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L’ influenza dei fattori predisponenti non genetici: il ruolo dello stress

Capitolo II: Neurobiologia della depressione

18 FDG (Fluoro 2 deossi glucosio) in grado di misurare il metabolismo

2.4 L’ influenza dei fattori genetici e ambiental

2.4.2 L’ influenza dei fattori predisponenti non genetici: il ruolo dello stress

Lo stress, come ormai noto, si configura come uno dei principali fattori scatenanti della sintomatologia depressiva in quanto è in grado di modificare il funzionamento neurochimico cerebrale. Tale sistema rappresenta uno dei principali meccanismi di difesa a disposizione dell’uomo e di altre specie animali e si basa sull’attivazione del 120“sistema ipotalamo-ipofisi-surrene”. Di

fronte ad un segnale di minaccia si assiste all’attivazione della corteccia cerebrale che elabora l’informazione e l’invia alle strutture deputate alla modulazione delle risposte emotivo-affettive, ossia al sistema limbico e da qui all’ipotalamo. L’ipotalamo si configura come la sede principale di alcune importanti componenti neurovegetative coinvolto nella modulazione della fame- sazietà e della frequenza cardiaca. Dunque in condizioni di stress, il nucleo paraventricolare dell’ipotalamo rilascia un ormone corticotropo (CRH) che va a stimolare al livello dell’ipofisi, il rilascio di un ormone adrenocorticotropo

(ACTH) e infine al livello delle ghiandole surrenali, il rilascio di glucocorticoidi

(CORTISOLO). Gli stimoli emotivi raggiungono l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene

mediante l’amigdala e discendono attraverso il proencefalo, l’amigdala esercita un controllo sugli stimoli eccitatori che vanno a stimolare l’asse HPA; al contrario l’ippocampo esercita un controllo sugli stimoli inibitori del sistema. Dunque il cortisolo, in condizioni normali permette all’individuo di difendersi da eventuali attacchi esterni, poiché induce la mobilizzazione dei grassi per aumentare le energie disponibili e influenza il funzionamento del sistema nervoso centrale rendendolo più reattivo. Un esposizione prolungata ai glucocorticoidi porta ad importanti effetti neurotossici. A tale proposito studi preclinici hanno dimostrato che le cellule granulari dell’ippocampo sono particolarmente sensibili a questi effetti neurotossici.

Infatti l’esposizione cronica ai glucocorticoidi determina in un primo momento, la perdita dei recettori (GR) all’interno delle cellule granulari dell’ippocampo con conseguente disinibizione dell’asse HPA e un ulteriore aumento della stimolazione di corticosteroidi, successivamente l’attivazione di altri meccanismi glutammatergici che includono l’iperattivazione di enzimi calcio- dipendenti che portano alla produzione di radicali liberi, una riduzione del glucosio e infine la produzione del fattore neurotrofico cerebrale (BDNF) che fornisce un supporto trofico alla struttura e alla funzione cellullare. Pertanto elevati livelli di cortisolo per un periodo prolungato di tempo provocano un atrofia dei dendriti apicali e la morte delle cellule granulari ippocampali. A tale proposito, studi condotti postmortem dimostrano una riduzione del fattore neurotrofico cerebrale nell’ippocampo di pazienti depressi vittime di suicidio. Il rapporto stress-depressione è stato oggetto di molteplici studi, poiché la depressione è una condizione ricorrente in cui ogni episodio aumenta la probabilità di insorgenza di nuovi episodi. Uno 121studio condotto su un

campione costituito da 2000 donne con depressione maggiore ha dimostrato come eventi di vita stressanti in questi pazienti aumentava la probabilità di insorgenza di nuovi episodi del 75%. I fattori coinvolti nella patogenesi dei disturbi depressivi sono molteplici ed includono, polimorfismi genetici legati allo stress, al sesso, all’età, eventi di vita precoci negativi ed infine fattori epigenetici. Questi fattori nel loro insieme possono coinvolgere diverse parti dei sistemi cerebrali legati allo stress nei soggetti più vulnerabili ad eventi di vita traumatici, provocando l’alterazione di una fitta rete di neurotrasmettitori e neuromodulatori quali amminoacidi, ossido nitrico e ammine e rendendo i soggetti più vulnerabili all’insorgenza di depressione.

