• Non ci sono risultati.

Ratio legis e influenza effettivamente esercitata dalla legislazione eurounitaria nell’ordinamento interno

LEGISLATORE EUROUNITARIO

2. Ratio legis e influenza effettivamente esercitata dalla legislazione eurounitaria nell’ordinamento interno

Nonostante l’analisi delle descritte modifiche apportate al Codice del consumo, scaturite da un atto di diritto derivato, in seguito attuato sul piano interno, è bene ora considerare più in generale i propositi del Legislatore eurounitario, non solo di per sé intesi, ma anche nella prospettiva del loro (avvenuto) recepimento.

Il Legislatore sovranazionale ha infatti demandato agli Stati membri il compito di fissare le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali, in attuazione della direttiva sui diritti dei consumatori, specificando, come si è già avuto modo di evidenziare, che tali misure debbano essere “effettive, proporzionate e dissuasive” (art. 24).

Tale ampio margine concesso alla discrezionalità degli ordinamenti interni fa sorgere seri dubbi in merito alla possibilità di raggiungere concretamente una reale armonizzazione

151

nell’ambito disciplinato dalla direttiva. È stato rilevato che soltanto per i diritti ravvisabili in capo al consumatore nonché agli obblighi del professionista l’armonizzazione auspicata dalla direttiva può dirsi completa, mentre così non è proprio sul tema dei rimedi e delle tutele365.

È quindi ormai evidente come, in relazione ai rimedi esperibili in caso di violazione degli obblighi informativi pre-contrattuali, sia oggi necessario vagliare anche l’apporto fornito dalla normativa eurounitaria.

A riguardo, in ambito eurounitario, la Direttiva 2011/83/UE (Consumer Rights), quantomeno nell’originaria prospettiva, intendeva operare un “restyling”366 generale della disciplina protettiva a favore del consumatore.

In tal senso, l’obiettivo era anche volto ad individuare con precisione la natura degli obblighi informativi pre-contrattuali ed altresì a dare una ferma soluzione alla questione tanto sul discrimine tra regole di validità e regole di comportamento quanto, soprattutto, sul rimedio conseguentemente esperibile.

L’auspicio in realtà ha origini risalenti. Nella maggioranza delle direttive in materia, infatti, l’unico obbligo previsto è sempre consistito (pur lasciando ampi margini di autonomia ai singoli Stati) nella predisposizione di meccanismi altri rispetto a quelli di iniziativa individuale367 per i singoli consumatori, esperibili da parte di uno o più organismi ed altresì diretti ad adire gli organi giurisdizionali o gli enti amministrativi competenti all’applicazione del diritto interno, secondo le previsioni di quest’ultimo, al fine di assicurare il rispetto delle normative sovranazionali.

Nonostante (e forse proprio per) la sopra ricordata ampia discrezionalità demandata ai singoli ordinamenti europei (e quindi anche a quello italiano, specificamente espressa dal

365 M. ASTONE, Diritti dei consumatori e obblighi di informazione tra Direttiva 25-20-2011 n. 83 e D.lgs.

21-2-2014 n. 21. Ambito applicativo: i contratti standard di servizi di assistenza legale, in Eur. dir. priv.,

fasc. 3, 2015, p. 671.

366 Così S. MAZZAMUTO, La nuova direttiva sui diritti del consumatore, in Europa e dir. priv., fasc. 4, 2011, p. 861.

367 I rimedi in favore del consumatore possono essere tripartiti tra -rimedi individuali, -rimedi meta-individuali (c.d. rimedi collettivi), e -rimedi multi-meta-individuali (che riguardano una pluralità di soggetti individualmente considerati, appartenenti tutti ad una stessa classe). Un esempio di tutela multi-individuale è costituito da una fattispecie di responsabilità di recente conio normativo, ossia la responsabilità per il danno

antitrust. In proposito si vedano la Direttiva 2014/104/UE e il relativo Decreto di recepimento n. 3/2017.

152

D.lgs. n. 21/2014) non è stato espressamente previsto un rimedio idoneo nelle fattispecie di violazione degli obblighi di informazione pre-contrattuali.

Nello specifico, la disciplina del decreto di attuazione della Direttiva 2011/83/UE ha determinato un più ampio riconoscimento degli obblighi informativi, che mutano in ragione dell’operazione economica ma che hanno un fondamento comune relativo alle notizie determinanti per la scelta del consumatore.

Del resto, la finalità ultima della suddetta disciplina intendeva assicurare l’equilibrio di tipo normativo e di tipo economico nel contratto, attraverso la rimozione delle asimmetrie informative tra il consumatore e l’operatore professionale.

