• Non ci sono risultati.

Il rispetto della disciplina della concorrenza

La disciplina e gli strumenti dell’amministrazione condivisa

2. Gli strumenti legislativi per la realizzazione dell’affidamento in gestione di un bene

3.3. Il rispetto della disciplina della concorrenza

La questione relativa alle modalità di concessione in gestione di spazi e beni ad appartenenza pubblica si lega con l’annosa questione del rispetto della concorrenza di matrice Comunitaria.

Ciò premesso, in materia di concessione dei suddetti beni, va primariamente richiamata la disciplina posta dal Decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296, contente il Regolamento per la disciplina del “procedimento per l'affidamento in concessione, anche gratuita, ovvero in locazione, anche a canone ridotto, dei beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato, gestiti dall'Agenzia del demanio, destinati ad uso diverso da quello abitativo”334. Nel disciplinare il procedimento di affido, l'Art.2 del suddetto Decreto, stabilisce che “le concessioni e le locazioni dei beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato, salvo quanto stabilito nei capi III e IV, conseguono all'esperimento di procedure ad evidenza pubblica mediante pubblico incanto”335. Tra

332 Corte dei Conti. Sez. di controllo per il Veneto. Deliberazione n. 172/2014/PAR.

333 Corte dei Conti. Sez. di controllo per la Lombardia. Deliberazione n. 716/2012/PAR.

334 Art..1 del D.P.R. 296/2005.

335 Subordinando, al comma 2, il ricorso alla trattativa privata al fallimento della procedura ad evidenza pubblica, alla previsione di un canone inferiore ad euro cinquantamila, così pattuito in ragione della tipologia e delle caratteristiche del bene immobile, per richiesta di altro bene immobile accessorio ad altro di cui si è già concessionari o locatari o in caso di rinnovo dell’atto di concessione.

150 questi, il Capo III, dedicato alle “Concessioni e locazioni a titolo gratuito e a canone agevolato”, stabilisce, all’Art.11, la possibilità di dare in concessione ovvero in locazione a canone agevolato, beni immobili dello stato (di cui all’Art.9336) “per finalità di interesse pubblico connesse all'effettiva rilevanza degli scopi sociali perseguiti in funzione e nel rispetto delle esigenze primarie della collettività e in ragione dei princìpi fondamentali costituzionalmente garantiti, a fronte dell'assunzione dei relativi oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria” in favore, tra gli altri, di organizzazioni non lucrative di utilità sociale337 e di associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale338, così come a istituzioni, fondazioni e associazioni non aventi scopo di lucro le quali perseguono in àmbito nazionale fini di rilevante interesse nel campo della cultura, dell'ambiente, della sicurezza pubblica, della salute e della ricerca che “utilizzano i beni di proprietà statale perseguendo, ove compatibili con i propri scopi, l'ottimizzazione e la valorizzazione dei medesimi, garantendo altresì la effettiva fruibilità degli stessi da parte della collettività”339. In questi casi dunque, in luogo della procedura ad evidenza pubblica mediante pubblico incanto, il procedimento viene attivato su istanza di parte nei modi stabiliti all’Art. 20, dedicato all’istruttoria del procedimento. È poi stabilito, all’Art. 22, che in caso di più domande insistenti sul medesimo bene “è preferito il richiedente che assicuri un maggiore investimento per interventi di manutenzione o valorizzazione del bene”. Nel quadro della disciplina nazionale, resta in ogni caso nella competenza degli enti locali stabilire in piena autonomia, quale procedura seguire. Per l’analisi della disciplina contenuta nel Codice dei contratti pubblici e delle concessioni si rinvia al paragrafo ad essa dedicato340.

Sulla necessità di adottare procedure concorsuali, trasparenti, non discriminatorie e tali da assicurare la parità di trattamento ai partecipanti, nella concessione di beni pubblici di rilevanza economica, quindi idonei a produrre un vantaggio economico nei confronti dei soggetti operanti sul mercato, si richiamano infine, i principi comunitari e dalle Direttive in materia di appalti. Tra questi il principio di parità di trattamento, quale derivazione del

336 Ossia gli “Immobili di cui all'articolo 1, gestiti dall'Agenzia del demanio nonché gli edifici scolastici e gli immobili costituenti strutture sanitarie pubbliche o ospedaliere. (...)”.

