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Aspetti linguistici delle articolazioni informativo-testuali: gli avverbi focalizzanti e i con nettivi testual

2. La segmentazione pragmatica del testo

2.2 Un modello di segmentazione testuale: il Modello di Basilea

2.2.3 Aspetti linguistici delle articolazioni informativo-testuali: gli avverbi focalizzanti e i con nettivi testual

Il Modello di Basilea (Ferrari et al. 2008; § 2.2) costituisce uno strumento euristico e descrittivo particolarmente efficace per analizzare il lessico funzionale della lingua (Borreguero 2014: 19). Infatti, lanatura dell’Unità Informativa (§ 2.2.2) in cui sono collocate le particelle discorsive ha conseguenze decisive sul loro valore d’impiego, vale a dire sul contributo specifico che esse offrono alla struttura informativa dell’enunciato e alla testualità (Ferrari et al. 2008: 344). Ad esempio, quando si manife- stano in un’Unità di Quadro, esse introducono informazioni pertinenti per l’interpretazione del con- tenuto del Nucleo, diversamente, quando si trovano nell’Appendice presentano un’informazione ac- cessoria, volta a precisare il contenuto dell’Unità a cui si agganciano. Quando, invece, saturano senza residui un’Unità di Quadro, e talvolta anche nel caso di Appendice in inserzione, le particelle operano come connettivi testuali, e non come avverbi focalizzanti (o paradigmatizzanti) (§ 2.3). In tal caso, la loro portata è testuale, dunque non locale, e il loro operando è dato da un’entità ontologica di livello superiore, che coincide con uno stato di cose (di cui si può dire che “ha luogo”), e non con un oggetto (di cui si può dire che “esiste”), corrispondente invece a un’entità ontologica di primo grado (Ferrari

et al. 2008: 346).

Diversamente, quando le particelle sono collocate nel Nucleo possono interagire in vario modo con il Fuoco Informativo dell’Enunciato, il quale, da un punto di vista funzionale, rappresenta la parte informativamente più rilevante della frase ed è associato a un’informazione Nuova (§ 2.1.2) mentre, da un punto di vista strutturale, è collocato in posizione finale ed è contrassegnato da un picco into- nativo (De Cesare 2010: 104). Il fuoco – o “dominio di associazione” (Andorno e De Cesare 2017: 160; De Cesare 2019: 165) – dell’avverbio coincide tipicamente con il Fuoco dell’Enunciato quando l’avverbio opera sull’ultimo costituente del Nucleo, tuttavia, la posizione finale non garantisce auto- maticamente la coincidenza tra i due concetti di fuoco (Ferrari et al. 2008: 348-349; De Cesare 2010: 108). Al contrario, il fuoco dell’avverbio non coincide mai con il Fuoco Informativo dell’Enunciato quando l’avverbio è collocato in un’Unità secondaria, ossia nel Quadro o nell’Appendice (De Cesare 2010: 107).

Relativamente al contributo offerto alla testualità, cioè ai vari livelli di organizzazione del testo, come la dimensione topicale e quella logica, esso dipende sia dalla semantica delle particelle sia dalla natura delle Unità in cui compaiono, da un lato, gli avverbi e, dall’altro, le loro alternative (Ferrari et

al. 2008: 353). Il contributo più rilevante si misura al livello dell’organizzazione semantico-denota-

tiva del messaggio. Più precisamente, l’impiego di un avverbio focalizzante assicura la coerenza del testo nella misura in cui annoda fili tematici a lunga distanza, per esempio, riattivando con naturalezza un referente che era uscito, o che rischiava di uscire, dalla Memoria Testuale (Idem).

