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Le più recenti politiche a tutela dei consumatori nel quadro del Mercato unico europeo

Fino ad ora è stato dato risalto all’influenza che il diritto eurounitario ha espletato, in materia di tutela dei consumatori, negli ordinamenti giuridici dei singoli Stati membri. Le politiche avviate dalla Comunità (oggi Unione) europea sono complesse sotto diversi punti di vista, quanto alle materie di intervento e alle finalità da perseguire, ed inoltre riguardano l’articolato rapporto tra Mercato e operatori economici108.

L’obiettivo di tali politiche consiste nel garantire libertà di scelta e di decisione in capo ai consumatori, offrire sicurezza alle posizioni giuridiche di costoro e tutelare le aspettative sulla qualità dei prodotti e servizi offerti sul Mercato, assicurando al contempo la possibilità di agire in giudizio (o con strumenti alternativi ad esso109) in caso di violazioni poste in essere dagli operatori professionali.

106 M. LIBERTINI, La tutela della concorrenza nell’ordinamento italiano, cit., p. 365, ma (v. N. IRTI,

L’ordine giuridico del Mercato, Roma – Bari, 1998, pp. 73 ss.).

107 L. MINERVINI, Tutela dei consumatori e libera concorrenza nel nuovo approccio dell’Unione europea:

significato ed implicazione dell’«armonizzazione massima» in materia di pratiche commerciali sleali, in Foro amministrativo: Consiglio di Stato, 2010, pp. 1169 ss.

108 Nello specifico, v. G. ALPA, Il diritto dei consumatori, cit., p. 24: “Queste politiche riguardano la

concorrenza tra professionisti, la distribuzione di beni e servizi che devono presentare un livello minimale di qualità, le modalità negoziali di distribuzione di prodotti e servizi.”.

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In precedenza si è fatto cenno ad un eterogeno elenco di direttive intervenute tra gli Anni ’80 e Duemila, sintomatico della profonda evoluzione avvenuta in tale periodo temporale110, ed espressione delle potenzialità dell’intervento legislativo nei diversi ambiti della tutela consumeristica.

È in primo luogo da notare come proprio il duttile strumento delle direttive111 abbia permesso di operare un processo di evoluzione e di adattamento della Consumer protection rispetto alle trasformazioni sociali avutesi a partire dal XX secolo.

L’attuazione di tali atti di diritto secondario è stata poi operata con provvedimenti legislativi

ad hoc, e, in Italia, il loro contenuto ha talora trovato collocazione dapprima nel codice

civile (in materia di contratti dei consumatori e garanzie nella vendita), e poi, più organicamente, entro il Codice del consumo entrato in vigore nel 2005.

La relativa uniformazione è stata come detto operata (per lo più) tramite direttive, che notoriamente sono atti vincolanti riguardo al solo risultato da raggiungere, invece demandando ai singoli Stati membri la scelta discrezionale su mezzi e forma con cui pervenirvi112.

Le Istituzioni europee hanno da sempre inteso provvedere (tramite la uniformazione del diritto vigente nei singoli Paesi che ne fanno parte e la rimozione delle barriere doganali e tecniche, fondamentali per la tutela della concorrenza) alla realizzazione di un luogo di scambio (connotato da una forte perimetrazione dell’autonomia dei Mercati nazionali) entro cui i consumatori (domanda) e le imprese (offerta) vengono a contatto. In questo senso già si poneva l’art. 2 T.C.E., che prescriveva di conseguire gli obiettivi propri della Comunità attraverso la instaurazione di un Mercato “comune”. Successivamente, in specie dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009, l’unica nozione impiegata è stata

110 V. par. 1 del presente capitolo.

111 Invero, si veda C. CASTRONOVO, Armonizzazione senza codificazione, Milano, 2013, p. 907.

112 In ciò consiste, come noto, la differenza rispetto ai regolamenti, che hanno invece una portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi nonché direttamente applicabili. Specificamente, l’art. 288 T.F.U.E. prevede che “Per esercitare le competenze dell’Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive,

decisioni, raccomandazioni e pareri.

Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. (..)”.

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quella di Mercato “interno” 113 (peraltro già prevista nel T.C.E.114), che, ai sensi dell’art. 26 par. 2 T.F.U.E., è definito come “uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata

la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei trattati.”.