337 Di cui all'Art.10, commi 1, 8 e 9, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460.

338 Art.11, Co.1, lett. e) del D.P.R. n. 296/2005.

339 Art.11, Co.1, lett. g) del D.P.R. n. 296/2005.

340 Si veda in tal senso il paragrafo 2.3 del presente elaborato.

151 principio di non discriminazione in base alla cittadinanza e del principio di trasparenza, volto ad assicurare lo sviluppo di un’effettiva concorrenza onde garantire la selezione della migliore offerta. Tale principio implica poi la necessità di fissare condizioni di accesso non discriminatorie nei termini del favor partecipationis. Parimenti vige il principio della par conditio, quale conseguenza del più generale principio dell’imparzialità della Pubblica Amministrazione, volto a garantire il medesimo trattamento tra i soggetti interessati. Ne deriva l'obbligo per l’amministrazione appaltante di stabilire a monte regole chiare, eque ed adeguatamente pubblicizzate, quale presupposto per la parità di trattamento dei concorrenti. Inoltre, in materia di contratti pubblici si applicano anche i principi di pubblicità e trasparenza, cosi come enunciati anche dalla normativa interna ai sensi della l.n. 241/1990. In ambito europeo tali principi sono funzionali a quelli di parità di trattamento e divieto di discriminazione, quindi di imparzialità dell’azione amministrativa e delle procedure di aggiudicazione. Il fine ultimo è quello di garantire un adeguato livello di concorrenza nel mercato attraverso la previa definizione dei criteri di valutazione e scelta tra le varie offerte ed un adeguata pubblicità degli stessi.

In merito alle procedure ad evidenza pubblica si applica inoltre il principio di proporzionalità quale declinazione del principio di ragionevolezza, il quale viene assunto come parametro di valutazione dei concorrenti volto a bilanciare la discrezionalità amministrativa. La sua palese violazione è causa di illegittimità delle decisioni assunte dall’amministrazione nell’ambito della procedura di aggiudicazione. Così come va richiamato il criterio di economicità, specificazione del principio, richiamato anche in Costituzione, del buon andamento dell’azione amministrativa. Tale criterio implica che la Pubblica Amministrazione, nel perseguire gli obbiettivi prefissati dalla legge, debba ottimizzare i mezzi a sua disposizione, valutando in caso di appalti e concessioni, quale operatore possa raggiungere più efficacemente gli obbiettivi posti dall’amministrazione stessa. Si evidenzia tuttavia come sia necessario declinare tale criterio, così come quello correlato dell’efficacia, non solamente in termini meramente imprenditoriali di maggior vantaggio economico. Tenendo a mente che l’azione amministrativa deve essere in primo luogo guidata da quelli che sono gli obbiettivi di interesse generale alla base del suo operare.

152 Tali principi e criteri sono poi richiamati al primo considerando della direttiva europea del 26 febbraio 2014, n.24, in materia di appalti pubblici, e dalla direttiva europea del 26 febbraio, n. 23., in materia di aggiudicazione dei contratti di concessione, in particolare all’art.3 dedicato ai principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza.

Direttive che tuttavia non si applicano ai servizi non economici di interesse generale341. Sulla diretta applicabilità dei principi in materia di evidenza pubblica alle concessioni di beni pubblici si esprime anche il giudice amministrativo342, nel caso di specie il Tar Liguria aveva specificato che tale procedura è necessaria in caso di beni che possano produrre un vantaggio economico in capo al concessionario. Mentre per quanto concerne i beni privi di tale caratteristica si richiama la decisione del Tar Marche, Sentenza 13 gennaio 2012, n.41, il quale dopo aver richiamato la giurisprudenza in materia di concessioni di beni pubblici di rilevanza economica, specifica che, trattandosi nel caso di specie di un bene di scarsa rilevanza economica e destinato ad uso privato non imprenditoriale, non sembra necessario l’instaurarsi di una procedura competitiva con riguardo alla concessione, posta l’utilizzazione dello stesso per scopi indifferenti da quelli perseguiti dal Comune. Pertanto, il discrimen tra l’utilizzo di una procedura ad evidenza pubblica o meno, è dato dalla rilevanza economica del bene e dalla sua destinazione.

