• Non ci sono risultati.

LA MANCANZA DEL LAMENTO FINALE E DEL TEMA DELLA SEPOLTURA

Capitolo quarto Coefore

2. Differenze nell’utilizzo delle strutture rispetto all’Agamennone

2.4. LA MANCANZA DEL LAMENTO FINALE E DEL TEMA DELLA SEPOLTURA

Anche nelle Coefore l’apparizione dei cadaveri sulla scena non è seguita da un lamento funebre. Come nell’Agamennone, ciò è dovuto alla situazione ‘anomala’ e

presenti in scena nelle Coefore cfr. TAPLIN 1977 pp. 349-50 e GARVIE 1987 pp. xlvii segg.; vedi anche WHALLON 1995b.

Garvie in un primo momento propone che in realtà la porta fosse una sola: il servo non compariva sulla scena ma rimaneva nello spazio retroscenico, così che il pubblico ne udisse solo la voce. Ciò eliminerebbe il problema dei fulminei cambi d’abito, ma costringerebbe Clitemestra ad uscire dalla porta centrale, rendendo difficile spiegare i deittici riferiti ad Egisto con la presenza del cadavere appena dietro la porta (altrimenti Clitemestra dovrebbe averlo visto).

157 Cfr. S. Aj. 432-33.

158 Grammaticalmente sarebbe ammissibile anche il senso opposto (‘il vivo uccide i morti’), ma

solitamente l’accusativo dell’oggetto precede quello del soggetto (cfr. GARVIE 1987, p. 289). Per simili riferimenti a morti che uccidono vivi cfr. S. Aj. 1027, Ant. 871, Tr. 1163.

87 snaturata in cui versa l’oikos dei defunti, ma stavolta neppure il coro è dalla parte delle vittime e ciò stronca sul nascere ogni spontaneo accenno di lamento. Ancora una volta, Eschilo al di sopra di una struttura potenzialmente parallela costruisce una sapiente variatio ricca di significati.

Ricapitolando, nel finale di tutti i drammi finora esaminati abbiamo incontrato il coro diviso in due parti (Sette) o il coro e un personaggio (Agamennone, Coefore) in presenza di due cadaveri:

- nel caso dei Sette il dolore e il coinvolgimento emotivo di tutti i presenti davano origine ad un vero e proprio lamento, anche se mancava in scena un membro della famiglia che potesse dirigere il lamento;

- nell’Agamennone e nelle Coefore un parente c’è, ma si tratta dell’assassino. In entrambi i drammi le parole dell’uccisore si alternano a quelle del coro, che però nel primo caso è dalla parte dei defunti (e quindi è istintivamente portato a intonare un lamento, nonostante il tentativo venga bloccato dall’assassina prima che il coro possa formalizzarlo ulteriormente), mentre nel secondo è dalla parte dell’uccisore e riduce quindi il lamento ai minimi termini: ai vv. 1007-1009 il coro sembrerebbe sul punto di iniziare un lamento159 (ritroviamo le consuete grida di dolore e il rivolgersi ai defunti in seconda persona), ma si interrompe immediatamente. Il tipico tema della sofferenza di chi è rimasto in vita, di per sé perfettamente adatto al compianto di un morto, porta il coro a spostare l’attenzione dai cadaveri a Oreste e ad aprire l’argomento delle conseguenze del delitto per l’assassino. La solidarietà del coro con Oreste prende di nuovo il sopravvento e i cadaveri passano in secondo piano; l’apparizione delle Erinni a Oreste, poi, interrompe ogni possibile sviluppo del lamento e costringe il colpevole alla fuga.

Nei drammi eschilei conservati, quindi, la presenza in scena del cadavere solleva sempre almeno in potenza, come è naturale, l’istinto del lamento funebre; la sua attuazione, tuttavia, è ovviamente subordinata alla condivisione del lutto da parte

159 Cfr. R

88 di tutti i personaggi presenti in scena. Solo in assenza di impedimenti e di personaggi ostili al defunto sarà possibile dare libero sfogo all’esigenza del lamento160.

Ciò accade nei Sette, dove (se consideriamo interpolata la presenza di Antigone e dell’araldo) la maledizione della stirpe si è finalmente estinta con la reciproca uccisione dei due fratelli e non sussistono più motivi di conflitto o di preoccupazione per il futuro della città: il coro, ora che la città è salva e la guerra è vinta, può concentrarsi sul dolore per la perdita subita161.

Ben diversa è la situazione dell’Agamennone, dove l’arrogante comportamento di Egisto lascia presagire ulteriori sviluppi (già Cassandra, del resto, aveva parlato della futura vendetta di Oreste), e delle Coefore, che si chiudono bruscamente con l’incombere delle Erinni sull’assassino e con l’ostilità del coro stesso nei confronti dei defunti. La forte conflittualità che emerge dal finale dei primi due drammi dell’Orestea non lascia spazio al lamento: in entrambi i casi occorre lanciare un ponte verso il dramma successivo, senza permettere alla tensione di allentarsi nel pianto liberatorio.

Anche il tema della sepoltura risente ovviamente di questo clima:

- nei Sette ai vv. 1002-1004 il problema di dove seppellire i fratelli veniva sollevato e, nonostante le forti interpolazioni nel finale del dramma abbiano parzialmente oscurato l’assetto originario, non è da escludere che la tragedia si chiudesse con un duplice corteo per accompagnare i due alle tombe;

160

Il concetto è ben espresso da DERDERIAN 2001,p. 137: ‘While tragic characters often lament in other contexts, there are relatively few complete formal laments following a death and constituting the initial reaction to that death. Otherwise, much as within the Homeric epics, there are also partial laments for the dead interrupted to turn to other concerns or to action; imperfect laments where the mourner has no access to the dead; laments for one’s own or another’s anticipated death; and laments where an anticipated death did not occur. [...] the tragedians portray formal lament when all characters share a recognition of loss at the individual death, even when the dead is not a protagonist. Yet deaths may remain unlamented when they are overshadowed by another major disaster or negative circumstances such as war [...]; when they are directly caused by a character present on stage [...]; and when they are compensated by heroic status or divinity obtained in death. [...] a view of lament which seems connected with the nature of tragedy as a public and political performance’.

161 Anche il lamento dei Persiani, nonostante fosse rivolto non ad un cadavere presente sulla

scena ma a tutti i caduti della rovinosa battaglia, era possibile in quanto espressione di un sentimento condiviso da parte della comunità intera.

89 - nell’Agamennone il coro al v. 1541 si chiede chi si occuperà del compito, ma Clitemestra, come abbiamo visto, si appropria della cura del rito di sepoltura snaturandolo e proibisce il pianto e la partecipazione del coro. Una menzione della sepoltura è necessaria per anticipare la presenza della tomba all’inizio delle Coefore, ma non è la comunità a farsi carico del rito e ad accompagnare i defunti alla tomba;

- nelle Coefore, dove tutti i presenti in scena concordano sulla giustizia della vendetta ai danni di Clitemestra ed Egisto, il tema della sepoltura non viene sollevato: ciò che importa è piuttosto un altro rito, quello di purificazione per Oreste.

90

3. L’apparizione dei cadaveri: confronto con l’Agamennone