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Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile – terzi trasportati a titolo di cortesia su veicoli adibiti al trasporto

1) Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile – terzi trasportati a titolo di cortesia su veicoli adibiti al trasporto di cose – estensione della copertura assicurativa – contrasto di giurisprudenza – affermazione della copertura assicurativa, anche in base alla applicazione diretta della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e alla interpretazione evo-lutiva del diritto nazionale alla luce della normativa comunitaria

Le Sezioni Unite sono chiamate a comporre il contrasto sulla questione se sia possibile l’estensione dell’assicurazione obbligatoria, in epoca antecedente alla legge n. 142/1992 e successiva al d.l. n.

857/1976, convertito in legge n. 39/1977, anche ai terzi trasportati su autoveicolo adibiti al trasporto di cose, ma nella cui cabina potevano tuttavia prendere posto altre persone, oltre al conducente.

Il contrasto deve essere composto privilegiando, tra i due orienta-menti, quello estensivo, così come è stato accolto dalla sentenza n.

23294/2004. L’iter motivazionale di tale sentenza muove dalla premes-sa che l’assicurazione obbligatoria prevista dalla legge n. 990/1969 ri-guardava la responsabilità civile verso i terzi di cui all’art. 2054 c.c.; la modifica operata dalla legge n. 39/1977 ha portato a comprendere tra i soggetti cui l’assicurazione si applica tutti i trasportati su veicoli adi-biti a trasporto di persone; in tal modo l’estensione dell’assicurazione obbligatoria ai danni prodotti alle persone dei trasporti ha assunto il ruolo di una “regola generale” a prescindere dalla conservazione del formale rapporto di eccezione a regola tra gli artt. 4, lett. c), e 1, comma 2, della legge n. 990. Da tanto consegue che la circostanza se-condo cui una persona sia trasportata su di un veicolo adibito a tra-sporto di cose, invece che al tratra-sporto di persone, è un dato del tutto inidoneo a differenziare questa situazione dalle altre, ai fini dell’appli-cazione della disciplina di cui alla legge n. 990/1969 (come modificata dal d.l. n. 857/1976, convertito in legge n. 39/1977).

Con la successiva legge n. 142/1992 è stato stabilito che l’assicura-zione obbligatoria debba sempre comprendere i danni alle persone trasportate, “qualunque sia il titolo in base al quale è effettuato il tra-sporto”.

Agli argomenti utilizzati dalla sentenza del 2004 possono aggiun-gersi alcune considerazioni relative alla interpretazione della direttiva CEE del Consiglio del 30.12.1983 e alla giurisprudenza della Corte di giustizia, che possono essere applicate o direttamente o in via inter-pretativa. La Corte di giustizia, con l’ordinanza resa il 14 ottobre 2002, nella causa Withers, Samantha Delaney e M.I.B.I., ha affermato il principio secondo cui la direttiva del Consiglio 24.4.1972 e quella del 30.12.1983, concernenti il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della R.C. risultante dalla circola-zione di autoveicoli, devono essere interpretate nel senso che esse non ostano al mantenimento in vigore di una normativa nazionale che non prevede che l’assicurazione obbligatoria della R.C. risultante dalla cir-colazione di veicoli copra i danni alle persone dei passeggeri traspor-tati in una parte di un veicolo diverso da quello adibito a servizi pub-blici su larga scala, a meno che tale parte del veicolo sia stata proget-tata e costruita con posti a sedere per passeggeri. Da tanto deriva che il principio che si desume a contrario dalla pronuncia del giudice co-munitario è che nella portata della direttiva del 1983, vigente (e scadu-ta) al momento del sinistro, rientra l’obbligo di garantire l’assicurazio-ne obbligatoria ai trasporti in parti del veicolo costruite ed omologate

per il trasporto di persone. Se così è, la limitazione contenuta nella legge n. 990/1969, come modificata dal D.L. n. 857/1976, convertito nella legge n. 39/1977, si pone in contrasto con la normativa comuni-taria, in quanto la mancanza dell’autorizzazione al trasporto eccezio-nale non rileva ai fini di escludere dai benefici il trasportato che si trovi seduto in una parte del veicolo omologata per il trasporto di per-sone.

In conclusione, deve essere ribadito il principio già affermato dalla sentenza n. 23294/2004, anche alla luce della possibilità di appli-care in via diretta la direttiva, così come interpretata dalla Corte di giustizia, o di pervenire allo stesso risultato in via interpretativa, attra-verso l’utilizzazione del principio ad essa sotteso in sede di applicazio-ne del diritto interno (omissis)*.