A tale fine, quindi, il Trattato istitutivo della Comunità europea prevedeva la necessità di coordinare le differenti legislazioni degli Stati membri dell’Unione, tramite il processo di cosiddetta “armonizzazione”115.

È bene precisare che se di armonizzazione si tratta116, inizialmente essa è stata delineata nella forma della “armonizzazione minima”117, che come tale permette agli Stati membri di mantenere discrezionalità nel fissare regole protettive più ampie, incisive e favorevoli nei confronti dei consumatori, rispetto a quanto previsto nel diritto eurounitario.

A partire dagli Anni Duemila, tuttavia, si è sostenuto che l’attuazione del Mercato degli scambi transnazionali comportasse e richiedesse il superamento dell’armonizzazione minima, di per sé ritenuta un ostacolo allo sviluppo del Mercato suddetto nonché alla piena attuazione della libera circolazione di beni, servizi e persone sul territorio europeo. Infatti, con la Strategia della politica comunitaria per la protezione dei consumatori prevista per il periodo 2002 – 2006118 (e con le successive politiche in materia) la Commissione ha inteso

113 In dottrina, v.: H-W. MICKILITZ, Il consumatore: mercatizzato, frammentato, costituzionalizzato, in Riv.

trim. dir. proc. civ., fasc. 3, 2016, pp. 859 ss.; V. LOSTORTO, I servizi pubblici. Il quadro normativo, l’organizzazione, i modelli gestionali, Milano, 2007, pp. 182 ss.; L. DANIELE, Diritto del Mercato unico europeo, Padova, 2006.

Riferimenti alla rilevanza del Mercato interno per i consumatori sono anche in E. M. TRIPODI – C. BELLI,

Codice del consumo. Commentario del D.Lgs. 206/2005 e successive modifiche e integrazioni, Santarcangelo

di Romagna (RN), 2008, p. 772; A. MATTERA RICIGLIANO, Il Mercato unico europeo, cit.; R. MONACO, (voce) Mercato interno europeo, in Enc. giur., XX, 1990.

114 Si tratta dell’art. 3 T.C.E.: “Ai fini enunciati all’articolo 2, l’azione della Comunità comporta, alle

condizioni e secondo il ritmo previsti dal presente trattato: (..) c) un Mercato interno caratterizzato dall’eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; (..)”.

115 G. ALPA, Il diritto dei consumatori. Introduzione, cit., pp. 26 – 27.

116 In breve, sussistono diverse forme di armonizzazione. V. R. MASTROIANNI, Ravvicinamento delle

legislazioni nel diritto comunitario, cit., pp. 471 – 472.

117 Sul significato di “armonizzazione minima” v. anche S. MAZZAMUTO, La nuova direttiva sui diritti del

consumatore, in Europa e dir. priv., fasc. 4, 2011, p. 873: si intende come “espressione con la quale si designano quei provvedimenti normativi di accostamento delle legislazioni dei Paesi membri dell'Unione che lasciano però sopravvivere le diversità di disciplina nazionali se queste si rivelano in grado di offrire al consumatore una tutela più ampia di quella predisposta dalla fonte comunitaria.”.

118 Comunicazione della Commissione [COM (2002) 208 def.], Strategia per la politica dei consumatori

2002-2006, pubblicata in G.U.C.E. n. C 137 in data 8 giugno 2002, secondo cui: “Occorre anche rivedere e riformare le attuali direttive dell'UE in materia di tutela dei consumatori per aggiornarle e adattarle progressivamente in modo da passare da un'armonizzazione minima a misure di «piena armonizzazione»”.

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intervenire nel contesto consumeristico al fine di offrire maggiori poteri ai consumatori europei e rendere effettiva la tutela dei diritti. In questo senso, lo strumento più congeniale è apparso consistere nella differente forma della “armonizzazione massima” 119.

Esemplificativamente, possono ivi menzionarsi la Direttiva 2002/65/CE120, relativa alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari, la Direttiva 2005/29/CE121 sulle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, la Direttiva 2008/48/CE sui contratti di credito dei consumatori, e la Direttiva 2008/122/CE sui contratti di multiproprietà. Nel passaggio dalla tecnica di armonizzazione minima a quella di armonizzazione massima sono derivati tanto un incremento della omogeneità tra le legislazioni nazionali quanto una contestuale riduzione del livello di tutela delle posizioni dei consumatori, almeno negli ordinamenti dei Paesi che già si erano dotati di normative a favore di tale categoria di soggetti.

