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Capitolo II: Neurobiologia della depressione

18 FDG (Fluoro 2 deossi glucosio) in grado di misurare il metabolismo

2.6 Aspetti neurobiologici della depressione farmacoresistente

La depressione si configura come una condizione clinica caratterizzata da un grande disagio per il paziente e costituisce un enorme costo sia da un punto di vista economico per gli elevati tassi di recidive e frequenti ospedalizzazione ma anche da un punto di vista personale, lavorativo e sociale considerando che tale funzionamento è gravemente compromesso in questi pazienti. Di conseguenza i pazienti farmacoresistenti presentano una condizione ancora più grave e più compromessa. Vi sono 139tre criteri di esito (risposta, remissione e guarigione) che permettono di proporre la seguente sintomatologia:

- Risposta al trattamento

- Scarsa risposta al trattamento

- Resistenza al trattamento (con risposta parziale o totale non risposta la trattamento)

- Refrattarietà al trattamento

Per depressione farmacoresistente si intende la mancata risposta da parte del paziente ad almeno due adeguati trials di antidepressivi per almeno 1-2 anni. La depressione farmacoresistente generalmente si associa a fattori sociodemografici, la resistenza è più frequente nei soggetti non sposati, non c’è differenza di genere e di razza, la remissione si verifica maggiormente nei pazienti con un occupazione lavorativa. Da un punto di vista biologico è stato osservato che una migliore risposta al trattamento farmacologico con antidepressivi si ha quando nella condizione di pre-trattamento i soggetti presentano una ridotta attività metabolica in alcune regioni cerebrali.

139 BELLANTUONO C., BOGETTO F, Diagnosi della Depressione Resistente ed inquadramento

Inoltre si è osservato che alterazioni della sostanza bianca in questi pazienti possono influenzare la risposta al trattamento e che una riduzione di sostanza a carico dei lobi temporali nelle donne si associa ad una maggiore resistenza alla terapia farmacologica. Ancora, la risposta al trattamento farmacologico può essere condizionata dalla combinazione tra polimorfismi genetici e substrati biologici. Recenti studi sulla prevalenza della depressione resistente hanno osservato che quando si prende in considerazione il criterio della remissione il numero di pazienti che non guariscono dopo un primo trattamento è pari al 60%. Ciò indica che il farmaco all’inizio del trattamento induce ad una risposta parziale. Dunque nello studio della depressione farmacoresistente è necessario prendere in considerazione diverse variabili che richiedono un attenta valutazione tra queste, la gravità della patologie, l’aderenza del paziente, la durata e il dosaggio della terapia. La depressione farmacoresistente è una patologia complessa con un alto tasso di mortalità e morbilità. La possibilità di individuare i fattori di rischio migliora la probabilità di individuare precocemente la scelta del trattamento, di prevedere i risultati e di rendere più efficace la gestione terapeutica. Alcune condizioni come gli scarsi dati clinici per la gestione di tale condizione, un funzionamento sociale negativo ed un elevato tasso di suicidio suggeriscono l’importanza delle misure di prevenzione. Molto spesso molteplici trattamenti e fallimenti nello stesso episodio non vengono presi in considerazione e ciò rende difficile identificare i fattori di rischio della depressione farmacoresistente. Diversi fattori di 140rischio sono stati

associati alla scarsa risposta di questi pazienti al trattamento farmacologico; tra questi troviamo eventi di vita negativi, abuso di sostanze, attacchi di panico e scarso sostegno sociale. A tale proposito diversi ricercatori hanno condotto uno studio multicentrico all’interno del quale sono stati esplorati i fattori di rischio di resistenza al trattamento farmacologico in 702 pazienti.

140 BENNABI D., AOUIZERATE B., EL-HAGE W et al., Risk factors for treatment resistance in

In tale studio i ricercatori hanno evidenziato 11 fattori tra cui 4 sono indipendenti dalla resistenza al trattamento come il rischio di suicidio, la comorbidità con altre patologie psichiatriche in particolar modo con il disturbo d’ansia, tratti melanconici e la mancata risposta al primo trattamento farmacologico. Di conseguenza è stato condotto un altro studio su 1051 pazienti al fine di individuare questi fattori di rischio che rendono i pazienti maggiormente resistenti al trattamento farmacologico, tra questi i ricercatori hanno individuato:

- un alto tasso di recidive

- un esordio precoce del disturbo depressivo

- una mancata remissione completa dopo il primo episodio

Da un punto di vista più prettamente biologico e neurochimico è stato osservato che i pazienti con depressione farmacoresistente rispetto a pazienti con depressione maggiore e a controlli sani presentano una riduzione del sistema neurotrasmettitoriale gabaergico in specifiche strutture cerebrali tra cui la

corteccia cingolata anteriore e la corteccia orbitofrontale.

