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La Pubblica amministrazione e il rapporto con i cittadini attivi

2. I soggetti interessati

2.2. La Pubblica amministrazione e il rapporto con i cittadini attivi

Abbiamo detto più volte che quello che si vuole analizzare in questo elaborato è l’affermarsi di un possibile modello alternativo di amministrazione, costruito sulla collaborazione e non più sull’opposizione con i cittadini. Si tratta di uscire dagli schemi

101 Altri esempi sono dati dal diritto alla semplicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, il diritto alla partecipazione ai procedimenti amministrativi ed il diritto alla loro celere conclusione; ancora il diritto alla motivazione dei provvedimenti e alla qualità dei servizi pubblici offerti e così via.

44 tradizionali imposti dal paradigma bipolare, ossia quel modello di derivazione francese su cui si è strutturato sino ad oggi il sistema amministrativo che conosciamo e che vuole l’amministrazione - autorità pubblica da un lato e i cittadini amministrati dall’altro, in una continua contrapposizione di due poli separati e confliggenti102. Dove la superiorità del soggetto dominante è contemperata da regole e doveri, mentre il privato agisce libero, salvo limiti esterni imposti dalla legge, nel perseguimento del suo interesse103. Un tale schema, specie se esente da una qualsiasi forma di flessibilità, porta al paradossale e irriducibile conflitto tra Stato e cittadini, e quindi all’allontanamento del primo dalla comunità che invece dovrebbe legittimarlo, andando di conseguenza a indebolire il principio di democrazia stesso. Al contrario, ove possibile, la via della collaborazione appare più proficua. Se si pensa ad oggi ai rapporti tra cittadini e amministrazioni pubbliche questi si pongono di fatti su un piano opposto, che vede i primi talvolta quali destinatari di un comando, altre quali utenti di un servizio o in ogni caso quali soggetti passivi davanti all’autorità statale. Anche le misure atte a correggere tale squilibrio si pongono sempre su un piano oppositivo che vede questa volta il cittadino reclamare qualcosa contro l’amministrazione, nell’ambito dei vari strumenti di tutela offerti all’individuo per difendersi dall’ingerenza pubblica. In questo caso si vuole invece aprire la strada a una convergenza delle rispettive posizioni, nell’ottica di un rapporto paritario e collaborativo, che tra le varie porterebbe al riavvicinamento delle istituzioni al cittadino.

Non più nemici bensì alleati verso il raggiungimento di un obbiettivo comune. Si tratterebbe quindi di affiancare al paradigma bipolare, quello sussidiario. Nel fare ciò è preliminarmente doveroso distinguere tra le due funzioni che la pubblica amministrazione è chiamata a svolgere. Da un lato, vi è l’amministrazione autoritativa, volta a emanare ordini, a concedere autorizzazioni o più generalmente a regolamentare, quindi diretta

102 G. Arena. Cittadini attivi. Op. cit. 2006. pp. 3-4. Similmente si sono espressi e vengono richiamati dallo stesso; Santi Romano. (corso di diritto amministrativo. Cedam. Padova. 1930. p. 83) il quale parla della distinzione tra soggetti attivi e soggetti passivi della podestà amministrativa; Massimo Severo Giannini che in un saggio intitolato ‘Lezioni di diritto amministrativo’ edito da Giuffrè, Milano, nel 1950, parla di due forze che governano le comunità statali: l’autorità e la libertà. O ancora S. Cassese (L’arena pubblica.

Nuovi paradigmi per lo Stato (in) riv. trimestrale di diritto pubblico. 2001. p. 602-604) il quale sottolinea come nel contesto di tale modello tradizionale, sviluppatosi nel passaggio verso ordini caratterizzati dalla separazione tra Stato e comunità, lo Stato e il diritto pubblico siano caratterizzati dall‘irriducibile conflitto tra Stato e cittadino, conflitto dovuto alla superiorità del primo sul secondo.

103 G. Arena. Cittadini attivi. Op. cit. 2006. pp. 4 e 5. cita S. Cassese. L’arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato. In Riv. trim. di diritto pubblico. 2001. p. 604.

