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Dall’informazione al processo decisionale prodromico alla stipulazione del contratto. Gli sviluppi più recenti sul tema

FRA CONSUMATORE E PROFESSIONISTA

4. Dall’informazione al processo decisionale prodromico alla stipulazione del contratto. Gli sviluppi più recenti sul tema

Scientia potentia est230. In questo aforisma latino è contenuta la ratio dell’informazione, e il significato della necessità di una sua diffusione nel panorama delle sempre più numerose operazioni contrattuali odierne.

Negli obblighi informativi si ravvisa il canale per veicolare le informazioni, e conseguentemente la conoscenza stessa: la predisposizione di un obbligo de quo è necessariamente posto in capo a colui che detiene l’informazione, perché la produce o l’ha raccolta.

La previsione di siffatti obblighi avrebbe il pregio di comportare una maggiore competitività tra le imprese, rendendo così più confrontabili i beni prodotti e/o i servizi forniti, dovendo tali imprese rendere consci i potenziali consumatori in merito alle caratteristiche di quanto offerto. Riuscire a informare adeguatamente il consumatore indurrebbe l’impresa ad organizzarsi in maniera più competitiva nonché ad acquisire il favore della controparte, che, se soddisfatta, sarà quindi verosimilmente portata a rivolgersi nuovamente alla medesima impresa in futuro.

229 G. D’AMICO, Formazione del contratto, in Enc. dir., Annali, 2007, pp. 591 – 592.

230 Si tratta di un aforisma latino traducibile con “sapere è potere”, solitamente attribuito a Francesco Bacone. In merito si ricordi la felice formula di un noto economista, secondo cui “Non è necessario dover ricordare

agli accademici che l’informazione è una risorsa preziosa: la conoscenza è potere”: G.J. STIGLER, L’economia dell’informazione, in Mercato, informazione, regolamentazione, Bologna, 1994, p. 217.

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Ebbene, ciò detto, la più rilevante distinzione da operarsi all’interno di una analisi che verta sull’informazione pre-contrattuale si concentra sulla finalità concreta in capo all’atto comunicativo.

Nello specifico, l’informazione pre-contrattuale rileva come strumento finalizzato a permettere ad entrambe le parti di un rapporto negoziale l’effettivo esercizio della libertà contrattuale, come tale espressione di autonomia privata.

Dunque, l’attività informativa appare come uno dei mezzi di creazione della conoscenza, al fine di favorire una scelta consapevole da parte del consumatore, che sia in grado di effettuare agevoli comparazioni con altre offerte analoghe presenti sul Mercato, tutte relative ad un prodotto il più possibile rispondente alle sue esigenze.

Ebbene, fino ad ora si è valorizzata l’importanza assunta dal bene giuridico informazione nel contesto del contratto asimmetrico stipulato tra consumatori e professionisti.

Tale rilievo ha portato a considerare come necessaria l’imposizione di un numero di dati e di informazioni sempre maggiore, concretata nella previsione di obblighi informativi in capo al professionista-parte forte nei confronti del consumatore-parte debole.

Eppure, detto ciò, l’aumento della quantità di informazioni a disposizione del consumatore non è stato accolto senza critiche e timori dalla dottrina. In particolare, si è osservato che non sempre la quantità di informazioni sia necessariamente a vantaggio del consumatore: infatti un numero eccessivo di obblighi informativi talora determina situazioni in cui il contraente, già inesperto della materia, diviene destinatario di numerosi dati estremamente dettagliati sul rapporto obbligatorio, non riuscendo a elaborarli (o a farlo in modo adeguato).

Siffatta situazione non comporta, allora, un vantaggio. Anzi: un quantitativo eccessivo di informazioni non acquisibili né ri-elaborabili equivarrebbe a non informare, o peggio, posto che il contraente debole non potrebbe valutare fruttuosamente tali informazioni, financo subendo un pregiudizio (invece di un beneficio) proprio a causa degli obblighi informativi. L’informazione, in sostanza, non è utile se il consumatore risulta cognitivamente incapace di analizzarla.

Di conseguenza, è evidente come il perseguimento degli scopi di tutela posti dal Legislatore (ossia la rimozione delle asimmetrie informative) non possa comportare la sola imposizione di obblighi informativi, dovendo invece accompagnarsi ad altri strumenti di intervento a

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posteriori, quali il controllo sulle pratiche commerciali, il diritto di recesso e il controllo sul contenuto del contratto stesso.

Ebbene, come si avrà modo di considerare nel prosieguo231, i comportamenti del consumatore possono essere analizzati tramite il filtro di discipline alternative al diritto, costituenti una vera e propria nuova frontiera. Si tratta della Behavioural Law Economics232 e degli approdi delle stesse scienze cognitive.

La finalità di simili approcci consiste nell’individuare le modalità più efficaci attraverso cui fornire ai consumatori le informazioni di cui avrebbero bisogno, per permetter loro di assumere decisioni pienamente consapevoli.