Recenti studi utilizzando il DNA genomico hanno osservato che i soggetti con genotipo G-G e allele A del fattore neurotrofico (del gene G196A) presentano un rischio tre volte maggiore di sviluppare depressione farmacoresistente, ancora hanno osservato che i soggetti con un particolare polimorfismo del gene GRIN2B che codifica per il recettore NMDAR sono più a rischio di depressione farmacoresistente. Come abbiamo detto in precedenza la 141rete fronto-limbica è coinvolta nella depressione maggiore. A tale proposito è stato condotto uno studio, mediante fMRI in cui sono stati valutati 44 soggetti con depressione farmacoresistente e 44 controlli sani.

141 GUO W., LIU F., YU M., ZHANG J., ZHANG Z., LIU J., XIAO C., ZHAO J, Decreased regional

activity and network homogeneity of the fronto-limbic network at rest in drug-naive major depressive disorder, Aust N Z J Psychiatry 2015, p. 550-6.

Per confrontare i gruppi sono stati presi in considerazione due parametri: - ampiezza frazionata di fluttuazioni a bassa frequenza

- modalità di omogeneità della rete

I ricercatori osservarono che i pazienti con depressione farmacoresistente presentavano una ridotta ampiezza frazionata di fluttuazioni a bassa frequenza nel giro frontale medio orbitale e una riduzione dell’omogeneità della rete a livello del giro frontale medio sinistro dimostrando che la ridotta attività regionale e la ridotta omogeneità della rete a carico della corteccia frontale conferma il coinvolgimento della rete fronto-limbica nella neurobiologia della depressione maggiore. Il metodo fALFF (ampiezza frazionale di fluttuazioni a bassa frequenza) è stato progettato al fine di indagare l’intensità regionale delle fluttuazioni spontanee di segnali BOLD dipendenti dal livello di ossigeno nel sangue. L’intensità del segnale BOLD varia con le fluttuazioni spontanee di flusso ematico cerebrale. Poiché maggiore fALFF si associa ad un’iperattività neurale e viceversa i ricercatori suggeriscono che anomalie della fALFF sono correlate a specifiche variabili cliniche tra queste; la durata della malattia, la

gravità e il numero di episodi. I ricercatori hanno rilevato che il substrato

neurobiologico della depressione farmacoresistente è caratterizzato da anomalie in specifiche regioni cerebrali che coinvolgono; la corteccia prefrontale mediale, laterale, orbitale, corteccia cingolata anteriore, corteccia sottogenicolata, ippocampo e talamo anteriore e sostengono che la genesi di tale patologia non è correlata alla disfunzione di una singola regione cerebrale ma ad alterazioni di diverse strutture cerebrali corticali e sottocorticali.Un altro studio è stato condotto su 14254 soggetti tra questi; 22 con depressione maggiore, 16 con

depressione farmacoresistente e 16 controlli sani tenuti sotto osservazione per 6 settimane al fine di dimostrare che nella depressione farmacoresistente ci sia una compromissione funzionale della corteccia prefrontale.

142 CHENG-TAI LI., TUNG-PING SU., SHYH-JEN W., PEI-CHI TU., JEN-CHUEN H, Prefrontal

Tutti i partecipanti senza trattamento farmacologico sono stati sottoposti a compiti go-no-go per valutare le capacità di attenzione selettiva mediata dalla corteccia prefrontale e ad indagini PET per indagare il metabolismo cerebrale del glucosio a riposo (rCMglu). I risultati dello studio dimostrano che i pazienti con depressione farmacoresistente hanno prestazioni deficitarie nei compiti go- no-go e quindi nell’attenzione selettiva e una riduzione del metabolismo del glucosio cerebrale a riposo rispetto agli altri 2 gruppi. Pertanto i ricercatori suggeriscono che un evidente ipofrontalità con deficit attenzionali associati hanno un ruolo chiave nel substrato biologico della depressione farmacoresistente. Numerose ricerche dimostrano che un numero abbastanza esiguo di pazienti depressi non risponde ad un trattamento antidepressivo iniziale. Vi è un ampia varietà di alternative che comprendono un escalation della dose dell’antidepressivo iniziale, la combinazione di due antidepressivi con diversi meccanismi d’azione (SSRI e VENLAFAXINA), l’aggiunta di altri farmaci come il litio, antipsicotici e farmaci antidepressivi atipici. Attualmente gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) si configurano come il trattamento chiave della depressione maggiore poiché rispetto agli altri presentano una maggiore tollerabilità e ridotti effetti collaterali. Qualora i pazienti non rispondono al trattamento con SSRI vengono utilizzati in combinazione con questi la venlafaxina (SNRI), bupropione (antidepressivo atipico), mirtazapina (NASSA) e farmaci antipsicotici come l’olanzapina e l’aripiprazolo. A tale proposito studi controllati dimostrano che la combinazione di SSRI e farmaci antipsicotici aumenta la probabilità di risposta al trattamento