Al livello dell’organizzazione topicale del testo, gli avverbi focalizzanti si costruiscono tipica- mente con il Fuoco dell’Enunciato, che di norma coincide con il Comment, ma possono anche modi- ficare un referente testuale che svolge la funzione di Topic (Ferrari et al. 2008: 354-355). Quando operano sul Topic, essi servono a introdurre gradualmente referenti Nuovi, presentandoli come fuoco dell’avverbio (Ferrari et al. 2008: 356). La presentazione di un Topic Nuovo avviene caratteristica- mente sullo sfondo di una proposizione semantica Data saturando: «in modo diverso la variabile aperta di una Proposizione presupposta e nota» (Ferrari et al. 2008: 357). O ancora, l’introduzione di un Topic Nuovo attraverso un avverbio focalizzante può realizzarsi quando una delle proposizioni semantiche alternative è espressa in un’Unità autonoma, tipicamente un’Unità di Quadro, a cui si aggancia il referente introdotto dall’avverbio. In tal caso, tra il referente Nuovo e il cotesto precedente si inserisce: «un anello di giunzione esplicitato a livello testuale, perché calato in un’Unità Informa- tiva autonoma» (Ferrari et al. 2008: 358), tipicamente un Quadro, ma che può anche essere un’Ap- pendice, nei casi in cui la portata locale associata a tale Unità non renda opaco l’aggancio al cotesto precedente. Si osservino gli esempi seguenti dove, in (21), l’avverbio anche si colloca nel Comment, a ridosso del Fuoco informativo, e introduce un referente Nuovo che viene poi ripreso come Topic dell’Enunciato successivo. Inoltre, il referente introdotto dall’avverbio si colloca sullo sfondo di una proposizione Presupposta e Nota, equivalente a: “x pensa che le scimmie siano in grado di dipingere arte figurativa”, saturando in modo diverso la variabile x aperta. Diversamente, in (22) anche intro- duce un referente Nuovo che si aggancia all’alternativa espressa nell’Unità di Quadro precedente. Gli esempi sono tratti da Ferrari et al. (2008: 357):

(21) // / Sul fatto che le scimmie siano in grado di dipingere arte figurativa è d’accordo anche Roger FotusFuoco, /Nucleo

professore alla Central Washington University. /Appendice //

E1 / FotusTopic cita il caso di Washoe, /Nucleo uno scimpanzé che è

solito dipingere una sorta di linea mossa sulla pagina. /Appendice // E2

(22) // / Oltre alla realizzazione “allentata” in posizione iniziale, /Quadro il gerundio ammette anche la piena integrazione sintattica associata ad una posizione post-verbaleFuoco. /Nucleo //E

Il livello dell’organizzazione logica del testo, invece, è una dimensione che pertiene ai connettivi, e non agli avverbi, pertanto, lo sfruttamento al livello della strutturazione logica del testo di questi lessemi è da ricondursi alla loro funzione connettiva, non a quella focalizzante (Ferrari et al. 2008:

359). La connessione logica tra porzioni di testo può essere segnalata, oltre che dai connettivi, anche mediante sintagmi nominali o espressioni verbali. Così, la relazione veicolata dal connettivo quindi può essere realizzata anche dal sintagma pieno “la conseguenza è che”: in entrambi i casi si ha una connessione logica di tipo consecutivo, ma solo con il sintagma pieno si realizza un atto illocutivo autonomo. Da ciò deriva che il connettivo presenti: «la relazione logica essenzialmente nella sua funzione di raccordo nella costruzione dell’architettura testuale, e non in quanto scopo della presenza di un atto illocutivo» (Ferrari et al. 2008: 363).

L’estensione dell’operando di un connettivo, ossia la sua portata, è molto variabile; il connettivo può infatti: (i) unire entità semantiche entro la medesima Unità Informativa; (ii) porre in relazione due Unità Informative; o ancora, (iii) connettere Unità Comunicative, vale a dire, Enunciati, Movi- menti Testuali e interi Capoversi (Ferrari et al. 2008: 364). Di queste possibilità in termini di portata, sono soprattutto le ultime due a costituire i casi in cui i connettivi forniscono istruzioni rilevanti per l’interpretazione dell’architettura semantico-pragmatica del testo. Segnalando le connessioni di com- posizione logica, infatti, i connettivi assumono una funzione di raccordo che contribuisce alla piani- ficazione e alla realizzazione della struttura testuale (Ferrari et al. 2008: 365).

Per valutare gli effetti testuali dei connettivi, ossia il loro impatto sull’organizzazione semantico- logica del testo, si rivela molto utile un’analisi in termini gerarchico-informativi, dato che: «è questo il livello che funge da contatto tra l’espressione linguistica e la dimensione testuale» (Ferrari et al. 2008: 365). Il caso dei connettivi: «è in effetti una illustrazione particolarmente felice dell’interfaccia tra lessico e testualità costituita dalla struttura informativa» (Idem). Difatti, le proprietà informative – ossia la collocazione entro ognuna delle architetture informativo-testuali – si combinano con la semantica del connettivo innescando particolari effetti interpretativi. Più precisamente, alla colloca- zione di un connettivo entro una determinata Unità Informativa è riconducibile il variare di una serie di parametri che sono determinanti nel definire l’azione del connettivo sull’architettura testuale. Que- sti parametri sono: (i) i possibili valori d’impiego e le sfumature di significato, nel caso di polisemia dei connettivi; (ii) la loro portata, cioè l’estensione degli operandi su cui incidono; (iii) il rilievo, entro la struttura testuale nella sua globalità, della connessione veicolata (Ferrari et al. 2008: 365).