45 all‘esercizio di un potere. Dall’altro, la c.d. ‘amministrazione di prestazione’, diretta all’erogazione di servizi al cittadino, sulla quale si fonda il welfare state. In questo secondo caso la pubblica amministrazione ha il compito di dare attuazione a quegli interessi della società civile legati ai diritti tutelati in costituzione104. È nell’ambito dell’amministrazione di prestazione che il paradigma sussidiario può trovare utile applicazione105. Nel momento in cui l’amministrazione si trova a dover elargire una prestazione, si relaziona con i cittadini nella loro veste di utenti che vedono nel servizio offerto la soddisfazione dei propri interessi. Questi ultimi difficilmente potranno essere contrapposti a quelli che specularmente l’amministrazione persegue con la sua azione, essendo il benessere sociale il fine ultimo dell’amministrazione di prestazione. Ed ecco che a maggior ragione nell’ambito di tale modello il paradigma bipolare appare fuori luogo. Di fatti il responso del cittadino-utente e quindi la sua collaborazione con l’ente erogatore del servizio, permette di adeguare la prestazione offerta alle reali esigenze della collettività e quindi di tutelare più adeguatamente i diritti dei cittadini e il loro legittimo interesse ad una adeguata prestazione. Un passo avanti in tal senso è Stato compiuto con l’introduzione negli anni novanta delle carte dei servizi106, un documento di cui ogni ente erogatore di un servizio, sia direttamente che in concessione, è tenuto a dotarsi. Nella carta dei servizi vanno indicati i servizi offerti, le modalità, gli standard qualitativi e quantitativi che il servizio deve rispettare, i meccanismi di informazione e di controllo del servizio offerto, così come i vari diritti e doveri del personale e degli utenti. In tal modo si avvicina il cittadino alla figura del cliente, dotandolo di quello che in primis è uno strumento di tutela. Con la Direttiva del presidente del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994, vennero più generalmente fissati i principi cui le pubbliche amministrazioni devono attenersi nell’erogazione dei servizi pubblici. Tra questi oltre ai principi di eguaglianza, imparzialità, continuità, efficienza ed efficacia, troviamo il principio di partecipazione. La partecipazione del cittadino alla prestazione del servizio, che va sempre garantita, non si

104 G. Arena. Cittadini attivi. Op. cit. 2006. pp. 8 ss.

105 Di fatti il paradigma sussidiario non va a sostituire quello tradizionale, che resta l’unico applicabile in taluni casi, ma si affianca ad esso per andare a integralo ove possibile ed in particolare nei settori in cui la Pubblica amministrazione non agisce nell’esercizio di poteri autoritativi. Si veda in tal senso G. Arena.

Cittadini attivi. Op. cit. 2006. pp. 27 ss.

106 Direttiva del presidente del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994, "Principi sull’erogazione dei servizi pubblici".

46 limita alla facoltà di accesso alle informazioni, da esercitarsi concordemente a quanto disposto dalla l.n. 241/1990, ma prevede anche la facoltà di produrre memorie, documenti, o prospettare soluzioni volte al miglioramento del servizio, ottenendo immediato riscontro circa le domande e proposte formulate. L'obbiettivo dichiarato di una tale previsione è proprio quello di favorire la collaborazione tra le amministrazioni, soggetti erogatori del servizio e i cittadini nella veste di fruitori, nell’ottica che questo possa portare all’ottimizzazione del servizio stesso. Attraverso il coinvolgimento dei cittadini nella definizione delle prestazioni offerte, queste perdono il loro carattere autoreferenziale per adattarsi alle reali esigenze della popolazione.

La collaborazione tra amministrazioni e cittadini può poi in concreto assumere svariate forme, a partire dai processi partecipati sul modello toscano, sino all’affidamento in gestione di spazi sulla base di quello napoletano, passando per interventi di cura e rigenerazione sullo schema dei patti di collaborazione. In ogni caso nelle relazioni che si instaurano nell’ambito dell’amministrazione condivisa non vi è sostituzione dei cittadini all’amministrazione, né in termini assoluti, nel senso di una totale sostituzione dei cittadini alla pubblica amministrazione nell’esercizio delle sue funzioni, né in termini relativi, come nel caso delle autocertificazioni o della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) in cui l’attività individuale si sostituisce a quella dell’amministrazione nel produrre gli effetti previsti ex lege, portando parte della dottrina a riferirsi ai cittadini con il termine di

‘auto-amministranti’107. Inoltre, in questo caso di fatto non viene rotto paradigma bipolare, posto che il controllo sul procedimento e quello ex post sull’attività intrapresa, restano nelle mani della pubblica amministrazione.