121 WILNER P., SCHEEL-KRUGER J., BELZUNG C, The neurobiology of depression and

All’interno di questa rete il sistema ipotalamo-ipofisi-surrene assume un ruolo rilevante, infatti 122studi condotti postmortem hanno osservato nel cervello dei

pazienti depressi cambiamenti all’interno del sistema di steroidi sessuali,

all’interno del nucleo paraventricolare dell’ipotalamo, nell’acido y-

aminobutirrico e nella corticotropina in relazione all’attività dell’asse ipotalamo- ipofisi-surrene, al sesso e al rischio di suicidio. Lo stress, come abbiamo osservato, rappresenta uno dei principali fattori che rende un individuo più vulnerabile all’insorgenza della patologia depressiva. La maggior parte delle teorie elaborate suggerisce una profonda interazione tra fattori genetici e ambientali, poiché il background genetico nel corso dello sviluppo può essere modificato dai fattori ambientali. Diversi fattori che sono alla base dei processi affettivi sono coinvolti nel processo di sviluppo cerebrale provocando alterazioni della plasticità neuronale, della ramificazione dendritica e della neurogenesi in specifiche regioni cerebrali come l’ippocampo, l’amigdala e corteccia prefrontale che sono strettamente connesse con la patogenesi depressiva. Studi su 123modelli animali dimostrano che esperienze stressanti

durante i primi anni dello sviluppo modificano la plasticità cerebrale, le funzioni cognitive e le risposte di paura condizionata e incondizionata. Ciò significa che eventi di vita stressanti in età precoce vanno a modificare l’attività strutturale e funzionale della corteccia prefrontale mediale, coinvolta nel rimodellamento sinaptico e dendritico. Tali cambiamenti sono in grado di modificare anche la reattività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e sono regolati da meccanismi epigenetici come la metilazione del DNA e modifiche istoniche del microRNA. Recenti ricerche dimostrano come anche “la cura materna” è uno dei principali fattori ambientali in grado di influenzare e modulare il comportamento e i processi affettivi.

122 BAO AM., SWAAB DF., The stress systems in depression: a postmortem study, Eur J

Psychotraumatol 2014, p. 26521.

123 LASON W., BUDZISZEWSKA., BASTA-KAIM A., KUBERA M., MAES M, New trends in the

neurobiology and pharmacology of affective disorders, Pharmacological Reports 2013, pp 1445- 1446.

Molti ricercatori suggeriscono che lo stress è un concetto multidimensionale che coinvolge gli stimoli stressanti, l’elaborazione cognitiva degli stimoli e le risposte ad essi. Si deve a 124Selye la particolare attenzione alla connessione tra

stress e malattia e l’introduzione della sindrome generale di adattamento (SGA) caratterizzata da una fase di allarme, una fase di adattamento e una fase di

esaurimento detta anche fase patologica. La stretta correlazione tra stress-

depressione è sostenuta da fatto che nello stress sono coinvolti molteplici sistemi endocrino, immunitario, simpatico e parasimpatico, pertanto l’esposizione prolungata ad eventi stressanti produce una modificazione cronica di tali sistemi che sono coinvolti nella patologia depressiva. A tale proposito 125recenti ricerche si sono occupate di studiare la correlazione tra l’alterazione dei glucocorticoidi e il volume dell’ippocampo in pazienti con depressione maggiore. Dunque sono stati confrontati mediante fMRI, 43 pazienti con depressione maggiore e 43 soggetti sani di controllo, da tale studio è emerso che i pazienti con bassa espressione del fattore (SGK1) presentavano ridotti volumi delle porzioni CA2, CA3, CA4 del DG rispetto ai soggetti con una maggiore espressione del fattore

126(SGK1). Il fattore SGK1 è particolarmente rilevante per i disturbi mentali

legati allo stress, pertanto i ricercatori conclusero che nei pazienti depressi una ridotta espressione di tale fattore correla con un volume ridotto dell’ippocampo e del giro dentato rispetto ai controlli sani.