Per quanto riguarda la dimensione gerarchico-informativa, l’interazione fra le proprietà informa- tive e la semantica del connettivo ne determina gli sfruttamenti testuali. I fattori che intervengono nella delimitazione degli sfruttamenti testuali dei connettivi sono: (i) le proprietà dell’Unità in cui sono calati e (ii) l’estensione degli argomenti sui quali operano (Ferrari et al. 2008: 365). I due fattori sono interrelati tra loro, vale a dire che: «la collocazione del connettivo entro una determinata Unità si traduce spesso in un carattere più o meno locale della sua portata» (Ferrari et al. 2008: 366). Per identificare il confine informativo che in ciascun caso si proietta sono di aiuto l’interpretazione della relazione veicolata e l’assetto interpuntivo. Tuttavia, il rapporto tra punteggiatura e interpretazione informativa del connettivo non è biunivoco: se, da una parte, un connettivo inserito tra virgole che

spezza un Nucleo è da considerarsi un’Appendice, dall’altra, l’assenza di virgola dopo un connettivo in posizione iniziale di Enunciato non esclude che questo possa essere identificato come un Quadro (Ferrari et al. 2008: 367). Ancora una volta, sarà il co(n)testo a stabilire se il connettivo sia lineariz- zato entro il Nucleo, oppure estratto in Quadro o in Appendice.

La collocazione di un connettivo nel Nucleo Informativo dell’Enunciato è decisiva per l’interpre- tazione, in termini di valore d’uso, portata e testualità, della relazione che questo veicola. In primo luogo, un connettivo linearizzato entro l’Unità di Nucleo, specie se in posizione focale: «è spesso il discrimine per l’attribuzione del valore denotativo rispetto a quello di connettivo pragmatico» (Ferrari

et al. 2008: 369). Come mostrano gli esempi seguenti, in (23) la collocazione di così nel Nucleo fa

prevalere il valore denotativo, ossia la sua natura di avverbio di modo, mentre in (24) la collocazione nel Quadro ne favorisce un’interpretazione testuale, nello specifico, come connettivo veicolante una relazione di conseguenza tra due enunciati. Gli esempi sono tratti da Ferrari et al. (2008: 369):

(23) // Il cavo tende l’oggetto così. /Nucleo //E

(24) // Un oggetto di un certo peso dev’essere legato al cavo e poi sospeso. //E1 / Così, /Quadro l’oggetto tende il cavo. /Nucleo //

E2

Secondariamente, l’inserzione di un connettivo nel Nucleo è spesso correlata con la sua portata proposizionale invece che testuale (Ferrari et al. 2008: 370). Così, in (25), la manifestazione lineariz- zata nel Nucleo del connettivo quando corrisponde a un’interpretazione temporale di contempora- neità che si associa a una portata più locale rispetto a (26), dove l’estrazione in Appendice segnala una relazione di composizione testuale di tipo concessivo, in cui quando ha valore di mentre (invece). Gli esempi sono tratti da Ferrari et al. (2008: 370):

(25) // / Parla sempre quando dovrebbe stare zitto. /Nucleo //E

(26) // / Parla sempre, /Nucleo quando dovrebbe stare zitto. /Appendice //E

Inoltre, nei casi in cui un connettivo abbia unicamente una funzione testuale ma presenti più valori d’impiego, la sua collocazione nel Nucleo può servire a orientarsi nella polisemia del connettivo (Ferrari et al. 2008: 371). In virtù dell’ancoraggio alla semantica particolare, quest’ultima regola non consente una generalizzazione, ma soltanto una serie di osservazioni sui singoli connettivi. È stato osservato (Idem), ad esempio, che la locuzione in effetti e l’avverbio effettivamente possono saturare senza residui il Nucleo di un Enunciato soltanto quando hanno funzione confermativa, e non argo- mentativa; o ancora, che il connettivo così in funzione particolarizzante / illustrativa appare di prefe- renza come Quadro, mentre la sua inserzione nel Nucleo innesca una lettura di tipo consecutivo o ricapitolativo. In sintesi, la linearizzazione dei connettivi entro l’Unità di Nucleo sembrerebbe smor- zarne gli effetti testuali, a vantaggio di un’interpretazione più denotativa e di una portata più locale;

caratteristiche peraltro coerenti con la natura illocutiva dell’Unità in questione. Il carattere testuale dei connettivi si realizza, invece, più pienamente entro le Unità di Quadro e di Appendice: spazi in- formativi specializzati nella costruzione dell’architettura testuale che forniscono lo sfondo sul quale è garantita la pertinenza del contenuto nucleare.

