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Le asimmetrie informative quale situazione fisiologica tipica all’interno dei contratti tra consumatori e professionisti

FRA CONSUMATORE E PROFESSIONISTA

3. Le asimmetrie informative quale situazione fisiologica tipica all’interno dei contratti tra consumatori e professionisti

Fino ad ora è stato fatto frequente riferimento alle asimmetrie di tipo informat ivo, che connotano le relazioni contrattuali tra soggetti inquadrabili nelle categorie dei “consumatori” e degli “operatori professionali” (imprenditori o professionisti)224, e che, come tali, presuppongono una distribuzione diseguale delle informazioni.

Più precisamente, se da un lato sono senza rilievo giuridico informazioni non pertinenti, dall’altro le parti sovente risultano prive delle informazioni invece qualificabili come “rilevanti”.

A differenza di quanto accade per i soggetti operanti professionalmente sul Mercato, per i soggetti che effettuano operazioni soltanto occasionalmente, procurarsi informazioni presenta un costo (spesso) proibitivo, e di difficoltà superiore per il consumatore.

Ne consegue che la stessa distribuzione delle informazioni sia strutturalmente asimmetrica. Ed infatti, i costi che la parte debole (perché) meno informata deve affrontare al fine di colmare il gap che la distingue dalla controparte sono tali da rendere pressoché teorica la possibilità che il contratto sia concluso tra soggetti che siano davvero pari tra loro.

Ne consegue un evidente vulnus al principio di eguaglianza, il quale costituisce un inderogabile principio di ordine pubblico nell’ordinamento interno: del resto, le asimmetrie informative sono qualificabili come ostacoli di ordine economico-sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei consociati, così impedendo il pieno sviluppo della persona umana.

Se questo è vero, contro le asimmetrie informative devono necessariamente concentrarsi gli sforzi non solo del Legislatore, bensì anche, da un lato, delle Authorities in funzione di regolazione del Mercato, e, dall’altro, della stessa Autorità giudiziaria.

Inoltre, se non ogni distribuzione asimmetrica delle informazioni deve essere valutata in modo negativo, l’espressione “asimmetria” è però generalmente sinonimo di “squilibrio”

224 In Italia, tra gli altri, v. A. JANNARELLI, La disciplina dell’atto e dell’attività: i contratti tra imprese e

tra imprese e consumatori, in N. LIPARI (a cura di), Trattato di diritto privato europeo, vol. III, Padova,

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all’interno dell’operazione negoziale: pertanto, è necessario (tentare di) prevenirne la formazione. In questo senso, proprio le prescrizioni sulla trasparenza delle contrattazioni e sull’informazione del contraente non professionale intendono eliminarla.

Altresì, a causa della condizione di debolezza ravvisata in capo ai consumatori (che si configura come fisiologica e intrinseca per siffatti scambi economici), costoro sono oggi connotati da uno status di protezione225.

Ebbene, la debolezza di una delle parti nell’economia della stipulazione del contratto si ripercuote sull’equilibrio dello stesso, determinandone una alterazione. Ed è proprio siffatta debolezza a comportare la necessità di prevedere obblighi informativi che, nella fase pre-contrattuale, sono finalizzati a evitare ipotesi di asimmetrie (e quindi di squilibrio contrattuale) tra le parti.

Le regole dell’informazione sono imperative e, di conseguenza, l’informazione sui parametri principali non è rimessa alla disponibilità delle parti.

Ciò detto, sono astrattamente ipotizzabili diverse tipologie di condotta integranti la violazione degli obblighi informativi. A fini descrittivi si può distinguere tra:

a) omissione (pura) delle informazioni dovute, b) reticenza, e

c) comunicazione di informazioni inesatte, incomplete o false.

In ognuno di tali tre casi sussiste una lesione della libertà negoziale. Ciò è quindi tanto più grave quando si sia in presenza di un contratto asimmetrico, ove il contraente forte deve fornire all’altro tutte le informazioni necessarie affinché possa determinarsi consapevolmente alla stipulazione del contratto.

Anzitutto, ci occupiamo della semplice mancata comunicazione di un dato che si sarebbe dovuto invece comunicare. In questo senso in dottrina si è sostenuto che la sola condotta del tacere dovrebbe essere accompagnata da un artificio affinchè si possa fuoriuscire dal solo mendacio, e quindi parlare di dolo. “E’ doloso il comportamento (che,

a ben vedere, mal si presta ad essere qualificato come ‘puramente omissivo’) di chi occulta, di chi cela o nasconde callidamente ad altri notizie e/o informazioni di determinante importanza, al precipuo scopo di indurre in inganno; analogo giudizio non appare

225 A partire dalla celebre formula di Henry Maine, “from status to contract”, si è parlato di un “ritorno agli

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estendibile, invece, al semplice contegno ‘negativo’ di chi tace, di chi si astiene dal rivelare – senza l’intenzione, con ciò, di carpire l’altrui consenso – fatti o circostanze anche influenti sulla determinazione del partner precontrattuale.”226.

