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IV. UOMINI, LIBRI E RICERCHE

6. L’EPOCA OTTONIANA E LA RIFORMA GREGORIANA

3.5 O RRICO S CACCABAROZZI († 1293)

Attestato tra i canonici di S. Stefano di Vimercate dal 1234, tra il 1240 e il 1251 fu probabilmente introdotto alla corte pontificia e seguì papa Innocenzo IV al concilio di Lione. Ricevette una prebenda nella chiesa di Brioude nell’Alvernia, luogo nel quale dovette completare la sua formazione92. Al suo ritorno a Milano nel 1251 è attestato come ordinarius; divenne poi arciprete

dopo il 1255, forse nel 1256. Nel frattempo assunse anche una cappellania presso la chiesa di S. Maria Podone e la prepositura della basilica di S. Nazaro in Brolio93. Fu tra le principali personalità

della Milano del tempo, specialmente durante la vacanza della sede episcopale. Con l’ingresso in Milano di Ottone Visconti la sua carriera sembra arrestarsi, forse piuttosto si eclissò in un nascondimento operoso: infatti Scaccabarozzi rimase una delle personalità più prestigiose e attive in diocesi, intrattenne importanti legami con gli ordini religiosi presenti in città, si dedicò alla fondazione dell’Ospedale Nuovo e a molte altre opere spirituali, caritative e di amministrazione94.

Probabilmente si deve attribuire proprio a quest’ultimo periodo della vita di Scaccabarozzi la maggior parte della sua attività poetico-liturgica: la produzione di formulari per l’ufficio e la messa nella festa di un santo. I formulari sono composti dall’autore «tam in dictamine quam in cantu»: in particolare poi, il testo dei canti è metrico e rimato. Si viene così a formare un consistente nucleo di uffici attribuibile ad un autore, databile e localizzabile entro un arco di tempo e di spazio circoscritto: caso apparentemente unico nel panorama del rito ambrosiano.

a. Gli epitaffi di Orrico Scaccabarozzi: memorie dell’attività poetica.

L’arciprete morì probabilmente nell’anno 1293 e si fece seppellire nella chiesa di S. Francesco Grande: si tratta dell’antica basilica dei SS. Nabore e Felice, risalente al tardo Impero, presso cui presero dimora i Francescani negli anni trenta del secolo XIII. Ricostruita dai Minori in forme

91 CATTANEO, Ottone Visconti, 142-143. 92 FOIS, Appartenenze ecclesiastiche, 43-46.

93 PERUZZO, Orrico Scaccabarozzi, 325-334; FOIS, Appartenenze ecclesiastiche, 46-49. 94 FOIS, Appartenenze ecclesiastiche, 51-54.

111 grandiose con annesso un grande complesso conventuale, la chiesa divenne luogo di sepoltura delle più importanti personalità milanesi. La storiografia erudita del ‘700 ci tramanda due epitaffi dell’arciprete che aiutano a gettare luce anche sulla sua attività poetico-liturgica95.

Giorgio Giulini dedica due pagine delle sue Memorie alla descrizione del sacello dello Scaccabarozzi – ancora esistente ai suoi tempi in un cortile vicino al refettorio del convento – e ne pubblica la descrizione, un disegno e l’epitaffio96:

In isto sepulcro iacet R.P.D. Henricus Scaccabarozzus archipresbiter maioris ecclesie Mediolani qui fuit magnus devotus ordinis minorum et istius conventus benefactor. Nam anno

domini MCCLXXXVII scholas nobis construxit et multa alia tam spiritualia quam temporalia

nobis ut pius pater concessit97.

Queste righe non contengono informazioni precise sulla produzione liturgica dello Scaccabarozzi, ma, leggendo le parole multa alia spiritualia riesce quasi immediato aggregare ai molti doni spirituali elargiti ai Minori di S. Francesco Grande l’ufficio more Romano dei santi Nabore e Felice, il quale apre i secondi vesperi con un’antifona nella quale i Minori sono direttamente chiamati in causa:

Gaudeant fratres minores, crucifixi zelatores, hospites facti sanctorum

martyrum et confessorum98.

