, Nicolò Sormani, 3504-3505.

196 Nacque a Bologna nel 1685, morì a Milano nel 1755. Lavorò col Muratori, col Sassi, con l’Irico, più che storico o erudito fu principalmente un bibliografo nonché importante editore: lo si ricorda tra i fondatori, a Milano, della Società Palatina. ZICARI, Filippo Argelati, 112-114. Ad esempio, Argelati cita una settantina di codici della attualmente dispersa biblioteca del monastero di S. Ambrogio: di circa cinquanta cita con precisione la segnatura, i rimanenti sono citati di seconda mano, come segnala FERRARI, Biblioteca del monastero, 118.

197 L’Argelati fu anche accusato di aver pubblicato la Bibliotheca a suo nome, quando il vero autore sarebbe stato invece l’Irico. I rapporti tra i due, dopo l’amicizia iniziale, si deteriorarono a causa dell’inaffidabilità dell’Argelati stesso. Cfr. DE PASQUALE, Irico e i libri, 80. Giovanni Andrea Irico nacque a Trino nel 1704, intraprese la carriera ecclesiastica e si laureò a Torino in teologia e legge. Si trasferì a Milano forse già dal 1738; dal 1743 curò la biblioteca della famiglia Archinti e nel 1748 fu nominato dottore della Biblioteca ambrosiana, dove lavorò fino al 1764 quando

139 conte Archinto. Oltre che bibliofilo e fine letterato, dedicò grande attenzione, pur non essendo milanese, agli studi sul rito ambrosiano. Oltre alla sua naturale inclinazione fu spinto a questi studi anche dall’arcivescovo dell’epoca, il cardinale Giuseppe Pozzobonelli: produsse l’Irico ben quindici volumi manoscritti nei quali indaga la storia, le tradizioni, le leggende e il rito della chiesa milanese; sempre attento ai manoscritti, scrisse un commento a Beroldo e realizzò anche un apografo di Ber (Ambr., D 58 suss.) di cui scrisse un commento in undici volumi manoscritti. L’opera dell’Irico, senza dubbio imponente, godette però di scarsissima fortuna, forse proprio perché mai data alle stampe; a tutt’oggi non è mai stata studiata, se non in minima parte198.

Il cardinale Giuseppe Pozzobonelli, che resse la diocesi milanese dal 1743 al 1783, non si limitò a suscitare e sostenere i fermenti culturali attorno alla storia del rito ambrosiano, ma si fece promotore anche di una nuova edizione del messale, stampata nel 1751199.

Più giovane e di diversa formazione fu Angelo Fumagalli, abate di S. Ambrogio; versato negli studi di numerose discipline quali non solo filosofia e teologia, ma anche fisica e idraulica, dedicò però le sue maggiori energie nelle opere di storia e diplomatica200. I suoi meriti sono sicuramente

superiori alla nomea – che l’affligge fino al presente – di «singolare abate di S. Ambrogio dai sentimenti palesemente antiambrosiani»201. Si occupò del rito ambrosiano già in un’operetta

giovanile e frutto dei suoi primi studi romani, pubblicata nel 1757: si tratta dell’edizione dell’esposizione della messa ambrosiana di Natale scritta in greco da Manuele Caleca e dal Fumagalli erroneamente attribuita a Demetrio Cidonio202. In quest’operetta il Fumagalli mostra un

rientrò al paese natale come prevosto. Morì nel 1782. Cfr. NAVONI, Giovanni Andrea Irico, 249-251 e ID., Irico, 41. Sulle attività di bibliofilo cfr. DE PASQUALE, Irico e i libri, 63-80.