*(R.G. n. 300/2004 + altri, udienza pubblica 3.2.2009, P.G. Dome-nico Iannelli. La Corte di cassazione ha statuito in conformità, sul principio: Cass. S.U. 3.2.2009, n. 6316)

2) Privative industriali – conflitto tra marchi entrambi regi-strati – convalidazione del marchio – applicabilità – affermazione, anche alla luce dell’interpretazione sistematica conforme alla giurisprudenza comunitaria

Le Sezioni Unite sono chiamate a pronunciarsi sulla questione se l’istituto della convalidazione del marchio, nei termini in cui era pre-visto dall’art. 48 del R.D. n. 929/1942 (c.d. “legge marchi”), nel testo vi-gente prima del D. Lgs. n. 480/1992, si applichi unicamente al caso di conflitto tra un marchio registrato ed un marchio di fatto preusato, ovvero trovi applicazione anche nella diversa ipotesi di conflitto tra due marchi ambedue registrati.

La giurisprudenza della Corte di cassazione è ferma nelle posizio-ni originariamente assunte e ammette la convalidazione del marchio a norma dell’art. 48 del R.D. n. 929/1942 soltanto nella ipotesi in cui il conflitto si ponga con un marchio di fatto. La nega invece quando il conflitto si ponga tra due marchi registrati.

A sostegno di tale posizione sono stati indicati diversi argomenti.

Da un lato il fatto che l’art. 48 parla di marchio “conosciuto” e non anche di marchio “registrato” o “brevettato”; dall’altro che la buona fede nell’uso del marchio costituisce un presupposto della convalida-zione e la buona fede risulta esclusa dalla pubblicità legale che si

rea-lizza con la registrazione; ed ancora che di fronte alla eccezionalità della norma, l’applicazione analogica della stessa non è consentita.

Ma, come ha correttamente rilevato una parte autorevole della dottrina, questi argomenti non sono di per sé decisivi. L’argomento let-terale è, infatti, debole in quanto l’uso del termine “conosciuto” in luogo di “registrato”, a parte che è riscontrabile in altre disposizioni della legge (in particolare negli artt. 11 e 17, n. 2), può essere stato usato per comprendere sia il marchio registrato che il marchio di fatto, cioè le due ipotesi di anteriorità invalidanti un nuovo deposito.

Quanto all’argomento secondo cui la buona fede sarebbe esclusa dagli effetti della pubblicità legale, posto che la pubblicità legale non vale “in linea generale”, cioè al di fuori delle ipotesi previste e discipli-nate, a generare una presunzione “di conoscenza in concreto”, va detto che la pubblicazione dei marchi registrati nell’apposito bolletti-no bolletti-non può di certo, in mancanza di una disposizione di legge che glie-la riconosca, determinare una conoscenza legale nei terzi. La circo-stanza che esista un marchio preregistrato non è, quindi, concettual-mente inconciliabile con la “buona fede” di chi ha registrato per se-condo un marchio confondibile, in quanto la sola registrazione di per sé non è sufficiente a rendere sicuramente nota a tutti l’esistenza del marchio.

L’argomento dell’impossibilità dell’applicazione analogica dell’art.

48 al caso di conflitto tra marchi entrambi registrati è, poi, del tutto fuor di luogo, in quanto qui si tratta di interpretare il significato del termine “conosciuto”, se cioè esso si riferisce oppure no all’ipotesi di marchi entrambi registrati.

E’ stato anche sostenuto che l’art. 48 non sarebbe applicabile al conflitto di marchi registrati, in quanto quest’ultima ipotesi è discipli-nata dal precedente art. 47. Il rilievo non è esatto. Infatti, l’art. 47 fissa la causa di nullità del marchio; l’art. 48 disciplina le ipotesi in cui l’a-zione di nullità non può essere più proposta: la norma non consente di impugnare la registrazione del marchio altrui da parte del titolare del marchio preesistente, quando il titolare del marchio successivo l’abbia usato in buona fede per cinque anni. Se si tiene conto di tale correlazione tra gli artt. 47 e 48, è agevole concludere che l’ipotesi espressamente prevista è proprio quella di un marchio registrato per secondo, ma questa invalidità, essendo una nullità relativa, è elimina-bile attraverso la convalidazione nella situazione prevista nell’art. 48.

La tesi estensiva appare coerente con la disciplina successiva introdotta con il D. Lgs. n. 480/1992, emanato in attuazione della di-rettiva CE del Consiglio n. 89 del 21.12.1988, la quale ha riconosciuto

che la convalidazione possa trovare applicazione anche nell’ipotesi di conflitto tra marchi ambedue registrati. Essa potrebbe risultare confortata dall’interpretazione evolutiva e sistematica e, alla luce della direttiva predetta, potrebbe essere ulteriormente avvalorata dal princi-pio dell’interpretazione conforme al diritto comunitario, costantemen-te enunciato dalla Corcostantemen-te di Giustizia delle Comunità Europee, princi-pio che è stato affermato anche “a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva” (omissis)*.

