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La disciplina e gli strumenti dell’amministrazione condivisa

2. Gli strumenti legislativi per la realizzazione dell’affidamento in gestione di un bene

2.3. I patti di collaborazione secondo il modello del Regolamento di Bologna

2.4.2. Assetto normativo

Anche in relazione alla gestione e valorizzazione del patrimonio culturale emerge con centralità il rapporto tra pubblico e privato. Di fatti, posta la rilevanza costituzionale dell’interesse pubblico alla fruizione e promozione del patrimonio culturale, questo obbiettivo va ad intersecarsi con quanto disposto dall’Art. 118 comma 4 in relazione alla promozione del coinvolgimento dei cittadini, singoli o associati, nello svolgimento di attività di interesse generale, tra le quali vi rientra anche la valorizzazione del patrimonio culturale; da intendersi, ai sensi dell’Art. 6 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n.42286, quale esplemento delle “attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale (...)”. In materia di beni culturali è prevista la possibilità del possesso, proprietà o detenzione da parte di privati. Essendo tuttavia esaltato l’aspetto funzionale al godimento pubblico di tali beni, sono previsti poteri della Pubblica Amministrazione e vincoli287 che limitano gli stessi diritti proprietari dei privati a fronte dei quali sono d’altro canto previste misure di sostegno pubbliche volte a facilitarne la conservazione, la valorizzazione quindi la fruizione collettiva288. Tali interventi, ad iniziativa privata, rispecchiano infatti attività socialmente utili e quindi di

286 Codice dei beni culturali e del paesaggio, così come modificato in ultimo dal Decreto-legge 21 settembre 2019, n. 104.

287 Di fatti l’obbligo di garantire la conservazione del patrimonio artistico-culturale posto in capo ai privati, proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, è inserito tra i principi espressi dallo stesso articolo 1, comma 5, del Codice dei beni culturali.

Inoltre, sull’esigenza di apporre vincoli in capo ai privati al fine di garantire la conservazione e la fruizione collettiva dei beni di interesse storico-artistico, si veda la Corte Costituzionale, Sentenza 20 giugno 1995, n. 269.

288 In linea con quanto espresso dal citato articolo 6 al comma 3: “La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale.”

129 interesse generale289. In tal senso si veda quanto disposto dall’Art. 113 del Codice dei beni culturali dedicato alla ‘Valorizzazione dei beni culturali di proprietà privata’. Tale disposizione stabilisce che i privati possano beneficiare del sostegno pubblico da parte dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali per lo svolgimento di attività di valorizzazione dei beni culturali di loro proprietà (co.1). Tale sostegno deve essere coerente alla rilevanza del bene culturale al quale l’attività di valorizzazione è rivolta (co.2), mentre ai sensi del comma 3 è previsto che le modalità di svolgimento degli interventi vadano concordate tramite accordo tra la Pubblica Amministrazione e il proprietario, possessore o detentore del bene in sede di adozione della misura di sostegno.

Il rapporto tra pubblico e privato non si estrinseca solamente in relazione ai beni culturali ad appartenenza privata ma anche in quelli rientranti nel patrimonio pubblico ed è proprio questo secondo aspetto che interessa l’analisi portata avanti in questa sede. Si tratta di indagare secondo quali forme ed entro quali limiti i cittadini, singoli o associati, possano conferire il proprio apporto alla conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio storico, culturale ed artistico ad appartenenza pubblica, sulla base dei modelli collaborativi presi in esame.

In relazione agli interventi esperibili dai privati si devono distinguere gli interventi di tutela e conservazione da quelli di valorizzazione. Di fatti se in ogni caso i soggetti coinvolti devono rispettare le condizioni poste dall’Art. 9-bis, rubricato “Professionisti competenti ad eseguire interventi sui beni culturali”, in termini di adeguata formazione ed esperienza professionale; in riferimento alla prima tipologia di interventi sono posti maggiori vincoli ed in particolare, è prevista un’intensa attività di vigilanza e controllo da parte dell’autorità pubblica290. Anche gli ulteriori criteri di selezione dei soggetti privati, cui sono affidati compiti di tutela e conservazione del patrimonio culturale pubblico, sono in questo caso più rigidi. A riguardo il Codice dei contratti pubblici dedica il Capo III, inserito nel Titolo

289 Così come disposto dal comma 4 dell’articolo 111 ‘Attività di valorizzazione’, del Codice dei beni culturali e del paesaggio posto in apertura del Capo II, dedicato ai ‘Principi della valorizzazione dei beni culturali’. Tale articolo stabilisce che “La valorizzazione ad iniziativa privata è attività socialmente utile e ne è riconosciuta la finalità di solidarietà sociale.”

