5. Google Cultural Institute 78
5.6 I progetti 111
5.6.4 Open Gallery 117
Il 10 dicembre 2013, in contemporanea all’inaugurazione del Lab Cultural Institute a Parigi, viene lanciato Google Open Gallery: uno spazio dedicato ai singoli artisti, curatori, collezionisti e alle piccole realtà culturali.
Tra i 45 progetti pilota si può trovare anche la galleria di Berndnaut Smilde, l’artista olandese famoso per la serie “Nimbus” nella quale crea nuvole artificiali all’interno delle stanze. La tecnologia impiegata e l’aspetto del progetto riconducono in tutto e per tutto al Google Cultural Institute: zoom per immagini ad alta risoluzione, incorporamento di panorami Street View, sistema di ricerca progettato per i contenuti culturali, mostre online tematiche realizzabili con semplici drag and drop e spazio hosting gratuito per i contenuti [127]. Google Open Gallery assicura una piattaforma attraverso la quale creare delle mostre virtuali curando i propri contenuti e la loro esposizione.
Come per il Cultural Institute, infatti, i contenuti sono scelti da chi detiene l’account Google e la licenza (gratuita) del software attraverso il quale eseguire l’upload dei materiali: è compito del partner caricare contenuti consoni alle politiche dell’azienda ed essere responsabile del copyright delle opere [147]. Google non vaglia regolarmente i contenuti caricati, ma si impegna a far rispettare i termini di servizio e le policies in tempi ragionevoli, mettendo a disposizione un link per segnalare i contenuti che violano le regole.
Per capire le differenze con gli altri progetti compresi nel Cultural Institute si può cominciare ad osservare l’URL della piattaforma: Open Gallery non rispetta la gerarchia google.com/culturalinstitute/nome progetto bensì presenta una relazione non mediata
dal Cultural Institute: google.com/opengallery; inoltre, ogni account ha un dominio personalizzato nome.culturalspot.org .
Per l’azienda di Mountain View, la differenza sostanziale tra Google Cultural Institute e Open Gallery è che al primo progetto possono partecipare solamente dei partner selezionati, mentre il secondo è aperto a un numero di stakeholders più ampio [148]. Open Gallery in questo modo si allontana dalla logica dell’aggregate cultural portal, che prevede il raggruppamento di oggetti digitalizzati di istituzioni culturali, spostandosi invece verso il portfolio online. Si può dunque ipotizzare che, accanto ai progetti che vantano tra i partner le più prestigiose istituzioni culturali al mondo, Google voglia aprire uno spazio per fare concorrenza a siti come behance.net o cargocollective.com, piattaforme dove chiunque può pubblicare i propri lavori e promuoversi. Al momento il servizio offerto da Google Open Gallery è gratuito ma non è da escludere che in futuro possa essere ripensato a pagamento o vengano introdotte delle features disponibili solo con l’upgrade a pagamento dell’account.
I termini di servizio specificano che è possibile creare un’applicazione mobile dove vengono raccolti i propri contenuti, applicazione il cui uso e destinazione è a discrezione dell’utente [149]; questo può infatti commercializzarla scegliendo il metodo che preferisce, in caso volesse venderla su Google Play Store, il negozio virtuale di applicazioni che offre servizi ai dispositivi Android, dovrà adeguarsi ai termini di contratto previsti da quest’ultimo.
Per entrare a far parte di Open Gallery si deve compilare un form con la richiesta di partecipazione al progetto, una volta ricevuto l’invito da Google, si procede con l’upload dei propri contenuti assistiti da un addetto dell’agenzia creativa Tv Only International con sede a Parigi o seguendo le istruzioni in Help di Open Gallery [150]. Di seguito si analizzeranno brevemente i principali strumenti a disposizione dell’utente che entra a far parte di Google Open Gallery.
L’utente può caricare i propri contenuti attraverso l’Items manager, il quale permette l’upload del materiale dal proprio computer, la ricerca di video o l’upload dal proprio account YouTube, piattaforma che ricordo appartenere a Google.
Si procede poi con l’assegnare dei metadati ai singoli oggetti caricati, nello specifico: titolo, data di creazione, creatore e descrizione (quest’ultima facoltativa). L’utente può
oggetti, può servirsi dello strumento di upload avanzato. Quest’ultimo funziona grazie all’upload effettuato attraverso il Google Developers Console, un tool a cui si può accedere direttamente da browser e che serve, tra le altre cose, a gestire l’upload, il download e la cancellazione di oggetti e buckets (gruppi di dati). Nella procedura di upload avanzato, l’utente crea dei file XML o CSV con i metadati associati al nome di ciascun oggetto caricato, effettua l’upload di questi files e Google Developers Console associa automaticamente i metadati agli oggetti precedentemente caricati [151].
Una volta caricati oggetti e metadati associati, si deve impostare la visibilità del materiale e renderlo pubblico. E’ possibile inoltre incorporare specifici oggetti o intere mostre in un sito preesistente, modificando le autorizzazioni relative all’incorporamento impostate di default sul divieto di esportare materiale [152].
Per mezzo dell’Exhibit manager si possono organizzare i contenuti per creare un percorso tematico, una mostra online. Oltre alla scelta degli oggetti e al loro ordine di visualizzazione si possono scegliere tra due layout per ogni pannello: simple e immersive (se ne è scritto al paragrafo 5.4.4).
Come anticipato, si possono inserire panorami Street View con il comando Select a Street View: si cerca la location su Google Maps e si trascina l’icona di Pegman sulla mappa che riporta un’area blu: in quel caso è disponibile il panorama Street View. Alla propria mostra online si possono aggiungere delle sezioni, immagini o panorami Street View che anticipano il nucleo tematico degli oggetti in esposizione. Prima di salvare bisogna impostare l’immagine dello sfondo della title page, anche in questo caso si può trattare di un’immagine o di un panorama Street View, i video, al contrario, non sono supportati.
Questa breve analisi permette di capire la struttura semplice e intuitiva ma efficace della piattaforma, adatta ad utenti con diversi livelli di competenza informatica.