5. Google Cultural Institute 78
5.8 Educational 121
Le potenzialità di Google Cultural Institute nell’ambito dell’educazione sono evidenti, tanto da venire comprese nelle finalità del progetto. Nonostante questo, ad oggi non si è fatto molto in proposito. Amit Sood, fondatore di Art Project, dichiara alla testata The Guardian che l’intenzione era far sviluppare le potenzialità educative dalla community stessa. Tuttavia, continua Sood, si sono organizzati degli incontri con gli insegnanti per capire come poteva essere migliorata la piattaforma. Da questi confronti è nata ad esempio la funzione Compare, di indubbia utilità per studiosi e appassionati che possono allenare lo spirito d’osservazione trattando direttamente con le immagini.
A questo proposito è utile riportare le teorie di Francesco Antinucci, Direttore della ricerca all’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Centro Nazionale di Ricerca, il quale afferma che l’arte, essendo una forma di comunicazione visiva, necessita di essere spiegata e compresa attraverso l’utilizzo di media che si esprimono con lo stesso codice [153]. L’interfaccia stessa del Cultural Institute, che assegna il ruolo principale alle immagini, è quindi predisposta ad una forma efficace di comunicazione dell’arte.
Al momento il Cultural Institute ha sviluppato un’area chiamata For Educator che raccoglie alcune proposte e dei semplici strumenti per utilizzare la piattaforma con scopi educativi. I contenuti di quest’area, disponibili solo in inglese, fanno a capo ad Art Project e World Wonders.
Per Art Project ci sono tre sezioni: Look Like an Expert, DIY project e What’s Next.
Look Like an Expert raccoglie degli spunti per costruire quiz basati sui contenuti di Art Project. Vengono suggerite domande sulla collocazione temporale dei quadri, riconoscere i movimenti artistici, associare particolari (ad esempio le scarpe) a dei personaggi, indovinare l’artista dalla pennellata e così via [154].
DIY project (dall’acronimo inglese do it yourself) elenca una serie di metodi creativi con cui riutilizzare il materiale presente su Art Project. Si consiglia di creare gallerie tematiche, associare le opere in nuovi percorsi espositivi o riproporre in una galleria personale l’esatto ordine con cui le opere sono state esposte nel museo reale (lo si può vedere grazie ai panorami Street View interni ai musei) al fine di comprendere le connessioni tra un oggetto e l’altro. Si suggerisce di provare a copiare le opere, costruire rebus da condividere su Google+ e, attraverso l’associazione di opere, creare un racconto[154].
What’s next riporta infine le risorse online utili per sviluppare la conoscenza della storia dell’arte [54].
Per quanto riguarda World Wonders si trova un’unica pagina dove è possibile scaricare il materiale educational. Questo è diviso in guide per insegnanti della scuola di primo e secondo grado, scaricando il file pdf si accede alle indicazioni su come utilizzare World Wonders e alle domande e percorsi da sottoporre agli studenti [155].
I contenuti appena descritti sono scarsamente attraenti e ancora meno innovativi, il margine di miglioramento dell’aspetto educativo è ancora molto ampio, ma come diceva Amit Sood, riportato all’inizio del paragrafo, forse quello non è un compito di Google. Un altro strumento decisamente più efficace utilizzato dal Cultural Institute è Hangouts, un sistema di video chat che permette di organizzare delle conference call pubbliche sulla pagina Google + di Google Art Project.
Queste conference call, chiamate Art Talks, iniziano il 4 Marzo 2013 e da quel momento ospitano mensilmente curatori, direttori di museo, storici dell’arte che raccontano le opere d’arte e gli artisti presenti in Art Project; inoltre gli utenti possono scrivere le proprie domande nei commenti e l’intervistatore, cioè un membro dello staff del Cultural Institute, le rivolge all’esperto. L’Art Talk si può vedere on air sulla pagina del social network di Google oppure si può accedere alla registrazione del video sul canale di YouTube dedicato che ad oggi conta quasi 23.000 iscritti e 3.800.00. visualizzazioni circa.
Come si è visto Google Cultural Institute rimane fedele alla sua identità di tool, lasciando i compiti educativi e di curatela agli altri attori del settore culturale. In tal proposito, Amit Sood confessa che è stato proprio un direttore di un museo a suggerire una
have been around for hundreds of years, and you've been around for only 10. (…) We’ve seen many trends, even wars, come and go, but we're still here.”[156].
6. Risultati del questionario
Prima di presentare i risultati del questionario, si deve ribadire quanto già specificato al punto 2.2, ovvero la scarsa quantità dei questionari completi rispetto al numero di quelli inviati (18% per Europeana, 20% per Google Cultural Institute).
Tenendo bene a mente questa criticità, che inevitabilmente rende meno indicativi i risultati, si possono comunque osservare alcuni aspetti della percezione che le istituzioni culturali hanno nei confronti degli aggregate cultural portals.
I partner di Europeana hanno evidenziato un alto valore percepito in merito alla possibilità di entrare a far parte di un network internazionale di istituzioni culturali; questo potrebbe spiegare l’alto numero di partner (2500) registrato ad oggi e la conseguente diffusione sul territorio europeo, punto di forza del progetto. Inoltre i rispondenti per Europeana hanno dichiarato che l’aggregate cultural portal ha un forte valore politico e di conseguenza può essere decisivo per ottenere fondi da destinare a programmi di digitalizzazione; in tal proposito si ricorda quanto affermato nel documento “Europeana Strategy 2020 Network & Sustainability”, cioè che gli Stati membri dell’Unione Europea contribuiscono allo sviluppo di Europeana con 3,5 milioni di euro dal 2011 fino al 2015, cifra distribuita tra i fondi dedicati all’Europeana Foundation e quelli dedicati al supporto diretto delle proprie istituzioni e i relativi programmi di digitalizzazione.
I partner di Google Cultural Institute percepiscono chiaramente l’opportunità di accedere a nuovi pubblici ed entrare a far parte di un network internazionale di istituzioni culturali ma, ancor di più, il prestigio della partnership e la possibilità di estendere la visibilità della collezione su scala mondiale.
Nel complesso si è rilevato un grado medio alto di soddisfazione da parte delle istituzioni culturali: il 34% dei data providers di Europeana si dichiara del tutto soddisfatto della partnership mentre il 42% sufficientemente soddisfatto; Google Cultural Institute registra una percentuale più alta di data providers pienamente soddisfatti (57%) e una più bassa (30%) di rispondenti sufficientemente soddisfatti. In generale si può dire che il 76% dei partner di Europeana e l’87% di quelli di Google