290 Si veda a riguardo la disciplina dedicata dal Codice dei beni culturali alle ‘Misure di conservazione’, inserita alla Sezione II del Capo III rubricato ‘Protezione e conservazione’.

130 VI inerente ai “regimi particolari di appalto”, agli “appalti nel settore dei beni culturali”.

La disciplina del Codice dei contratti pubblici richiama all’Art. 146, quanto stabilito dal citato Art. 9-bis e l’Art. 29291 del Codice dei beni culturali in materia di requisiti richiesti per assicurare un adeguata tutela del bene. In aggiunta a questi, è previsto per gli interventi relativi a beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico artistico o archeologico, che i requisiti di qualificazione dei direttori tecnici e degli esecutori dei lavori vengano stabiliti con regolamento292 e che in ogni caso il direttore tecnico debba “comunque possedere la qualifica di restauratore di beni culturali ai sensi della normativa vigente”.

Nel caso dei secondi, ossia degli interventi di valorizzazione e fruizione, è invece lasciato un più ampio margine di coinvolgimento dei soggetti privati sulla base dei principi espressi all’Art. 111.3293, pur rimanendo in mano della pubblica amministrazione l’iniziativa.

Questo in quanto ai sensi della disciplina dettata dallo stesso Codice dei beni culturali294, spetta allo Stato così come alle regioni o ad altri enti pubblici territoriali, il compito di assicurare la valorizzazione dei beni culturali ad appartenenza pubblica.

Posto che ai sensi del primo comma del citato articolo 111 “Le attività di valorizzazione dei beni culturali consistono nella costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali, finalizzate all'esercizio delle funzioni ed al perseguimento delle finalità indicate all'articolo 6. (...)”, è poi stabilito al comma 2 che tale attività di

291 Il quale dopo aver chiarito al comma 1 cosa debba intendersi per ‘conservazione’ del patrimonio culturale, nel senso di attività di studio, ’prevenzione’ (co.2), ’manutenzione’ (co.3) e ’restauro’ (co.4), le cui relative linee di indirizzo, norme tecniche, criteri e modelli di intervento sono definiti, ai sensi del comma 5, dal Ministero, con il concorso delle regioni e con la collaborazione delle università e degli istituti di ricerca competenti; prevede che “gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti in via esclusiva da coloro che sono restauratori di beni culturali ai sensi della normativa in materia.” (co.6). Ai sensi del comma 7, i profili di competenza dei restauratori e degli altri operatori sono definiti con decreto del Ministro d’intesa con la Conferenza Stato-regioni. Sempre con decreto del Ministero sono definiti i criteri ed i livelli di qualità cui si adegua l’insegnamento del restauro (co.8). Mentre nei successivi commi 9, 9-bis, 10 e 11, sono dedicati alla formazione delle figure professionali che svolgono attività di restauro o ad esse complementari.

292 Di cui all'articolo 216, comma 27-octies del Codice dei contratti pubblici.

293 Il quale richiama i principi di libertà, di partecipazione, pluralità dei soggetti, continuità di esercizio, parità di trattamento, economicità e trasparenza della gestione.

294 Ed in particolare dall’Art. 112, dedicato alla “Valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica".

131 valorizzazione possa essere ad iniziativa pubblica o privata. In relazione al livello di coinvolgimento dei privati questo viene graduato in base alle varie fasi del processo di valorizzazione. Nell’iniziale fase c.d. ‘strategica’ in cui vengono definiti, tramite accordi, gli obbiettivi e le strategie per la valorizzazione, possono prendere parte esclusivamente i privati proprietari dei beni interessati. Non risulta pertanto possibile ricondurre tale coinvolgimento alle pratiche partecipative descritte in precedenza in quanto carente dell’elemento dell’inclusività di tutti i cittadini interessati a prescindere da un titolo di legittimazione. Mentre nella successiva fase di programmazione, diretta ad elaborare i piani strategici definiti in precedenza, si opera un’apertura anche ai soggetti privati senza fini di lucro. Il coinvolgimento di questi avviene attraverso la costituzione di questi in organismi di partecipazione ai quali l’ente pubblico affida l’elaborazione e lo sviluppo dei piani strategici295. Sempre in riferimento alla fase programmatoria è inoltre possibile il coinvolgimento dei soggetti privati interessati, così come delle ‘associazioni culturali o di volontariato’ che operino perseguendo finalità di promozione e diffusione della conoscenza dei beni culturali. Tali soggetti possono prendere parte alla stipula di accordi tra enti territoriali volti a regolare i servizi funzionali alla fruizione e valorizzazione dei beni culturali296. La partecipazione prevista in tale fase si avvicina maggiormente ad una co-progettazione svolta in collaborazione con le amministrazioni competenti e diretta alla definizione congiunta con il settore pubblico delle linee strategiche inerenti al patrimonio culturale e del territorio di riferimento. Per quanto concerne le modalità di coinvolgimento relazionate a tale fase, si potrebbe poi avanzare l’idea di introdurre talune pratiche tipiche della democrazia partecipativa. In tal modo verrebbero riuniti, in una fase programmatoria in senso lato, tutti gli interessi vertenti sulla valorizzazione e fruizione di beni che, dato il loro valore storico culturale, rappresentano un interesse generale della collettività stessa, anche in relazione alla porzione di spesa pubblica da destinarsi alla loro cura e