farmacologico dopo un primo fallimento. Nel caso dei 143pazienti

farmacoresistenti i ricercatori hanno dimostrato l’utilità di diverse tecniche in particolar modo; la stimolazione magnetica transcranica, la stimolazione del nervo vago e la terapia elettroconvulsiva.

143 PRESTON TC., SHELTON RC, Treatment Resistant Depression: Strategies for Primary Care,

La terapia elettroconvulsiva si propone di indurre le crisi elettricamente in questi pazienti al fine di fornire sollievo e agisce aumentando la funzione di diversi neurotrasmettitori tra cui; la serotonina, la dopamina, il GABA e il glutammato. Quest’ultimi svolgono un ruolo essenziale nell’attivazione neurale e le loro concentrazioni risultano marcatamente ridotte nel plasma di pazienti farmacoresistenti. Diversi modelli di depressione clinica sono stati sviluppati al fine di comprendere la neurobiologia della depressione farmacoresistente. Tra questi ricordiamo la bulbectomia olfattiva (OBX) nei ratti, infatti si è osservato che in seguito alla rimozione chirurgica dei bulbi olfattivi i ratti mostravano alterazioni comportamentali, biochimiche, motivazionali e immunitarie simili a quelli dei pazienti depressi. Poiché vi è un alta percentuale di pazienti depressi che non risponde ai diversi trattamenti farmacologici emerge sempre di più la necessità di terapie innovative efficaci per questa classe di pazienti. Lo studio di modelli animali di depressione resistente al trattamento è di fondamentale importanza per comprendere il substrato biologico e i meccanismi sottostanti a tale patologia. Alcuni di questi modelli animali includono il 144ceppo BALB/

COLAHSD di topi così come i normali topi BALB C sottoposti a stress cronico e dieta ricca di grassi, questi ceppi mostrano una ridotta sensibilità alla terapia farmacologica con antidepressivi e possono essere utilizzati come modello per migliorare i trattamenti della depressione. Dunque lo sviluppo di modelli animali appropriati, l’uso di test genetici e comportamentali svolgono un ruolo chiave nella comprensione delle caratteristiche specifiche di tale patologia e nell’esplorazione di nuove strategie per il trattamento. L’ applicazione delle nuove tecniche di neuroimaging ha permesso di evidenziare che l’attività metabolica della corteccia fronto-insulare può essere considerata un biomarker della selezione del trattamento in pazienti depressi.

144 FAKHOURY M, New insights into the neurobiological mechanisms of major depressive disorders,

E’ stato osservato che l’elevata attività metabolica della corteccia sottogenicolata può essere considerata come un fattore predittivo di una scarsa risposta sia a trattamenti psicoterapici che farmacologici della depressione. A livello neurobiologico e neurometabolico i pazienti depressi farmacoresistenti mostrano particolari 145caratteristiche:

- ipofrontalità della corteccia prefrontale dorsolaterale - iperattività della corteccia cingolata subcallossale

- aumento dell’attività metabolica nelle regioni limbiche quali amigdala e insula - riduzione del volume ippocampale

Studi di neuroimaging suggeriscono il coinvolgimento di diverse reti nella genesi del disturbo che contribuiscono alla formazione di uno specifico default

mode network che include la corteccia prefrontale mediale (mPFC), corteccia cingolata posteriore (PCC), corteccia parietale inferiore e mediale del lobo temporale. Infatti i pazienti con depressione farmacoresistente presentano

rispetto ai controlli sani alterazioni del DMN. Gli sforzi impiegati per comprendere il substrato biologico della depressione condividono l’obiettivo di migliorare gli approcci di trattamento alla malattia. Un’ approccio alternativo per individuare i trattamenti più appropriati è di lavorare a ritroso da esiti di risposta al trattamento agli stati pre-trattamento. Tale approccio, a differenza dell’approccio riduzionista il cui obiettivo principale era il sintomo, si concentra sulla ricerca di biomarcatori che permettono la selezione ottimale di trattamento, di distinguere stati di salute e di malattia e di fornire informazioni sulla patofisiologia della patologia.

145 DUNLOP BW., MAYBERG HS, Neuroimaging-based biomarkers for treatment selection in major