Così anche il graduale della messa che sviluppa poi un parallelismo tra il martirio dei ss. Nabore e Felice e la vita di povertà dei frati minori:

Data sanctorum corpora sunt martyrum martyribus minoribus divinitus custodienda fratribus durae vitae martyrium libenter amplexantibus, ut servi Christi humiles honorent sibi similes. ℣ O quam verum martyrium paupertas voluntaria, quae fame, siti, frigore, laborum tolerantia

95 MAGGI, Francesco Grande. Chiesa di S., 1278-1279; PERUZZO, Orrico Scaccabarozzi, 344; FOIS, Appartenenze

ecclesiastiche, 52.

96 GIULINI, Memorie, 784-785 e tavola fuori testo compresa tra le due pagine. Cfr. anche PERUZZO, Orrico

Scaccabarozzi, 344-345 e FOIS, Appartenenze ecclesiastiche, 52. 97 GIULINI, Memorie, 785.

112

suos professos cruciat

iugi oboedientia99.

L’altro epitaffio di Orrico Scaccabarozzi è ricordato da Ludovico Antonio Muratori, nelle

Antiquitates Italicae medi aevii: l’autore dichiara di aver letto queste righe, attualmente irreperibili,

nel codice che contiene l’opera di Scaccabarozzi:

Orricus dictus cognomine Scacabarozus Mediolanensis tunc archipresbyter urbis, arca de petra iaceo qui clausus in ista, sanctorum studui cum cantu scribere laudes, nomina sunt quorum Nazarius atque Sophia et Marcellinus, Petrus, Maurilius, Anna

& c100.

Quest’epitaffio si distingue nettamente dal precedente e sembra composto da Scaccabarozzi stesso come suggerisce l’uso della prima persona (mentre nell’epitaffio trascritto dal sacello sono i frati Minori a parlare in terza persona); corrobora l’ipotesi la testimonianza di Muratori che sostiene di aver trascritto dal codice di Scaccabarozzi. I nomi dei santi coincidono con quelli degli uffici conosciuti: dei ss. Sofia, Anna, Pietro e Marcellino e Maurilio esiste l’ufficio completo; di s. Nazaro invece ci è conservata solo l’antifona in choro dei vesperi; l’ordine apparentemente irrazionale potrebbe essere dovuto alle rigide esigenze dell’esametro. L’elenco purtroppo è mutilo: lo era il testo o lo è solo la trascrizione del Muratori?

b. Tracce di una cerchia di riformatori?

«Ille qui dignus esset fieri papa»: così è definito Orrico Scaccabarozzi da Goffredo da Bussero101.

Egli, milanese d’origine, prete poi a Rovello, morì dopo il 1289. Poche sono le notizie biografiche su di lui: probabilmente non fece una grande carriera ecclesiastica perché – come tutta la sua famiglia – sostenette la parte dei Torriani102. L’unica sua opera giunta fino a noi è il Liber notitiae

sanctorum Mediolani, sorta di leggendario che riporta, in ordine alfabetico, notizie dei santi cui è

reso culto nella diocesi di Milano, notizie corredate anche di un elenco di chiese, cappelle e altari dedicati al santo in questione: formidabile strumento per la conoscenza dello stato della diocesi milanese del Duecento103. Nella sua opera Goffredo non mostra solo una generica – ancorché

99 Scc20v-21r; ed. DREVES, Scaccabarozzi. Liber officiorum, 246. L’ipotesi di destinazione dell’ufficio dei ss. Nabore e Felice ai frati minori di S. Francesco Grande è di PERUZZO, Orrico Scaccabarozzi, 353-355.

100 MURATORI, Antiquitates Italicae, 935-936C. Il testo di Muratori è ripreso da ARGELATI, Bibliotheca, II/1 1299A- C. Per le implicazioni riguardanti la storia del codice si rimanda al paragrafo 00.

101 MAGISTRETTI MONNERET DE VILLARD, Goffredo da Bussero. Liber notitiae, 273D.

102 SOLDI RONDININI, Goffredo da Bussero, 558-560; COLOMBO, Goffredo da Bussero, 1494-1495.

103 «L’intento è dunque ambizioso: descrivere lo status della diocesi di Milano, a maggior gloria della medesima; e servire come guida e manuale divulgativo per una corretta celebrazione delle feste: in un’opera documentata e complessiva, sistemata, come le scuole allora “moderne” insegnavano, in forma di enciclopedia alfabetica» FERRARI, Liber notitiae, 269. Il Liber notitiae è trasmesso in codex unicus in Milano, Biblioteca del Capitolo Metropolitano,

113 almeno apparentemente sconfinata – devozione all’arciprete Scaccabarozzi, ma conosce anche – almeno in parte – la sua opera poetico-liturgica e ne copia intere parti nel Liber notitiae. Riesce difficile cogliere fino in fondo i rapporti tra l’arciprete – verosimilmente da annoverarsi tra i collaboratori di Ottone Visconti – e Goffredo da Bussero, dell’avversa fazione: è innegabile però che un rapporto e una qualche forma di collaborazione dovettero sussistere104.