295 Si vedano in tal senso i commi 4, 5, 7 e 8 dell’Art. 112.

296 Così come previsto dal comma 9 dell’Art. 112, anche indipendentemente dagli accordi di cui al comma 4 relativi alla definizione delle strategie e degli obiettivi comuni di valorizzazione, nonché volti

all’elaborazione dei conseguenti piani strategici di sviluppo culturale e dei programmi relativi ai beni culturali di pertinenza pubblica.

132 valorizzazione297. Ciò potrebbe permettere, da un lato, la composizione dei vari interessi della società civile e di quelli di salvaguardia, tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale del paese; mentre dall’altro la valorizzazione delle conoscenze e competenze detenute da soggetti quali enti del Terzo settore operanti con finalità di promozione e diffusione della conoscenza dei beni culturali, i quali svolgano le attività di cui all'articolo 5, comma 1, lettere f), i), k), o z) del Codice del Terzo settore. Ciò senza far venire meno il ruolo centrale che la Pubblica Amministrazione è chiamata a svolgere anche in riferimento all’adozione della decisione finale, salvo l’obbligo di fornire adeguata motivazione. Al tempo stesso si dovrebbe fare attenzione a tenere distinti i soggetti privati operanti sul mercato per fini di lucro, dagli enti no profit e dai privati intesi quali cittadini e quindi nel senso generale della collettività stessa nell’interesse della quale lo Stato è chiamato ad amministrare il proprio patrimonio culturale.

Per quanto riguarda la fase conclusiva dedicata alla concreta gestione ed attuazione degli interventi di valorizzazione, si nota un mutamento della logica sottostante le precedenti fasi incentrate su una forte presenza del settore pubblico. Di fatti in tale fase è ammesso l’ingresso dei soggetti privati operanti con finalità lucrative, ai quali può essere assegnato in concessione lo svolgimento degli interventi di valorizzazione, previa selezione attraverso procedure ad evidenza pubblica. `fatta salva, dall’articolo 115 del Codice dei beni culturali298, la possibilità di una scelta alternativa tra la gestione diretta e indiretta delle attività di valorizzazione. Tale scelta va giustificata sulla base di un’attenta valutazione comparativa degli aspetti economici con gli obbiettivi di tutela e valorizzazione dei beni culturali e della dimostrazione della maggiore ed effettiva capacità del privato

297 Sulla scia di quanto compiuto in altre esperienze partecipative, dal dibattito pubblico sino ai bilanci partecipati, con gli ovvi e dovuti adeguamenti del caso. Ad esempio, attraverso un’accurata selezione dei soggetti interessati a partecipare al dibattito e tenendo conto del differente valore culturale di ciascun bene, così come del contesto territoriale in cui esso insiste.

298 Questo chiarisce al comma 2, come la gestione diretta si svolga attraverso l’impiego di “strutture organizzative interne alle amministrazioni, dotate di adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, e provviste di idoneo personale tecnico” od anche ad opera delle amministrazioni stesse le quali possono attuare tale gestione anche in forma consortile pubblica. Mentre la gestione indiretta è attuata tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione, anche in forma congiunta e integrata, mediante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti. È poi previsto dal medesimo comma che “i privati che eventualmente partecipano ai soggetti indicati all'articolo 112, comma 5, non possono comunque essere individuati quali concessionari delle attività di valorizzazione.

133 aggiudicatario di assicurare più elevati di valorizzazione del bene. Nel caso in cui dalla comparazione dovesse emergere la possibilità di assicurare, quanto meno in linea astratta, un medesimo livello di valorizzazione, vi è chi, a ragion veduta, esprime un favor per la gestione diretta da parte del settore pubblico299.

2.4.3. Criticità e prospettive inerenti al rapporto tra pubblico e privato nella

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