Riprendendo quanto prima detto, occorre sottolineare come non esista una correlazione pacifica tra i concetti di informazione e consapevolezza: quindi, non sempre avere a disposizione il maggior numero di informazioni possibili consentirebbe ai consumatori di orientarsi verso la decisione migliore possibile per i propri interessi. Esplicativi in tal senso sono gli studi condotti dalla dottrina americana in tema di information overload233, con la cui espressione si intende “la situazione di eccesso di informazione a disposizione del

consumatore, dal punto di vista della varietà di stimoli attesa al momento del compimento della scelta”234.

Sembra quindi evidente che la capacità umana di processare le informazioni risulti limitata235: fornire ai consumatori un quantitativo di informazioni impossibile da valutare personalmente, rapportandole ai propri bisogni in modo razionale, potrebbe avere conseguenze disfunzionali sul medesimo processo decisionale.

231 Specificamente v. Cap. IV.

232 R. CATERINA (a cura di), I fondamenti cognitivi del diritto. Percezioni, rappresentazioni,

comportamenti, Milano, Mondadori, 2008.

233 V., tra gli altri: N.K. MAHLOTRA, Information Load and Consumer Decision Making, in The Journal of

Consumer Research, 8, iss. 4, 1982, pp. 419 – 430; ID., Reflections on the Information Overload Paradigm and in Consumer Decision Making, in The Journal of Consumer Research, 10, iss. 4, 1984; R. STAELIN –

J.W. PAYNE, Studies of the information-Seeking Behaviour of Consumers, in Cognition and Social

Behaviour, Hillsdale, 1976; J. JACOBY, Perspectives on a Consumer Information Processing Research Program, in Communication Research, 2, 1975, pp. 203 – 215; ID., Information Load and Decision Quality: Some Contested Issues, in Journal of Marketing Research, 14, 1977, pp. 569 – 573; J.E. RUSSO, More information is Better: a Re-evaluation of Jacoby, Speller and Kohn, in Journal of Consumer Resaearch, 1,

1974, pp. 68 –72.

234 D. L. SCAMMON, Information Load and Consumers, The Journal of Consumer Research, vol. 4, iss. 3, 1977, p. 148.

235 A. DIJKSTERHUIS & N.F. NORDRGREN, A Theory of Unconscious Thought, in Perspective on

Psychological Science, 1, iss. 2, 2006; A. DIJKSTERHUIS, Think Different: The Merits of Unconscius Thought in Preference Development and Decision Making, in The American Psychological Association, Journal of Personality and Psychology, 87, iss. 5, 2004, pp. 586 – 598.

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Fermi i rilievi descritti, è evidente allora che il Legislatore debba interrogarsi su quale sia il metodo più utile alla valorizzazione delle informazioni nell’ambito della disciplina consumeristica: i rapidi sviluppi tecnologici dei prodotti aumentano rapidamente il patrimonio informativo che i professionisti potrebbero riversare sui consumatori.

Se questo è vero, è necessario che il Legislatore (a livello eurounitario e nazionale) si interroghi sull’opportunità di selezionare le informazioni maggiormente rilevanti da fornire al consumatore, così da evitare che una legislazione come quella in materia di obblighi informativi, anziché configurarsi nel solo interesse dei consumatori, e (di riflesso) del Mercato, risulti invece controproducente.

Un simile processo di valutazione potrebbe essere compiuto soltanto a livello legislativo (grazie all’opera degli interpreti e delle Autorità di settore), non potendosi invece assumere che il giudice sia tecnicamente idoneo a compiere tale controllo ex post.

È pur vero, tuttavia, che le informazioni non costituiscono l’unico parametro in base al quale i consumatori prendono le proprie decisioni: nel compiere le scelte, infatti, essi sono soggetti ad una pluralità di stimoli, esterni o interni, che ne condizionano soggettivamente le preferenze.

In conclusione, la problematica relativa alla condizione di asimmetria tra professionisti e consumatori travalica l’ambito dell’informazione, per approdare su profili ben più evanescenti236. A riguardo, sarebbe invero necessario operare controlli approfonditi nei confronti dei comportamenti stessi dei professionisti, per individuare il concreto disvalore e la capacità in grado di inficiare i processi decisionali dei singoli individui, a prescindere dalla concreta presenza di un’asimmetria informativa.

236 T. VORHEES – D. SPIEGEL – D. COOPER, Neuromarketing: Legal and Policy Issues. A Convington

White paper, 2012 consultabile al sito www.cov.com; J. TRZASKOWSKI, Behavioral Economics, Neuroscience and the Unfair Commercial Practises Directive, in Journal of Consumer Policy, 34, 2011, pp.

377 – 392; M. FUSI, Pratiche commerciali aggressive e pubblicità manipolatoria, in Riv. dir. ind., I, 2009, pp. 5 – 29.

85 CAPITOLO III

DALLA RILEVANZA DELLA INFORMAZIONE ALLA

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