Invero si è sempre riscontrata una certa tensione tra armonizzazione minima, da un lato, e armonizzazione massima, dall’altro, diverse quanto alla ratio di fondo. Nello specifico, e solo con riguardo alla prima tra le due, “la volontà di garantire uno spazio giuridico aperto

è legata alla volontà di rispettare le specificità nazionali quanto agli interessi e le modalità di tutela, dando enfasi al collegamento fra Mercato interno ed interessi sociali.”122. Ed infatti, solo con la armonizzazione minima gli Stati manterrebbero un’ampia discrezionalità nella definizione del livello ottimale di tutela, secondo il rilievo di cui all’art. 41 T.U.E., in

119 In caso di armonizzazione massima, la normativa comunitaria pone limiti all’azione del Legislatore nazionale in sede di trasposizione, impedendogli di modificare la soglia minima di tutela ma anche di integrarla ulteriormente.

E, del resto, si può constatare come la Consumer protection sia una delle politiche di settore che in Unione europea dovrebbe permettere la realizzazione proprio di un effettivo Mercato unico, luogo in cui persone, merci, servizi e denaro possano circolare con la stessa facilità con cui si muovono all’interno di un singolo Paese.

Parlano delle differenti tipologie di armonizzazione L. ENRIQUES – M. GATTI, Is There a Uniform EU

Securities Law After the Financial Services Action Plan?, in Stan. J.L. Bus. & Fin, 2008, pp. 167 ss. 120 F. RONCARATI, La direttiva 2002/65/CE concernente la commercializzazione a distanza di servizi

finanziari ai consumatori, in Banca, impresa e società, 2006, pp. 82 ss.; D. CERINI, La commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori: lieto fine comunitario nella direttiva 2002/65/CE, in Diritto ed economia dell’assicurazione, 2003, pp. 425 ss.

121 In dottrina, tra i primi commenti sulla direttiva de qua, v.: G. DE CRISTOFARO, La nozione generale di

pratica commerciale “sleale” nella direttiva 2005/29/CE, in Studi in onore di Nicolò Lipari, I, Milano, 2008,

pp. 725 ss.; E. GUERINONI, La direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Prime note, in Contr., 2007, pp. 173 ss.; R. INCARDONA, La direttiva n. 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali: prime valutazioni, in Dir. comun. e scambi internaz., 2006, pp. 361 ss.

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base al quale “qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli

Stati membri”.

In dottrina si è constatato che la tecnica di armonizzazione massima possa essere attuata soltanto in modo circoscritto, e quindi unicamente per alcuni aspetti in cui sia ravvisata la necessità di garantire un regime comune europeo.

Del resto, è indubbio che l’armonizzazione massima abbia creato problematiche all’interno delle relazioni tra i due livelli istituzionali. Nelle direttive in cui si è optato per tale impostazione, essendo spesso la posizione degli Stati diversificata riguardo alle scelte di politica del diritto, si sono verificate situazioni di frizione necessitanti soluzioni di compromesso, ove sono infine i singoli Stati a prevedere la più adeguata e conveniente opzione da attuare.

La ratio alla base di tale fenomeno consiste nella certezza giuridica auspicabilmente garantita ai consumatori, evitando che gli Stati membri adottino oppure applichino disposizioni difformi da quelle previste a livello sovranazionale.

Se, da un lato, l’armonizzazione massima intende perseguire maggiore uniformità normativa negli ordinamenti dell’Unione europea (invero forse non del tutto realizzata), attraverso la semplificazione e la razionalizzazione delle regole, in modo tale da garantire quel livello più elevato di tutela (cui si è più volte fatto riferimento) per quanto concerne (anche) gli interessi dei consumatori, dall’altro si deve considerare la contestuale riduzione del potere discrezionale in capo agli Stati membri nella previsione dei rimedi più adeguati a tale fine protettivo.

La tecnica di armonizzazione massima, quindi, giunge financo a porre in discussione il ruolo tradizionale delle direttive comunitarie quale strumento volto a preservare uno spazio di manovra alla politica nazionale.