198 NAVONI, Irico, 15-41.

199 Su Giuseppe Pozzobonelli si veda VISMARA, Giuseppe Pozzobonelli, 000-000. Sulla nuova edizione del messale cfr. BROVELLI, Edizione, 20-38. Il Pozzobonelli fece pubblicare anche una nuova edizione del breviario nel 1760. 200 Paolo Carlo Ambrogio Fumagalli nacque a Milano nel 1728, in un’agiata famiglia di commercianti; dopo gli studi inferiori, nel 1744 entrò novizio nell’Abbazia di Chiaravalle milanese, dove nel 1745 emise la professione solenne con il nome di Angelo. Completò i suoi studi teologici a Roma presso il monastero di S. Croce in Gerusalemme, periodo nel quale apprese anche il greco e l’ebraico. Dopo un altro soggiorno romano, rientrò stabilmente a Milano nel 1773, destinato al monastero di S. Ambrogio: in quell’epoca il monastero si stava dotando di una propria stamperia e di una propria cartiera. Per opera proprio del Fumagalli, il 13 marzo 1783 fu aperta al pubblico la biblioteca del monastero, con annessa scuola di paleografia e diplomatica ed egli stesso ne tenne la cattedra per diversi anni. Nel 1786 fu eletto abate di S. Ambrogio, carica che mantenne fino al 1796, per poi trasferirsi nella più piccola abbazia urbana di S. Luca presso S. Celso. All’arrivo dei francesi, l’abbazia di S. Luca fu trasformata, nel 1797, in ospedale militare e il Fumagalli, costretto a fuggire in gran fretta, perse in questa sorta di trasloco gran parte delle sue carte. Nel 1799 fu soppresso anche il monastero di S. Ambrogio dove si era nel frattempo ritirato e Fumagalli tornò probabilmente a vivere in famiglia. Riuscì finalmente a pubblicare nel 1802 le Istituzioni diplomatiche che gli valsero il riconoscimento dell’Istituto Nazionale. Morì nel 1804. Cfr. FAGIOLI VERCELLONE, Angelo Fumagalli, 717-719 e CASIRAGHI, Angelo Fumagalli, 223-226.

201 Così ancora nel recentissimo lavoro di ALZATI, De exceptato, 423.

140 metodo ecdotico che oscilla tra l’ingenuità del principiante ed una grande spregiudicatezza nel variare il testo secondo criteri ben lontani dal rigore scientifico professato203.

Decisamente più maturo è il metodo mostrato nell’altra principale opera sul rito ambrosiano, ossia il Saggio storico-critico sopra il rito ambrosiano204. L’intento storico-critico, manifesto fin dal

titolo della dissertazione, si sviluppa in una critica contro coloro che «per mancanza di criterio» ritengano «tutto attribuir si debba a s. Ambrogio»205; il saggio è poi diviso in tre parti, destinate

spiegazione delle cerimonie della messa, dell’ufficio e dell’anno liturgico mediante erudite note storiche nelle quali mostra di conoscere le principali fonti manoscritte e a stampa, le fonti storiche e la storiografia a lui contemporanea206.

Ultimo – e ormai quasi fuori tempo – delle diatribe settecentesche sulla storia del rito ambrosiano fu Pietro Mazzucchelli207. Ordinato prete nel 1786, molto probabilmente lavorò fin da subito alla

Biblioteca ambrosiana, ma fu nominato custode (1804), dottore (1810), proprefetto (1816), prefetto (1822) solo dopo la Restaurazione. Nel 1828 uscirono le sue Osservazioni nelle quali rispose punto su punto al Saggio storico-critico sopra il rito ambrosiano del Fumagalli: il Mazzucchelli ricavò novanta tesi dall’opera del Fumagalli e le discusse con toni spesso polemici e con grande veemenza, con l’intento di difendere il rito ambrosiano dagli intenti denigratori che si volevano rilevare nell’opera del Fumagalli. Probabilmente il Mazzucchelli si scagliò contro il Fumagalli ormai d’un altro tempo, per prender parte alle accese polemiche dei tempi suoi che opponevano i partigiani del rito romano e dell’ambrosiano; queste polemiche sfociarono talvolta anche in tumulti popolari, come quando nelle pievi di Arona e Cannobio, passate allora dalla diocesi di Milano a quella di Novara, si tentò di introdurre il rito romano208. Le ruvide polemiche

rischiano tuttavia di adombrare i meriti dell’opera del Mazzucchelli: tra i principali va ricordato il suo tentativo di recuperare quanti più possibili resti della biblioteca del soppresso monastero di s. Ambrogio; per far questo, «frequentava bancarelle e botteghe di rigattieri e librai, comprando per l’Ambrosiana briciole e pezzi buoni, a volte anche prendendo abbagli»209.

Altro benemerito bibliofilo e salvatore di manoscritti e libri a stampa fu mons. Gaetano Oppizzoni che nel 1803 succedette al fratello Carlo – divenuto nel frattempo arcivescovo di Bologna – nella

203 Si vedano l’analisi e le puntuali critiche di CUOMO, Terza messa ambrosiana, 17-24.