La collocazione preferenziale dei connettivi testuali è all’interno dell’Unità di Quadro. In effetti, i connettivi condividono con il Quadro sia la funzione caratterizzante sia la posizione preferenziale: entrambi, infatti, (i) esprimono la pertinenza di contenuti sullo sfondo di relazioni e (ii) hanno come spazio di espressione privilegiato l’apertura di Enunciato (Ferrari et al. 2008: 372). Dal punto di vista logico e testuale, la distribuzione del connettivo nel Quadro serve, in primo luogo, a esplicitare la coerenza rispetto al cotesto di sinistra, segnalando e specificando la natura della connessione. In se- condo luogo, l’estensione possibile degli operandi, ossia l’apertura a destra tipicamente associata al Quadro, permette alla relazione logica veicolata dal connettivo di estendere la sua portata verso destra anche al di là dell’Enunciato ospitante, fino a indicazione del contrario (Ferrari et al. 2008: 374). In ogni caso, un connettivo estratto in Quadro opera sempre almeno sul Nucleo dell’Enunciato, definen- done la pertinenza testuale. Anche quando il connettivo in Quadro è separato dal Nucleo da un se- condo Quadro, come in (27), la relazione che esso veicola opera comunque sul Nucleo, diversamente da (28), dove la collocazione del connettivo in Appendice ne limita la portata al Quadro in cui si inserisce, non consentendo l’estensione al Nucleo. Gli esempi sono tratti da Ferrari et al. (2008: 374):

(27) // / Tutto sommato, /Quadro1 dato che è simpatica, /Quadro2 la invito alla mia festa. /Nucleo // E

(28) // / Dato che, /Quadro- tutto sommato, /Appendice è simpatica, /-Quadro la invito alla mia festa. /Nucleo // E

Nel caso, invero frequente, di polisemia dei connettivi, la portata codificata dalla dimensione in- formativa è correlata con la selezione di uno fra i possibili valori semantico-pragmatici (Ferrari et al. 2008: 375). Ad esempio, il connettivo in effetti si colloca prevalentemente nel Quadro se esprime una relazione di motivazione, mentre l’inserzione in Appendice ne favorisce una lettura riformulativa (Ferrari et al. 2008: 376). Ancora, il valore inferenziale / consecutivo del connettivo dunque è preva- lentemente associato alla collocazione in Quadro, mentre una posizione in Appendice ne suggerisce un’interpretazione riformulativa (Ferrari et al. 2008: 377; Ferrari e Pecorari 2018: 228). Più in gene- rale, nel Quadro tendono a prevalere relazioni che fanno progredire l’argomentazione, vale a dire che sono provviste di un certo grado di dinamismo comunicativo. Diversamente, l’Appendice tende a gestire un contenuto già presente, pertanto: «quando il connettivo preveda tra i suoi valori d’impiego i due tipi di relazione, sono prevedibili in linea di massima anche distribuzioni corrispondenti» (Fer- rari et al. 2008: 377). Infine, l’ampia portata del connettivo in Quadro si traduce in un livello alto della relazione veicolata nella gerarchia testuale, vale a dire, il connettivo espresso nel Quadro Infor- mativo ha buone probabilità di dominare altre relazioni presenti nel testo. Così, il raggio d’azione di un connettivo in Quadro è vigente fino a indicazione del contrario; inoltre, esso subordina eventuali

altre relazioni contenute nelle Unità che si trovano entro la sua portata. Alla superiorità gerarchica corrisponde pure un rilievo maggiore all’interno dell’architettura testuale nella sua globalità (Ferrari

et al. 2008: 378).

Per quanto riguarda la collocazione di un connettivo nell’Unità di Appendice, gli effetti testuali che ne derivano sono caratterizzati, conformemente allo specifico assetto informativo di tale Unità, da una portata perlopiù locale e da: «una minore incidenza sulla macro-coerenza del testo, e dunque sulla sua architettura» (Ferrari et al. 2008: 378). Oltre all’estensione più locale dei suoi operandi, la collocazione di un connettivo in Appendice seleziona anche: «valori d’impiego dedicati alla gestione locale e alla rielaborazione di un contenuto presente» (Ferrari et al. 2008: 379), diversamente dalla distribuzione in Quadro che codifica, di preferenza, relazioni finalizzate alla progressione del testo. Dunque, la relazione logica di un connettivo in Appendice, come in (29), ha una portata locale, limi- tata all’Enunciato ospitante e riassuntiva del cotesto anteriore, diversamente da (30), dove l’inser- zione nel Quadro favorisce un’apertura della relazione a entrambi gli enunciati. Gli esempi sono tratti da Ferrari et al. (2008: 378):