Di armonizzazione “completa”123 si è recentemente parlato con l’approvazione della Direttiva 2011/83/UE “Consumer rights”124: tale atto di diritto derivato, diretto a introdurre “un unico quadro normativo basato su concetti giuridici chiaramente definiti”125,

123 R. PARDOLESI, Contratti dei consumatori e armonizzazione, cit., p. 178.

124 Se ne tratterà diffusamente in specie nel Cap. IV.

125 Considerando n. 7 e art. 4 della Direttiva 2011/83/UE.

Un esempio di armonizzazione “completa” si era avuto con la sopra menzionata Direttiva 2005/29/CE, su cui v. G. DE CRISTOFARO, La direttiva n. 05/29/CE e l’armonizzazione completa delle legislazioni nazionali

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“aggiornerebbe” un processo che, come accennato, era già stato previamente avviato da altre direttive126.

Tuttavia, il ricorso alla armonizzazione massima risulta bilanciato127 dalla sussistenza, all’interno dello stesso strumento normativo, di disposizioni che invece continuano a seguire una linea di armonizzazione “minima”: in questo senso sono le disposizioni relative agli obblighi informativi per i contratti diversi dai contratti a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali ex art. 6 par. 8 della Direttiva 2011/83/UE stessa (recepito dall’art. 49, comma 8, Cod. cons.). Infatti, è ivi previsto che “Gli obblighi di informazione stabiliti nella

presente direttiva si aggiungono agli obblighi di informazione contenuti nella direttiva 2006/123/CE e nella direttiva 2000/31/CE, e non ostano a che gli Stati membri impongano obblighi di informazione aggiuntivi conformemente a tali direttive.”.

Fermi i rilievi che precedono, l’uniformazione e la conseguente armonizzazione delle legislazioni risultano in definitiva necessarie al conseguimento di un duplice risultato, al di là di una maggiore omogeneità tra le norme vigenti negli Stati membri: da un lato, la libera circolazione di beni e servizi nel territorio europeo, e, dall’altro, il conseguimento di un giusto equilibrio sul Mercato tra la disciplina normativa a tutela dei consumatori e la competitività delle imprese.

*** ° ***

Conclusivamente, è bene ora valorizzare un dato, che pure si presenta conclamato: invero, la disciplina a protezione dei consumatori, pur costituendo oggetto di un corpus giuridico stratificato, ma anche strutturato e quindi sviluppato, è, tuttavia, ancora oggi incompleta. In particolare, e come si avrà modo di approfondire, è il circoscritto ambito dei contratti stipulati tra consumatori e operatori professionali ad apparire meno definito, anche se (o forse proprio perché) oggetto di specifiche disposizioni eurounitarie.

126 Ad esempio, con la Direttiva 2005/29/UE.

127 G. DE CRISTOFARO, La direttiva 2011/83/UE sui “diritti dei consumatori”: ambito di applicazione e

disciplina degli obblighi informativi precontrattuali, in Annuario del contratto, diretto da A. D’ANGELO –

V. ROPPO, 2011, Torino, p. 35; R. PARDOLESI, Contratti dei consumatori e armonizzazione: minimax e

commiato?, in Foro it., V, 2012, p. 180; A. SIRAGUSA, Sub art. 45, in A. M. GAMBINO – G. NAVA (a

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La prospettiva, però, non può fermarsi alla mera relazione contrattuale, bensì deve spingersi oltre, ed essere contestualizzata all’interno del più ampio contesto delle operazioni svolte dai consumatori.

Se l’obiettivo è quello di ottenere una efficiente allocazione delle risorse su un Mercato che sia concorrenziale, come concepito dalla legislazione interna e sovranazionale, il consumatore deve risultare in grado di operarvi consapevolmente.

Ed infatti, le scelte di politica del diritto si sono orientate nel senso della costruzione di una disciplina volta alla massima informazione e, conseguentemente, proprio alla più ampia libertà di scelta in capo ai consumatori.

Le due espressioni “libertà di scelta” e “informazione” sono interconnesse: la seconda implica necessariamente la conoscenza nonché la piena comprensione di un numero di informazioni (che deve essere) adeguato per lo svolgimento degli scambi commerciali. Ne discende pertanto l’esigenza di focalizzare l’attenzione proprio su ciascuno dei concetti di tale ultima affermazione, ed in specie su “conoscenza”, “piena comprensione” nonché “adeguato numero di informazioni”.

4. Il contratto stipulato tra consumatore e professionista. Caratteristiche distintive di

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