124 FISCHER G.N, Trattato di psicologia della salute, Borla, Roma 2006, p. 98.

125 FRODL T., CARBALLEDO A., FREY EM., O’KEANE V et al., Expression of glucocorticoid

inducible genes is associated with reductions in cornu ammonis and dentate gyrus volumes in patients with major depressive disorder, Dev Psychopathol 2014, p. 1209.

126 Per fattore SGK1 si fa riferimento a concentrazioni sieriche nel mRNA di geni inducibili

2.4.3 Aspetti psicologici dello stress

Come ormai noto da qualche tempo, le situazioni capaci di attivare reazioni di stress nell’uomo sono molteplici non legate necessariamente ad un effettiva minaccia. Le situazioni ritenute stressanti sono dotate da un punto di vista prettamente psicologico di una caratteristica comune, ossia la valenza negativa per chi le subisce. Le 127situazioni che possono generare una sintomatologia

depressiva non sono solo legate alla perdita di un legame affettivo o ad una minaccia di perdita ma anche ad altre situazioni in cui il soggetto si sente deprivato di qualcosa che è necessario per il mantenimento di un equilibrio biopsicosociale. Più che gli eventi in sé ciò che conta è come questi vengono percepiti dagli individui e quindi il significato che essi ne danno che è strettamente legato alle esperienze di vita e alla personalità dell’individuo. A tale proposito studi sperimentali condotti su animali messi in condizione di non poter sfuggire da situazioni con valenza negativa e minacciosa per la loro esistenza hanno dimostrato come le reazioni degli animali erano molto simili a ciò che accade nella depressione umana e come da un punto di vista biologico si registrano gli stessi effetti tipici della depressione; riduzione delle monoamine e alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Dunque ciò che distingue un individuo da un altro è la strategia messa in atto per fronteggiare la situazione stressante, definita 128“coping”. Per coping si intende la capacità che un soggetto

ha di adattarsi alla situazione stressante e alla strategia messa in atto per farvi fronte. Pertanto le strategie di coping si configurano come l’insieme dei processi che una persona stabilisce tra sé e la situazione percepita in modo tale da poter controllare, tollerare o diminuire l’impatto di questa sul suo benessere psicologico e fisico.

127 CARPINIELLO BERNARDO, La Depressione, Giovanni Fioriti Editore, Roma 2006, pp. 49-51. 128 FISCHER G.N, Trattato di psicologia della salute, Borla, Roma 2006, p. 253.

Si possono distinguere principalmente due stili di coping che conducono a riposte con orientamento diverso; si tratta del coping centrato sull’emozione che si riferisce a risposte orientate verso le reazioni emotive e il coping centrato sul

problema che riguarda quelle risposte volte alla risoluzione del problema. A tale

proposito molteplici ricerche dimostrano come i diversi stili di coping possono modulare l’impatto degli eventi stressanti sull’individuo. Da un punto di vista psicologico un altro aspetto da tenere in considerazione è il 129supporto sociale,

ossia la percezione che il soggetto ha della qualità dei suoi rapporti. Numerosi studi sul sostegno sociale evidenziano i molteplici effetti positivi del sostegno sociale sulla salute che possono essere diretti o indiretti e permette all’individuo di interpretare in maniera meno drammatica la minaccia esterna e di mettere in atto strategie di coping più adattive. Alcuni ricercatori dimostrano come nei malati di cancro, il supporto sociale favorisce l’adattamento alla malattia. Pertanto il supporto sociale, così come le strategie di coping sono in grado di modulare l’impatto dei fattori stressanti sulla salute.