• Non ci sono risultati.

Il contenuto degli obblighi di informazione

FRA CONSUMATORE E PROFESSIONISTA

2. Il “diritto all’informazione” come principio di ordine generale: la distinzione tra obblighi informativi tipici e obblighi informativi atipici

2.1. Il contenuto degli obblighi di informazione

Una volta sottolineata la rilevanza assunta dall’informazione, e dai conseguenti obblighi informativi, è necessario vagliare i contenuti di questi ultimi.

Nell’opera di selezione delle circostanze che devono essere oggetto di comunicazione sono stati infine impiegati criteri distintivi molto generici, tra cui la qualità dei contraenti, la natura del contratto218, o ancora le circostanze in cui quest’ultimo è stato stipulato, posto che in alcuni casi “la maggiore competenza e specializzazione di una parte rispetto

all’altra, la necessità di speditezza, la frequenza sempre crescente di contrattazioni a distanza e la conseguente difficoltà di effettuare controlli e accertamenti di persona, sono tutti elementi che concorrono a creare situazioni di evidente sperequazione”219.

Ebbene, gli obblighi di informazione riguardano essenzialmente l’oggetto del contratto, l’identità del professionista, i diritti di competenza del consumatore ed il costo complessivo dell’operazione.

In merito all’oggetto del contratto, è necessario descrivere in modo analitico e dettagliato il bene o il servizio considerato, e questo in particolare per le contrattazioni in cui, per la natura del bene o per la modalità di contrattazione, il consumatore acquisti “alla cieca”. Ulteriori obblighi informativi riguardano l’identità del professionista, l’ubicazione della sede legale dell’operatore commerciale, determinate notizie sulla sua professionalità (ad esempio sulla eventuale iscrizione in albi o in elenchi).

Ancora. Il consumatore deve conoscere il prezzo del bene o del servizio e tutti gli altri oneri accessori a suo carico (quali tasse e contributi di spesa). In proposito, il prezzo del bene, di per sé, è scarsamente indicativo, potendo infatti essere affiancato da altri importi in grado di condizionare il giudizio sulla convenienza dell’operazione. Proprio per esigenze di chiarezza sul punto, in tutte le normative di settore a livello eurounitario sono previsti specifici obblighi di informazione ante-stipulazione: ai sensi dell’art. 2, lett. c), Cod. cons., infatti, la parte professionale deve fornire una completa informazione circa il costo effettivo dell’operazione, comprensivo del prezzo e delle voci di spesa (di ogni natura e specie) previste dal contratto.

218 Esemplificativamente, i contratti di tipo gestorio sembrano richiedere uno scambio di informazioni di tipo e intensità differenti rispetto a quelli di scambio.

74

Come già sottolineato, il Codice del consumo dedica particolare attenzione al tema dell’informazione ai consumatori, all’interno del Titolo II, Parte II. Ed infatti, sul piano normativo, il Titolo II introduce la disciplina delle informazioni ai consumatori: nello specifico, l’art. 5 ha carattere generale (appunto rubricato “Obblighi generali”); il Capo II (artt. 6 ss.) contiene norme relative alla indicazione dei prodotti; infine, il Capo successivo include norme sull’indicazione dei prezzi per unità di misura.

Ebbene, se ne ricava che lo scopo della disciplina sulle informazioni consista nel ridurre le asimmetrie informative sussistenti tra le parti del rapporto di consumo.

Del resto, la trasparenza del (e sul) Mercato, così come il consenso informato delle parti, sono fondamentali per l’efficienza economica. Per raggiungerla, i consumatori che operano in tale contesto devono avere a disposizione le informazioni necessarie a permettere loro di confrontare le offerte e poi scegliere la migliore tra queste.

Costoro devono essere resi edotti dei termini dello stipulando rapporto contrattuale, e poiché, spesso, procurarsi tali informazioni risulta oneroso e costoso per il consumatore, egli normalmente conclude il contratto di consumo senza prima aver acquisito una piena consapevolezza in ordine a tali elementi.

Se questo è vero, il consumatore non potrà realmente confrontare le offerte e scegliere la migliore, ossia, in definitiva, non sarà in grado di effettuare un acquisto consapevole e razionale.

Per tale motivo il diritto all’informazione costituisce un pilastro essenziale del diritto dei contratti e dell’organizzazione del Mercato medesimo. Si comprende, pertanto, che gli obiettivi di tutela del Mercato e della parte debole del rapporto contrattuale coincidano: l’informazione è strumentale alla concorrenza, in quanto i consumatori sono in grado di premiare le imprese più efficienti solo se posti a conoscenza di tutti i fattori di qualità e di prezzo, nonché di tutte le condizioni contrattuali.

In tal modo si perviene ad una riduzione delle asimmetrie informative, che di per sé tutela l’autonomia negoziale del contraente debole ed altresì la sua libertà di scelta, così riequilibrando le posizioni contrattuali220.