*(R.G. n. 3482/2003, udienza pubblica 6.5.2008, P.G. Domenico Iannelli. La Corte di cassazione ha statuito in conformità, sul princi-pio: Cass. S.U. 6.5.2008, n. 17927)

3) Alloggi IACP – assegnazione dell’alloggio – diritto a ottene-re la cessione in proprietà – trasmissibilità iuottene-re heottene-reditario del di-ritto in caso di morte dell’assegnatario – negazione – domanda dell’erede di pronuncia costitutiva del trasferimento a norma del-l’art. 2932 cod. civ. – inammissibilità

Il ricorso prospetta tre questioni sulle quali le Sezioni Unite sono chiamate a pronunciarsi.

La prima questione consiste nello stabilire se possa riconoscersi, in favore degli assegnatari che ne abbiano fatto richiesta, in epoca an-teriore all’entrata in vigore della legge n. 513/1977, un diritto soggetti-vo alla cessione in proprietà dell’alloggio.

La seconda questione consiste nello stabilire se il diritto soggetti-vo alla cessione in proprietà dell’alloggio sia trasmissibile agli eredi, in caso di morte dell’originario assegnatario.

La terza questione consiste nello stabilire se sia ammissibile otte-nere una pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c., in caso di rifiuto del-l’ente proprietario dell’alloggio di addivenire al trasferimento dello stesso.

Con riferimento alla prima questione, posto che ai sensi del D.P.R.

n. 2/1959, modificato dalla legge n. 231/1962, potevano ottenere il tra-sferimento in proprietà gli assegnatari degli alloggi appartenenti alle categorie indicate dalla legge e non inclusi nella quota di riserva, che ne avessero fatto domanda in qualsiasi tempo, che fossero nel godi-mento dell’alloggio e che conservassero tale godigodi-mento fino al mo-mento del trasferimo-mento della proprietà, non v’è dubbio che la posizio-ne soggettiva dell’assegnatario in ordiposizio-ne al trasferimento della

prietà dell’alloggio ha natura di diritto soggettivo, in quanto l’ente pro-prietario non ha alcun potere discrezionale avendo il legislatore inte-ramente predeterminato le condizioni per l’accoglimento della do-manda di cessione. Qualche dubbio può sorgere, invece, sulla qualifi-cazione della posizione soggettiva dell’assegnatario con riferimento al procedimento previsto per la determinazione del prezzo dell’alloggio ed al potere riconosciuto all’amministrazione di escludere dalla ces-sione una parte degli immobili, mediante l’incluces-sione degli stessi nella c.d. quota di riserva. In ordine al primo punto, può dirsi che si rima-ne rima-nell’ambito del diritto soggettivo rima-nel caso in cui la controversia ri-guardi l’erronea determinazione del prezzo per violazione dei criteri di quantificazione fissati dal D.P.R. n. 2/1959 e dalla legge n. 231/1962. In ordine al secondo punto, quello dell’inclusione dell’alloggio nella quota di riserva, va rilevato che mentre prima della formazione della quota di riserva ed anche con riguardo al procedimento di formazio-ne della quota di riserva, la posizioformazio-ne dell’assegnatario ha consistenza di interesse legittimo ponendosi di fronte all’esercizio di un potere au-toritativo e discrezionale, una volta che la quota di riserva sia stata for-mata la posizione soggettiva è, invece, di diritto soggettivo.

L’art. 27 della legge n. 513/1977 ha abrogato tutte le precedenti di-sposizioni che disciplinavano il trasferimento in proprietà degli allog-gi disponendo da un canto che le domande di cessione allog-già presentate e per le quali non fosse stato ancora stipulato il contratto dovessero es-sere confermate entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, a pena di decadenza, dall’altro che alle domande confermate si applicassero le norme contenute nel successivo art. 28, aventi ad oggetto le moda-lità di determinazione e il pagamento del prezzo. Ma l’applicabimoda-lità di tale norma è stata esclusa, a seguito dell’intervento della Corte Costi-tuzionale, riguardo all’art. 52 della legge n. 457/1978, con riferimento alle domande di cessione per le quali, alla data del 31.10.1978, sia già intervenuta l’accettazione dell’ente; di conseguenza, in tali ipotesi, non è richiesta la conferma della domanda e non trovano applicazione le modalità di determinazione del prezzo previste dall’art. 28, le quali si riferiscono esclusivamente alle domande per le quali non sia ancora intervenuta, alla medesima data, l’accettazione. Naturalmente, la pre-sentazione della domanda e l’accettazione della stessa non comporta-no automaticamente il trasferimento della proprietà dell’alloggio, ma soltanto che diventa incontestabile il diritto dell’assegnatario ad otte-nere la cessione.