In secondo luogo, con il termine “reticenza” si intende la volontaria omissione relativa a elementi che si dovrebbero o potrebbero rivelare, e quindi lo stato soggettivo di chi ha consapevolezza che il mezzo ingannatorio di cui intenzionalmente si serve sia volto a sorprendere ed aggirare la buona fede di controparte, e che agisce sapendo che l’inganno perpetrato è in concreto tale da condizionare la formazione della volontà del

deceptus.

Pertanto, così intesa, la reticenza ha posto la questione sul suo possibile inquadramento all'interno della figura del dolo: si ritiene che la fattispecie di omessa informazione sia da connettere alla tematica sul dolo contrattuale, in quanto, a riguardo, il dibattito dottrinale è piuttosto acceso, in specie animato da una forte contrapposizione tra chi intende assecondare istanze etiche di tutela della buona fede e chi, per contro, intenderebbe concentrare l’attenzione sul rispetto dei limiti tecnico-giuridici227.

In terzo luogo, quanto al caso della comunicazione di informazioni inesatte, incomplete o false228, la normativa eurounitaria (ma anche interna) prevede la disciplina delle “pratiche negoziali sleali”, oggetto della Direttiva 2005/29/CE e, in Italia, del conseguente D.lgs. n. 146/2007 (foriero degli artt. 18 – 27 Cod. cons.).

La ratio di tale direttiva ha avuto riguardo alla tutela del consumatore affinché costui possa assumere decisioni commerciali consapevoli. L’espressione “pratica commerciale” indica qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale, compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un operatore professionale (prima, durante o dopo l’operazione commerciale stessa), direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura ad un consumatore di un qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni.

La pratica commerciale è falsa (o idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore) laddove sia tale da alterare sensibilmente la capacità dei

226 G. GRISI, L’obbligo precontrattuale di informazione, cit., p. 282.

227 M. DE POLI, Asimmetrie informative e rapporti contrattuali, Padova, 2002, pp. 402 – 407.

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consumatori di prendere decisioni consapevoli, forzandoli a scelte commerciali che, altrimenti, non avrebbero effettuato.

Invero, è da sottolineare la non influenza della vessatorietà (dello squilibrio) del contratto stipulato dal consumatore laddove sia posta in essere una pratica sleale, in quanto già di per sé contraria alla diligenza professionale e influenzante la decisione commerciale del consumatore.

Ciò detto, quanto alle pratiche commerciali “ingannevoli”, si ritengono tali quei comportamenti accompagnati da informazioni false o inganni comunque idonei ad ingannare il consumatore medio in qualunque modo.

È altresì considerata ingannevole la pratica commerciale che, in concreto e tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, falsi in modo rilevante il comportamento economico del consumatore e includa strategie di marketing fonte di confusione con i prodotti o i segni distintivi di un concorrente o che implichi il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di condotta che il medesimo si è impegnato a rispettare.

Ancora. Oltre alla condotta ingannevole commissiva, la direttiva considera parimenti illecita la condotta ingannevole omissiva, consistente nell’omettere, occultare o presentare in modo ambiguo o incomprensibile informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in quel dato contesto, sempre al fine di assumere una scelta consapevole, così inducendolo ad una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. La valutazione avviene sulla base di tutte le circostanze del caso concreto. Nel caso di invito all'acquisto sono considerate informazioni rilevanti, qualora non già evidenti dal contesto, le caratteristiche principali del prodotto, i dati dell’operatore professionale (come identità, sede e denominazione sociale), il prezzo o la modalità di calcolo di esso, le spese aggiuntive di spedizione e di consegna o il criterio di calcolo di esse; le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale; l'esistenza di un diritto di recesso dal contratto per i prodotti e le operazioni commerciali che comportino tale diritto.

Concludendo, con riguardo al caso della comunicazione di informazioni fornite da chi è obbligato a farlo, ma che si rivelino (anche ex post) false o ingannevoli, oltre alla normativa sulle pratiche commerciali scorrette, è previsto anche il rimedio consistente nell’attribuire carattere vincolante all’informazione pre-contrattuale, in tal modo impedendo qualsivoglia

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vantaggio per l’autore della scorrettezza, che altrimenti potrebbe pretendere di far valere un regolamento contrattuale divergente da quello precedentemente pubblicizzato e concordato con controparte.

Infine, il regolamento potrebbe essere respinto proprio dal consumatore leso dalla comunicazione di informazione inesatta, senza che sia necessariamente esercitato il diritto di recesso (e che quindi sopravvenga lo scioglimento dal rapporto negoziale), bensì mantenendo come efficaci le condizioni stipulate, sia pure da una delle parti non rispettate229.

4. Dall’informazione al processo decisionale prodromico alla stipulazione del

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