In concreto il rapporto collaborativo che qui si vuole delineare, si può instaurare o per autonoma iniziativa dei cittadini od anche perché è l’amministrazione stessa a sollecitarne l’attivazione. Questo perché magari nell’ambito di determinate politiche l'uso esclusivo del potere autoritativo si rivela limitato o di scarsa efficacia. Ciò può ad esempio avvenire nell'ambito della tutela ambientale, dove il coinvolgimento e l’incentivazione della popolazione a tenere un dato comportamento costituiscono un utile strumento di

107 G. Arena. Cittadini attivi. Op. cit. 2006. pp. 26 ss.

47 supporto all'imposizione di obblighi108. In altri casi l’amministrazione può ritenere proficuo il coinvolgimento dei cittadini in quanto riconosce il valore che potenzialmente potrebbe essere apportato da taluni soggetti dotati di particolari competenze. In entrambi i casi, una volta stabilito in concreto chi siano i soggetti, ossia i cittadini, che possono prendere parte al rapporto partecipativo attivandosi per la cura degli interessi generali109, è necessario vedere come questi si relazionano con le pubbliche amministrazioni per studiarne il rapporto. Al tempo stesso si dovrà rispondere ai quesiti che sorgono intorno alla loro azione, relativamente al regime di responsabilità, alla gestione del rapporto ed anche sull’eventuale applicazione ad essi dei principi che reggono l’azione amministrativa.

Quindi buon andamento, imparzialità, pubblicità ed anche di efficienza ed efficacia di cui alla l.n. 241/1990110. Si tratterebbe nel qual caso di ’funzionalizzare’ l’autonoma azione dei cittadini, sulla base dell’idea che se questi agiscono per un fine ulteriore al proprio interesse individuale, al contrario di quanto avviene nell’ambito dei classici istituti di diritto privato, si comportano in modo non dissimile dalle istituzioni, incaricate a loro volta di perseguire l’interesse generale. Pertanto, andando ad agire in una sfera che tocca la comunità nel suo complesso (quindi il ‘pubblico’), questi dovrebbero improntare la loro azione a principi e garanzie similari a quelli che reggono l’azione amministrativa. Garantendo ad esempio la trasparenza delle scelte operate in relazione ad un bene preso in gestione, individuando un soggetto responsabile per il procedimento o per l’attuazione di un progetto, ancora, comunicando la loro intenzione di attivarsi sia alle amministrazioni che ai soggetti terzi interessati.

Partendo dai principi applicabili al rapporto tra cittadini e amministrazione nell'ambito del paradigma sussidiario, vigono tre principi di rango costituzionale: Il principio di uguaglianza sostanziale, il principio di autonomia e quello di responsabilità, strettamente legato al secondo. Ciò in quanto nel momento in cui si comunica, si prendono delle decisioni e si agisce in maniera autonoma, vi è una parallela e necessaria assunzione di responsabilità per le conseguenze che ne derivano. Detto in altro modo se c'è autonomia

108 G. Arena. Cittadini attivi. Op. cit. 2006. Pp. 36.

109 Si veda in tal senso il paragrafo 2.1 del presente elaborato.

110 G. Arena. Il principio di sussidiarietà orizzontale nell’Art. 118, u.c. della Costituzione. Op. cit. 2005 p.

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48 deve esserci anche responsabilità. Questo in quanto se non si può essere chiamati a rispondere di ciò che esula dalla propria sfera decisionale, specularmente, se si è autonomi e quindi liberi nelle scelte, di tali scelte e necessario assumersi la responsabilità.