In tal senso si esprime anche il Tar Liguria con sentenza 10 gennaio 2014, n. 67, nell’ambito di una controversia inerente all’assegnazione in concessione al centro giovanile “terra di nessuno”, di un bene immobile individuato quale sede idonea ad ospitare le attività promosse dai “centri giovanili autogestiti” cittadini da parte del Comune

341 Considerando n.6, Direttiva 2014/24/UE, parimenti si veda il Considerando n. 6 Direttiva 2014/23/UE.

342 Tar Liguria, Sentenza 14 dicembre 2011, n. 01832, parimenti si veda Consiglio di Stato, Sentenza 30 gennaio 2007, n. 362, il quale stabilisce che “l’obbligo di dare corpo a forme idonee di pubblicità deriva dai principi del Trattato dell’Unione Europea, direttamente applicabili a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne e in modo prevalente su eventuali disposizioni interne di segno opposto” , posto che “i principi di evidenza pubblica, da attuare in modo proporzionato e congruo all’importanza della fattispecie in rilievo, vanno applicati, in quanto dettati in via diretta e self-executing dal Trattato, anche alle fattispecie non interessate (nella specie si trattava di parrticolari concessione di servizi) da specifiche disposizioni comunitarie volte a dare la stura a una procedura competitiva puntualmente regolata”. Si tratta in particolare dei principi di non discriminazione, di parità di trattamento, di trasparenza, di mutuo riconoscimento e proporzionalità, ossia di principi generali sanciti in modo universale così come risultano dal Trattato UE e dalla costante tradizione giurisprudenziale della Corte europea.

153 di Genova. Tale provvedimento si inseriva in una più ampia linea di intervento volta a promuovere “iniziative di coesione sociale a sostegno della sicurezza, ponendo particolare attenzione ai progetti di aggregazione giovanile” al fine di valorizzare quest’ultima fascia di popolazione. La Giunta riconosceva a riguardo che “le attività poste in essere dai centri giovanili autogestiti, finalizzate a promuovere un equilibrato sviluppo sociale della comunità giovanile, nonché a favorire l’effettiva e consapevole crescita umana e culturale della persona, rientrano nei compiti istituzionali del Comune di Genova”. La concessione del suddetto immobile era avvenuta in assenza di una procedura ad evidenza pubblica, quindi priva di un momento comparativo volto a verificare l’eventuale presenza di altri soggetti interessati disposti ad offrire condizioni più vantaggiose per l’amministrazione, anche in termini di migliore soddisfazione dell’interesse pubblico. A riguardo il Tar Liguria ribadisce la posizione della giurisprudenza circa la necessità dell’impiego di una tale procedura per la concessione di beni pubblici suscettibili di sfruttamento commerciale, in ossequio delle esigenze di tutela della concorrenza e di parità di trattamento. Si aggiunge tuttavia che, “le concessioni di beni non destinati allo sfruttamento economico rappresentano, invece, una manifestazione del potere dominicale dell’ente proprietario che, pur essendo soggetta al rispetto dei canoni di pubblicità, imparzialità e buona amministrazione, precede logicamente la realizzazione delle aspettative dei soggetti terzi”.

In ragione di ciò la Pubblica Amministrazione non è tenuta “all’espletamento di un confronto comparativo fra i potenziali concessionari laddove, nell’esercizio delle proprie attribuzioni discrezionali, ritenga motivatamente che l’attività di particolari soggetti meriti di essere favorita in ragione dell’interesse che presenta per la collettività, soprattutto qualora le finalità del privato coincidano con gli obiettivi prefissati dall’amministrazione.”.

Di fatti una soluzione in senso opposto comporterebbe una limitazione del potere discrezionale dell’ente locale nella definizione delle finalità da inserire nel proprio programma di governo cui la possibilità di disporre del proprio patrimonio è funzionale.

In tal senso si richiama anche l’Art 13, comma 1, del D. Lgs. 267/2000343 (TUEL), il quale prevede che spettino al Comune “tutte le funzioni amministrative che riguardano la

343 Così come modificato dal Decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni dalla Legge 19 dicembre 2019, n. 157.

154 popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.” delegando quindi ai Comuni la potestà decisoria sulle concessioni di beni appartenenti al proprio patrimonio.

155

CAPITOLO III

Casi ed esperienze concrete di amministrazione condivisa.

[1. La classificazione (in modelli) secondo scale di aderenza al diritto formale; 1.1. Il modello della tolleranza;

1.1.2. Il caso di Officine Zero; 1.2. Il modello del riconoscimento; 1.3. Il modello della qualificazione giuridica innovativa; 1.3.2. L’Ex Asilo Filangieri; 1.4. Il modello dei patti di collaborazione: 1.4.2. Il patto di collaborazione per la realizzazione del ‘progetto di valorizzazione del mercato rionale e della piazza Aldrovandi’; 1.4.3. Il confronto con il caso del mercato Laparelli; 2. Profili comuni sottostanti i modelli presi in esame. 3. Il caso del Teatro Tascabile di Bergamo e l’innovativa applicazione del partenariato speciale ai sensi dell’articolo 151.3 del Codice dei contratti pubblici]

1. La classificazione (in modelli) secondo scale di aderenza al diritto formale

Documenti correlati