Tuttavia, in concreto è possibile rilevare come le modifiche apportate al Codice del consumo non abbiano risolto la questione afferente ai rimedi civilistici conseguenti all’inadempimento del generale obbligo di informazione del consumatore.

Peraltro, se è vero che in questo specifico contesto non sono state approntate norme in generale, è altrettanto rilevante considerare, sul piano specifico, la prevista sanzione del prolungamento dei termini del diritto di recesso in caso di inadempimento dell’obbligo informativo su di esso, e la predisposizione di un regime dell’onere probatorio in caso di violazione dell’obbligo informativo nell’ambito della disciplina dei contratti a distanza e di quelli conclusi fuori dai locali commerciali (art. 49, comma 10, Cod. cons.).

Come già ricordato, il Legislatore sovranazionale ha in merito solo statuito che, laddove l’operatore economico-professionale non rispetti le disposizioni adottate a livello nazionale in attuazione delle direttive di armonizzazione, gli ordinamenti dei singoli Stati membri abbiano il compito di stabilire tanto le relative sanzioni, purché effettive, proporzionate e dissuasive368, quanto la decisione sulla tipologia di rimedi da azionare e sulla natura, pubblicistica oppure anche (o soltanto) privatistica, di questi369.

In questo senso il Considerando n. 14 della direttiva richiede che tale testo non vada a pregiudicare la legislazione nazionale relativa al diritto contrattuale per gli aspetti di diritto contrattuale non disciplinati dalla direttiva medesima, né “il diritto nazionale con

riferimento ai rimedi generali previsti dal diritto contrattuale”.

368 Considerando n. 57 e art. 24 (rubricato “Sanzioni”) della Direttiva 2011/83/UE.

369 Si noti come, quindi, in tal modo si sia riproposta la stessa elasticità già caratterizzante l’art. 13 della Direttiva 2005/29/CE in tema di pratiche commerciali sleali, ed al contempo anche già oggetto di critica in dottrina: si temeva infatti una conseguente frammentazione sul punto tra le diverse normative europee.

153

Di conseguenza, secondo quanto fin qui rilevato, data l’ampiezza della discrezionalità demandata dal Legislatore eurounitario a quello interno, quest’ultimo avrebbe dovuto porre in essere gli auspici della Direttiva 2011/83/UE.

Ebbene, sul piano del diritto interno, il Legislatore non ha in definitiva precisamente disciplinato la natura della responsabilità370 né gli effetti sul contratto dell’inadempimento degli obblighi pre-contrattuali di informazione in danno dei consumatori.

La Direttiva 2011/83/UE, pur intendendo operare una “armonizzazione massima”, ha evidentemente (troppo) trascurato l’ambito dei rimedi contrattuali esperibili a fronte della violazione degli obblighi informativi pre-contrattuali, senza il coraggio di segnare una precisa strada agli ordinamenti degli Stati membri. Si è pertanto sostenuto che “Forse il

Legislatore della direttiva 83/2011/UE avrebbe fatto meglio a seguire l’esempio del (coevo) Regolamento sul diritto comune europeo della vendita, che all’art. 29 dell’Annex prevede per la violazione degli obblighi di informazione precontrattuale, a parte il risarcimento del danno, una serie di altri rimedi (sostitutivi del risarcimento, o eventualmente con esso cumulabili), come ad es. l’esenzione dall’obbligo di sostenere spese o costi della cui esistenza non sia stata data dal professionista la dovuta informazione.”371.

Il vuoto di disciplina proprio dell’intervento sovranazionale non è infatti stato colmato dal Legislatore italiano con il D.lgs. n. 21/2014, che avrebbe dovuto recepire appieno la direttiva.

Una simile situazione, di conseguenza, richiederà nuovamente l’intervento degli interpreti, in definitiva dovendo far riferimento alle diverse tesi ricostruttive già analizzate nei paragrafi precedenti.

370 Si rifletteva sulla contrapposizione tra responsabilità “contrattuale” e responsabilità “pre-contrattuale”: recentemente in sede di legittimità è stata affermata la riconduzione della seconda alla prima. V. Cass. civ., 12 luglio 2016, n. 14188, in NGCC, 2016, I, pp. 1451 ss., con nota di A. IULIANI, La Cassazione riafferma

la natura contrattuale della responsabilità precontrattuale; M. FRANZONI, La responsabilità precontrattuale è, dunque…contrattuale?, in Contr. impr., 2013, pp. 283 ss.

154

3. L’attuale possibile assetto della disciplina normativa in tema di rimedi, alla luce del

Outline

Documenti correlati