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L’assenza di parenti dei defunti e il ruolo del coro

Capitolo secondo Sette contro Tebe

3. I cadaveri in scena

3.1. L’APPARIZIONE IN SCENA DEI CADAVERI (v 847)

3.2.1. L’assenza di parenti dei defunti e il ruolo del coro

La presenza di un cadavere comporta la necessità di un lamento funebre e, di conseguenza, di persone che lo intonino. Solitamente erano presenti uno o più parenti stretti del morto che potevano essere già in scena al momento dell’apparizione del cadavere o, come nel caso dell’Antigone di Sofocle, accompagnare l’arrivo del defunto da compiangere.

Nei Sette l’arrivo delle sorelle, come abbiamo visto, era probabilmente assente nella versione originaria; dunque rimane in scena soltanto il coro, che si farà interamente carico del lamento e si dividerà in due gruppi rivolgendosi alternativamente ai due fratelli. Si tratta di un caso unico in tragedia, anche se ampiamente giustificato dalle esigenze della trama: la maledizione, giunta alla sua

94 Versi anapestici pronunciati dal coro al termine del dramma si ritrovano anche nel caso delle

48 terza ed ultima fase, ha annientato la stirpe di Laio95 e, semplicemente, non è rimasto nessun parente stretto che possa occuparsi del lamento. Il coro è composto da donne e dunque è particolarmente adatto a svolgere questo tipo di rito, che è tipicamente femminile; inoltre l’interesse del coro, nel corso del dramma, si è gradualmente spostato dalle sorti della città a quelle della famiglia e dei fratelli in particolare, come è emerso dal suo disperato tentativo di fermare Eteocle (vv. 677 segg.). Questo spostamento di prospettiva fa sì che il lamento finale si inserisca organicamente nell’insieme degli interventi del coro: dall’iniziale paura per le sorti della città si passa, ora che il pericolo per Tebe è sfumato, al dolore per la sorte dei fratelli.

È anche possibile, considerando l’antichità dei Sette, che il ruolo preminente del coro nel finale del dramma non fosse ancora avvertito come particolarmente inusuale; del resto, anche nell’Agamennone il coro desidererebbe intonare un lamento funebre per Agamennone se le circostanze glielo consentissero.

Dato che nell’Orestea, come vedremo, gli uccisi non ricevono un vero e proprio compianto funebre e che negli altri drammi conservati non vengono portati in scena cadaveri da compiangere, l’assenza di casi paralleli nelle tragedie eschilee pervenuteci ci impedisce di considerare a priori il finale dei Sette come eccezionale. Tuttavia un frammento papiraceo (Poxy 225196) sembrerebbe fornire un altro esempio di lamento intonato principalmente dal coro:

ΧΟΡΟΣ χειρ.[ ἰδὲ γάρ, ὦ Ζ[εὖ] ξέ[νιε] ν[..] . [ τ]ὸν ξενοδ όκον κατασκ [ ... ]στιν χάρις ν θ[εο] ς ἀν]δρ[ά]σι το ς δικαίοις(;) τ οιγὰρ κ[ατα] ρίσσομ[ κόμας [ἀ] ε ιδε χερ [ τόδ’ ἄνα[υ] ον ρέγμα . [..] . [ δυρομ [έν]α σὸν ότμον γό[οισιν. ] Mano […]

95 Il totale annientamento della stirpe di Laio viene sottolineato più volte nel corso del dramma:

cfr. vv. 690-91, 813, 877, 881-2, 951-5. Se escludiamo i versi interpolati, nei Sette non troviamo altri (riferimenti all’esistenza di Antigone e Ismene.

96 Fr. 451h dell’edizione S

49

Guarda infatti, o Z[eus] os[pitale …], l’ospitale devast[ata casa (?)]. [C’]è negli dei benevolenza per i giusti?

Perciò strapp[andomi] i capelli con mano impietosa, il povero capo […]

piangendo la tua sorte con lamenti.

Non è chiaro a quale dramma appartenga questo frammento97, ma sicuramente vi troviamo un coro di donne che lamenta le sofferenze e le disgrazie subite da un uomo giusto e ospitale. Le modalità del lamento fanno pensare che nel dramma si fosse verificata la morte di un personaggio, forse proprio l’uomo ospitale di cui si parla o un membro della sua famiglia. In ogni caso il papiro ci offre un ulteriore esempio di lamento lirico e non possiamo escludere che anch’esso, come quello dei Sette, fosse intonato interamente dal coro.

Non possiamo dunque ritenere eccezionale il lamento dei Sette a priori, basandoci semplicemente sugli ulteriori sviluppi nel teatro sofocleo ed euripideo. Alexiou98 nella sua opera sul lamento rituale nel mondo greco nota che in Grecia (ma anche in molte altre civiltà antiche) il lamento era solitamente svolto non solo da parenti ma anche da estranei. Il tipico lamento antifonale sarebbe anzi nato proprio da versi cantati a turno da gruppi di parenti e estranei, culminanti in ritornelli intonati all’unisono. Solo alla fine del quinto secolo, secondo Alexiou, in varie località greche vennero introdotte leggi che miravano a regolamentare e moderare i riti funebri, con tre conseguenze fondamentali:

- vennero limitate eccessive manifestazioni di dolore e sfoggi di ricchezza; - il ruolo predominante delle donne venne fortemente ridotto;

- il diritto di compiangere il defunto venne ristretto ai soli familiari, così da accentuare il ruolo che nel rito veniva ricoperto dall’oikos e sminuire, al contrario, quello che fino a quel momento era stato proprio del génos. Alexiou ritiene questa svolta strettamente connessa ad un cambiamento

97 Cunningham lo attribuisce agli Egizi (ma in tal caso il coro avrebbe probabilmente dovuto

essere maschile), mentre Sommerstein preferisce attribuirlo alle Cretesi; in tal caso verrebbe pianta la morte del figlio del giusto e ospitale Minosse.

98 A

50 nelle norme ereditarie, che non favorivano più tutti i maschi della famiglia (in accordo con una società basata sul possesso della terra da parte dell’intero génos) ma solo i diretti eredi: già le leggi di Solone sull’eredità e la proprietà, in effetti, si basavano sull’adozione testamentaria. Le nuove norme sul lamento funebre, quindi, sarebbero connesse al passaggio da una società a base aristocratica a quella democratica.

È quindi possibile che il nostro passo dei Sette rechi le tracce delle fasi più antiche del reale rito di compianto funebre, nel quale i parenti del defunto non avevano ancora assunto il ruolo predominante; anche le esasperate manifestazioni di dolore tipiche dell’espressione del lutto in tragedia, del resto, appaiono in controtendenza rispetto alle norme vigenti99.