Con riguardo alla seconda questione, quella della trasmissibilità del diritto alla cessione, premesso che nell’ambito del rapporto tra

ente assegnante ed assegnatario si distinguono una fase pubblicistica che si conclude con il provvedimento di assegnazione, rispetto al quale l’interessato è titolare di posizioni di interesse legittimo, e una fase pri-vatistica, caratterizzata dalla stipulazione di un contratto, dal quale sorgono in favore dell’assegnatario diritti soggettivi, va rilevato che la giurisprudenza della Corte di cassazione è correttamente orientata nel senso che, poiché l’unico titolo che abilita alla locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica è l’assegnazione, la morte dell’asse-gnatario determina la cessazione del rapporto ed il ritorno dell’allog-gio nella disponibilità dell’ente, il quale può quindi procedere, nell’e-sercizio del suo potere discrezionale, ad una nuova assegnazione, eventualmente a favore dei soggetti indicati nell’art. 12 del D.P.R. n.

1035/1972; questi non succedono nella posizione giuridica del defun-to, ma, quali conviventi, hanno soltanto un titolo preferenziale per l’assegnazione, rispetto alla quale sono titolari esclusivamente di una posizione di interesse legittimo. Il diritto dell’assegnatario non è, per-tanto, trasmissibile iure hereditatis, trattandosi di una posizione sog-gettiva strettamente correlata alle condizioni personali del titolare, che la legge attribuisce direttamente, in caso di morte di quest’ultimo, soltanto ad alcuni congiunti ed in presenza di determinate condizioni.

Questa conclusione non è contraddetta dall’art. 2, comma 3, della legge n. 136/2001, il quale stabilisce che “l’art. 27 della legge n.

513/1977, e tutte le disposizioni di legge che prevedono facoltà di ri-scatto di alloggi di edilizia residenziale pubblica, si interpretano nel senso che, in caso di decesso del soggetto avente titolo al riscatto che abbia presentato la domanda nei termini prescritti, l’Amministrazione ha comunque l’obbligo di provvedere nei confronti degli eredi, dispo-nendo la cessione dell’alloggio, indipendentemente dalla conferma della domanda stessa”. Con tale disposizione, infatti, il legislatore non ha innovato la disciplina in materia, ammettendo la trasmissibilità del diritto alla cessione e indicando gli aventi causa negli “eredi” indivi-duati sulla base delle norme del codice civile che disciplinano la suc-cessione mortis causa, ma ha solo inteso agevolare il trasferimento in proprietà degli alloggi, in caso di decesso dell’aspirante, non attraver-so l’allargamento degli aventi diritto a subentrargli, ma attraverattraver-so l’e-sclusione della necessità di confermare la domanda di cessione.

Con riferimento, infine, alla terza questione, ribadito quanto prima detto, e cioè che l’esercizio del diritto alla cessione in proprietà dell’alloggio non comporta automaticamente il trasferimento del dirit-to reale sull’immobile, in quandirit-to a tal fine non è sufficiente la presen-tazione della relativa domanda e l’accetpresen-tazione dell’ente proprietario

di addivenire alla stipulazione del contratto di compravendita, va rile-vato che l’obbligo dell’ente proprietario di addivenire alla stipulazione del contratto di compravendita non è suscettibile, secondo il costante orientamento della Corte di cassazione, di esecuzione in forma speci-fica ai sensi dell’art. 2932 c.c.; questo perché il rapporto in questione ha connotati pubblicistici e il predetto obbligo non trova la sua fonte in una volontà negoziale. La tutela che l’assegnatario può invocare è costituita, a seconda dei casi, da un’azione di mero accertamento o da un’azione risarcitoria. L’azione ex art. 2932 c.c. è ammissibile soltanto nel caso in cui l’ente decida di utilizzare, per la realizzazione degli in-teressi generali ad esso affidati, lo strumento privatistico del contrat-to preliminare. Situazione questa, però, non ricorrente nella specie.*

*(R.G. n. 4671/2002 + altro, udienza pubblica 8.5.2007, P.G. Do-menico Iannelli. La decisione della Corte di cassazione è nel medesi-mo senso: Cass. S.U. 8.5.2007, n. 11334)

4) Circolazione stradale – concessioni di gestione di