Anche il prete Giovanni Boffa, rettore della chiesa di S. Vito fu tra i collaboratori dello Scaccabarozzi: a lui si deve la compilazione del cosiddetto ‘Beroldo nuovo’, monumentale compilazione che riunisce i testi del Beroldo vetus assieme con un manuale in modo che in un unico libro fossero contenuti i testi principali e ritenuti fondativi della tradizione ambrosiana, aggiornati alle necessità e alle nuove celebrazioni dell’epoca105.

Non bisogna dimenticare nemmeno un altro personaggio di primo piano della Milano della seconda metà del Duecento. Nella voce del Liber notitiae dedicata alla vergine Maria, Goffredo ricorda che «Item magister Bonvicinus vulgariter fecit librum»: si tratta di Bonvesin de la Riva, probabilmente con le Laudes de virgine Maria106. Così anche Bonvesin si servì delle opere del suo

contemporaneo Goffredo da Bussero, anche se probabilmente non del Liber notitiae, di poco posteriore alla stesura del De magnalibus Mediolani; Bonvesin riporta il numero delle chiese e dei corpi santi conservati a Milano e nella sua diocesi «sicut se diligenter indagasse testatur presbiter Guifredus de Buxoro, venerabilis capellanus ecclesie de Rodello»107. Così Bonvesin, per mostrare

in modo -per così dire- quantitativo, la grandezza della città di Milano mostra anche le sue grandezze ecclesiastiche: il gran numero di corpi santi, il gran numero di chiese, di canonici e di religiosi, l’alto numero di maestri del canto ambrosiano108. La grandezza di Milano in ordine alla

dignitas è data anche «ratione officii ecclesiastici» poiché l’arcivescovo «quasi alter papa officii

Ambrosiani est caput», capo di un ufficio diverso dal resto del mondo, e motivo di orgoglio in una prospettiva ormai municipalistica109. Resta viva e motivo di vanto anche la leggenda della

II.E.2.8 e la bibliografia sull’opera è vasta. Cfr., ad esempio, FERRARI, Liber notitiae, 268-270 e TOMEA, San Giorgio, 423-458. Oltre a delle cronache attribuitegli ma probabilmente non sue (per le quali cfr. TOMEA, Cronache episcopali, 39-62 che le annovera sotto il nome di Pseudo Goffredo), le altre opere di Goffredo da Bussero sono note attraverso il Liber notitiae: tre libri sulla porta Ticinese, la porta Romana e la porta Comacina; un Liber de omnibus ecclesiis Mediolani, un libro De laudibus virginis, una Vita sancti Bernardi, una legenda di s. Materno.

104 Su Scaccabarozzi cfr. CATTANEO, Ottone Visconti, 144. Si riconduce alle tensioni politiche ad esempio il fatto che Goffredo taccia volutamente il suo nome nell’opera per fare in modo che l’invidia non ne limiti la diffusione: cfr. SOLDI RONDININI, Goffredo da Bussero, 558-560.

105 Milano, Biblioteca del Capitolo Metropolitano, II.D.2.28, f. 375r : cfr. FORZATTI GOLIA, Raccolte di Beroldo, 345 106 La citazione de Liber notitiae è MAGISTRETTI MONNERET DE VILLARD, Goffredo da Bussero. Liber notitiae, 265A. Per l’identificazione dell’opera, si veda, ad esempio, CHIESA, Bonvesin. Meraviglie di Milano, 220.

107 CHIESA, Bonvesin. Meraviglie di Milano, IV, 24, 88.335-337; cfr. il commentario ivi, 220-221. 108 Ad esempio in CHIESA, Bonvesin. Meraviglie di Milano, III, 3-14; III, 24 e IV, 24.

109 CHIESA, Bonvesin. Meraviglie di Milano, VIII, 5, 141.9 e 150.111-112. Cfr. ALZATI, Ambrosianum mysterium, 185-186 e ID., Chiesa ambrosiana, 421-422-

114 soppressione del rito tentata da Carlo Magno, unita ad una particolare attezione per la differente durata del carnisprivium, il digiuno quaresimale.