7. Confronto dei casi studio 136
7.5 Aspetti tecnici 150
Cultural Institute visualizza più pagine rispetto a quello di Europeana; i dati sulla permanenza media sul sito sembrano avvalorare l’ipotesi: gli utenti di Google rimangono sul sito oltre tre volte tanto il tempo trascorso dagli utenti di Europeana. E’ ragionevole pensare che una maggiore permanenza sul sito comporti una più alta visualizzazione delle pagine e una diminuzione della percentuale di utenti unici rispetto alle pagine visualizzate.
Nonostante gli obiettivi di Google Cultural Institute in termini di rappresentanza dai diversi Paesi del mondo, l’utenza per quasi il 50% proviene dagli Stati Uniti. La Francia, sede del Google Cultural Institute è al secondo posto con il 7,4% dell’utenza, seguita dall’Italia con il 5,7% e dalla Cina con il 3.6%.
Il carattere decentralizzato di Europeana si rispecchia anche nell’utenza, che vede la Germania con circa il 14,6% dei visitatori unici, i Paesi Bassi con il 7,3% così come Spagna, Polonia e Francia. Si noti che questi Paesi forniscono quasi la metà dei dati di Europeana: Germania 15%, Paesi Bassi 9,6%, Spagna 10%, Polonia 4%, Francia 10,6%. Anche se non è un dato comparabile poiché si ha solo quello dichiarato da Google Cultural Institute, vale la pena ricordare il tempo medio speso dal singolo utente su un’oggetto culturale digitalizzato: 1,36 minuti. E’ interessante confrontare questo risultato con il dato medio rilevato da uno studio del 2001 su un campione di 150 visitatori del Museum of Modern Art di New York[122]: una media di appena 30 secondi dedicati ad osservare ciascuna opera del museo.
7.5 Aspetti tecnici
Ai punti 4.2 e 5.2 sono stati analizzati i componenti e i principali processi che contribuiscono alla struttura e al corretto funzionamento dei aggregate cultural portals. In sede di confronto si possono fare delle considerazioni su alcuni punti del workflow relativo all’ingestione dati di Google Cultural Institute ed Europeana.
all’Immagine 5.2, mentre per Europeana l’Immagine 7.2 sottostante.
Immagine 7.2. Workflow del processo di ingestione dati di Europeana.
E’ bene ricordare nuovamente che la tipologia di asset ingestiti da Google Cultural Institute ed Europeana son diversi: il primo riceve asset formati dall’oggetto digitale e dai relativi metadati, il secondo riceve solamente informazioni metadati associati ad oggetti che rimangono sul sito dell’istituzione culturale, cioè il data provider
Google Cultural Institute si serve di alcuni algoritmi per analizzare i metadati espliciti forniti dal data provider e altri per estrarre delle informazioni implicite, utilizzando la tecnologia della computer vision. Questo processo di estrazione è importante per l’arricchimento dell’asset ed è destinato ad affinarsi sempre più in relazione ad un maggiore utilizzo della piattaforma di Google, poiché ad un maggiore utilizzo corrisponde un più ampio di corpus di esempi a cui fare riferimento nel confronto dei dati estratti grazie alla computer vision.
Europeana sta sviluppando un progetto all’interno dell’Europeana Labs chiamato “vieu -‐ europeana cultural heritage visual search” un motore di ricerca che sfrutta diversi metodi previsti dalla computer vision per trovare delle somiglianze tra un set di immagini di una collezione[167]. Tuttavia questa tecnologia non è ancora utilizzata nella fase di ingestione prevista da Europeana, poiché gli asset non comprendono gli oggetti con contenuto visuale dal quale estrapolare informazioni implicite.
creano automaticamente quando il motore di inferenza confronta l’asset ingestito con quelli contenuti nel repository e trova delle somiglianze. Questo processo è, come si è scritto, piuttosto impreciso anche se migliorato da un feedback continuo con il knowledge database. Per questo gli utenti possono dare un apporto significativo alla creazione di relazioni tra oggetti, organizzandoli in mostre digitali.