Responsabilità non vuol dire solamente assumersi le colpe di un eventuale errore, bensì più genericamente, significa, secondo il termine latino responsum, dare responso, ossia dare risposte alle domande, intese quali esigenze, della comunità. Ne consegue che il rapporto paritario che si ispira ad instaurare, secondo il modello in analisi, tra amministrazioni e cittadini, questi ultimi come primi devono ritenersi responsabili nella loro autonomia, seppure la fonte delle rispettive responsabilità differisca. In un caso deriva da un obbligo imposto per legge, nell'altro dall' autonoma volontà di farsi carico di determinate esigenze collettive. Così parimenti i cittadini attivi saranno tenuti al rispetto del principio di uguaglianza formale e sostanziale, dovendo garantire essi la fruibilità del servizio o del bene oggetto di intervento a chiunque e senza discriminazione alcuna.

Per quanto concerne i principi propri dell’azione amministrativa, quali il principio di legalità, di economicità efficacia ed efficienza, il principio di imparzialità, di pubblicità e trasparenza, si ritiene debbano applicarsi con i dovuti adeguamenti. Si prenda ad esempio il principio di legalità che vincola l’operato delle pubbliche amministrazioni nel senso che a queste è concesso di esercitare i propri poteri nei limiti e nelle forme stabilite dalla legge.

Tuttavia, l’interpretazione eccessivamente restrittiva del principio in questione, nei termini in cui è da ritenersi proibito tutto ciò che non sia espressamente autorizzato ex lege, è la causa del forte formalismo e della rigidità che attanagliano l’apparato burocratico sino a paralizzarne l’azione. Nel caso in cui siano i cittadini ad attivarsi per la cura dell’interesse generale, anche essi dovranno sottostare a tale principio, tuttavia, secondo autorevole dottrina111, non gli può essere richiesta una tale rigidità, che già costituisce un eccessivo gravame per la pubblica amministrazione, per cui il principio di legalità dovrà essere inteso quale un più flessibile obbligo di rispettare il diritto in sé. Il medesimo ragionamento si può applicare anche agli atri criteri e principi che reggono l’azione amministrativa. Posto che i cittadini non sono tenuti ad assumersi l’onere di perseguire fini di interesse generale,

111 Così G. Arena. Cittadini attivi. Op. cit. 2006. pp. 119 ss. il quale riprende le posizioni di S. Cassese. Il diritto amministrativo e i suoi principi. In Istituzioni di diritto amministrativo. Giuffrè. Milano. 2004. p.

10.

49 nel momento in cui decidono di procedere in tal senso, questi cessano di essere ‘ordinari’

cittadini, in quanto il loro attivarsi, ad esempio attraverso la stipula di un patto di collaborazione, costituisce una fonte di obbligazione dalla quale discendono determinati oneri e responsabilità. Ciononostante, la posizione di questi non è assimilabile a quella della Pubblica Amministrazione, non essendoci sostituzione quindi neanche equiparazione. Sarà pertanto necessario bilanciare di volta in volta, l’esigenza di non formalizzare eccessivamente la posizione dei cittadini attivi, con l’esigenza di tutelare i soggetti terzi dagli effetti negativi che possono scaturire dall’azione sussidiaria e garantire al tempo stesso l’effettivo perseguimento dell’interesse generale. Pertanto, i principi che devono guidare l’azione cittadina hanno anche la funzione di circoscrivere la stessa, ponendo dei limiti all’intervento esperibile sussidiariamente. Tuttavia, parte della dottrina esclude che i cittadini attivi possano rientrare nella categoria dei soggetti privati “preposti all’esercizio di attività amministrative” i quali devono sottostare al rispetto dei principi che reggono l’azione amministrativa ai sensi dell’art. 1 della l.n. 241/1990112. Questo in quanto i soggetti privati cui la normativa in questione si riferisce si fanno carico dell’esercizio di attività amministrative, quali la gestione di un servizio pubblico, a seguito di apposito provvedimento e dietro compenso rimanendo nell’ambito delle logiche di mercato.

Mentre nell’ambito dell’amministrazione condivisa, i cittadini si attivano di propria sponte, al di fuori di qualsivoglia finalità lucrativa, caricarli di tali oneri costituirebbe un eccessivo irrigidimento della loro posizione con il risultato ultimo di ostacolarne in concreto l’iniziativa, minando in tal modo l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale.

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