Considerando nello specifico gli articoli sopra citati, ed in primis l’art. 5, comma 2, esso individua il contenuto essenziale degli obblighi informativi, tuttavia afferenti al prodotto

75

oggetto del contratto: è possibile definire “difettoso” un prodotto che non offra la sicurezza legittimamente prospettabile in virtù di determinati requisiti quali le caratteristiche evidenti

prima facie, le avvertenze fornite, l’uso al quale il prodotto è ragionevolmente destinato,

nonché i (prevedibili) comportamenti dei destinatari del prodotto.

Quanto alle informazioni sulla qualità“queste appaiono marcatamente facoltative dal

momento che è interesse dell’impresa renderle note. (..) Il comma 3 dell’art. 5 impone in via generale l’obbligo di fornire le informazioni in modo chiaro e comprensibile, al fine di assicurare la consapevolezza del consumatore. (..) l’informazione deve essere adeguata, cioè non solo in grado di orientare il consumatore nella sua scelta, ma anche completa, comprensibile, non fuorviante. Inoltre la pubblicità, intesa come tecnica di comunicazione deve essere corretta, espressione quest’ultima, più ampia di quella di ‘non ingannevole’ con conseguente necessità di un controllo non circoscritto al solo potenziale decettivo del messaggio e della sua veridicità, ma esteso alla conformità delle indicazioni offerte, alla realtà del prodotto o del servizio e alle modalità di diffusione del messaggio.”221.

Le informazioni devono essere trasmesse al consumatore in modo chiaro (sotto l’aspetto del modo in cui si presentano) e comprensibile (quanto alla loro intelligibilità), caratteri questi da valutare in relazione alla tecnica di comunicazione impiegata, alle modalità di conclusione del contratto stesso ed alle caratteristiche del settore.

Il comma 3 non individua specificamente il soggetto sul quale ricade l’obbligo informativo ma individua una responsabilità diffusa di “chiunque” fornisca informazioni. “Si tratta di

una norma di chiusura, che individua un principio generale che sta alla base di tutte le norme in tema di informazione e che indica la loro finalità essenziale. Essa, pertanto, in primo luogo può servire come guida interpretativa nell’applicazione delle altre norme specifiche e, in secondo luogo, potrebbe trovare applicazione diretta quando manchi una disciplina puntuale.”222.

Invece, con riguardo all’art. 6, rubricato “Contenuto minimo delle informazioni”, è bene riportarne il testo poiché si tratta dell’elenco minimo di informazioni sul prodotto necessario affinchè questo possa essere commercializzato. Infatti, il Codice del consumo statuisce che “i prodotti o le confezioni dei prodotti destinati al consumatore,

221 F. CASTELLOTTI, Art. 4, in F. CAMILLETTI (a cura di), Commentario al codice del consumo, Roma, 2008, pp. 43 – 44.

76

commercializzati sul territorio nazionale, devono riportare in modo chiaramente visibile e leggibile almeno le indicazioni relative a:

a- la denominazione legale o merceologica del prodotto;

b- il nome o la ragione sociale o il marchio e alla sede legale del produttore o di un importatore stabilito nell'Unione europea;

c- il paese di origine se situato fuori dall'Unione europea;

d- l'eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all'uomo, alle cose o all'ambiente;

e- i materiali impiegati e i metodi di lavorazione ove questi siano determinati per la qualità o le caratteristiche merceologiche del prodotto;

f- le istruzioni, le eventuali precauzioni e la destinazione d'uso, ove utili ai fini di fruizione e sicurezza del prodotto.”.

Anzitutto, deve essere indicata la denominazione legale o merceologica del prodotto (lett. a)), indicata in disposizioni normative oppure da usi e consuetudini.

Altrimenti, il prodotto deve essere descritto con riferimento alla sua natura e all’uso cui è destinato.

Le lett. b) e c) sopra citate prevedono come necessario indicare il produttore o l’importatore del prodotto, se stabilito nell’Unione europea, oppure il Paese d’origine, se situato all’estero.

Le rimanenti lettere si riferiscono ad altre informazioni (ad esempio in caso di sostanze o di materiali pericolosi, o qualora siano utilizzati particolari materiali o metodi di lavorazione) nonché ad istruzioni e precauzioni laddove utili ai fini della fruizione e sicurezza del prodotto223.

Pertanto, da quanto sopra esposto si ricava come sia la disciplina su educazione e pubblicità sia le norme relative all’informazione (che per vero si differenziano da quelle in materia di pubblicità in quanto impongono al professionista obblighi positivi di comunicazione) tendano all’obiettivo di ottenere una maggiore trasparenza sul Mercato. Come già detto, siffatta condizione sul Mercato, e il conseguente consenso informato delle parti che ivi operano, costituiscono elementi essenziali per giungere ad una condizione di efficienza economica.

77

3. Le asimmetrie informative quale situazione fisiologica tipica all’interno dei

Outline

Documenti correlati