Anche in Europeana questa fase è l’ultima prevista dal workflow (Immagine 7.2), strumenti come Annocultor si occupano di trovare fonti semantiche esterne ed arricchire l’asset prima che questo sia archiviato del database MongoDB.
Il network di Europeana sta sviluppando dei progetti che sfruttano appieno il crowdsourching per le annotazioni semantiche, come MyStoryPlayer, uno strumento sviluppato da ECLAP, European Collected Library of Artistic Performance, che permette agli utenti di creare connessioni tra le risorse multimediali della piattaforma attraverso delle relazioni esplicite. L’utente può utilizzare un oggetto nella sua interezza (come un’immagine) o solo una parte di questo (pochi minuti estratti da un video) e creare delle proprie storie da condividere con gli altri utenti. Le annotazioni fornite dagli utenti sono visibili grazie al Linked Open Graph, che permette di visualizzare tutte le relazioni che collegano i contenuti presenti sulla piattaforma ECLAP[168].
Un altro progetto che si occupa di questo è DM2E, Digitised Manuscript to Europeana, il quale ha sviluppato, nel contesto dei dati forniti da Europeana, Pundit, uno strumento open source per le annotazioni semantiche. Grazie a Pundit gli utenti possono creare annotazioni sui propri oggetti utilizzando i contenuti e i metadati dell’aggregate cultural portal.
Infine PATHS, Personalised Access to Cultural Heritage Space, è un progetto di ricerca che mira a far creare agli utenti dei percorsi narrativi attraverso i contenuti digitalizzati, una sorta di mostra digitale dove i vari oggetti non sono integrati in un’unica interfaccia ma sono indicati in un percorso da seguire attraverso le collezioni digitalizzate. Un prototipo sviluppato da PATHS è PATHSenrich, un servizio web che permette ai singoli fornitori di dati di sfruttare le tecniche di arricchimento semantico previste da PATHS. Anche in questo punto del confronto emerge la struttura organizzativa frammentata ma estremamente dinamica di Europeana: attorno a un progetto centrale tecnicamente meno avanzato rispetto alla piattaforma di Google Cultural Institute orbitano decine di
7.6 Web usability
Ai punti 4.4 e 5.4 si sono confrontati sei elementi e pagine presenti in entrambi gli aggregate cultural portals con le dieci euristiche di Nielsen, al fine di poter formulare un giudizio sull’usabilità dei portali in termini di navigazione.
La Tabella 7.4 riportata nella prossima pagina mostra i risultati sovrapposti, indicando in rosso le euristiche soddisfatte da Google e in blu quelle di Europeana.
Google Cultural Institute è un progetto prevalentemente orientato all’utente finale e il sito web rispecchia appieno l’approccio B2C grazie al design minimalista e piacevole, che garantisce tutte le informazioni indispensabili all’esplorazione dei contenuti senza distrarre l’utente o, parafrasando la massima dell’esperto in user experience design Steve Krug, ‘farlo pensare’.
Il sito di Google Cultural Institute favorisce l’esplorazione e l’apprendimento intuitivo da parte dell’utente, fornendo strumenti che gli permettono di orientarsi nel portale e fruire dei contenuti senza troppe incertezze.
Europeana, si è visto, ha un approccio diverso, più simile a quello di un archivio classico regolato da termini e regole peculiari, barriere che l’utente finale può percepire come sufficientemente inibitorie per tralasciare la navigazione. Questo potrebbe avere un’importanza relativa, dato l’approccio prevalentemente B2B di Europeana, ma dalle stime dei dati sull’utenza di Europeana[45] si evince che il 95% del pubblico è generale, mentre solo il rimanente 5% è suddiviso tra industrie creative e professionisti. Alla luce di questi dati, Europeana dovrebbe riconsiderare l’usabilità del sito in riferimento ad un target che vuole visitare il portale e i suoi contenuti per piacere personale.
Bisogna evidenziare, però, che il sito Europeana Exhibition è stato costruito in questo senso, permettendo all’utente di esplorare le mostre digitali attraverso una struttura narrativa che rende piacevole l’esperienza di navigazione.