(29) // / Alice, /Nucleo- insomma, /Appendice mi capisce; /-Nucleo //

E1 tu no. //E2

(30) // / Insomma, /Quadro Alice mi capisce; /Nucleo //

E1 tu no. //E2

La portata più o meno locale del connettivo in Appendice dipende anche dalla tipologia di aggancio fra questa Unità e quella da cui dipende. Più precisamente, se l’Appendice segue un’altra Unità, la portata del connettivo si estende almeno fino al Nucleo dell’Enunciato, mentre se l’Appendice spezza l’Unità a cui si aggancia, la portata del connettivo è limitata a tale Unità (Ferrari et al. 2008: 380). Ne consegue che, contrariamente ai contenuti denotativi nella stessa situazione, un connettivo in Appen- dice possa operare a destra se precede un’Unità di Nucleo. Così, la portata del connettivo però in (31) non si limita a modalizzare il cotesto di sinistra ma agisce anche sul Nucleo a destra, diversamente da (32), dove la relazione espressa dal connettivo oltretutto si applica soltanto al contenuto del Quadro interrotto, e non al Nucleo che segue. Gli esempi sono tratti da Ferrari et al. (2008: 380):

(31) // / Ieri sera /Quadro però /Appendice Alice mi ha telefonato agitatissima. /Nucleo // E

(32) // Piove. //E1 / Se, /Quadro- oltretutto, /Appendice non ti senti bene, /-Quadro è meglio che tu non venga. /Nucleo //E2

Il carattere locale e isolato della struttura in Appendice ha, nondimeno, sfruttamenti testuali im- portanti, vòlti a incrementare la complessità logico-argomentativa del testo. Tipicamente, la colloca- zione in Appendice di un connettivo serve per esplicitare relazioni in subordine nel caso in cui esse siano opache, cioè poco trasparenti, quindi difficilmente inferibili (Ferrari et al. 2008: 381). Un ulte- riore sfruttamento testuale del connettivo in Appendice è dato dalla possibilità di creare una relazione con il cotesto anteriore senza, con ciò, alterare la relazione di argomentazione principale, tipicamente

veicolata dal Quadro, che resta vigente. Ancora, nel caso di combinazione di connettivi, e in modo particolare con tipologie come i particolarizzanti e i connettivi di riformulazione non parafrastica, un connettivo in Appendice può modalizzare ulteriormente quello precedente espresso nel Quadro (Fer- rari et al. 2008: 382).

Un’ultima considerazione riguarda la collocazione di un connettivo in Appendice a ridosso di un Quadro Informativo. Nel caso dei contenuti denotativi, si ha un’articolazione del tipo Quadro-Ap- pendice quando il contenuto giustapposto ha un riempimento semantico della stessa tipologia (spa- ziale, temporale, agentiva ecc.) di quello precedente, diversamente, se i contenuti appartengono a tipologie diverse si ha una coordinazione informativa di Quadri (Ferrari et al. 2008: 383). Ora, quando il contenuto giustapposto all’Unità di Quadro è costituito da un connettivo, il criterio semantico non può valere, pertanto il suo statuto informativo rimane incerto (Ferrari et al. 2008: 384). Dato che la giustapposizione a un Quadro ha come effetto principale quello di esaurire l’azione del connettivo entro i confini dell’Enunciato che lo contiene, si considera che: «lo statuto informativo di un connet- tivo giustapposto a un’Unità di Quadro è, tendenzialmente, quello di Appendice» (Idem). Nondimeno, in molti contesti, né la giustapposizione né l’inserzione entro il Quadro limitano la portata della rela- zione veicolata dal connettivo, che può così estendersi oltre l’Enunciato ospitante, dominando gerar- chicamente anche relazioni presenti nel cotesto successivo. In questi casi, il connettivo ha piuttosto l’estensione propria degli elementi in Quadro Informativo:

La questione dello statuto di un connettivo giustapposto a un’Unità di Quadro (o in essa inserito) rimane dunque aperta. È certo che, rispetto ai contenuti denotativi, i connettivi godono – grazie alla loro semantica intrinsecamente relazionale – di uno statuto privilegiato riguardo alla portata consentita dalla struttura in- formativa. (Ferrari et al. 2008: 385)